venerdì 5 febbraio 2010

Berlusconi in Israele: il solito penoso avanspettacolo di terz'ordine

Ritorniamo ancora sulla focloristica visita di Berlusconi in Israele e Palestina, in cui il cosiddetto premier, con le sue sconclusionate e incoscienti dichiarazioni, ha provocato tutta una serie di ovvie reazioni negative sia in Iran che in Palestina.

Ma anche negli USA, dove il vicepresidente Joe Biden ha ribadito ieri al presidente della Camera Fini ''il bisogno di una forte cooperazione internazionale, per evitare che l'Iran ottenga la capacita' di possedere armi nucleari''.
E figurarsi se gli USA non ne avrebbero approfittato per stringere ancor più il guinzaglio sul "Belpaese"...

Inoltre, alle stizzite reazioni del governo iraniano, il portavoce della Farnesina Maurizio Massari ha replicato con un capolavoro di tipico cerchiobottismo italiota "Il governo italiano non vuole interferire negli affari interni dell'Iran, ma intende esprimere la propria opinione sul rispetto dei diritti umani. La nostra preoccupazione e la condanna delle violenze contro i civili che manifestano pacificamente la loro opinione sono accompagnate dalla sottolineatura che non intendiamo interferire negli affari interni iraniani ne' di altri Paesi".
Proprio una spettacolare arrampicata sugli specchi degna di un Paese che non conta assolutamente nulla nello scacchiere internazionale.

Nel frattempo l'ad dell'ENI, Paolo Scaroni, ha già anticipato che l'ENI non farà più nuovi contratti in Iran ma onorerà solo i due firmati nel 2000 e 2001.
Questo è quanto ha scatenato il comico d'avanspettacolo che siede a Palazzo Chigi in merito all'Iran.

Mentre sul versante palestinese le frasi di Berlusconi sulla "giusta reazione d'Israele nell'operazione Piombo Fuso" sono riuscite a far arrabbiare pure Abu Mazen, il che è tutto dire...

Intanto proprio oggi il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, durante l'Assemblea generale, ha detto che l'Onu non è ancora in grado di accertare se israeliani e palestinesi abbiano presentato, su richiesta della Commissione Goldstone, rapporti ''credibili e indipendenti'' sui crimini di guerra commessi nella Striscia di Gaza durante l'operazione Piombo fuso del gennaio 2009.

Stendiamo poi un velo pietoso sull'altra tragicomica dichiarazione di Berlusconi in visita a Ramallah, "Il muro? non l'ho visto".

Si chiude il sipario...


L'Iran all'attacco di Berlusconi, "Servigi ai padroni israeliani"
da www.repubblica.it - 4 Febbraio 2010

Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha reso una "serie di servigi ai padroni israeliani" con le dichiarazioni fatte durante la sua visita in Israele. Lo ha affermato il sito in italiano della radiotelevisione di Stato iraniana.

"Dopo aver sparato dichiarazioni decisamente discutibili sull'Iran - afferma il sito - il premier italiano è arrivato a dire che la guerra contro Gaza fu giusta, calpestando così i cadaveri di 1.400 civili palestinesi uccisi l'anno scorso da Israele durante tre settimane di folli bombardamenti".

Sul sito si afferma che "prima e durante la visita in Israele", Berlusconi "ha rivolto all'Iran tutte le accuse possibili, a cominciare da quella di voler sviluppare armi nucleari". E davanti al Parlamento israeliano, aggiunge, il premier "si è davvero superato definendo 'esempio di democrazia e libertà' il regime israeliano, nato con la forza bruta sulla terra altrui e che si è macchiato dei crimini più orrendi e che da 3 anni ha assediato e murato un milione e mezzo di persone a Gaza".

L'emittente Irib lamenta anche il fatto che il premier italiano abbia "definito giusta la guerra contro Gaza" e "sventolato con orgoglio il no dell'Italia all'Onu al rapporto Goldstone che condannava i crimini di guerra israeliani a Gaza".

"Noi siamo al servigio dei nostri valori e dei nostri ideali. Questi dicono che l'Olocausto è stata la più grande tragedia dell'umanità", ha replicato il ministro degli Esteri Franco Frattini. "Confermiamo che Israele è uno Stato libero e democratico che dev'essere difeso".


