giovedì 18 febbraio 2010

Il Mossad e il suo eterno "vizietto": la licenza di uccidere

Il 20 Gennaio scorso è stato assassinato a Dubai Mahmoud al-Mabhouh - uno dei fondatori delle brigate Izz al-Din al-Qassam, il braccio militare di Hamas - il giorno dopo essere arrivato da Damasco. Ucciso in una camera d'albergo da un commando di undici persone che ha utilizzato passaporti europei.

Sul mandante e sull'esecutore materiale dell'omicidio Hamas non ha mai avuto dubbi: Israele e il suo Mossad.

E a confermare ciò è stato ieri anche il capo della polizia di Dubai, Dahi Khalfan Tamin, il quale ha riferito al quotidiano The National che "le indagini hanno consentito di scoprire che il Mossad e' coinvolto al 99 per cento, se non al 100 per cento nel delitto".

D'altronde non rappresenta affatto una novità questo "vizietto" del Mossad di uccidere determinate persone all'estero. La lista è infatti già molto lunga, ma destinata di sicuro ad allungarsi ulteriormente.


Dubai confidential
di Christian Elia - Peacereporter - 17 Febbraio 2010

Gli assassini del leader di Hamas hanno un volto: tutto indica i servizi segreti israeliani come gli esecutori materiali

Paul si alza presto, come ogni mattina. Ieri, però, non è stato per lui un giorno come gli altri. Nell'edicola dove compra il giornale, quando arriva, lo guardano come un alieno. Gli basta comprare la sua copia del suo quotidiano di fiducia per capire il perché. E per farsi andare di traverso il caffè.

Una brutta sorpresa. La polizia di Dubai, in una conferenza stampa tenuta ieri mattina, ha pubblicato i nomi, le foto e i passaporti degli undici componenti del commando che, il 20 gennaio scorso, ha assassinato nell'emirato del Golfo Mahmoud al-Mabhouh, esponente di spicco di Hamas. Tutti passaporti europei, tutti falsi. Uno di questi porta il nome di Paul John Keeley.

"Sono sconvolto...non riesco a capire come possa essere accaduta una cosa come questa", racconta Paul a giornali e televisioni israeliane. Nato in Gran Bretagna 43 anni fa, Paul ha compiuto dieci anni fa la sua aliyah, l'immigrazione verso Israele. Con la moglie e i tre figli vive nel kibbutz di Nahsholim.

"Da quando ho saputo di questa storia sono terrorizzato, per me e la mia famiglia", racconta Paul, che mai come oggi avrà rimpianto i suoi due passaporti. "Adesso credo di aver diritto a una spiegazione: aspetto che qualcuno del governo israeliano o dell'ambasciata britannica mi dica qualcosa". Stesse spiegazioni che attendono Sthepen Daniel Hodes, Melvyn Adam Mildiner, Michael Lawrence Barney e Michael Bodenheimer.

I nomi di tutti questi ignari cittadini israeliani, con doppio passaporto, sono stati utilizzati dai killer di al-Mabhouh. Stesso stupore per il giornalista di Ha'aretz Or Kashti che, in un articolo molto divertente pubblicato oggi sul suo giornale, racconta lo stupore quando ha visto che la foto di uno dei killer, che usava il nome Kevin Daveron, era praticamente un suo ritratto.

La prova video. La conferenza stampa, in stile lezione universitaria con tanto di maxi schermo, di Dhafi Khalfan Tamim, capo della polizia di Dubai, ha lasciato tutti di stucco. Il funzionario ha ricostruito, attimo per attimo, le ore che gli undici membri del commando hanno passato a Dubai.

I passaporti, come detto, erano tutti europei: tre irlandesi, sei britannici, uno francese e uno tedesco. Il commando, una donna e dieci uomini, è giunto a Dubai in ordine sparso, con voli provenienti da località diverse.

Hanno anche alloggiato in hotel diversi. Hanno usato sim locali, pagato sempre in contanti e fatto vita da turisti. Le videocamere dell'hotel al-Bustana Rotana di Dubai, nel quale il giorno prima era arrivato l'esponente di Hamas, hanno ripreso i pedinamenti ad al-Mabhouh e hanno mostrato come l'unica donna avesse la camera di fronte alla 230, quella dove alloggiava la vittima.

