venerdì 10 ottobre 2008

Iraq: altro che pacificazione

Un aggiornamento sulla situazione in Iraq, ben lungi dall’essere pacificato. Anzi, potrebbe di nuovo esplodere da un momento all’altro con l’ennesima e sanguinosa guerra etnico-religiosa.


Iraq: Fine del Movimento del Risveglio?
di Robert Dreyfuss - The Nation - 30 Settembre 2008
Traduzione di Ornella Sangiovanni per Osservatorio Iraq

In una intervista esclusiva con The Nation, il comandante del Movimento del Risveglio a guida sunnita di Baghdad dice che gli attacchi da parte del governo iracheno e dei miliziani alleati del governo contro i leader e i membri del movimento potrebbero innescare un nuovo movimento di resistenza sunnita. Questa forza di resistenza – dice – compirà attacchi contro i soldati americani e l’esercito e le forze di polizia iracheni. "Guardati attorno", dice. "E' già tornato. Sta diventando più forte. Guarda quello che sta succedendo a Baghdad".

Il comandante, Abu Azzam, ha parlato con The Nation al telefono da Amman, in Giordania, la settimana scorsa, prima di tornare a Baghdad: ha esposto uno scenario per una nuova esplosione in Iraq - scenario che manderebbe in pezzi frantumi l'idea compiaciuta degli americani, secondo cui la "surge" di truppe statunitensi del 2007-08 avrebbe stabilizzato questo Paese devastato dalla guerra. Anche se l'incremento delle forze Usa è riuscito a reprimere alcuni degli scontri confessionali più violenti, è stato l’emergere del Movimento del Risveglio nel 2006 che ha schiacciato “al Qaeda in Iraq”, e ha portato l'ordine ad al Anbar e a Baghdad.

Il 1 ottobre è previsto che il governo iracheno assuma la responsabilità del Movimento del Risveglio, che comprende circa 100.000 combattenti, in maggioranza sunniti, nelle province di al Anbar, Salahuddin, e Diyala, e nei sobborghi occidentali di Baghdad prevalentemente sunniti. Composto da molti ex ba’athisti, ex ufficiali delle forze armate dell’epoca di Saddam Hussein, e da altri nazionalisti laici, il [movimento del] Risveglio - in arabo, sahwa, che le forze armate Usa chiamano anche “Figli dell’Iraq” - comprende migliaia di ex guerriglieri della resistenza irachena del 2003-07.

Il governo sciita confessionale del Primo Ministro Nuri al-Maliki considera il Movimento del Risveglio con estremo sospetto, e il sentimento è reciproco. Secondo parecchie fonti irachene intervistate per questo articolo, esiste una seria possibilità che la calma relativa che ha prevalso in Iraq nell’ultimo anno possa andare in frantumi, se il governo a guida sciita e la milizia sua alleata – le Brigate Badr del filo–iraniano Consiglio supremo islamico iracheno (ISCI), ingaggeranno una lotta di potere armata con le forze del [movimento del] Risveglio per il controllo di Baghdad ovest.

Finora, gli Stati Uniti stanno cercando di persuadere Maliki con le lusinghe a sostenere il [movimento del] Risveglio, offrendo dai 300 ai 500 dollari al mese per ogni membro della milizia sunnita. Al tempo stesso, ufficiali delle forze armate Usa in Iraq hanno promesso di garantire i pagamenti alle forze sunnite e di proteggere i [membri del] Risveglio da attacchi o rappresaglie da parte del regime. Ma fra i sunniti, compresi quelli intervistati per questo articolo, è diffusa la preoccupazione di essere lasciati a se stessi, e che gli Stati Uniti non abbandoneranno il governo di Baghdad, nonostante le sue tendenze confessionali, filo-iraniane.