Se Berlusconi lancia l'offensiva anti Iran
di Lucio Caracciolo - http://temi.repubblica.it/limes - 3 Febbraio 2010

Teheran è la prova del nove dei nostri rapporti con Israele. Gli attacchi del premier arrivano nel momento in cui si decidono nuove sanzioni. Se queste falliranno sarà più forte il partito del bombardamento all'Iran. In caso di attacco l'Italia subirà le prime conseguenze.

Gli attacchi senza precedenti di Silvio Berlusconi al regime iraniano rappresentano probabilmente anche il frutto dei suoi recenti incontri con i dirigenti israeliani. In Israele, più ancora che in Occidente, la minaccia dell’atomica persiana è considerata esistenziale. Per un paese come il nostro, che si è sempre considerato amico dello Stato ebraico e che oggi, con Berlusconi, si pretende portabandiera degli interessi israeliani in Europa, il fronte iraniano è la prova del nove.

Nel nostro rapporto con Gerusalemme verremo valutati soprattutto per quello che vorremo e sapremo fare contro Teheran. In particolare, bisognerà vedere fino a che punto saremo disposti a sacrificare i nostri tradizionali, corposi vincoli economici e commerciali con l’Iran. Spesso, in modo informale, gli alleati americani ci hanno fatto capire come sia necessario ridurre la nostra esposizione economica nei confronti dello Stato iraniano.

Proprio nelle settimane in cui si discutono i dettagli di un nuovo giro di sanzioni contro il regime dei pasdaran e in cui l’America, per ordine di Barack Obama, rafforza la sua presenza navale nel Golfo, in funzione dichiaratamente anti-iraniana, questo capitolo diventa per noi specialmente delicato.

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Berlusconi ha fra l’altro rimarcato la necessità di sostenere l’opposizione in Iran. Non sarà facile. Innanzitutto perché l’“onda verde” sembra in fase di ristagno. In secondo luogo, perché i principali leader del movimento sorto l’estate scorsa per rigettare la rielezione di Mahamud Ahmadinejad alla presidenza del paese si sta dividendo.

Terzo, perché non è detto che la nostra volontà di aiutare in qualche modo gli oppositori possa essere realmente di sostegno alla loro battaglia. Nel clima di nazionalismo parossistico in cui si trova oggi l’Iran, essere in odore d’intelligenza con l’Occidente può essere uno svantaggio, più che una risorsa.

In ogni caso, i prossimi mesi
saranno decisivi. Se le sanzioni non ci saranno o saranno inefficaci, è possibile che non solo in Israele, ma anche negli Stati Uniti torni a farsi sentire il partito del bombardamento, come unica alternativa alla bomba atomica iraniana. In quel contesto, evidentemente, noi italiani avremmo poco da dire.

Ma certamente saremmo tra i primi a subire direttamente e indirettamente le conseguenze di una guerra. I nostri uomini in Libano e Afghanistan sono, di fatto, sotto un ambiguo ombrello di protezione iraniano.

È ovvio che, in caso di conflitto, questa protezione cadrà. I nostri contingenti sarebbero probabilmente oggetto delle prime rappresaglie iraniane. Ma non è detto che queste considerazioni siano state presenti a Berlusconi nel momento in cui si lanciava nell’offensiva verbale contro Teheran.


Lettera di "copertura" dal premier. Così l'ENI si disimpegnerà dall'Iran

di Roberto Mania - La Repubblica - 5 Febbraio 2010

Il progressivo disimpegno dell'Eni dall'Iran sarà blindato da Palazzo Chigi. Una totale copertura politica per il gruppo italiano più esposto in Iran è ormai considerata indispensabile dopo il discorso del premier, Silvio Berlusconi, alla Knesset israeliana in cui ha chiesto sanzioni contro il regime di Ahmadinejad.

Ne hanno parlato a lungo l'amministratore delegato dell'Eni, Paolo Scaroni, e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta. Alla fine il governo ha preso l'impegno di aprire un "ombrello protettivo" sul Cane a sei zampe.

