mercoledì 26 marzo 2008

Moqtada al Sadr: luci e ombre

Pubblico qui di seguito un articolo che dipinge con efficacia il quadro cronologico delle vicende legate all’imam sciita Moqtada al Sadr, spuntato praticamente dal nulla subito dopo l’invasione USA in Iraq e che in poco tempo, grazie anche all’importante cognome che porta, si è guadagnato un grande sostegno popolare, in particolare tra gli iracheni più disagiati e senza futuro.

Luci e ombre contornano la sua figura di leader popolare, ma Al Sadr rimane sicuramente un protagonista - nel bene e nel male - di questi 5 anni di occupazione USA.
E lo sarà anche in futuro.


Vita, lotte e miracoli di Moqtada al Sadr il Masaniello di Najaf

di Paola Gasparoli – Osservatorio Iraq

18 giugno 2003, venerdì giorno di sermoni. Moqtada al Sadr sceglie la moschea di Najaf, città santa sciita, per presentarsi ufficialmente sul palcoscenico iracheno. Condanna l'occupazione, chiama "fantocci" i membri del Consiglio di Governo creato dall'allora governatore americano Lewis Paul Bremer III, annuncia la nascita della sua milizia: l'Esercito del Mahdi. In ottobre dalla sua moschea a Kufa annuncia la nascita di un governo ombra. Non se ne farà nulla ma fornirà l'occasione per il primo scontro, 13 ottobre a Kerbala, con le milizie sostenitrici del Grande Ayatollah Al Sistani, massima autorità dell'islam sciita, che a differenza di quello sunnita è organizzato gerarchicamente. Le ragioni non sono solo politiche: in palio il controllo dei luoghi santi sciiti e delle entrate finanziarie che ne derivano. Moqtada comincia così la sua ascesa attirando a sé giovani, disoccupati, sbandati, sciiti delusi dalla politica dei partiti religiosi entrati nel Consiglio di Governo, sciiti che non perdonano la promessa tradita degli Usa nella guerra del 1991 di sostenerli se si fossero sollevati contro Saddam. Il suo bacino principale è Thawra l'enorme quartiere proletario sciita subito ribattezzato Sadr City. Già alla fine del 2003 i suoi miliziani cominciano a dettare i comportamenti del "buon musulmano e della buona musulmana". A farne le spese, oltre le donne, sono i proprietari di negozi di alcolici, spesso curdi e cristiani; i parrucchieri da donna e quelli da uomo se fanno tagli alla occidentale; i negozi di musica e dvd.

Ma sono gli attacchi all'occupazione e l'appoggio alla resistenza armata che gli permettono di ingrossare le sue fila. L'aiuto più grande arriva dalla decisione statunitense di chiudere il suo giornale, arrestare un suo luogotenente accusandolo insieme allo stesso Sadr dell'assassinio del Grande Ayatollah Abd al-Majid al-Khoi avvenuto il 10 aprile 2003 davanti alla moschea di Najaf. Assassinio che ha creato un vuoto politico-religioso aprendo le porte alla divisione e alla lotta per il potere tra le componenti sciite irachene. La reazione è immediata. Sono migliaia i sostenitori vestiti di nero e fascetta verde alla fronte che riempiono le strade di Kut, Kerbala, Najaf. A Baghdad marciando da Sadr City raggiungono il centro dove vengono caricati, ricacciati nella loro roccaforte e attaccati dalle forze statunitensi per tre giorni. Siamo a marzo del 2004. Il 5 aprile le sue parole «terrorizzate il vostro nemico perché non possiamo rimanere in silenzio di fronte alle loro violazioni» passano di bocca in bocca. Sono i giorni del primo attacco a Falluja e il Mahdi combatte al fianco dei fratelli sunniti. Lo scontro diretto con le truppe statunitensi è solo rimandato. Il 5 agosto Moqtada invita a sollevarsi contro gli occupanti. Il campo di battaglia principale è Najaf orfana di Al Sistani a Londra per problemi di cuore. Tre settimane di battaglia condotta anche all'interno del cimitero uno dei luoghi più antichi e sacri per gli sciiti, dove ognuno di loro vorrebbe essere sepolto. La città vive giorni disperati. Sarà solo il rientro di Al Sistani a fermare i combattimenti costringendo Moqtada al tavolo della trattativa. Sadr comincerà la sua ambigua partita politica giostrandosi tra gli interessi di palazzo, la lotta per il controllo a Baghdad e nel sud ricco di petrolio e la sua base fortemente anti-americana e sempre più antisunnita grazie alla strategia statunitense di portare allo scontro interno gli iracheni e di rompere l'alleanza tra resistenza sunnita e sciita nella preparazione del secondo grande attacco di novembre a Falluja.

