Nell'area vivono circa 100.000 persone e sono già 12 i civili afghani rimasti uccisi nell'offensiva, a causa di due razzi finiti su alcune abitazioni. Fatto che ha irritato il presidente afghano Karzai e costretto poi il generale Stanley McChrystal a chiedere scusa per "l'increscioso incidente", l'ennesimo di una lunga serie destinata a non finire mai.
Si parla comunque di un mese ancora prima della fine di quest'offensiva, un mese cioè "per ripulire la zona", come ha affermato il generale di brigata Larry Nicholson.
Ma i talebani resistono e hanno riempito l'area di trappole esplosive. E inoltre i talebani hanno fatto sapere che non è vero che le forze Nato hanno già conquistato la zona di Marjah.
"Non hanno preso ai mujaheddin nessuna area a Marjah", ha dichiarato Qari Yousif Ahmadi, aggiungendo che i miliziani hanno ucciso 192 soldati afghani e della Coalizione, mentre hanno perso solo sei combattenti.
I dubbi che l'operazione "Insieme" duri solo un mese sono quindi fortissimi.
I marines entrano a Marjah. Gli insorti resistono
da Peacereporter - 14 Febbraio 2010
Domenica mattina i generali Nato che guidano la grande offensiva lanciata venerdì notte contro la roccaforte talebana di Marjah, nella provincia meridionale di Helmand, hanno dichiarato di aver occupato gran parte della città, ma che i combattimenti continuano nei quartieri dove centinaia di guerriglieri talebani si sono asserragliati.
"Siamo in quasi tutta la città, ma gli insorti resistono in alcune zone", ha dichiarato il colonnello Josh Diddams, portavoce dei marines Usa. "All'inizio ci hanno accolto con agguati, ora però hanno preso posizione difensiva".
Nei quartieri di Marjah dove i soldati americani sono riusciti a entrare sono in corso rastrellamenti e operazioni di bonifica del terreno dalle centinaia di mine disseminate dagli insorti. "In queste aree gli uomini stanno avanzando molto lentamente perché è pieno di cecchini", ha dichiarato il generale dei marines Larry Nicholson.
Nel frattempo, le truppe britanniche hanno occupato tutti i villaggi a nord e a ovest di Marjah per tagliare le vie di fuga ai guerriglieri.
Il bilancio provvisorio dell'operazione Moshtarak è di 27 guerriglieri afgani e 5 soldati alleati uccisi, più decine di feriti da entrambe le parti. Anche molti civili residenti in zona sono rimasti feriti nel corso dell'attacco dei marines: lo ha reso noto la Croce Rossa Internazionale che ha allestito un piccolo pronto soccorso in un villaggio della zona dove sono arrivate decine di persone.
I marines impediscono alla Croce Rossa l'evacuazione dei civili feriti a Marjah
di Enrico Piovesana - Peacereporter - 14 Febbraio 2010
Emergency accusa il Nobel per la pace Obama di crimini di guerra e chiede l'immediata apertura di un corridoio umanitario
Le truppe Usa che circondano Marjah impediscono l'evacuazione dei civili feriti, causandone la morte per mancanza di cure adeguate. La denuncia arriva dall'ospedale di Emergency a Lashkargah, che si trova a soli 40 chilometri dall'epicentro dell'offensiva alleata in corso da venerdì notte, e da dove si sentono distintamente i rumori della battaglia in lontananza: i boati sordi delle esplosioni, gli echi continui delle raffiche di mitra e i rumori degli elicotteri e dei caccia che volano senza sosta.
"Sabato mattina la Croce Rossa Internazionale ci ha contattati - riferiscono dal centro chirurgico dell'ong italiana - dicendoci che nel loro pronto soccorso di Marjah avevano 28 civili gravemente feriti nelle prime fasi dell'attacco, ma che non riuscivano a portarli al nostro ospedale perché i marines non concedevano loro il permesso di oltrepassare i checkpoint fuori città. Così, 6 dei 28 feriti sono deceduti per mancanza di cure adeguate".
"Siamo a domenica sera e i militari Usa continuano a impedire l'uscita dei mezzi della Croce Rossa Internazionale, che ora sta provando a far arrivare a Marjah un convoglio partito da Kandahar, nella speranza di poter rompere il blocco imposto dalle truppe Usa. Nel caso in cui l'evacuazione riuscisse, i feriti verranno portati qui all'ospedale di Emergency, il più vicino all'area dei combattimenti: solo 40 chilometri che però in questo momento richiedono 5 o 6 ore di viaggio a causa delle decine di checkpoint militari lungo la strada".
Solo pochi civili feriti nell'operazione alleata 'Moshtarak' sono giunti finora all'ospedale di Emergency a Lashkargah riuscendo ad aggirare il blocco imposto dalle truppe Usa. "Abbiamo ricevuto finora cinque feriti dalla zona di Marjah: tra di loro un bimbo di sette anni con una pallottola in pieno petto", spiegano dal centro chirurgico.
Durissima la presa di posizione di Emergency, che in un comunicato dal titolo 'Nobel per la pace e criminali di guerra' denuncia i "gravissimi crimini di guerra perpetrati dalle forze della coalizione internazionale guidate dagli Stati Uniti e chiede che venga aperto un corridoio umanitario per garantire una pronta assistenza ai feriti".
Marjah come Fallujah?
di Enrico Piovesana - Peacereporter - 9 Febbraio 2010
Contro questa città, principale roccaforte talebana in Helmand, sta per scattare la più grande offensiva alleata dall'inizio della guerra. Migliaia di civili sono scappati, ma la maggior parte della popolazione è rimasta intrappolata
Secondo i generali della Nato, l'operazione Moshtarak ('Insieme', in lingua pashto) contro Marjah, la principale roccaforte talebana della provincia meridionale di Helmand, sarà la più grande offensiva lanciata dalle forze alleate in Afghanistan dall'invasione del 2001. Molti evocano addirittura l'inquietante fantasma della battaglia di Fallujah.