Nei prossimi giorni sarà lo stesso Berlusconi a scrivere una lettera a Scaroni nella quale ribadirà la linea del governo italiano nei confronti di Teheran e le relative dirette conseguenze sul piano degli investimenti e delle strategie economiche. Una missiva-vincolante da parte dell'azionista di riferimento che, attraverso il Tesoro e la Cassa depositi e prestiti, controlla circa il 30 per cento del gruppo petrolifero.

Da una parte, la lettera del premier serve a Scaroni per le prossime mosse che dovrà assumere con i rappresentanti del governo iraniano; dall'altra per spiegare e motivare con trasparenza le sue scelte agli azionisti (ieri, nel giovedì nero della Borsa, il titolo Eni ha chiuso a - 2,59 per cento), con la rinuncia di fatto a investire in un'area ancora molto ricca di petrolio.

Partita delicata, dunque, con diverse sfaccettature, finanziarie e geo-politiche, perché l'Eni è nei fatti un pezzo della politica estera italiana. E l'Italia ha scelto di ridurre sempre più gli scambi commerciali con Teheran: nei primi dieci mesi del 2009 l'interscambio è precipitato di quasi il 40 per cento. Nel 2008 era stato di circa sei miliardi di euro.

Incassata la copertura di Berlusconi, Scaroni - ieri a Bruxelles per definire l'accordo con la Commissione per la cessione di alcuni gasdotti come chiedeva l'Antitrust Ue - ha tracciato la linea d'azione con Teheran dove nel complesso l'Eni ha investito cinque miliardi di dollari nel biennio 2000-2001: "Avevamo firmato il contratto al tempo di Rafsanjani, quando - ha detto - non si parlava di sanzioni nei riguardi dell'Iran. Il primo contratto è già quasi terminato, stiamo ormai solo fornendo assistenza; il secondo terminerà a marzo e poi ci limiteremo a fornire assistenza anche in questo caso. Non faremo contratti per il futuro".

D'altra parte già un paio d'anni fa e, più recentemente, al termine di una visita a Washington compiuta anche per rassicurare il governo americano preoccupato per i rapporti davvero speciali tra Mosca e l'Eni (basti pensare al caso del gasdotto South Stream), Scaroni aveva ripetuto che non aveva alcuna intenzione di firmare nuovi contratti con il governo iraniano. Dovranno però essere gestiti e portati a conclusione gli accordi in atto, anche perché il gruppo non può certo rinunciare al ritorno degli investimenti realizzati.

Proprio "sfruttando" questo aspetto il direttore operativo della compagnia petrolifera statale iraniana Nioc (National iranian oil company) Seifollah Jashnsaz ha potuto, e voluto, dichiarare che "le trattative con l'Eni per lo sviluppo della terza fase del giacimento di Darkhovin continuano". A Darkhovin si producono attualmente quasi 160 mila barili al giorno, dei quali 14 mila in quota Eni che partecipa al 45 per cento.

Ma da San Donato, sede del gruppo petrolifero, non sono arrivate né conferme né smentite alle dichiarazioni dell'esponente iraniano. Silenzio per evitare contrasti con un Paese nel quale il gruppo ha ancora impegni significativi, e grazie ai quali nel 2008 ha estratto 28 mila barili al giorno di petrolio. Cautela, quindi, in attesa della necessaria copertura di Palazzo Chigi. Che sta arrivando.


Berlusconi non ha visto il muro

di Raniero La Valle - http://domani.arcoiris.tv - 4 Febbraio 2010

Con mezzo governo Berlusconi è andato in Israele per fare affari e per promettere che non ne farà più col nemico iraniano. Diligentemente è andato a visitare il museo della Shoah, scrivendo un’apposita frase che attesta il suo orrore per quella ignominia.

Poi dall’hotel King David dove con il suo seguito occupava una “suite regale” con altre 170 stanze e vestiva un accappatoio bianco con su scritto a lettere d’oro “Silvio Berlusconi”, si è spostato alla Knesset per dire che Israele è la migliore democrazia del mondo e che bene ha fatto a punire i palestinesi con l’operazione “Piombo fuso” e con il massacro di Gaza, nonostante la condanna ufficiale dell’ONU da cui l’Italia del resto già si era dissociata votando contro di essa.