Il banco di prova saranno le elezioni del gennaio del 2005 che da una parte Moqtada rifiuterà e dall'altra riuscirà a far eleggere suoi rappresentanti al parlamento ottenendo tre ministeri. Intanto il Mahdi s'ingrossa: nel 2003 le voci parlavano di un migliaio di miliziani ora le stime parlano di 15-20mila uomini, ma le cifre in Iraq sono sempre un mistero. Il 2006 è l'anno dello scontro interno. L'attentato alla moschea sciita di Samarra scatena le violenze settarie e la battaglia per il controllo di Baghdad è senza limiti raggiungendo livelli di violenza e brutalità inimmaginabili. Il Mahdi sarà tra i protagonisti aggiungendosi alle operazioni degli squadroni della morte del ministero degli interni composte dalle Badr Forces, milizie del Consiglio Supremo della Rivoluzione Islamica (ora Consiglio Supremo Islamico Iracheno) partito sciita al governo con a capo Al Hakim. Tutti pagheranno un prezzo altissimo. Le zone miste verranno omogeneizzate. Interi quartieri cambieranno composizione. I sunniti perdono la battaglia per la capitale dalla quale fuggono in migliaia.Esecuzioni, torture, rapimenti, attacchi militari, esplosioni.

Le milizie di Moqtada non aspettavano altro e la sua zona di influenza si espanderà andando ben oltre Sadr City. Stessa tragedia in altre città del paese. Intanto giornalmente gli attentati mietono centinaia di vittime, così come aumentano quelli contro le forze multinazionali. La situazione diventa insostenibile e gli americani cambiano strategia: innalzano muri intorno ai quartieri considerati rifugio sicuro per miliziani, combattenti e terroristi; iniziano l'operazione surge (giugno 2007) dispiegando 30mila soldati più 20mila uomini dell'esercito iracheno; assoldano milizie sunnite con l'incarico di ripulire i quartieri dalla componente quedista; si accordano con leader tribali sunniti dando vita al Consiglio del Risveglio (Sahwa) e sembra tentino, senza successo, una "sahwa sciita" anti-Moqtada identificato come il peggiore dei mali. Gli spazi di manovra militare e politica diminuiscono e come spesso accade il momento di massima espansione corrisponde al più critico e pericoloso da gestire. Il Mahdi non è mai stato facile da controllare. Ripetuti gli episodi di disubbidienza e non rispetto degli ordini, capi militari sollevati dall'incarico se ne vanno con miliziani e armi dando vita a squadroni indipendenti.

Gli stessi sostenitori si lamentano di rapine, sfratti, ricatti, rapimenti, estorsioni, violenze, esecuzioni sommarie da parte di sedicenti sadristi che per la prima volta nella loro vita hanno potere e possibilità di forti guadagni. Iniziano scontri tra milizie sadriste, le divisioni interne si moltiplicano. La forza di Moqtada sta nell'appoggio popolare se lo perde si gioca il potere e il futuro politico che per i religiosi sciiti si basa sullo studio della religione all'interno di scuole riconosciute la più importante delle quali è l' Hawsa di Najaf. Nell'agosto del 2007 scoppiano violenti combattimenti nella città santa di Kerbala tra il Mahdi e le Badr Forces. Moqtada non aveva dato l'ordine, è imperativo riprendere il controllo e la decisione è presa: congelamento di tutte le attività dell'Esercito del Mahdy per sei mesi, scaduti e rinnovati il 22 febbraio scorso.

