martedì 23 febbraio 2010

I PIGS nel girarrosto..

Qualche articolo ancora sul possibile default della Grecia e/o sul suo eventuale salvataggio da parte dell'UE (Germania in primis).

Però a rischiare l'osso del collo non è solo la Grecia ma anche i restanti Paesi che fanno parte del cosiddetto gruppo dei PIGS: Portogallo, Irlanda, Italia e Spagna.

Ma questi chi li salverà?


La strada dei Pigs
di Marco Della Luna - http://nuke.lia-online.org - 20 Febbraio 2010

Intervista di Marco Della Luna al Prof. Claudio Pioli

Recentemente diversi articoli sono comparsi sulla stampa italiana e straniera, a indicare che l’Italia non è messa meglio della Grecia, in fatto di conti pubblici, e che esiste una concreta possibilità che i paesi con le finanze più dissestate dell’Eurozona si trovino presto costretti e misure radicali, come l’uscita dall’Euro (vi è chi la ritiene legalmente possibile, e chi no), oppure altre.

Abbiamo richiesto al Prof. On. Claudio Pioli, esperto di finanza e macroeconomia, di delineare gli scenari secondo lui più verosimili per l’Italia.

La sua risposta è stata efficace quanto inquietante:

In effetti è l’Italia il vero pericolo per la zona EURO, nel senso di dare credibilità ad un gruppo di stati non omogenei fra di loro per politica economica, sociale, fiscale e tributaria, uniti, in effetti, soltanto da un’unica moneta.

Che cosa potrebbe succedere (mi permetta pur sempre il condizionale, visto che non sono io a prendere delle decisioni, ma cerco soltanto di pensare a quello che potrebbe accadere di fronte ad un default del debito pubblico italiano, che sta diventando il pericolo pubblico italiano numero uno).

Occorre fare delle premesse e ricordare innanzitutto i patti di ">Maastricht, che impongono dei tetti al deficit ed all’indebitamento complessivo della Pubblica Amministrazione (60% del PIL, per quanto riguarda l’indebitamento complessivo. L’Italia era entrata nella zona EURO «in deroga», in quanto Ciampi, il solito, aveva previsto un aumento del PIL italiano, che avrebbe permesso di rientrare nei parametri entro una decina d’anni, ormai trascorsi…., e 2,5% o giù di li’ per il deficit annuo dei paesi aderenti).

La crisi ha fatto si’ che la Commissione Europea abbia concesso alcuni anni di respiro: gli stati aderenti ne hanno approfittato per finanziare i rispettivi sistemi bancari.

Ma la Commissione, in occasione dell’esplosione della crisi greca, ha sottolineato che non ci saranno aiuti «europei», anche perché nessuno stato da solo o insieme ad altri potrebbe permetterselo in questi momenti.

In tal caso, se entro il 2012 gli stati non daranno segni palesi di buona volontà e di gestione budgetaria, saranno richieste delle garanzie (versamento di penalità alla BCE).

Ma esistono anche altre «voci», che vorrebbero alcuni paesi messi «al di fuori» della zona EURO: se «costituzionalmente» pare impossibile (chi è entrato non può’ più uscire, in quanto non è prevista la procedura), è pur vero che la BCE potrebbe prendere delle decisioni contemporanee a quelle della UE, o, è meglio dire, di concerto con….

Come afferma il premio Nobel per l'economia 1999 Robert Mundell, l’Italia ha usufruito sino ai nostri giorni, e cioè da una decina d’anni a questa parte, di tassi d’interesse bassi, inferiori al tasso d’inflazione (parliamo in termini medi, prendendo in considerazione la serie storica 2000 – 2010).

I risparmiatori sono stati remunerati di meno del dovuto (il tasso di remunerazione dovrebbe essere sempre maggiore di quello inflazionistico: in caso contrario si invoglia il risparmiatore a cercare altre destinazioni delle sue scorte monetarie, quali i «beni rifugio» ed il risparmiatore farebbe ancora la sua parte, come ben affermava Luigi Einaudi, in quanto il risparmio è insito nel carattere umano, ma in misura minore. Keynes sosteneva praticamente le stesse cose, più con concetti macroeconomici e con modelli econometrici che di comportamento sociale e psicologico) ed il montante: * capitale + interesse * delle loro economie è stato notevolmente ridotto, favorendo, invece, il sistema bancario, che notoriamente gioca sul differenziale tra interessi attivi ed interessi passivi.

