Sabato scorso Moqtada al-Sadr ha portato in piazza a Baghdad 50mila persone per protestare contro il Patto di Sicurezza - il SOFA, Status of Forces Agreement - e per chiedere invece un ritiro immediato delle truppe USA dal territorio iracheno.
E ieri il governo iracheno ha deciso di chiedere agli Stati Uniti una serie di modifiche al SOFA. Il portavoce del governo ha dichiarato infatti che dei cambiamenti sono necessari perchè il patto venga accettato dal Paese.
Quindi gli sforzi del premier fantoccio Nouri al-Maliki diretti a una veloce approvazione dell'accordo sembrano essere stati vani. Finora solo i due partiti della rappresentanza curda hanno comunicato che approveranno il piano senza alcuna riserva.
Nelle settimane passate il governo di Baghdad e quello di Washington avevano invece fatto sapere che il Patto non è modificabile nè emendabile e che il parlamento iracheno lo doveva approvare o rigettare.
Ma l'Alleanza Iraq Unito aveva espresso perplessità su almeno sette punti. I maggiori contrasti si concentrano naturalmente sull’immunità garantita ai soldati Usa e ai contractors che potrebbero essere processati dalle autorità giudiziarie irachene solo per reati commessi fuori dalle basi militari e solo se fuori servizio.Ma anche in questi casi, solo dopo l'ok di una commissione mista composta da iracheni e statunitensi.
Altra cruciale questione poi e’ quella relativa alle date del ritiro Usa dall'Iraq. Il mandato Onu scade a fine anno e l'accordo prevede che le truppe americane lascino Baghdad e le altre città dal giugno 2009, per poi uscire definitivamente dall'Iraq nel 2011. A meno che il governo iracheno non chieda a Washington di rimanere...
Comunque da ieri ufficialmente il governo iracheno contesta la possibilità per le truppe Usa di restare per altri tre anni "se richiesti" e le limitazioni sulla giurisdizione dei soldati statunitensi e dei contractors che si sono macchiati di crimini contro la popolazione.
Questa decisione, secondo il portavoce del governo, non è stata facile da prendere ed e’ arrivata dopo 5 ore di estenuanti colloqui. Non e' difficile immaginare il perche'...
Il SOFA, che avrebbe dovuto gia’ essere siglato nel luglio scorso secondo i piani dell’Amministrazione Bush, deve essere firmato al massimo entro la fine dell'anno, quando scade il mandato delle Nazioni Unite.
In caso contrario gli USA non avrebbero piu’ la "scusa legale" per mantenere le proprie truppe sul suolo iracheno. Anche se in realta' non l'hanno mai avuta...
Uno scomodo Sofa
di Nicola Sessa – Peacereporter – 22 Ottobre 2008
Il ticchettio del cronometro, quando il tempo sta per scadere, aumenta sempre più di intensità e a Washington si sente fortissimo. A 70 giorni dalla scadenza del mandato Onu che permette alle truppe straniere di operare sul suolo iracheno, il Sofa, il cosiddetto 'Patto sulla Sicurezza' preparato dalle cancellerie di Washington e Baghdad, è in pieno stallo. Su spinta delle parti politiche, il governo di al-Maliki ha chiesto di rinegoziare l'accordo. Secca la risposta del Segretario alla Difesa Usa Robert Gates: "Il Patto non si tocca. Se l'intesa non verrà raggiunta, bisogna aspettarsi delle gravissime conseguenze".
"Prendere o lasciare". Quello che per Stati Uniti e Iraq doveva essere un accordo chiuso, un pacchetto che il Parlamento iracheno doveva “prendere o lasciare” è al centro di un denso dibattito tra le diverse fazioni politiche che siedono nell'emiciclo legislativo. Le speranze che il Sofa (Status of Forces Agreement) venga ratificato dal parlamento diventano ogni ora più liquide: i negoziatori Usa pressavano affinché l'accordo fosse concluso e approvato dal Parlamento entro fine luglio, per evitare che si arrivasse alle elezioni provinciali – previste per il primo ottobre scorso e poi rimandate al nuovo anno - che avrebbero potuto modificare la componente politica del Paese mediorientale. Ma la resistenza mostrata dalla classe politica deve aver stupito Washington e lo stesso premier Nouri al-Maliki che con una nota di imbarazzo ha dovuto comunicare all'ambasciatore statunitense Ryan Crocker, lunedì, l'ennesima fumata nera.
La sostanza dell'accordo. Dal seno del Consiglio Politico per la Sicurezza Nazionale sono venute fuori tutte le perplessità derivanti da un accordo che di bilaterale sembra avere ben poco se non che una parte abbia dettato e l'altra scritto. Il Sofa concede un'estensione del termine di permanenza alle forze straniere in Iraq di tre anni, cosa che permetterebbe alle truppe americane di rimanere di stanza fino al 2011. L'accordo prevede una prima fase, che vedrà da giugno il ritiro dei soldati da Baghdad e dalle altre città rimanendo all'interno delle proprie basi per fornire supporto tecnico e formativo all'esercito iracheno e una seconda fase nel corso della quale le truppe rientreranno progressivamente in patria fino al 2011.
I punti spinosi. E' stata la fazione sciita a invitare il governo a riaprire formalmente le trattative per modificare ed emendare il 'Sofa'. Due su tutti sono i punti dell'accordo che i membri del Consiglio Supremo Isalmico dell'Iraq (Siic) vorrebbero cancellare: 1. La questione della responsabilità di soldati e contractors che la società irachena vedrebbe sottratta alla propria sovranità. 2. La possibilità per l'esercito Usa di rimanere anche oltre il 2011 “qualora il governo iracheno ne facesse richiesta”.
L'immunità per i crimini commessi dagli statunitensi è una nota molto spinosa: secondo l'accordo questi, che attualmente sono sottoposti alla sola legge marziale americana, potrebbero essere processati da un tribunale iracheno solo per i reati commessi fuori servizio e fuori dalle basi militari. E anche in questi casi, sarebbero processabili solo dopo il vaglio di una commissione mista composta da iracheni e statunitensi.
Sul secondo punto, in molti sono dell'idea che la possibilità per il governo iracheno di richiedere la permanenza delle truppe americane anche dopo il 2011, sia più un suggerimento poco velato che non un'opzione di Baghdad.
Se i due partiti della rappresentanza curda hanno comunicato che approveranno il piano senza alcuna riserva, il leader sciita radicale Moqtada al-Sadr, è invece deciso nel non volere neanche prendere in esame il 'Sofa': sabato scorso ha portato in strada a Baghdad 50mila persone per dire un secco no al Patto di Sicurezza chiedendo un ritiro immediato delle truppe Usa dal territorio iracheno.
Nouri al-Maliki dovrà aumentare i suoi sforzi per riordinare e rendere confortevole il 'Sofa' dell'ospite americano.