Non solo. Moqtada non reagisce all'arresto di suoi miliziani. Le aree sotto il suo controllo diminuiscono. Alcune sedi vengono perquisite. Ma nonostante le richieste della base l'ordine non cambia. Le mele marce le lascia volentieri alla repressione americana e irachena, sono coloro che non ubbidendo causano l'erosione del suo consenso che rimane comunque alto. In compenso chiede ed ottiene la liberazione di Hakim al-Zamili, uno dei suoi uomini di punta e del generale di brigata Hamed al-Shimari, ex capo della sicurezza del ministero della sanità, arrestati con l'accusa di abuso della loro posizione per facilitare esecuzioni settarie. Arriviamo così all'annuncio shock dell' 8 marzo: «Molti dei miei compagni più stretti hanno lasciato per ragioni terrene, alcuni di loro vogliono essere indipendenti», scrive Sadr in un comunicato diffuso a Najaf. «Questo non significa che non ci siano seguaci leali… Molti che ritenevamo fossero buoni seguaci non stanno ascoltando i loro leader religiosi… e sono coinvolti in conflitti politici… Giuro di vivere con voi e fra voi. Io sono parte di voi. Non cambierò, a meno che morte non ci separi... Il fatto che la presenza degli occupanti continui mi ha spinto ad assumere questo isolamento. E' un modo per esprimere la mia protesta…Non sono ancora riuscito a liberare l'Iraq e a renderlo una società islamica. Non so chi sia responsabile di questo fallimento o di questa incapacità io, la società, o entrambi?… La presenza dell'occupante e il fatto di non aver liberato l'Iraq, nonché la disobbedienza di molti e il fatto che abbiano deviato dalla retta via, mi hanno spinto all'isolamento per protesta…». E aggiunge che vuole obbedire al desiderio del padre e continuare gli studi religiosi, tornerà quando riterrà interessante farlo.

E qui sta la strategia futura di Sadr. Moqtada non ha studiato e nella tradizione sciita questo gli impedisce di diventare un riferimento religioso e politico importante. Ha potuto presentarsi come leader solo grazie alla storia della sua famiglia. Suo padre era il Grande Ayatollah Mohammed Sadiq Al-Sadr assassinato nel 1999 e simbolo della resistenza sciita al regime. Lo zio era il Grande Ayatollah Sayed Mohammed Baqir Al-Sadr fondatore negli anni '50 del partito Dawa al Islamya tutt'ora esistente, benché diviso in quattro fazioni, e al governo. Senza queste credenziali gli sarebbe stato molto difficile agire e non avrebbe avuto una sua moschea. L'appoggio popolare di oggi derivante dalle condizioni in cui versa il paese sa che non basterà. Senza la "laurea religiosa" rischia di non avere un ruolo importante nell'Iraq di domani dove dovrà far dimenticare anche gli orrori delle esecuzioni settarie. Altro neo il suo cambio di rapporti con l'Iran che lo ha armato e finanziato nell'ultimo periodo e dove si ritiene si sia ritirato con altri fedeli che sembra stiano frequentando corsi di addestramento, strategia e organizzazione militare. Neo perché uno dei leit motiv della sua propaganda era la sua indipendenza dall'ingombrante vicino a differenza dei suoi avversari Al Hakim e Al Sistani. Se ne avvantaggia al Fadhila che si ispira al padre di Moqtada rivendicando di essere l'unico partito sciita non filo iraniano. Si pensa al domani, ma l'oggi incalza. I fedelissimi di Moqtada faticano a tenere la base e allora si conferma la tregua ma si dà semaforo verde: rispondete se attaccati. In perfetto stile Moqtada.