Non solo il risparmiatore ci ha perso, ma ne ha risentito anche il contribuente italiano, che non riesce ad evadere e che è chiamato a sorreggere soggetti finanziari ed economici astronomicamente più forti di lui: ne risentirà ancora in futuro, tenendo conto del fatto che il debito pubblico si riconverte, prima o poi, in una maggior pressione contributivo – fiscale.

La Corte dei Conti ha ricordato che l’indebitamento della Pubblica Amministrazione, gestito con forme e procedure di ingegneria finanziaria, lascerà uno strascico sul debito pubblico per oltre vent’anni.

Che i tassi d’interesse debbano aumentare nei prossimi anni non c’è dubbio: Mundell fa capire che il problema «Italia» è ben notevole, perché l’Italia potrebbe non essere in grado di veder rinnovati i titoli del debito pubblico (aumentando il tasso d’interesse, il «costo del servizio del debito pubblico» aumenterebbe paurosamente).

Ed il debito pubblico italiano, nei confronti di quello greco, è come un elefante rispetto al topolino.

Le azioni che potrebbero essere decise dalla Commissione Europea e dalla BCE, riguardano pertanto la creazione di «base monetaria in senso ampio», definita tecnicamente M3 dalla BCE, come ricorderemo ancora nel nostro discorso.

Le soluzioni, che non possono essere benefiche e senza effetti negativi nei confronti di tutti i soggetti, pubblici o privati che siano, potrebbero essere diverse.

Ma sia chiaro che i fallimenti ed i concordati puniscono sempre i creditori.

Bisognerà vedere in quale misura reagiranno la domanda e l’offerta di euro, in concomitanza dei rinnovi e delle nuove emissioni di titoli :

  1. Il consolidamento di parte del debito pubblico (BOT) o l’attribuzione di cedole a tasso d’interesse «politico», inferiore al tasso d’inflazione, probabilmente non spendibili subito.

      • Le decisioni sul debito pubblico esistente potrebbero, comunque, scaturire da un mix di soluzioni riguardanti il tasso d’interesse, il capitale o l’allungamento, che piaccia o no, della durata dei titoli.

      • Decisioni di questo genere vennero prese in Italia negli anni Settanta, quando si stabili’ di limitare gli effetti dell’inflazione pagando una parte dei salari in BOT pluriennali.

      • In effetti la base monetaria allargata (M3, nella definizione della BCE), comprende anche i titoli di stato a breve, e cioè con scadenza sino a due anni, come i BOT italiani.

      • Se si vuol agire nei confronti della massa effettiva e potenziale della moneta in circolazione occorre pertanto agire, sulla base dei patti di Maastricht, sulla dinamica e sullo stock del debito pubblico, facendo rispettare i parametri di Maastricht senza deroghe di alcun tipo.

      • Sarà l’Italia (ed altri del gruppetto dei P.I.G.S.), a prendere le decisioni politiche (taglio drastico della spesa pubblica, liberalizzazioni, aumento delle imposte) per eseguire «gli ordini superiori» della UE.

      • Le conseguenze sociali si tradurranno inevitabilmente in gravi tensioni di ordine pubblico.

  2. La Commissione Europea potrebbe chiedere un controllo ferreo sulla circolazione monetaria italiana (M0, secondo la definizione della BCE), facente parte della base monetaria, ben sapendo che questa componente costituisce, più dei depositi bancari, una bomba «a miccia corta», fermo restando la costituzione di una garanzia in denaro da costituirsi presso la BCE.

      • E’ facile pensare ad una misura propria di una «politica monetaria restrittiva», anche tenendo conto del fatto che l’Italia vanta un’elevatissima economia parallela (la velocità di circolazione della moneta corrente, proveniente dall’economia sommersa, è notoriamente ben superiore a quella dell’economia legale di un paese).