Tamim ha confermato le indiscrezioni delle prime ore: l'esponente di Hamas è morto soffocato, dopo essere stato reso innocuo da una forte scossa elettrica. Resta da stabilire se è stato strangolato, soffocato con un cuscino o avvelenato. Altro aspetto ancora da chiarire è anche come i killer siano entrati nella stanza.

Il video, in compenso, fissa la cronologia dell'omicidio. Al-Mabhouh torna in camera, presumibilmente dopo cena, alle 20.24 del 19 gennaio scorso. Alle 20.46 il video mostra due degli assassini che escono dall'hotel, gli stessi due che alle 22.30 sono in aeroporto e lasciano Dubai.

Israele si divide. Tamim ha annunciato che mandati di cattura internazionali sono stati spiccati contro gli undici killer, spiegando che si conta sull'aiuto di Interpol e degli stati coinvolti. Due palestinesi, dei quali non è stato reso noto il nome, sono stati arrestati ad Amman e consegnati alle autorità degli Emirati Arabi Uniti.

Sono sospettati di aver fornito appoggio logistico al commando, segnalando gli spostamenti di al-Mabhouh. "Qualcuno ha collaborato sicuramente al suo omicidio", ha commentato Tamim. "Al-Mabhouh non era entrato con il suo vero nome a Dubai, altri lo avranno segnalato al commando".

Rispetto ai mandanti Tamim non si sbilancia. "Non abbiamo, fino a questo momento, elementi probanti per ritenere i servizi segreti israeliani coinvolti nella vicenda", ha risposto Tamim alle domande dei giornalisti, "ma non ne abbiamo neanche per escluderlo. Israele ha ucciso molti suoi nemici all'estero, anche in paesi ritenuti alleati".

Il governo israeliano non ha, ancora una volta, commentato l'accaduto. Solo il ministro degli Esteri Lieberman ha negato in modo esplicito il coinvolgimento di Tel Aviv. La stampa israeliana, invece, si è scatenata sull'argomento. Alcune testate, come il Jerusalem Post, hanno preso una posizione decisa, ritenendo l'omicidio di al-Mabhouh un ''duro colpo inferto all'asse del male''.

Yossi Melman, editorialista di Ha'aretz, scrive che "Israele non avrebbe nulla di cui vergognarsi nell'aver eliminato al-Mabhouh" che, come confermato da fonti di Hamas, si trovava a Dubai per acquistare armi iraniane per le Brigate Izz Al-Din al-Qassam, ala militare di Hamas. Altre firme sono più caute, ma in molti si pongono domande sulle tecniche del Mossad, l'intelligence israeliana.

Mossad globetrotter. L'imbarazzo suscitato a Londra, Dublino, Berlino e Parigi per il fatto che siano stati usati passaporti contraffatti non è stato espresso da nessuno dei governi interessati, ma non ha fatto certo piacere.

La storia del Mossad è fatta di operazioni all'estero. Basta pensare all'operazione Ira di Dio, che il premier israeliano Golda Meir ordinò per vendicare il massacro degli atleti d'Israele a Monaco durante le Olimpiadi del 1972, raccontata nel film di Steven Spielberg Munich. Un modus operandi che anche l'Italia conosce bene, come racconta l'ottimo libro di Eric Salerno Mossad-Base Italia pubblicato in questi giorni per i tipi del Saggiatore.

Nel nostro Paese, con una dinamica non degna 'dell'unica democrazia del Medio Oriente', venne rapito e riportato in Israele l'ingegnere nucleare israeliano Mordechai Vanunu, accusato di violazione del segreto di Stato in quanto si era voluto sottrarre al programma nucleare d'Israele denunciandone l'esistenza.

Al di là dell'etica delle missioni all'estero, è finita nel mirino della stampa d'Israele anche l'affidabilità di quello che per anni è stato ritenuto il miglior servizio segreto del mondo. "Ormai anche i bambini sanno che ci sono telecamere dappertutto", scrive Amir Oren su Ha'aretz, "se sono loro, possibile farsi inquadrare tutti? E usare nomi di cittadini israeliani realmente esistenti?".