Tutto questo il nostro presidente del Consiglio ha fatto nel giorno in cui a Roma alla Camera faceva votare dai suoi devoti la legge-beffa che, unica nelle democrazie dell’Occidente, sancisce la legittima latitanza sua e dei suoi ministri dalle aule giudiziarie nelle quali fossero processati anche per i più gravi reati; una legge così ingegnosa (si raffina con il ripetuto esercizio l’arte di Ghedini) che questa latitanza non ha nemmeno bisogno di essere consumata all’estero, come almeno fece Craxi, ma può essere meramente figurativa e vissuta allegramente in Italia.

Nello stesso giorno Berlusconi si trasferiva nei Territori occupati per una doverosa visita all’infelice Abu Mazen. Per passare da Israele nei Territori bisogna imbattersi nel Muro che sigilla i palestinesi nel loro “apartheid” e sfregia la Terra santa e la stessa Gerusalemme.

Ma ai giornalisti che gliene chiedevano le impressioni lo statista ha detto di non averlo veduto, occupato com’era a riordinare le idee per l’incontro con l’Autorità palestinese. Ma non si può avere alcuna idea da scambiare con i palestinesi, se non si vede il Muro, che è come la trave ficcata nel loro occhio.

Non vedere il Muro che è la più imponente opera edilizia della regione, è come andare in Egitto e non vedere le piramidi, è come essere andati nella Germania divisa e non aver visto il Muro di Berlino, è come essere andati ad Auschwitz senza aver visto il cancello con la scritta sul “lavoro che libera”.

Non vedere il Muro che uccide la Palestina e ghettizza Israele è come non vedere gli operai licenziati di Termini Imerese che salgono sui tetti, o quelli dell’Alcoa, o i disoccupati e i cassintegrati che assediano palazzo Chigi, per proteggere il quale il centro di Roma si è trasformato in un bivacco della polizia.

Non vedere il muro che da Nazaret impedisce di andare a Betlemme, e da Gerusalemme blocca la strada per Emmaus, è come non vedere che c’è la crisi economica che si abbatte su milioni di famiglie, e dire che tutto va bene, basta dare qualche condono ai ricchi che evadendo le tasse hanno messo le mani in tasca agli italiani poveri.

Non vedere il Muro che modernizza la Terra promessa è come non vedere altri monumenti della modernità: lo Stato di Diritto, il Cesare Beccaria dei delitti e delle pene, la divisione dei poteri, la funzione della magistratura, l’universalità della legge penale, l’eguaglianza di tutti davanti alla legge.

Non vedere il Muro oltre il quale è ricacciato l’intero mondo arabo e islamico vuol dire rovesciare la politica estera italiana che ha intessuto legami e gettato ponti in tutto il Medio Oriente; significa distruggere l’immagine dell’Italia che per decenni ha compiuto il miracolo di praticare l’amicizia con Israele senza rompere la solidarietà con i palestinesi; significa ignorare che il Parlamento italiano votò a suo tempo per l’ingresso non del solo Israele, come oggi vorrebbe Berlusconi, ma dei due Stati della Palestina e di Israele nella Comunità europea, intesa non come una fortezza per lo scontro con gli arabi, ma come uno spazio in cui le frontiere si abbassano e Israele e Palestina potessero vivere insieme come Stati indipendenti e sovrani, non confusi ma non divisi nel godimento dello stesso territorio.

Non vedere il Muro che umilia i palestinesi vuol dire andare da loro a promettere non la libertà, ma un po’ di soldi di un ipotetico “piano Marshall” per un impossibile “benessere”.

Il primo ministro Netanyau ha detto che Israele non ha un altro amico pari a Berlusconi in tutta la comunità internazionale. Povero Israele.

Se amico di Israele è chi non vede il Muro, allora vuol dire che Israele vive nella irrealtà, in un mondo che non è quello vero, in un mondo dove non c’è nessun altro che lui, un mondo che esiste solo nel sogno di chi è senza ragione.

Questo sogno è molto pericoloso. Se ne può morire. E quello di far entrare il solo Israele nella Unione europea, per meglio combattere tutti insieme l’Islam, non è un sogno, è un incubo.


Berlusconi in Israele, dal Paese delle Banane allo Stato criminale di guerra

di Mohammad Hannoun - www.infopal.it - 4 Febbraio 2010

"Sono onorato, il mio Paese è onorato di essere qui e di parlare in questo parlamento, che è il simbolo stesso della democrazia". Sono le parole pronunciate dal nostro primo ministro, Silvio Berlusconi, davanti alla Knesset, il Parlamento israeliano, durante la recente visita in Israele (*).