  3. La Commissione Europea, di concerto con la BCE, potrebbe decidere di sovrastampare la moneta «uscente dai paesi in défaut», come successe in Germania ai tempi della Repubblica di Weimar.

      • Questa decisione corrisponderebbe, di fatto, alla coesistenza di due monete: una più forte per i paesi del nord ed una debole per quelli del sud Europa.

      • Come vede parlo anche degli altri paesi in crisi, poichè ormai si è capito che, l’omogeneizzazione monetaria, non preceduta dall’omogeneizzazione delle politiche sociali, industriali, fiscali eccetera, ha semplicemente permesso di far provare alle popolazioni sud-europee un fenomeno già visto in Argentina, quando volle ancorare la propria moneta al dollaro (economie deboli con moneta forte).

La domanda che ci si pone: che cosa avverrà dei depositi, nei casi estremi di sovrastampa della moneta o di decisioni analoghe?

E’ ovvio che verrebbero svalutati proporzionalmente alla diminuzione di potere d’acquisto della «nuova moneta», salvo, forse, per quelli detenuti da non residenti, per i quali si potrebbero stabilire delle moratorie e delle sostituzioni.

La mossa dello scudo fiscale, che non ha dato i risultati sperati (85 miliardi contro i 110 sperati da Tremonti e compagni, ma, nel passato, si è parlato di 1000 miliardi di Euro portati all’estero), è stata fatta forse, tra l’altro, anche per non far entrare più tardi, dopo un eventuale default del debito pubblico, una valanga di denaro spendibile ed un numero maggiore di contenziosi con gli stati e le banche estere (tipo bond argentini, messicani eccetera di qualche anno fa).



L'Euro a due velocità
da www.beppegrillo.it - 20 Febbraio 2010

Il Pompiere della Sera, come lo chiama Travaglio, non si smentisce mai. I suoi migliori pezzi per stomaci forti sono senza dubbio quelli economici. Trasudano salivazione nei confronti del Potere a tal punto che vanno letti con i guanti di gomma.

Francesco Giavazzi ha discettato ieri sulla crisi della Grecia e sul possibile contagio all'Italia. E ha subito trovato il cavaliere bianco che la salverà. Proprio lui, Berlusconi, l'economista "che queste cose le capisce al volo" e che ha indebitato il Paese.

"Ma se ciò che rende il debito non sostenibile è la mancanza di crescita, non vedo quale sia la forza dell’Italia: neppure noi cresciamo e il nostro rapporto debito- Pil è ancora il più elevato nell’area dell’euro. Al vertice europeo della scorsa settimana, Silvio Berlusconi — che queste cose le capisce al volo e nutre anche un sano scetticismo verso la vanità di Bruxelles — ha chiesto che la gestione delle crisi nel Sud dell’Europa venga delegata al Fondo monetario internazionale...Berlusconi deve insistere: il suo intervento potrebbe essere cruciale per salvare l’euro."

L'Europa a due (e anche tre) velocità può continuare a mantenere un euro a una velocità? Ad avere una sola valuta? Io ho forti dubbi. La parola a Eugenio Benetazzo.

Beppe Grillo

DI EUGENIO BENETAZZO
beppegrillo.it

"Oggi tenterò di fare un quadro su quella che è una delle più contestate teorie di natura monetaria circa l’avverarsi di un cosiddetto Euro 2, di una spaccatura valutaria all’interno dell’area monetaria in Europa che porti all’emersione di una seconda divisa che consentirà un tenore di doppia circolazione all’interno di determinati Paesi.

Chi ha letto il mio primo saggio economico nel 2006: “Duri e puri, aspettando il nuovo 1929”, si ricorderà che in copertina c'era una moneta da un Euro che si spezzava in due. Molti lettori mi hanno chiesto: "Ma perché non hai messo il dollaro al posto dell’Euro, non sarebbe stato più giustificato visto quello che è accaduto dopo?"