In questo caso, dice un ex alto funzionario iracheno, molti sunniti potrebbero rivolgersi a una fonte di sostegno improbabile: la Russia. "I russi sono molto attivi", dice. "Stanno parlando con molti iracheni, fra i quali leader della resistenza e membri del [movimento del] Risveglio, a Damasco, in Siria. Sono impegnati in discussioni con ba'athisti di grosso calibro". Secondo questo funzionario, ex ba’athisti, ufficiali dell’esercito, e membri del [movimento del] Risveglio a Damasco, Amman, e all’interno dell’Iraq starebbero guardando alla Russia per un appoggio, in particolare dato che la Russia sembra intenzionata a riaffermarsi in Medio Oriente. "I russi hanno intenzione di mettersi in gioco con forza con i sunniti", dice. "L’ho sentito dire da membri del sahwa a Damasco e ad Amman: 'Se gli americani ci abbandoneranno, andremo dai russi.'".

Abu Azzam, che ha contribuito a fondare il [movimento del] Risveglio nell’area di Baghdad, ha la sua base ad Abu Ghraib, un sobborgo della capitale, ed è il comandante della regione. Negli ultimi mesi, dice, “centinaia” di suoi combattenti sono stati assassinati dai miliziani del Badr, oppure uccisi in battaglie con le forze di polizia irachene controllate dalle Brigate Badr dell’ISCI. Il mese scorso, la polizia ha emesso un mandato di arresto nei suoi confronti, ma Maliki lo ha annullato dopo un breve periodo di confusione. "In Iraq il ministero della Giustizia e la polizia sono controllati dai partiti religiosi", dice Abu Azzam. "Non era un vero mandato di arresto". Tuttavia, è stato inquietante per il movimento, ed è stato generalmente considerato come un segnale di ciò che verrà.

Secondo il New York Times, il governo Maliki ha ordinato di arrestare 650 leader del [movimento del] Risveglio nella zona di Baghdad, e centinaia di altri a nord della capitale, nella provincia di Diyala. Secondo quanto riferito dal Times, Jalaladin al-Saghir, un alto funzionario delle Brigate Badr dell'ISCI, avrebbe detto: "Lo Stato non può accettare i [membri del] Risveglio. I loro giorni sono contati".

Il governo iracheno si è impegnato a reclutare il 20 % delle forze del [movimento del] Risveglio nell'esercito e nella polizia. Tuttavia, questo impegno è considerato dalla maggior parte dei sunniti come una azione da parte di Maliki per far contenti gli americani – anche se Maliki non ha alcuna intenzione di mantenere la sua promessa.

"Maliki dice agli americani quello che pensa vogliano sentirsi dire", dice a The Nation un leader del [movimento del] Risveglio. "Io dico continuamente agli americani che si tratta di un trucco, ma non lo capiscono. Gli americani sono così ingenui: presuppongono buona volontà da parte di Maliki. Noi non riusciamo a capire: gli americani sanno che Maliki sta lavorando a stretto contatto con gli iraniani, dunque: perché gli credono? Perché lo ascoltano?"

Secondo Abu Azzam, il fatto che l'80 % delle forze del [movimento del] Risveglio verranno tenute fuori dai servizi di sicurezza significa che non avranno un lavoro, e saranno arrabbiati. "Il piano del governo è di prendere il 20 %, inserirli nelle forze di sicurezza, ma togliendoli dai quartieri nei quali hanno la loro base", dice. Questo, aggiunge, è sciocco, perché queste milizie conoscono i quartieri, e sanno moltissimo sugli estremisti fondamentalisti filo-al Qaeda e filo-sunniti, casa per casa. "Se li si sposta, tutta questa conoscenza va perduta", dice. "E poi li sostituiranno con unità dell'esercito iracheno composte in maggioranza da forze sciite confessionali". E' una formula per il disastro, e una nuova guerra civile.