In questi giorni è andato in scena un vero spettacolo ad uso e consumo dei veri sovrani d'Italia - gli Usa e Israele (e Gran Bretagna e Unione Europea, logge massoniche e quant'altro) - e dei detrattori di Berlusconi, quelli che attraverso la carta stampata e alcune tv hanno condotto la regia degli attacchi contro la "morale" del premier italiano, mirando in realtà a ben altro: la sua "amicizia" con la Russia di Putin, con la Libia di Qaddafi, la sua "cedevolezza" verso l'Iran, le mancate "riforme neoliberiste" in Italia, la sua politica energetica, e altro ancora. Evidentemente, tanta propaganda negativa ha sortito gli effetti voluti: le dichiarazioni di sudditanza a Israele e l'inimicizia verso un partner storico come l'Iran.

Il nostro premier, per salvar se stesso, le sue aziende (anche dalla minaccia di Rupert Murdoch), e per placare i virulenti attacchi alla sua immagine e alla sua stessa persona (fisicamente intesa), ha scelto, ancora una volta, di minare gli interessi nazionali e di vender la dignità del popolo italiano.

Ecco allora che per il presidente del Consiglio, Israele rappresenta "il più grande esempio di democrazia e di libertà nel Medio Oriente. Per noi, come hanno detto sia il Papa Giovanni Paolo II che il Rabbino Elio Toaff, il popolo ebraico è un 'fratello maggiore e noi, liberali di tutto il mondo, vi ringraziamo per il fatto stesso di esistere". E prosegue, augurandosi che Israele diventi "membro a pieno titolo dell'Unione Europea".

Ma Berlusconi non si ferma al grido di "Viva Israele". Va avanti e dà totale appoggio allo stato sionista, macchiatosi di numerosi crimini di guerra, nei suoi 61 anni di ingloriosa storia, e definisce addirittura "una reazione giusta ai missili di Hamas" l'Operazione Piombo Fuso, la carneficina dello scorso inverno contro la popolazione innocente di Gaza.

Il discorso del presidente del Consiglio è accolto da applausi scroscianti: la pecora smarrita è tornata all'ovile. Un ovile pieno di lupi.

La svolta pro-Israele effettuata dall'Italia, rispetto a decenni di filo-arabismo, in questi ultimi anni di governi di destra-sinistra-destra, e in particolare, in questi giorni, hanno suscitato forti perplessità, delusioni e malumori nella comunità palestinese italiana.

Riportiamo qui di seguito l'intervista di Infopal al presidente dell'API, l'associazione dei Palestinesi in Italia, Mohammad Hannoun.

"La visita del primo ministro Berlusconi, in sé, rappresenta un tradimento: ha calpestato 1400 innocenti caduti durante la guerra israeliana contro Gaza, 'Piombo Fuso'. Questa visita è un premio consegnato al governo israeliano. E' dal 1993, dagli accordi di Oslo, che Israele non solo non ha restituito un centimetri di terra palestinese, ma ne ha rubata altra, costruendo colonie, muri, checkpoint. In questo momento difficile per Israele, a causa dell'isolamento internazionale, del Rapporto Goldstone, ecc., vediamo un premier di un Paese come l’Italia, che ha avuto una lunga storia di solidarietà con i paesi oppressi, accolto dal governo Netanyahu, davanti al quale dichiara che 'Israele è uno Stato democratico'! Un paese che macella i palestinesi!

L'appoggio incondizionato di Berlusconi a Israele è un invito indiretto a compiere altri massacri come Piombo Fuso. Non ha detto una sola parola di critica verso l’occupazione e l’umiliazione cui sono soggetti i palestinesi. Non ha chiesto di rompere l’assedio a Gaza, di abbattere il Muro dell'Apartheid che strangola la Cisgiordania e Gerusalemme".

Come commenta l'augurio del premier a Israele affinché diventi "membro a pieno titolo della Ue"?