No perché l’idea originale era proprio quella che all’interno dell’area Euro si potesse creare un Euro 2, una cosiddetta baby moneta, secondaria che venisse utilizzata all’interno di alcuni Paesi, quali sono questi Paesi? I cosiddetti PIGS (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna) a cui aggiungerei Malta e Cipro.

Per quale motivo un Euro 2? Perché a distanza di 10 anni dalla nascita dell’Euro, ci si rende conto di come l’Unione Europea sia nata attraverso pressioni e forzature insensate e quasi scellerate perché alcuni Paesi, tra i quali anche il nostro, debbono scontrarsi con deficienze strutturali che sarà difficile nel lungo termine riuscire a livellare.

I famosi parametri di Maastricht, che ormai sono parametri scritti nei libri di storia, perché negli ultimi due anni solo saltati per quasi tutti, dalla Germania alla Grecia, a cosa serve un’Europa in cui i processi di armonizzazione economica avrebbero dovuto pretendere un allineamento in termini di debito pubblico rapportato al Pil e poi di ricorso al deficit di bilancio per tenere in piedi i Paesi, quando ci troviamo con un grande punto di domanda per la Grecia: "La Grecia si autosalverà attraverso una ridefinizione della fiscalità diffusa, oppure verrà salvata dalla Germania in concertazione con altri Paesi?".

Questa è la vera preoccupazione dei mercati finanziari, vi è di più, se la Grecia venisse salvata, a quel punto si creerebbe un precedente, si dovranno salvare più avanti la Spagna e forse anche l’Irlanda e non dimentichiamoci dell’Italia, solamente che la Grecia pesa in maniera ridicola dal punto di vista economico, l’Italia, la Spagna sono un grande punto di domanda perchè non ci sarebbero le risorse per intervenire e mettere un tappo alla falla.

Ecco perché i mercati finanziari hanno un particolare nervosismo sia sulla negoziazione dei titoli di Stato, che sullo stesso andamento del rapporto Euro - Dollaro, ormai il vero driver trainante i motori finanziari e che è stata la giustificazione della cosiddetta ripresina che abbiamo conosciuto fino a un mese fa, dovuta proprio al rapporto di cambio tra Euro e Dollaro.

Dopo quello che è accaduto (alla Grecia, ndr), il cambio Euro - Dollaro si è contratto pesantemente, è passato a 1,50 e si sta proiettando a 1,30, forse anche a 1,25. I mercati finanziari vivono con maggior ansietà il futuro dell’Europa rispetto agli Stati Uniti d’America a causa della disomogeneità strutturale in termini di deficit, di crescita e di credibilità dei Paesi europei.

L'Euro è un marco travestito, una moneta che hanno preteso e voluto i tedeschi perché la Germania era un Paese con potenzialità in termini di export rivolte soprattutto ai Paesi europei, quindi aveva la necessità di una valuta forte e di un rapporto di cambio fisso che consentissero stabilità negli scambi commerciali.

Paesi come l’Italia, la Spagna e la Grecia hanno potenzialità diverse da quelle della Germania, pensiamo all’Italia che esporta molto di più rispetto alla Germania, al di fuori dei confini europei e avrebbe la necessità di una valuta competitiva, un po’ quello che sta facendo la Cina nei confronti delle altre divise, tenendo lo Yuan svalutato per rendere appetibili le esportazioni cinesi.

In questi termini dovremmo ripensare alla politica monetaria per alcuni Paesi europei, ed è per questo motivo che comincia a emergere l’ipotesi del cosiddetto Euro 2, una spaccatura all’interno dell’Euro che faccia nascere una seconda divisa..

Ricordiamoci però che proprio per questa ragione uno dei primi Paesi che si dovrebbe opporre sarebbe la Germania che si ritroverebbe a avere partner con potenzialità e appeal valutari che la metterebbero in difficoltà.

L’emergere dell’Euro ha creato molti più benefici a alcuni Paesi e messo a dura prova la tenuta dei conti di altri, ecco perché in questo momento i mercati sono dubbiosi sul futuro dell’Europa e dell’Euro.