Inoltre le tecniche sono note a tutti. In un racconto pubblicato tempo fa, dal titolo Duet in Beirut, l'ex agente segreto israeliano Mishka Ben-David sembra raccontare per filo e per segno l'omicidio di al-Mabhouh. Alla faccia della segretezza.

Sul banco degli imputati il capo del Mossad, Meir Degan, del quale molti chiedono la testa, ma che continua a godere dell'appoggio del premier israeliano Netanyahu.

Scenari complessi. Adesso, sepolto al-Mabhouh nel cimitero del campo profughi palestinese di Yormuk in Siria, acclamato da migliaia di persone e accompagnato dalle promesse di vendetta di Hamas, restano molte pagine da scrivere sugli intrecci di questa vicenda.

I primo luogo i due palestinesi arrestati. Hamas e Fatah hanno cominciato subito a coprirsi d'insulti. Per il movimento islamista che tiene il potere a Gaza sono due agenti della polizia del Fatah, per gli uomini di Abu Mazen invece si tratta di traditori interni ad Hamas.

Di sicuro, però, la soffiata arriva da Damasco, dove al-Mabhouh viveva da anni assieme alla leadership di Hamas in esilio. Damasco è ancora un posto sicuro per loro, dopo che il regime di Assad si avvicina sempre più all'Occidente?

Dubai, poi, è sempre meno quel paradiso turistico che si racconta, ma il più grande hub mondiale di traffici illeciti. Uccidere al-Mabhouh proprio a Dubai, per alcuni, è un messaggio agli emiri: basta far transitare le armi e i soldi iraniani verso Hamas, Hezbollah e verso i gruppi sciiti in Yemen e in Iraq.

Inoltre, perché al-Mabhouh viaggiava solo? Secondo la sua famiglia, sei mesi fa a Beirut, avevano tentato di avvelenarlo, lasciandolo il coma per trenta ore. Viaggiava sempre con una scorta numerosa, mentre questa volta viaggiava solo, come conferma lo stesso Tamim.
La partita del grande gioco in Medio Oriente non è finita.


Ecco le foto dei killer del Mossad smascherato il commando di Dubai
di Alberto Stabile - La Repubblica - 17 Febbraio 2010

Il 19 gennaio venne eliminato un "top leader" di Hamas. Tutti avevano falsi passaporti europei. Nei passaporti sono stati usati anche i nomi di quattro ignari cittadini israeliani

Manca soltanto la scena del delitto. Per il resto, tutta l´operazione messa in piedi per eliminare lo scorso 19 gennaio a Dubai, Mahmud al Mabhuh, un importante capo militare di Hamas, incaricato delle forniture d´armi dall´Iran, è stata osservata e registrata dalla miriade di telecamere di vigilanza installate negli alberghi, per le strade ed in ogni sito sensibile del piccolo emirato.

Quel film verità, rielaborato dalla polizia di Dubai, mostra i volti degli uomini e della donna incaricati di portare a termine la missione di morte: undici persone, in tutto, protette da false identità ma legate fra di loro dal sospetto sempre più plausibile che si tratti di un commando del Mossad, il potente servizio segreto israeliano non nuovo a questo genere d´imprese.

Come in un romanzo di spionaggio, la squadra arriva a Dubai il giorno prima del delitto da destinazioni diverse. Devono sembrare turisti o uomini d´affari. Per questo scendono in diversi alberghi. C´è chi si tuffa nello shopping, chi ozia in una hall, chi gioca a tennis. Al momento di andarsene, pagano cash, senza lasciare tracce.

Uno porta cappello e occhiali scuri, un altro ostenta un paio di baffi, un terzo è completamente calvo. I travisamenti sono i più vari, ma grossomodo la squadra è divisa da una linea generazionale: i più anziani preparano il terreno, seguono la vittima, i più giovani porteranno a termine l´esecuzione.