"Con le sue dichiarazioni, Berlusconi ha superato quelle dello stesso governo israeliano. E' stato più realista del Re. E’ spaventoso questo suo modo di sostenere il terrorismo sionista. Ciò non aiuta affatto il processo di pace, che l'Italia e l'Unione Europea devono sostenere, in modo da vedere realizzati i diritti legittimi del popolo palestinese. Questo suo atteggiamento cancella tutto, in un solo colpo. Egli ha parlato della sicurezza di Israele, mentre quella dei palestinesi non è stata neanche presa in considerazione.

Noi palestinesi ci aspettavamo dal premier italiano una posizione più equilibrata e che si schierasse a favore di diritti umani...".

(Si legga: http://byebyeunclesam.wordpress.com/2010/02/02/la-diplomazia-sporca-di-frattini-ed-i-bambini-della-palestina/)

Berlusconi ha definito "giusta reazione" l'operazione israeliana Piombo Fuso contro Gaza. Che ne pensa?

"Sono parole gravissime. Non posso credere che sia arrivato a giustificare il massacro di 1400 esseri umani e il ferimento di altri 5000, la distruzione di case, scuole, ospedali. Siamo messi proprio male, qui in Italia".

Secondo lei, quali sono le motivazioni che hanno spinto il nostro primo ministro a rilasciare quelle dichiarazioni?

"Penso che abbia voluto dimostrare che è un fedele 'servo di Israele'. Le sue, infatti, non sono affermazioni degne di un leader nazionale. Il popolo italiano, popolo dignitoso, non si merita un atteggiamento simile. Berlusconi ha abbandonato tutti i principi umani, le convenzioni internazionali, per star dietro a Israele… Inoltre, non bisogna dimenticare che è un uomo d'affari e avrà obiettivi personali e aziendali da raggiungere... Non ultimo, nei confronti del suo rivale commerciale, Rupert Murdoch, le cui tv sono state co-protagoniste delle campagne di diffamazione nei suoi confronti. Avrà voluto dimostrargli che anche lui è filo-sionista...e sta con il più forte...

Noi vogliamo invitare gli italiani a non lasciarsi trascinare dalle dichiarazioni del premier. Egli dovrebbe rappresentare tutto il popolo italiano, non soltanto la comunità ebraica. Afferma di rappresentare tutti, ma i fatti lo contraddicono in modo palese".

(*) Berlusconi fra Knesset e Abu Mazen
"A Gaza una reazione giusta"

Il premier in Israele: "Ebrei fratelli maggiori". "D'accordo con la guerra ad Hamas". Anp: "Fu aggressione". "Dolore per vittime palestinesi come per Shoah". Il muro? "Non l'ho visto"


La "caos-politik" dell'Italia
di Vincenzo Nigro - http://nigro.blogautore.repubblica.it - 4 Febbraio 2010

E’ una cattiveria, ma purtroppo è efficace. Un ambasciatore arabo a Roma definisce le ultime ore della politica estera italiana (Bertolaso contro gli Usa, Berlusconi in Israele) “una caos-politik che sembra accuratamente preparata per non far capire nulla ai vostri alleati e perfino ai vostri amici”.

Il riferimento è soprattutto alle svolte e contro-svolte del presidente del Consiglio a Gerusalemme. Essendo arrivato ad giustificare (non richiesto) la guerra di Gaza, in cui sono morte 1.400 persone, Berlusconi una volta messo piede in Palestina per incontrare Abu Mazen ha provato a “recuperare”.

Ha equiparato quelle vittime di Gaza agli ebrei sterminati nell’Olocausto. Una bestemmia per gli ebrei, giustificata soltanto dalla sincera difesa dello Stato di Israele che da sempre il capo del governo ripete in ogni occasione.

Il problema è che tutti in Israele se ne sono accorti. E ormai iniziano a capire. Su “Maariv” Nadav Eyal scrive che ”Silvio Berlusconi è soprattutto un amico di Israele, ma questo non riesce a far dimenticare altri fatti, alcuni dei quali sono anche più importanti. Il primo problema è ovviamente il carattere problematico dello stesso Berlusconi. Negli ultimi anni ha ricevuto davvero pochi complimenti in giro per il mondo, a partire da Washington, Londra o Berlino. Il leader italiano è considerato in tutta Europa un fenomeno politico pericoloso”.