La scorsa settimana, il Parlamento iracheno ha approvato una legge imperfetta ma fattibile per regolare le elezioni provinciali, che dovrebbero tenersi agli inizi del 2009. Abu Azzam sta formando il suo partito politico, il "Fronte iracheno della dignità", per presentarsi per lo più nei sobborghi di Baghdad. In altre province, ci sono altri partiti che stanno emergendo dal [movimento del] Risveglio, fra i quali il "Fronte nazionale per la salvezza dell'Iraq", che ha la sua base ad al Anbar. Si prevede che la maggior parte dei partiti collegati al [movimento del] Risveglio facciano man bassa del voto sunnita ad al Anbar, Salahuddin, Diyala, e nei sobborghi occidentali di Baghdad, assestando un KO all'Iraqi Islamic Party, la formazione religiosa sunnita legata ai Fratelli musulmani che a volte ha fatto parte della coalizione di Maliki. L'Iraqi Islamic Party è stato eletto con solo il 2% del voto sunnita, quando quasi tutti i sunniti avevano boicottato le elezioni manipolate del 2005. Lo sceicco Ali Hatim, leader del "Fronte nazionale per la salvezza dell'Iraq", ha detto a un giornale in lingua araba:

Stiamo combattendo una battaglia decisiva contro l'Islamic Party. Al Qaeda non costituisce più alcun pericolo per l'Iraq, ed è finita: il vero pericolo sono coloro che ci combattono in nome della legittimità e della religione: intendo dire l'Islamic Party. Se non fosse stato per l'intervento del governo e delle forze Usa, questo partito non sarebbe durato due giorni ad al-Anbar.

Tuttavia, i partiti favorevoli al [movimento del] Risveglio sono assai più preoccupati della minaccia proveniente da Maliki e dalle forze del Badr legate all'ISCI che non dell'Iraqi Islamic Party, che non possiede una milizia di una qualche consistenza. E non esiste alcuna garanzia che si accontenteranno di partecipare a un processo politico che li limiti alle elezioni ad al Anbar e in poche altre roccaforti sunnite ma li escluda dal potere a Baghdad e nel governo centrale – specialmente se la campagna di violenze e omicidi contro i loro combattenti continuerà.

Secondo fonti irachene, gli assassinii di leader sunniti di primo piano vengono commessi da squadroni della morte collegati alle Brigate Badr, spesso con il sostegno diretto di unità dei servizi di intelligence iraniani, che lavorano a stretto contatto con le forze del Badr. Dal 2003, le Brigate Badr e i servizi di intelligence iraniani hanno assassinato migliaia di ex ba'athisti, ufficiali dell'esercito e dell'aeronautica, intellettuali e professionisti sunniti, e altre persone contrarie all'influenza iraniana in Iraq.

Molti esperti di Iraq a Washington non credono alla la possibilità che i russi diano il loro appoggio a una nuova forza di resistenza in Iraq, ma non la escludono del tutto.

Questo mese, qualche tempo fa, un ex alto funzionario del Ba'ath ha chiesto apertamente aiuto a Mosca. Salah Mukhtar, che è stato un collaboratore di Tariq Aziz, l'ex ministro degli Esteri iracheno sotto Saddam, nonché ambasciatore iracheno in India e in Vietnam, ha detto che "la mossa preventiva della Russia in Georgia è una azione formidabile dal punto di vista strategico quanto a tempismo, obiettivi, e tattica", e ha invitato la Russia a rivolgere la sua attenzione all'Iraq:

Il tallone di Achille degli Stati Uniti è l'Iraq.... Il progetto colonialista Usa per un controllo assoluto del nostro pianeta può essere seppellito in Iraq.
Solo appoggiando la resistenza patriottica irachena e rafforzando le sue capacità militari possiamo accelerare la fine del colonialismo Usa in tutto il mondo .... La chiave per sconfiggere gli Stati Uniti nel mondo e isolarli in un angolo è che la Russia fornisca sostegno, direttamente o indirettamente, alla resistenza irachena.
La chiave per liberare il mondo mettendo il bavaglio agli Stati Uniti necessita il coinvolgimento della Russia nella battaglia in Iraq.

Nonostante la spavalderia di questa dichiarazione, non è impossibile che la Russia possa stare giocherellando con l'idea di confrontarsi con gli Stati Uniti in Medio Oriente in modo più diretto. Con tutta probabilità, questo dipenderà da un ulteriore deterioramento significativo dei rapporti fra Usa e Russia riguardo alla Georgia, all'Iran, e ad altri punti di contenzioso. Nel frattempo, tuttavia, è probabile che agenti dei servizi segreti russi stiano stabilendo contatti discreti con gli iracheni.

