E infatti qualche giorni fa hanno assunto il controllo anche del distretto di Buner, di grande importanza strategica, situato a circa 100 km dalla capitale Islamabad, mentre il governo centrale sembra incapace di fare fronte alla situazione.
I talebani sono entrati nel distretto di Buner dalla vicina valle di Swat - sotto il loro controllo dal 2007 - senza incontrare resistenza. I poliziotti sono infatti rimasti nelle caserme mentre i combattenti islamici pattugliavano le vie del distretto armati di fucili e lanciarazzi, stabilendo anche posti di blocco e occupando gli edifici governativi. L’avanzata dei talebani è stata naturalmente supportata anche da funzionari dell’amministrazione locale, nominati dietro raccomandazione degli stessi talebani.
Il governo centrale aveva comunque annunciato l'invio di truppe paramilitari nel tentativo di fronteggiare l'avanzata dei talebani, ma il convoglio è stato attaccato dai combattenti e un soldato è rimasto ucciso.
Da tempo i talebani controllano la valle di Swat, dove è stata introdotta la Sharia in seguito a un accordo con il governo per il cessate il fuoco nella regione. Questa concessione ha ovviamente rafforzato i talebani che però, avendo riscontrato ritardi nella sua applicazione dovuti alle pressioni USA verso il governo centrale pakistano, puntano ora a espandere il loro controllo anche alle regioni vicine.
ONU e Stati Uniti appena avuta la notizia sono rimasti "leggermente" preoccupati, con Hillary Clinton che ha dichiarato davanti alla Commissione esteri della Camera che "il governo pakistano sta abdicando a favore dei talebani".
Fatto sta che il governo pakistano, scendendo nuovamente a patti con i talebani, è riuscito ad ottenerne il ritiro dal distretto di Buner, cercando così di salvarsi la faccia.
Ma sembra ormai chiaro che i talebani sono in grado di farvi ritorno quando e come vogliono.
Pakistan, i talebani si ritirano
di Enrico Piovesana - Peacereporter - 24 Aprile 2009
Alla fine il governo pachistano è riuscito a convincere i talebani a ritirarsi dal distretto di Buner, evitando così una nuova offensiva militare. L’incontrastata avanzata degli integralisti verso la capitale Islamabad aveva allarmato gli Stati Uniti, che ieri avevano ordinato al Pakistan di reagire subito, minacciando altrimenti ripercussioni sulle relazioni tra i due paesi.
Ha vinto la trattativa. Questa mattina, proprio mentre le prime truppe governative – mobilitate dal governo su pressione Usa – stavano prendendo posizione a Dagar, capoluogo del distretto di Buner, il governatore della regione di Malakand, Syed Mohammed Javed, e altri esponenti del governo si incontravano severamente con i rappresentanti dei due principali movimenti integralisti armati pachistani: il Movimento per l'applicazione della legge di Maometto (Tnsm) e il Movimento dei talebani del Pakistan (Ttp).
Gli emissari di Islamabad hanno spiegato ai talebani che se non si ritiravano dal distretto di Buner, il governo sarebbe stato costretto da Washington a cacciarli con la forza, facendo riesplodere un conflitto che il Pakistan vuole evitare in tutti i modi. E che invece gli Stati Uniti vogliono che venga combattuto e vinto.
L’irritazione degli Usa. Ieri sera da Washington erano arrivati segnali molto chiari.
Il segretario alla Difesa Usa, Robert Gates, aveva detto che le relazioni tra i due paesi sono messe a rischio dall'avanzata talebana e dall'inazione del governo di Islamabad. "La stabilità del Pakistan è centrale per gli sforzi della Coalizione in Afghanistan e anche per le nostre future relazioni con il governo pachistano".
Sempre ieri, il segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, aveva dichiarato che "il governo pachistano sta abdicando di fronte ai talebani" e che questo "rappresenta un pericolo mortale per gli Stati Uniti e per il mondo intero".
E il capo di Stato Maggiore delle forze Usa, ammiraglio Mike Mullen: “In Pakistan ci stiamo avvicinando al punto in cui gli estremisti potrebbero conquistare il paese”.
Per concludere la giornata, il portavoce della Casa Bianca, Robert Gibbs, aveva fatto sapere che il presidente Barak Obama è "molto disturbato ed estremamente preoccupato" per le notizie che giungono dal Pakistan.
A 100 chilometri dalla capitale. I talebani hanno resistito per cinque anni alle offensive dell'esercito pachistano, costringendo alla fine il presidente Asif Ali Zardari a conceder loro l'amministrazione della giustizia secondo i principi della sharìa in sette distretti: Swat, Shangla, Chitral, Dir, Buner, Malakand e Kohistan. Un territorio esteso quanto Lombardia e Veneto messi insieme e abitato da oltre tre milioni di persone. In cambio avevano promesso di deporre le armi e di non contrapporsi alle autorità governative, limitandosi a istituire e gestire le corti islamiche.