L’unico messaggio equilibrato durante la sua visita in Israele Berlusconi sembra averlo dato nell’intervista al giornale rivale di Maariv, Haaretz. Ma quella era un’intervista a domande e risposte scritte: Berlusconi ci ha messo la faccia, il testo era dei suoi consiglieri diplomatici.

Per il resto l’attacco personale ad Ahmadinejad piuttosto che la scivolata su Gaza-Olocausto sono il simbolo ripetuto di una esagerazione, a volte di un eccesso di zelo fuori controllo che sono diventati la cifra distintiva degli ultimi mesi della politica estera italiana. I tedeschi offrirono all’Europa la loro “ost-politik” verso i paesi comunisti. Noi stiamo rapidamente consolidando la “caos-politik”.


Berlusconi in Israele (tra il serio e il faceto)
da - www.campoantimperialista.it - 4 Febbraio 2010

Fino a dove può condurre l’eccesso di zelo e il protagonismo da avanspettacolo

La visita che in pompa magna Berlusconi ha compiuto in Israele si presta a due prime riflessioni. La prima è che l’eco di questa visita non ha oltrepassato i confini della acque territoriali italiane e israeliane, a conferma dell’insignificante posizione dell’Italia sulla scena internazionale.

La seconda, ma non ce n’era bisogno, di quanto stringente sia, per non dire patetico, il rapporto di sudditanza che lega la casta politica italiana tutta (si noti infatti come improvvisamente tacciano i trombettieri dell’anti-berlusconismo nel caso del pellegrinaggio gerosolomitano) all’Entità sionista. C’è infine una terza riflessione.....

Per avere conferma che del pellegrinaggio a Gerusalemme non è importato un fico secco ad alcuno, è sufficiente un pur rapido sguardo ai siti dei principali mezzi di comunicazione mondiali.

Nessuno, ma proprio nessuno, ha ritenuto che la visita di Berlusconi e di mezzo governo italiano meritasse, non diciamo la prima pagina, ma nemmeno il diritto di cronaca. Nessuna traccia di questo pellegrinaggio nella stampa araba, neanche l’ombra in quella cinese, indiana o russa. Niente di niente in quella nord-americana o latino-americana. Dei network africani neanche a parlarne.

L’unica eccezione è stata la stampa persiana, che ha reso nota una telegrafica dichiarazione di Kazem Jalali, modesto portavoce della commissione affari esteri del Parlamento iraniano, il quale si è limitato a dire che le affermazioni del premier italiano sul fatto che Tehran dovrebbe capitolare ai diktat imperialistici «non potranno aiutare a risolvere i problemi, ma al contrario li renderanno più complicati» e che esse suonano come una «interferenza negli affari interni di un Paese indipendente».

Questo silenzio tombale tira in ballo la questione del discredito universale di cui gode il pagliaccio, che i media mondiali rappresentano infatti come tale, come l’inveramento politico di Pulcinella, trovando quindi più significativo raccontare le sue gaffe, le sue battute da puttaniere, o segnalando il suo profilo di torbido capitano d’industria. Qualcuno avverta Berlusconi, che sappiamo non difetta di megalomania, che egli è considerato un nano, non nel senso di brevilineo, ma proprio nel senso politico.

Ma questo nanismo non è che una metafora dell’insignificanza italiana sulla scena mondiale, paese noto ai più per la Ferrari e i marchi come Valentino o Prada o, per meglio dire, come quell’area geografica che sta attorno al Vaticano.

Tant’è che quando il viaggio lo fa il Papa la musica cambia: l’attenzione dei media mondiali, almeno fino all’Indo, è assicurata. L’irrilevanza del peso politico dell’Italia nel mondo è tutta in questa rappresentazione: che essa è una mera appendice della Santa Romana Chiesa, cattolica e apostolica.

La terza riflessione è sul senso politico di questa visita. La presenza di mezzo Consiglio dei ministri mostra quanto questo mezzo-Stato tricolore sia legato al vero-Stato che è Israele e quanto sia intenzionato ad intensificare le relazioni bilaterali, economiche, commerciali, diplomatiche.

Lo scopo è evidente: rendere indissolubili le relazioni strategiche, portarle ad un punto di non ritorno, così che, non si sa mai, chiunque sia domani alla guida del paese, non possa scantonare e proceda sulla direzione tracciata.