In ultima analisi, malgrado la calma ingannevole in Iraq, il Paese rimane sul punto di esplodere. Non solo è possibile che la guerra fra sunniti e sciiti possa riaccendersi, ma nel nord e nel nord-est dell'Iraq si sta sviluppando un altro focolaio, che riguarda le aspirazioni dei kurdi ad allargare il proprio territorio. Gli arabi iracheni, sia sunniti che sciiti, si opporrebbero a qualsiasi ulteriore espansionismo kurdo, specialmente al desiderio dei kurdi di prendere il controllo di Kirkuk e della provincia di Ta'amim, zone ricche di petrolio. Inoltre, c'è tuttora la possibilità che le forze dell'esponente religioso ribelle Muqtada al-Sadr possano riaffermarsi, con il sostegno iraniano, se Maliki dovesse capitolare di fronte alle pretese Usa per un "accordo sullo status delle forze" e un trattato fra Stati Uniti e Iraq che ceda una parte eccessiva di sovranità irachena alle forze di occupazione americane.


Iraq: I segreti della camera della morte
di Robert Fisk - The Independent - 7 Ottobre 2008
Traduzione di Ornella Sangiovanni per Osservatorio Iraq

Nel centro di detenzione di massima sicurezza governativo a Baghdad i prigionieri vengono giustiziati sommariamente.

Come in tutte le guerre, le storie oscure, non raccontate, del conflitto in Iraq defluiscono dal suo paesaggio distrutto come le acque luride del Tigri. E tuttavia le rivelazioni arrivano.

L'Independent è venuto a sapere che nelle prigioni gestite dal governo "democratico" di Nuri al-Maliki vengono compiute esecuzioni segrete.

Le impiccagioni vengono eseguite regolarmente – da una forca in legno, in una cella piccola e stretta – in quello che un tempo era il quartier generale dei servizi segreti di Saddam Hussein, a Kadhimiya. Non esiste alcuna documentazione pubblica di queste uccisioni in quella che adesso è chiamata "struttura di detenzione di massima sicurezza" di Baghdad, tuttavia si dice che la maggior parte delle vittime – da quando l'America ha introdotto la "democrazia" in Iraq ce ne sono state centinaia – siano insorti, che ricevono la stessa giustizia sommaria che dispensano ai loro prigionieri.

I segreti delle camere della morte irachene restano per lo più nascosti a occhi stranieri, ma alcune anime coraggiose occidentali si sono fatte avanti per raccontare questo orrore carcerario. I resoconti offrono solo un scorcio della storia irachena, a volte interrotto in modo stuzzicante, altre volte cupamente prevedibile. Coloro che lo raccontano sono depressi quanto pieni di disperazione.

"La maggior parte delle esecuzioni sono di presunti insorti, di un tipo o dell'altro", mi ha detto un occidentale che ha visto la camera delle esecuzioni a Kadhimiya. "Ma impiccare non è facile". Come sempre, il diavolo sta nei dettagli.

"C'è una cella con un sbarra sotto il soffitto con sopra una corda, e una panca sulla quale la vittima sta in piedi con le mani legate", mi ha detto un ex funzionario britannico la settimana scorsa. "Io sono stato nella cella, anche se era vuota. Ma non molto tempo prima che io andassi a vederla, avevano portato lì questo tizio per impiccarlo. Lo avevano fatto stare in piedi sulla panca, gli avevano messo la corda attorno al collo, e lo avevano spinto giù. Ma lui era saltato sul pavimento - riusciva a stare in piedi. Perciò, hanno accorciato la lunghezza della corda e lo hanno rimesso sulla panca, e lo hanno spinto giù di nuovo. Non ha funzionato".

Nelle esecuzioni brutali in Medio Oriente non c'è nulla di nuovo: 10 anni fa, nella città libanese di Sidone, un poliziotto aveva dovuto aggrapparsi alle gambe di un condannato, per strozzarlo, dopo che non era riuscito a morire col cappio. A Baghdad, tuttavia, la morte crudele sembra essere una specialità.