Non un rumore, un´effrazione, un grido. Gli assassini entrano nella stanza di al Mabhuh con una chiave contraffatta ottenuta chissà come e da chi. Una potente scossa elettrica per paralizzare la vittima designata, un cuscino per soffocarla a morte, un´iniezione di veleno per confondere le tracce. Poi tutti via, spariti nel nulla.

Un´operazione del Mossad, confida una fonte governativa britannica al Daily Telegraph. Un´operazione "nello stile del Mossad", precisa su Haaretz, Yossi Melman. Affiora qualche somiglianza con la fallita uccisione di Khaled Meshal, nel ´97 ad Amman.

Le facce dei killer non dicono niente, sono i passaporti, di solito, a lasciare qualche traccia. Quelli adoperati a Dubai sono sei passaporti inglesi, tre irlandesi, uno tedesco e uno francese.

Le relative foto sono state pubblicate ieri dai giornali israeliani. Le autorità irlandesi hanno fatto sapere subito che i tre passaporti di loro competenza, apparentemente emessi a Dublino, sono stati contraffatti. I nomi degli intestatari non esistono, inventati anche i numeri dei documenti. Lo stesso, probabilmente, vale per gli altri.

Quattro nomi però, fra i membri del commando, appartengono a altrettanti cittadini israeliani, ignari che la loro identità sia stata utilizzata e che ora sono nella lista dei ricercati dalla polizia dell´Emirato.

Ma c´è una singolare coincidenza operativa. Anche nel ´97, fra i componenti del gruppo di fuoco del Mossad che avrebbe dovuto uccidere Meshal, e furono invece arrestati dalla polizia giordana, c´era un agente che sul passaporto canadese recava il nome e cognome di un vero cittadino israeliano. Oltre agli undici, anche due palestinesi, bloccati dalla polizia di Amman, risulterebbero coinvolti nel delitto.


Israele:"Vogliono attaccarci"
di Eugenio Roscini Vitali - Altrenotizie - 15 Febbraio 2010

Ynet, il sito web del quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth, non ha dubbi: lo Stato ebraico sta per subire un nuovo attacco. L’informazione si riferisce ad una indiscrezione divulgata dalla testata saudita Ozak, secondo la quale in Libano sono certi che le crescenti tensioni tra Gerusalemme e Damasco sarebbero dovute all’atteggiamento di sfida di Hezbollah, che si starebbe preparando ad affrontare una escalation militare tesa a colpire Israele.

La possibilità che in Medio Oriente si stia andando incontro ad un nuovo conflitto viene confermata anche dal giornale pan-arabo Al Sharq Al Awsat, il quale rivela che l’esercito del presidente Bashar al-Assad starebbe già richiamando in servizio i militari incorporati nella riserva, e dalla stessa stampa siriana, che in editoriale pubblicato sabato 6 febbraio dal quotidiano filo-governativo Tishreen, parla di una esplicita volontà israeliana di dare il via ad una nuova guerra e delle possibili conseguenze.

Nonostante Benjamin Netanyahu si sia impegnato in una storica apertura verso il mondo arabo - “Israele anela ad accordi di pace con tutti i suoi vicini. Lo abbiamo fatto con l'Egitto e con la Giordania, possiamo farlo anche con la Siria e i palestinesi” - la tensione è ormai alle stelle.

A buttare benzina sul fuoco sarebbe proprio il presidente iraniano Ahmadinejad, che nel Giorno della Memoria non ha perso l’occasione per ricordare al mondo la sua posizione: “Arriverà il giorno della vostra distruzione”.

Un avvertimento che, alla luce degli scontri verbali che negli ultimi tempi hanno visto di fronte lo Stato ebraico ed Hezbollah, accentua la certezza che in Medio Oriente la crisi politica potrebbe presto trasformarsi in un nuovo conflitto.

E proprio in questo contesto che va anche vista la risposta del ministro degli Esteri israeliano Avigdor Lieberman, che dall’Università Bar-Ilan di Tel Aviv ha ricordato a Damasco che “il regime siriano è destinato a cadere se continuerà a provocare Israele….. Se la Siria dichiarerà guerra allo Stato ebraico non solo perderà il conflitto ma il regime di Bashar Assad crollerà”.