La Grecia con 0,3 trilioni di euro fa ridere, può essere salvata attraverso un intervento in concertazione di più Stati, ma un Paese come la Spagna? L’Italia? Chi li salverà?"




Non sono tutte di Goldman Sachs le colpe sul crac della Grecia

di Mauro Bottarelli - www.ilsussidiario.net - 23 Febbraio 2010

Così parlò il filantropo: un pacchetto di aiuti è sufficiente per salvare la Grecia, ma non risolve i problemi dell'euro. Parola dello speculatore miliardario, ora tramutatosi in salvatore del mondo, George Soros.

In una lettera al Financial Times, Soros scrive che «un'assistenza mirata è sufficiente per salvare la Grecia, ma restano i problemi di Spagna, Italia, Portogallo e Irlanda. Tutti insieme questi paesi rappresentano un pezzo di Eurozona troppo grande per essere aiutato allo stesso modo». Per questo, secondo Soros, «il salvataggio della Grecia lascia aperto il problema del futuro dell'euro».

Soros, però, non ha tutti i torti. Anzi. Ha decisamente ragione. Tanto più se l'Europa continuerà a comportarsi come sta comportandosi sulla questione Grecia. Ieri il differenziale di rendimento tra i decennali greci e tedeschi è sceso di tre punti a 314 punti base, questo grazie alla buona accoglienza da parte dei mercati della voce, diffusa dal settimanale Der Spiegel, secondo la quale il ministero delle Finanze tedesco starebbe preparando un piano europeo di aiuti tra i 20 e i 25 miliardi di dollari.

Peccato che, a stretto giro di posta, sia il governo tedesco che quello greco abbiano smentito l'esistenza del piano stesso. Insomma, confusione totale. Confermata nella tarda mattinata di ieri anche dalla commissione Ue: «Non c'è un piano del genere - ha dichiarato il portavoce Ue Amadeu Altafaj - perché la Grecia non ha chiesto neppure un euro di aiuti finanziari».

Il piano c'è, in verità, è che Berlino nicchia nell'ufficializzarlo perché vuole e deve trovare un modo per renderlo digeribile ai propri compatrioti: insomma, vanno create le condizioni affinché il salvataggio greco diventi un qualcosa di indispensabile agli occhi di contribuenti e risparmiatori.

Serve, in parole povere, un bello spavento. Bisogna portare la situazione greca fino quasi al punto di non ritorno, ovviamente controllando gli avvenimenti e approntando i paracadute del caso, porre l'opinione pubblica di fronte al rischio del contagio in tutta l'eurozona e allora, solo allora, quando si avrà paura di un default argentino generalizzato dei cosiddetti paesi Pigs, si potrà agire con il consensus necessario. Strategie vecchie ritrite ma sempre valide.

Il problema è un altro: ovvero, risolto il caos greco va affrontata la situazione più generale dell'euro e per farlo occorre che i politici, non i burocrati non eletti, ordinino alla Bce, in forza dell'articolo 219 dell'Unione, di svalutare l'euro al fine di evitare che quel 20% di sopravvalutazione attuale non ci porti dritti dritti verso una trappola deflattiva.

Ovviamente non lo faranno, perché si naviga a vista e la Bce, oggi in cerca di un successore a Trichet, è e rimane troppo potente: non è un caso che la guerra aperta tra i vari membri sia quella per decidere tra Mario Draghi e Alex Weber come nuovo governatore della moneta unica.

E qui entra in campo una buona dose di dietrologia d'accatto: una delle liabilities, delle debolezze, della candidatura dell'attuale governatore di Bankitalia sarebbe - per tedeschi e americani, molto interessati al fatto che alla Bce continui la politica di miopia perseguita con successo per anni da Trichet - il suo passato come vice-presidente della filiale londinese di Goldman Sachs, nemmeno avesse fatto parte di Prima Linea o Lotta Continua, visto che in quel caso dirigerebbe un giornale o sarebbe opinionista in tv.

