giovedì 13 marzo 2008

Governo Prodi: fermo all’antipasto o già alla frutta?

7 Ottobre 2006

Il Governo dell’Unione ha solo pochi mesi di vita ma brancolando nel buio, arrancando e procedendo per inerzia sembra già vecchio. Di certo una legge elettorale sciagurata costruita ad arte dalla precedente maggioranza per creare una situazione tale da rendere la vita difficile se non impossibile a qualsiasi governo successivo è un dato di fatto da cui non si può prescindere. Con un Senato in quelle condizioni, in cui il Governo deve assolutamente fare affidamento sui senatori a vita, sperando nella buona salute di costoro e a volte anche in qualche voto dell’opposizione, obiettivamente è dura andare avanti.
Ed è per questo che già dopo qualche mese il Governo avrebbe dovuto presentare una nuova legge elettorale, e invece ancora niente.

Ora premesso questo, e sorvolando sul fatto che il Governo precedente si è mangiato tutto l’avanzo primario e che per la prima volta dopo anni il debito pubblico ha ricominciato a crescere – e comunque non sono proprio due cosettine da niente – il Governo Prodi sta effettivamente mostrando ampi segnali di stanchezza.
Si sapeva già che tutti i membri di questa “variegata” coalizione, una volta arrivati al governo, avrebbero cominciato a tirarsi gomitate ma, con quell’esigua maggioranza al senato - che con la fuoriuscita dell’ex senatore dell’Italia dei Valori e qualche prostata mal funzionante forse non è già più maggioranza - la situazione sta diventando difficilissima da sostenere già a breve termine.

Come se questo non bastasse, il Governo poi si è mosso veramente in maniera dilettantesca e autolesionista.
Per esempio nella questione Telecom, Prodi avrebbe dovuto chiaramente dire:” Certo che sapevo, ci mancherebbe altro, visto che Tronchetti Provera ha voluto incontrarmi per dirmi quali erano i suoi piani aziendali futuri; noi però non eravamo d’accordo sulla vendita di TIM a Murdoch e gli abbiamo anche consigliato per iscritto quali fossero secondo noi le mosse che avrebbe dovuto fare. Certo il Governo di un Paese in cui vige il libero mercato non dovrebbe comportarsi così, ma quando si tratta di un asse strategico per l’Italia, come quello delle Telecomunicazioni, il Governo ha il dovere di dire la sua; poi la Telecom faccia pure come creda e decida autonomamente perché noi non possiamo fare altro che consigliare. E comunque appena torno dalla Cina e dall’Assemblea Generale dell’ONU vado immediatamente in Parlamento a riferire della questione.”

Questo avrebbe dovuto dire Prodi, ma non lo ha fatto. E abbiamo dovuto assistere all’ennesima patetica commedia all’italiana.

Poi è arrivata la presentazione della Finanziaria e apriti cielo…..tutti scontenti – e uso un eufemismo - chi per un motivo, chi per un altro.
Il Governo ha ancora una volta preso la strada sbagliata mentre invece, anche con quella sottilissima maggioranza al Senato - che ripeto forse ormai non ha già più - e con l’obbligo di rimettere a posto i conti, avrebbe dovuto armarsi di coraggio e tirare dritto pur con il rischio di cadere, puntando però sul fatto che nessuno in Parlamento vuole andare subito a nuove elezioni, in primis il centrodestra.

Come?

Presentando una Finanziaria che tagliasse i dipendenti pubblici inutili, razionalizzando quindi le spese dei vari ministeri, tagliasse drasticamente i costi della politica – partendo dagli stipendi degli oltre 900 parlamentari, non basta infatti diminuire del 30% gli stipendi dei membri del Governo, la cifra è risibile – liberalizzasse veramente i servizi e le professioni, sfidando l’eventuale scesa in piazza non solo dei tassisti e dei farmacisti ma anche dei membri di alcune caste professionali chiuse ermeticamente a riccio.
Affrontando in Finanziaria anche il nodo pesante delle pensioni – a partire da quelle dei parlamentari - con l’obiettivo di pensare al futuro dei lavoratori precari e alla loro impossibilità di avere una pensione decente, nel migliore dei casi. Così come i precari dovevano essere l’obiettivo privilegiato di una nuova legge sul lavoro.

Ma tutto questo, oltre a comportare uno scontro sia con Confindustria sia con quei sindacati che privilegiano ormai solo una parte dei lavoratori - e cioè i dipendenti a tempo indeterminato - avrebbe significato anche un vero gioco di squadra da parte di ogni membro della coalizione di governo, senza personali interessi di bottega; un evento che in Italia costituirebbe una vera e propria rivoluzione.

E che dire poi della legge sul conflitto d’interessi, della riforma della legge Gasparri, dell’abolizione della legge sulle droghe Fini-Giovanardi, della legge sulle unioni civili delle coppie di fatto etero e omosessuali, ecc. ecc.? Che fine hanno fatto?
La lista dei provvedimenti che il Governo avrebbe dovuto prendere sarebbe veramente lunga, ma se si doveva scontentare tutti che almeno lo si fosse fatto per dei provvedimenti “rivoluzionari” e non mediocri come quelli invece presentati.

Insomma per l’ennesima volta l’Italia si conferma un Paese vecchio, con un DNA conservatore, immobile in tutti i settori; e la sua classe politica, imprenditoriale e sindacale ne sono lo specchio più evidente.