"Hanno iniziato a scavare nel pavimento sotto la panca, in modo che il tizio cadesse abbastanza da spezzarsi il collo", ha detto il funzionario. "Hanno rotto le mattonelle e il cemento sottostante. Ma non ha funzionato: riusciva ancora a stare in piedi quando l'hanno spinto giù dalla panca. Così, l'hanno portato semplicemente in un angolo della cella e gli hanno sparato un colpo alla testa".

Dicono che fra i prigionieri condannati a Kadhimiya, un distretto sciita di Baghdad, ci siano stupratori e assassini, oltre che insorti. Un prigioniero, un ceceno, è riuscito a fuggire dal carcere assieme a un altro, dopo che ai due era stato fatto arrivare clandestinamente un fucile. Hanno ucciso due guardie a colpi di arma da fuoco; le autorità hanno dovuto far intervenire gli americani perché li aiutassero a catturare nuovamente i due. Gli americani ne hanno ucciso uno, e hanno sparato alla gamba al ceceno, che ha rifiutato le cure mediche, così la ferita è andata in cancrena. Alla fine, gli iracheni lo hanno dovuto operare, e gli hanno tolto tutte le ossa dalla gamba. Quando ha incontrato un visitatore occidentale che era andato a vedere il carcere, "andava in giro con le stampelle, con la gamba destra disossata buttata sulla spalla".

In molti casi, sembra, gli iracheni non tengono né divulgano alcuna documentazione dei veri nomi dei loro prigionieri o di quelli che sono stati impiccati. Per anni, gli americani – responsabili del famigerato carcere di Abu Ghraib fuori Baghdad – non conoscevano l'identità dei loro prigionieri. Ecco, ad esempio, la nuova testimonianza resa all'Independent da un ex funzionario occidentale all'Iraq Survey Group anglo-americano, che cercava le famigerate ma mitiche armi di distruzione di massa: "Siamo andati nelle stanze adibite agli interrogatori ad Abu Ghraib, e abbiamo chiesto di un particolare detenuto. Dopo circa 40 minuti, gli americani hanno fatto entrare questo tizio incappucciato, che si trascinava, incatenato mani e piedi.

"Lo hanno fatto sedere su una sedia davanti a noi, e gli hanno tolto il cappuccio. Aveva una lunga barba. Gli abbiamo chiesto dove aveva studiato, ha risposto ripetutamente: 'Mosul'. Poi ha detto di aver lasciato la scuola a 14 anni – ricordatevi, questo tizio avrebbe dovuto essere uno scienziato missilistico. Gli abbiamo detto: 'Sappiamo che hai un dottorato e sei andato alla Sorbona: vorremmo che tu ci aiutassi, dandoci informazioni sul progetto missilistico di Saddam'. Io però mi dicevo: 'Questo tizio non sa nulla sui fottuti missili’. Poi è venuto fuori che aveva un nome diverso dall'uomo del quale avevamo chiesto: era stato arrestato per strada dagli americani quattro mesi prima – non sapeva perché. Così abbiamo detto agli americani: 'E' l'uomo sbagliato!'. Allora gli hanno messo le catene, e lo hanno riportato nella sua cella, e dopo 20 o 30 minuti hanno portato qualcun'altro. Gli abbiamo chiesto dov'era andato a scuola, e ci ha detto di non essere mai andato a scuola.

"Di nuovo la persona sbagliata. Era una farsa totale. L'incompetenza delle forze armate Usa era incredibile, criminale. Alla fine, ovviamente, hanno trovato il tizio giusto, lo hanno fatto entrare, e gli hanno tolto il cappuccio: aveva il respiro affaticato, era soprappeso, tarchiato, disorientato, un po' spaventato".

In questa occasione, gli americani avevano trovato l'uomo giusto. Gli investigatori britannici e quelli americani hanno chiesto alle guardie di togliere all’uomo le catene, cosa che hanno fatto – legando però una delle gambe dell'uomo al pavimento. Sì, aveva un dottorato.