Le affermazioni di Lieberman si riferiscono ad un carico di armi che comprende circa 100 missili terra-terra a medio raggio e che a gennaio l’Iran avrebbe fornito alla Siria. Scaricato in una non meglio precisata base militare, il carico avrebbe poi preso la via del Libano della Striscia di Gaza e sarebbe andato a rinforzare l’arsenale del movimento sciita Hezbollah e dei gruppi armati legati ad Hamas.

A conferma di tale tesi ci sarebbe il ritrovamento di due casse, contenenti ciascuna circa 10 chilogrammi di esplosivo, rinvenute il 1° febbraio scorso sulle spiagge di Ashkelon e Ashdown, porti israeliani a circa 25 chilometri da Gaza.

Il sospetto è che il materiale bellico faccia parte di un carico ben più consistente e che i due container siano stati lasciati alla deriva in attesa che qualche peschereccio li recuperasse per poi scaricarli di fronte alle coste della Striscia di Gaza.

Il 3 febbraio scorso era stato lo stesso presidente Assad a puntare il dito contro Gerusalemme, accusando gli israeliani di essere alla ricerca di un pretesto per scatenare un conflitto e il ministro degli Esteri siriano, Walid Moallem, tuonava: “Israele sa che questa volta gli effetti della guerra arriveranno fino alle sue città … lo Stato ebraico non deve più indirizzare le sue minacce contro Gaza, il Libano meridionale, l’Iran ed ora anche contro la Siria”.

Dichiarazioni che, per Tel Aviv, confermerebbero i sospetti israeliani sull’esistenza di un patto segreto che legherebbe la Siria e l’Iran ai due movimenti armati e che sarebbe stato sottoscritto nel dicembre scorso a Damasco dal ministro della Difesa siriano, Generale Ali Habib, dall’omologo rappresentante iraniano, Generale Ahmad Validi, e dal leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah.

Israele è seriamente preoccupata per il riarmo del movimento sciita libanese e, nel caso di un altro scontro, ha già minacciato che questa volta l’attacco sarebbe devastante; l’allerta è tale che nelle scorse settimane le Forze di Difesa Israeliane sono state impegnate in una manovra militare su vasta scala che ha interessato anche il confine settentrionale con il Libano: l’esercitazione Home Front Command.

Chi sembra piuttosto tranquillo è il leader di Hezbollah, che al contrario, nei confronti di Israele, continua a mantenere un atteggiamento di apparente sfida; Nasrallah non nasconde che i suoi miliziani sono pronti ad affrontare un nuovo conflitto e si dice fiducioso in una “nuova e schiacciate vittoria”.

Una guerra psicologica che rientrerebbe nel normale confronto tra due acerrimi nemici se non fosse per le informazioni che arrivano dai servizi d’intelligence, che smentiscono quanto sostiene la forza di pace delle Nazioni Unite nel sud del Libano, e cioè che non c’è alcuna indicazione che sia in atto la preparazione di una nuova escalation militare.

In Israele c’è chi pensa che Teheran stia già preparando il terreno per rispondere ad un sempre più probabile attacco israeliano agli impianti nucleari di Natanz e Isfahan, soprattutto ora che la Repubblica Islamica ha pubblicamente dichiarato di voler produrre uranio arricchito al 20%, gradazione di U235 che potrebbe già aver raggiunto e che sarebbe sufficiente per la costruzione di un’arma nucleare cruda, molto inefficiente ma estremamente pericolosa.

Per far questo starebbe cercando di stimolare uno scontro che impegni Israele su tre fronti: con Hamas lungo la Striscia di Gaza, con la Siria sulle alture del Golan e con Hezbollah attraverso il confine libanese.

Migliaia di miliziani addestrati in Iran a combattere nelle aree urbanizzate della Galilea sarebbero pronti ad invadere Israele da diversi settori: dalla comunità di Ramot Naftali, con i kibbutz di Malkia e Yiftah e la collettività agraria di Dishon, alla città costiera di Nahariya, sul Mar Mediterraneo.