Ma a causa dei ritardi nell'attuazione di questo piano da parte del governo pachistano - frenato dalla pressioni dell'amministrazione Usa che ha accusato Islamabad di aver abdicato di fronte alle minacce dei terroristi - i talebani si sono rifiutati di deporre le armi e si sono lanciati alla conquista di altri distretti al dì fuori di Swat, che ormai controllano totalmente da mesi. Il primo obiettivo è stato quello di Buner, il più meridionale dei sette, il più vicino alla capitale Islamabad: non più di cento chilometri.
I talebani avanzano verso Islamabad, Pakistan nel caos
di Michele Paris - Altrenotizie - 24 Aprile 2009
La notizia, è stata diffusa in anteprima dal quotidiano locale in lingua inglese DAWN ed è stata confermata da tutti gli organi di stampa internazionali e dagli stessi residenti: i Talebani hanno conquistato un’area strategicamente fondamentale del Pakistan. L’avanzata degli estremisti islamici nel distretto di Buner - porta d’accesso ad alcune grandi città pakistane, come la capitale Islamabad - arriva a poco più di due mesi dal controverso cessate il fuoco stipulato dal presidente Asif Ali Zardari con le milizie ribelli nella confinante “Swat Valley”, accordo risoltosi con l’introduzione della legge islamica (Sharia) e con l’abdicazione di fatto del governo centrale.
La drammatica evoluzione degli eventi in un paese di oltre 160 milioni di abitanti dotato di armamenti nucleari rischia di sconvolgere gli equilibri dell’intera regione e di mettere sempre più in difficoltà un’amministrazione americana impegnata a combattere la resistenza talebana e gli affiliati alla rete terroristica di Al Qaeda nelle aree tribali del nord-ovest al confine con l’Afghanistan.
Senza praticamente incontrare resistenza, i Talebani hanno assunto il controllo della regione a nord-ovest di Islamabad, ordinando l’evacuazione immediata delle organizzazioni non-governative e costringendo il personale di polizia all’interno delle proprie caserme. L’irruzione nel distretto di Buner pare essere stata facilitata da fiancheggiatori locali dei ribelli e addirittura dall’amministrazione locale, i cui membri sono stati nominati dietro suggerimento degli stessi leader talebani.
Una situazione quest’ultima che contribuisce a chiarire il livello di potere ormai raggiunto dai militanti islamici in un paese che dovrebbe rappresentare al contrario - quanto meno nell’ottica di Washington - uno degli snodi fondamentali nella lotta al terrorismo jihadista. Le resistenze della popolazione nella regione di Buner sono state inoltre stroncate sul nascere anche dall’esempio stesso della Swat Valley - ex paradiso turistico che ospitava numerosi resort sciistici - dove il governo aveva aperto la strada ai ribelli nel tentativo di pacificare l’intera area, una volta constatata l’impossibilità di prevalere militarmente.
Questa ulteriore erosione dei poteri del governo di Islamabad lancia nuovi preoccupanti segnali agli Stati Uniti e al presidente Obama, il quale fin dai primi giorni del suo insediamento alla Casa Bianca aveva fatto della pacificazione di Afghanistan e Pakistan sotto la guida di governi moderati uno dei punti centrali della propria politica estera. La notizia dell’espansione talebana verso il sud del paese coincide con l’ennesima visita negli ultimi mesi di un alto ufficiale americano a Islamabad - il capo di Stato Maggior, ammiraglio Mike Mullen - a conferma dell’apprensione che si sta vivendo a causa della questione pakistana dall’altra parte dell’oceano. Mullen dovrebbe manifestare tutti i timori di Washington in una serie d’incontri con i vertici militari e dell’intelligence pakistana (ISI), quest’ultima peraltro spesso accusata di connivenza con i gruppi islamici operanti a nord-ovest del paese.
L’occupazione di Buner rivela inoltre aspetti inquietanti circa l’autorità e la forza raggiunte dai Talebani in Pakistan, dal momento che non più tardi dello scorso anno i residenti locali di quest’area si erano organizzati efficacemente in piccole brigate di resistenza per contrastare l’avanzata dei jihadisti nel loro territorio. La possibilità di ricostruire il proprio esercito, di reclutare ed addestrare forze nuove grazie alla tregua stipulata nella regione di Swat ha permesso infatti ai Talebani di entrare indisturbati in un distretto che si trova a poco più di 100 km di distanza dalla capitale. Proprio la vicinanza a quel che rimane dei centri di potere pakistani ha suscitato il panico tra i vertici delle forze armate locali. Il controllo della regione collinosa di Buner darebbe infatti un comodo accesso alle pianure del distretto di Swabi e da qui alla rete stradale che collega Peshawar - la capitale della Provincia di Frontiera del Nord-Ovest - con Islamabad.