Migliaia di civili stanno fuggendo dalla zona, mentre dal locale ospedale di Emergency riferiscono che nei villaggi a nord di Marjah gli scontri sono già iniziati.
15mila soldati contro 2mila talebani. Quindicimila soldati (8.500 marines americani, 4 mila fanti britannici, 2.500 uomini dell'esercito afgano) più i commando delle forze speciali anglo-americane, si stanno preparando a fronteggiare nei prossimi giorni oltre duemila guerriglieri talebani trincerati a Marjah (ma altri pare che stiano affluendo in zona): una cittadina rurale di 80 mila abitanti, che si trova una quarantina di chilometri a ovest del capoluogo Lashkargah, dalla quale la separa un'ininterrotta distesa di campi di papavero da oppio, spogli e incolti in questa stagione.
Marjah, bastione inespugnato. A Marjah, e in generale in tutto il distretto agricolo di Nadalì, si sono concentrati negli anni tutti i talebani in fuga dalle offensive alleate condotte in Helmand, prima da quelle britanniche nel nord (Musa Qala, Sangin e Kajaki), poi quelle statunitensi nel sud (Garmisr, Nawa e Khanashin).
Lo scorso maggio le truppe britanniche lanciarono una prima offensiva a Marjah, ritirandosi dopo una feroce battaglia che lasciò sul terreno un centinaio di talebani, ma non solo. "Dopo quattro giorni di combattimenti e bombardamenti i soldati stranieri se ne andarono. Era tutto distrutto e c'erano decine di civili morti, anziani, donne e bambini. Mai vista una cosa del genere: nemmeno i russi facevano queste cose!", raccontò pochi giorni dopo un contadino di Marjah a Peacereporter.
Già si combatte nei villaggi vicini. "Nei giorni scorsi sono iniziati violenti scontri e bombardamenti nei villaggi di Babajì e Nadalì - riferiscono dall'ospedale di Emergency a Lashkargah - e abbiamo già ricevuto i primi civili feriti. Intanto qui in città stanno arrivando migliaia di sfollati da Marjah in fuga dall'imminente attacco e dai villaggi dove già si combatte. Finora sono stati sistemati in una nuova tendopoli allestita in periferia e in due scuole adibite a rifugio. Altri vanno da parenti o in altri villaggi più sicuri".
Il comando militare britannico ha confermato che le sue truppe, supportate da forze aeree, sono impegnate da giorni in 'operazioni preliminari' nel distretto di Nadalì, per "preparare il terreno" in vista dell'attacco a Marjah, che sarà sferrato dai marines, già posizionatisi attorno alla città assieme alle truppe afgane.
I talebani si preparano a resistere. I talebani, dal canto loro, sembra che questa volta siano decisi a combattere per difendere la loro roccaforte, contrariamente a quanto successo in altre grandi offensive Nato che hanno sempre visto i guerriglieri ritirarsi in altre zone evitando lo scontro diretto.
"Rimarremo e combatteremo", ha dichiarato alla stampa il portavoce dei talebani, Qari Yusuf Ahmadi. "Siamo ben preparati e combatteremo fino alla fine", ha aggiunto Abdullah Nasrat, comandante talebano locale.
Abdul Manan, fuggito da Marjah, ha raccontato ai giornalisti che "attorno a Marjah è pieno di truppe straniere e in città ci sono talebani ovunque, e non hanno intenzione di andarsene: si stanno preparando a combattere, stanno facendo affluire combattenti e armi. E' chiaro che ci sarà una grande battaglia. Abbiamo avuto paura e così ho preso la mia famiglia e siamo scappati".
"I talebani sono a Marjah stanno piantando mine attorno dentro e fuori la città", ha riferito Abdul Khaleq, un altro sfollato arrivato a Lashkargah con la sua famiglia.
Migliaia di civili rimasti intrappolati. "Marjah è stata circondata dalle truppe straniere e dalle forze governative - ha dichiarato Ahmadullah Ahmadi, direttore della Mezzaluna Rossa afgana - e pare che i talebani non consentano alla popolazione di fuggire, costringendo i civili a scappare di notte. Finora, oltre duemila sfollati sono fuggiti da Nadalì e Babaji, mentre da Marjah sono arrivati solo settecento sfollati".
Cifre confermate dal capo del dipartimento provinciale per i rifugiati, Ghulam Farooq Noorzai, da cui si deduce che la maggior parte della popolazione civile di Marjah è ancora in città e probabilmente rimarrà intrappolata nei combattimenti.
Una situazione drammatica che non è solo colpa dei talebani, ma anche dei volantini lanciati su Marjah dagli aerei alleati, in cui la popolazione veniva invitata solamente a non uscire di casa, in particolare nelle ore notturne, e delle autorità afgane, che hanno invitato la popolazione di tutto il distretto di Nadalì a non scappare perché l'offensiva "non danneggerà i civili", come ha garantito il governatore distrettuale Habibullah. Ma in molti non si fidano.
Chi può scappa dalla "collera degli americani". Shir Ali Khan, rifugiatosi nel capoluogo con il suoi 25 parenti, dice che "Marjah non è sicura, ci sono un mucchio di aerei ed elicotteri che vanno avanti e indietro".
"Sappiamo che la collera degli americani si sta per abbattere su Marjah", ha detto un anziano sfollato, Gul Muhammed. "Ce ne siamo andati per salvare le nostre vite e quelle delle nostre famiglie".