Noi non sappiamo, e Lor signori si guardano bene dal renderlo noto, che tipo di accordi le delegazioni hanno stipulato. E’ la diplomazia segreta, ma è segreta appunto perché vengono siglati patti e prese decisioni, che non attengono certo al commercio di pompelmi o di sali del Mar Morto.

Riguardano invece materie strategiche scottanti come lo scambio di tecnologie sensibili, la cooperazione sul piano militare e logistico, la cooperazione d’intelligence. Il tutto, beninteso, a spese non solo del popolo palestinese, ma della Resistenza libanese e araba, nonché dell’Iran.

E proprio l’Iran riteniamo sarà stato il primo punto dell’agenda di questi incontri. Netanyahu e la Livni non hanno fatto mistero di aver chiesto all’Italia, e ottenuto, una posizione dura contro l’Iran, non solo per quanto attiene alla disponbilità a promuovere pesanti sanzioni internazionali.

Nello specifico il governo sionista avrà chiesto che il governo di Roma si impegni a premere sulla tante aziende italiane che fanno affari d’oro con Tehran. No, non solo l’Eni. Gli israeliani sanno bene che decine di aziende italiane cooperano con l’Iran in diversi e ben altri campi, tra cui le alte tecnologie, comprese quelle spaziali e militari. Berlusconi, a legger tra le righe, ha assicurato l’impegno affinché le aziende italiane in questione tronchino i loro rapporti con l’Iran. Alla faccia delle libertà di mercato.

Noi sospettiamo così che questo pellegrinaggio gerosolomitano abbia un altro possibile recondito significato. Essendo l’Italia il primo partner commerciale dell’Iran, i sionisti, che non hanno mai nascosto l’intenzione di compiere un attacco aereo su grande scala alle centrali nucleari persiane e che attendono, per metterlo in atto, solo il semaforo verde dalla Casa Bianca, hanno voluto metter sull’avviso gli amici italiani: “Guardate che quest’attacco è imminente, meglio per voi se fate armi e bagagli e ve ne venite via dall’Iran, prima che sia troppo tardi”.

Che sia andata proprio così lo ha confermato Netanyahu quando ha esordito: “Silvio è il carissimo amico italiano, che deve essere d’esempio per tutti i leader del mondo, che ha il nostro totale appoggio, che stimiamo e amiamo.” Più chiaro di così si muore. Il servo sciocco, da parte sua, dandosi le arie, gli ha fatto eco sostenendo che si considera “... l’avvocato degli interessi israeliani.. e farò tutto quello che potrò fare per sostenere le ragioni di Israele.” Amen.

In questo eccesso di zelo, sempre proteso alla ricerca della battuta ad effetto per conquistare le luci della ribalta, Berlusconi non è riuscito a trattenere la “tavanata”: “Sogno Israele nella Unione Europea!”.

Una sciocchezza sesquipedale che poteva fare rumore in questo paese allo sbando che è l’Italia, ma alla quale, naturalmente, la più seria stampa israeliana non ha dato il benché minimo peso. Il perché è evidente: vi immaginate i sionisti che chiedono a Bruxelles se possono o non possono spianare Gaza o attaccare il Libano?

Se debbono o non debbono radere al suolo le centrali atomiche persiane? Se il Mossad può o non può continuare la pratica delle uccisioni mirate a danno dei combattenti palestinesi? Ve lo immaginate il governo israeliano dover concordare la sua politica estera con Almunya? O cedere la propria sovranità monetaria?

Chiunque abbia un po’ di sale in zucca, sa benissimo che stiamo parlando di fantapolitica. E infatti avviene praticamente il contrario: è quest’appiccicaticcio dell’Unione Europea che ogni volta non può che limitarsi a prendere atto delle iniziative unilaterali e guerrafondaie dei sionisti, magari dandosi un tono storcendo il naso, il più delle volte facendo finta di niente.

Berlusconi ha sparato la sua cavolata (è un’altra storia che egli ci creda davvero o lo faccia solo per far parlare di sé), certo pensando di toccare le corde dei sionisti, ma questi, pur apprezzando il suo zelo, l’hanno lasciata cadere. Hanno cose più serie e tremende a cui pensare.