L’arrivo dei Talebani nella regione di Buner - dove l’autorità del governo centrale era affidata alle sole forze di polizia, mentre l’esercito era completamente assente - ha portato con sé i consueti provvedimenti dettati dalla più rigida interpretazione della legge islamica. Come già era accaduto a Swat, alle donne è stato immediatamente proibito di muoversi liberamente per le strade e per i bazaar. Una volta stabilizzata la situazione, seguiranno come di consueto anche i divieti per le donne di frequentare le scuole e il sistema giudiziario pakistano relativamente laico verrà rimpiazzato da tribunali islamici. Le residue e flebili speranze per il governo pakistano di non cedere definitivamente terreno ai militanti nel distretto di Buner sono affidate ora ad alcune unità paramilitari - composte complessivamente da poche centinaia di uomini - che, secondo lo stesso quotidiano DAWN, sarebbero state inviate nella regione.
Dopo aver più o meno apertamente criticato l’accordo stipulato dal presidente pakistano Zardari con i Talebani nella Swat Valley, l’amministrazione Obama negli ultimi giorni ha inasprito i toni nei confronti di un governo inefficace, che dal 2001 incassa annualmente svariati miliardi di dollari in aiuti statunitensi per combattere gruppi terroristici che stanno ora assumendo il controllo di aree sempre più ampie del paese.
L’ultimo atto d’accusa in ordine di tempo è stato quello del Segretario di Stato Hillary Clinton, la quale in un intervento di fronte alla Commissione Affari Esteri del Congresso ha avvertito come il governo pakistano stia “sostanzialmente abdicando nei confronti dei Talebani e degli estremisti”. La ex first lady ha poi sollecitato Islamabad a migliorare il proprio sistema giudiziario e i servizi da garantire ai cittadini, quello cioè che ci si attenderebbe da un governo che beneficia di miliardi di dollari in assistenza versati regolarmente da Washington. L’audizione di Hillary si inserisce appunto nel processo legislativo che dovrebbe autorizzare lo stanziamento nei prossimi cinque anni di 7,5 miliardi di dollari per lo sviluppo economico del Pakistan e di 3 miliardi in forniture militari. Per la prima volta da sette anni a questa parte - da quando cioè l’amministrazione Bush garantiva finanziamenti in maniera incondizionata all’allora presidente Musharraf –- il governo pakistano dovrà dimostrare il raggiungimento di una serie di condizioni minime di progresso della propria situazione interna per accedere ai fondi erogati dagli Stati Uniti.
Nell’ultimo periodo tuttavia le notizie provenienti dal Pakistan continuano ad essere tutt’altro che incoraggianti e l’atteggiamento delle massime autorità del paese indica un clima di crescente incomprensione con Washington. Come dimostra la risposta alle dichiarazioni di Hillary Clinton dell’ambasciatore pakistano negli USA, Husain Haqqani, il quale ha ammesso la minaccia che incombe sul proprio paese, pur negando fermamente che il governo sia sul punto di cadere nelle mani dei Talebani.
Fin dall’indomani dell’invasione dell’Afghanistan, le truppe americane avevano iniziato ad ingaggiare furiosi combattimenti con la resistenza talebana ricostituitasi nelle aree tribali di frontiera del Pakistan. Facendo affidamento, soprattutto negli ultimi mesi, su ripetute incursioni oltre confine con l’impiego di velivoli senza pilota (droni, o UAV) - spesso guidati da agenti della C.I.A. dagli USA - per colpire le basi talebane, gli Stati Uniti si sono scontrati con un clima di crescente ostilità a causa delle numerose vittime civili di questi bombardamenti. Le operazioni dei militanti islamici sia in Afghanistan che in Pakistan, nonostante gli sforzi di Washington, si sono così moltiplicate, finendo per galvanizzare un movimento insurrezionale che minaccia ora seriamente il governo di Islamabad e gli stessi piani dell’amministrazione Obama.
Il neo-presidente ha già promesso l’invio di almeno 17.000 soldati in Afghanistan entro l’anno, di cui circa 4.000 che, tra poche settimane, verranno impiegati nell’addestramento dell’esercito locale. Le forze promesse da Obama dovrebbero così portare il totale delle truppe americane a quasi 60.000 unità nei prossimi mesi. Il deteriorasi della situazione in entrambi i paesi tuttavia ha già determinato un ridimensionamento degli obiettivi statunitensi nella regione.
Rispetto alla dichiarata volontà della precedente amministrazione di voler portare la democrazia in un paese come l’Afghanistan, le previsioni più ottimistiche di Obama prevedono ora invece un contenimento delle attività terroristiche degli uomini di Al Qaeda, obiettivo da raggiungere anche tramite il dialogo con quella parte di ribelli disposti a dialogare con gli USA e il governo di Kabul, sul modello della strategia che ha (relativamente) pacificato l’Iraq negli ultimi due anni. Il dilagare dei talebani in Pakistan di fronte ad un governo centrale sempre più debole, assieme allo sfacelo e alla corruzione endemica in Afghanistan, rischia però di far sembrare un miraggio anche l’obiettivo minimo proclamato da Washington per risolvere una delle crisi più delicate dell’intero pianeta.