Di nuovo la testimonianza del funzionario: "Abbiamo ripercorso la sua storia, quello su cui aveva lavorato: era evidentemente solo un funzionario di secondo piano in uno dei programmi missilistici di Saddam. Gli scienziati iracheni non avevano le cognizioni su come costruire missili nucleari, né avevano il sostegno finanziario necessario. La cosa è rimasta solo nei sogni di Saddam".

Lo scienziato-prigioniero di Abu Ghraib ha raccontato in modo mesto a coloro che lo tenevano in carcere di essere stato arrestato dagli americani dopo che questi avevano buttato giù la porta d'ingresso di casa sua a Baghdad, e avevano trovato due Kalashnikov, un hijab da donna, versetti del Corano, e, cosa ovviamente di interesse per quelli che lo avevano catturato, "libri di testo di fisica e di missilistica sui suoi scaffali". Tuttavia, questo prigioniero presumibilmente prezioso non era mai stato accusato o interrogato in precedenza, nonostante avesse ammesso di essere uno scienziato missilistico.

"Non so che cosa gli sia successo", mi ha detto l'ex funzionario. "Ho cercato di dire alle forze armate Usa e a quelle britanniche che avevamo arrestato quest'uomo, ma che aveva una moglie, dei figli, una famiglia. Ho detto che mettendo in carcere quest'unica persona innocente si sarebbero radicalizzati 50 uomini dalla sera alla mattina. No, non so cosa gli sia successo".

Per molti degli investigatori che lavorano per le autorità anglo-americane a Baghdad, il processo per il crimine per il quale lo stesso dittatore iracheno è stato in seguito impiccato è stata una esperienza terribile che fondamentalmente è finita in disgusto. Attraverso i documenti catturati, hanno potuto vedere i meccanismi interni, oscuri, della polizia segreta di Saddam. L'idea del processo a Saddam non era tanto quella di assicurare alla giustizia i membri del passato regime quanto quella di mostrare agli iracheni come dovrebbero funzionare la giustizia e lo stato di diritto.

"Era stimolante vedere Saddam che veniva sottoposto a contraddittorio", dice uno degli inquirenti del tribunale. "Il punto più basso è stato quando è stato giustiziato. Quello che mi ha fatto andare avanti è stato vedere il modo in cui Saddam trattava le sue vittime: guardavo un microcosmo di tutte le morti che c'erano state in Iraq. Ma quando lui è stato giustiziato, è stato fatto in un modo talmente brutale".

Saddam Hussein è stato impiccato nella stessa unità "di sicurezza" a Kadhimiya, dove gli uomini di al-Maliki, in un’eco del terrore ba’athista dei tempi di Saddam, adesso impiccano le loro vittime.


La pena di morte in Iraq

*In Iraq la pena di morte era stata sospesa dopo che era stato deposto Saddam Hussein, nel 2003. E’ stata reintrodotta dal governo a interim nell’agosto 2004.
*Le Nazioni Unite, l’Unione Europea, e le organizzazioni internazionali per i diritti umani tutti si sono espressi contro la reintroduzione.
*All’epoca, il governo sosteneva che la pena di morte era una misura necessaria finché il Paese non si fosse stabilizzato. Amnesty International afferma che "l’entità della violenza in Iraq è aumentata, invece di diminuire, il che indica chiaramente che la pena di morte non si è dimostrata un deterrente efficace".
*Saddam, il suo fratellastro Barzan al-Tikriti, e l’ex presidente del tribunale iracheno Awad Hamed al-Bandar sono stati impiccati alla fine del 2006 per la parte avuta nell’uccisione di 148 persone nella cittadina prevalentemente sciita di Dujail nel 1982. Alcuni video girati di nascosto di tutte e tre le esecuzioni in seguito sono diventati pubblici. Si può vedere il corpo di Saddam su una barella da ospedale, con la testa ruotata a 90 gradi. Barzan – ex capo dei servizi segreti iracheni – è stato decapitato dal cappio. A detta di alcuni funzionari, si sarebbe trattato di un incidente.
*Secondo Amnesty, lo scorso anno ci sono state almeno 33 esecuzioni di cui si è a conoscenza in Iraq. Si stima che siano state condannate a morte oltre 200 persone.