Guarda caso, ecco i fari del mondo che vengono puntati sul contratto swap valutario posto in essere nel 2001 tra governo greco e Goldman Sachs, reo di aver “corretto” i dati del debito di Atene ma, soprattutto, di essersi rivelato un investimento per Goldman che, una volta chiuso il deal, poi si sarebbe posta al ribasso contro il debito greco. Che enorme affronto alla moralità!

È normale, infatti, che dopo aver condotto una due diligence sui reali conti della Grecia, Goldman abbia sì compiuto il suo ruolo di banca d'investimento ma poi, forte delle sue conoscenze, si sia posta al ribasso: i fatti di questi giorni, parlano da soli. Quel debito era una fogna a cielo aperto, un oceano di dissesto che la paletta e il secchiello di Goldman non avrebbero mai potuto prosciugare: quindi, scommetto contro.

Non siano di fronte a funzionari della Bce o della Commissione europea che, dato il via libera agli aiuti, scommettono al rialzo perché ne conoscono la vera entità: Goldman è un soggetto di diritto privato e opera sul mercato, quindi se ha fatto ciò di cui è “accusata” ha fatto bene.

Non regge nemmeno l'accusa di insider trading per il suo ruolo di consulenza che la rende più informata di altri sul mercato: anche Morgan Stanley e altre banche d'affari negli anni - e a più riprese, l'ultima volta lo scorso novembre - hanno offerto i propri servigi al governo di Atene, il quale però ha scelto Goldman semplicemente perché è la migliore.

Altra accusa al gigante newyorchese è la propria capacità di agire sui mercati attraverso il software di flash trading che le permette di centrare ordini sempre un nanosecondo prima degli altri. Anche qui, tanto complottismo e poco realismo. Attualmente nelle Borse occidentali, tutte, servono 300 microsecondi - mille volte meno di un battere di ciglia - per incastrare ordini di acquisto e vendita: è così per tutti.

Il trading algoritmico e ad alta frequenza, poi, rappresenta il 60% di tutte le attività sui mercati azionari degli Stati Uniti: non è solo Goldman, allora, a utilizzare i geni della matematica invece che affidarsi ai consigli degli arbitraggisti, mi pare.

Pensate, tanto per capire quanto l'attività sui mercati sia frenetica, che i gateway, i cancelli, attraverso cui arrivano gli ordini sono interessati da un traffico di 3mila messaggi al secondo: e le valvole di regolazione entrano in gioco ai cinquemila messaggi al secondo, non prima.

Questo è il mondo in cui naviga Goldman Sachs insieme, però, a tutti gli altri che ben ne accettano regole ma anche privilegi: non è colpa di Goldman se nel febbraio dello scorso anno Ubs ha inoltrato un ordine da 31 miliardi di dollari, 100 volte più grande del voluto.

E nemmeno se Morgan Stanley, nel settembre di sei anni fa, ha inoltra un ordine da 10 miliardi invece che da 10 milioni. Loro sbagliano, perché in questa follia telematica è normale sbagliare, Goldman non sbaglia. Perché sono più bravi. Punto.

Sarebbe quindi il caso di farla finita con certe piazzate e dare le colpe a chi le merita: non va biasimata Goldman per il currency swap greco del 2001, ma Atene e i suoi politici corrotti e incapaci che non hanno saputo far altro che distruggere l'economia di un paese, rendendolo talmente debole e vulnerabile da diventare preda e bersaglio delle decine di Goldman di turno.

Nessuno, a oggi, ha lanciato attacchi speculativi al ribasso sui conti tedeschi: si tengono d'occhio i cds delle banche teutoniche, non le casse e il rischio di default sul debito. Ed è cosa molto ma molto differente.

Basta quindi con il crucifige della finanza come mostro cattivo e senza morale, la situazione della Grecia e dell'intera eurozona è colpa di politici inetti e burocrati che non rispondono ad alcunché poiché non godono di mandato popolare: forse occorrerebbe mettere mano a questo, prima che pulirsi la coscienza dando tutte le colpe a Goldman Sachs.

Il fatto stesso che Berlino stia “giocando” con il futuro di Atene e degli altri Pigs, prima confermando e poi negando il piano di salvataggio, la dice lunga sulla “moralità” di certa politica nell'Unione.