giovedì 13 marzo 2008

La miscela esplosiva pakistana

22 Maggio 2007

Nei giorni scorsi in Pakistan è avvenuta la più forte esplosione di violenza politica degli ultimi venti anni. Una violenza che covava da tempo ma che, in seguito alla rimozione di autorità il 9 Marzo scorso del Presidente della Corte Suprema pakistana Iftikhar Chaudhry da parte del Presidente Musharraf e con l’avvicinarsi delle elezioni generali del prossimo autunno, si è materializzata repentinamente, con prospettive incerte e potenzialmente esplosive.

Il giudice Chaudhry è stato rimosso da Musharraf con le accuse di abuso di potere e corruzione, ma in realtà perché si opponeva al suo ennesimo colpo di mano per rimanere al potere, attraverso l’attuazione del suo incostituzionale e impopolare progetto di farsi rieleggere presidente per altri cinque anni dall'attuale parlamento - a lui fedele - invece che da quello che verrà rinnovato con le elezioni di Ottobre e che probabilmente vedrà un cambio di maggioranza.

Infatti la Corte Suprema sarà chiamata presto a pronunciarsi sulla legittimità del doppio ruolo di Musharraf (Presidente e Capo delle Forze Armate) e della sua volontà di essere rieletto Presidente prima delle elezioni generali.

Dal giorno della sua rimozione Chaudhry ha compiuto una serie di visite pubbliche nel Paese che si sono subito trasformate in manifestazioni di solidarietà nei suoi confronti; col tempo però queste proteste popolari contro la decisione di Musharraf di destituire Chaudhry hanno assunto un carattere sempre più antigovernativo, ovviamente non tollerato da Musharraf che ormai vede in Chaudhry un pericoloso antagonista sulla scena politica pakistana.

Il 12 Maggio scorso Chaudhry aveva in programma un incontro con l’Associazione degli avvocati, ma non è riuscito neanche ad uscire dall’aeroporto. La città era già in stato d’assedio e in piazza si fronteggiavano i partiti sostenitori di Musharraf e quelli di opposizione.
Tra i sostenitori c’era l’MQM (Movimento Muttahida Qaumi), il partito di governo del Sindh che è la provincia di Karachi.

I militanti armati del MQM, dopo aver bloccato le strade d’accesso all’aeroporto, hanno sparato sugli oppositori, in particolare sui sostenitori del Partito Popolare dell’ex premier Benazir Bhutto, ora in esilio. Anche la tv locale è stata attaccata dai miliziani del MQM e lo stesso trattamento è stato riservato alla sede dell’Associazione degli avvocati.
Il bilancio finale è stato di almeno 40 morti e oltre 150 feriti. Il giorno successivo uno sciopero generale ha paralizzato Karachi.

Quindi in poco più di due mesi un movimento di protesta, dapprima limitato agli 80.000 avvocati del Paese e a decine di giudici, si è esteso a macchia d’olio trasformandosi in una miccia che rischia di far saltare in aria un Paese il cui regime da tempo è già in turbolenza per una serie di attentati di matrice integralista, per gli scontri tra sciiti e sunniti e per l’impegno militare contro i miliziani qaedisti nelle zone tribali di frontiera con l’Afghanistan, dove sono posizionati circa 90.000 soldati pakistani.

Uno sforzo bellico che però deve fare i conti anche con il fattore etnico - l’etnia pashtun è predominante nei territori oggetto dei raid dell’esercito e nelle stesse forze armate arriva ad un 25% degli effettivi; ma per completare questo quadro ingarbugliato ed esplosivo, a ciò si aggiungano i rapporti storici dell’ISI - il servizio segreto pakistano - con il movimento taleban ed esponenti qaedisti.
In sintesi, il Pakistan ha un piede in più di due scarpe e rischia seriamente di cadere rovinosamente con conseguenze potenzialmente incontrollabili.

Negli ultimi giorni poi sono sempre più frequenti gli sconfinamenti in territorio afghano delle truppe pakistane che effettuano raid in cui spesso muoiono anche innocenti civili afghani, suscitando così le dure proteste del governo Karzai.
E in uno di questi raid oltreconfine anche un soldato NATO è rimasto ucciso mentre rientrava nel versante afghano del confine dopo una riunione con ufficiali dell’esercito pakistano per discutere su come mettere fine agli scontri nelle zone di frontiera. E sembra che a ucciderlo sia stato proprio un uomo che indossava l’uniforme dell’esercito pakistano.

Ma tornando alle vicende interne pakistane di questi giorni, è importante rilevare come questo movimento sociale di opposizione a Musharraf sembra non avere nulla a che vedere con la religione. E' una difesa dell'indipendenza (per quanto nominale) del potere giudiziario da quello esecutivo e gli avvocati che sono scesi in piazza lo hanno fatto per ribadire la separazione dei poteri costituzionali.

Naturalmente i partiti di opposizione al governo hanno preso la palla al balzo e stanno usando opportunisticamente l’intera vicenda per ovvi fini di propaganda pre-elettorale, in particolar modo il Partito Popolare di Benazir Bhutto e la Lega Musulmana di Nawaz Sharif - due ex primi ministri ora in esilio - ma anche i partiti integralisti islamici dell'Mma, l'alleanza religiosa filo-taleban che governa le Aree Tribali.

Tutti costoro stanno ora sostenendo Chaudhry che, in carica da due anni in qualità di Presidente della Corte Suprema aveva sollevato questioni su certe privatizzazioni poco trasparenti, sui numerosi casi di «desaparecidos» imputati ai servizi di sicurezza e sulla seria presa in considerazione delle vittime di stupro, dimostrando di essere un giudice troppo indipendente e poco ossequiente al governo ma che sta ormai diventando sempre più popolare. Se oggi si svolgessero le elezioni presidenziali, Chaudhry sconfiggerebbe facilmente Musharraf.

Un nuovo e pericoloso protagonista del panorama politico per Musharraf che quindi si trova di fronte ad un bivio: togliersi l’uniforme di generale Capo delle Forze Armate e accettare la sfida elettorale in maniera chiara, rischiando però di sparire da una scena politica che è in continua evoluzione ed ebollizione. Oppure reprimere nel sangue ogni tentativo futuro di protesta antigovernativa, farsi rieleggere presidente dall’attuale parlamento e magari sospendere le elezioni legislative previste in Ottobre.

Ma in entrambe le opzioni il futuro del Paese è quanto mai incerto e gravido di potenziali conseguenze che renderebbero il Pakistan una vera e propria polveriera pronta ad esplodere.