venerdì 20 marzo 2009

Obama, Iran e Afghanistan

Ieri il presidente USA Obama, in un videomessaggio diretto ai dirigenti iraniani in occasione del Nowruz, il capodanno del calendario iraniano, ha affermato "Vorrei parlare direttamente al popolo e ai dirigenti della repubblica islamica di Iran, superiamo trent'anni di conflitti [...] C'è necessità di un avvenire in cui gli antichi dissensi siano superati. Con il nuovo anno ci sia davvero un nuovo inizio".

Nel video sottotitolato in lingua farsi, Obama ha detto che è deciso a "cercare un dialogo onesto e fondato sul mutuo rispetto, ma anche l'Iran ha una scelta da fare [...] L'Iran non potrà ottenere il rango internazionale che le spetta attraverso il terrorismo o le armi [...] La mia amministrazione è ora risoluta a praticare una diplomazia che tratta la totalità dei problemi che abbiamo davanti a noi e a cercare di stabilire relazioni costruttive tra gli Stati Uniti, l’Iran e la comunità internazionale. Questo processo non progredirà con le minacce".

Con questo messaggio Obama ha implicitamente riconosciuto il regime degli ayatollah con il quale gli USA non hanno relazioni diplomatiche dal 1980.
E infatti sono state positive le prime reazioni di Teheran, con il consigliere per i media del presidente iraniano Ahmadinejad, Akbar Javanfekr, che ha dichiarato "Accogliamo con favore la volontà del presidente americano di mettere da parte le differenze del passato, ma non si deve chiedere all'Iran di dimenticare unilateralmente l'atteggiamento aggressivo degli Stati Uniti. Gli Usa devono riconoscere i propri errori e ripararli per poter mettere fine alle differenze tra i due Paesi".
Anche il ministro dell’Energia iraniano, Parviz Fattah, ha commentato positivamente il messaggio di Obama, ma nel contempo ha reso noto che la centrale atomica di Bushehr entrerà in funzione entro la fine dell'anno.

E mentre Obama dialoga con gli iraniani, la sua amministrazione sta pianificando la nuova strategia per l'Afghanistan che per avere una speranza di successo deve necessariamente passare attraverso una svolta nelle relazioni con l'Iran.

Se ne parla qui di seguito.


Afghanistan, la strategia di Obama

di Enrico Piovesana - Peacereporter - 20 Marzo 2009

Come la nuova amministrazione vuole vincere la guerra

Attraverso una serie di 'indiscrezioni' lasciate trapelare sulla stampa statunitense, l'amministrazione Obama ha svelato la nuova strategia per l'Afghanistan.

'Surge' e 'afganizzazione'. Come preannunciato, gli attuali 62 mila soldati delle forze d'occupazione occidentali, comandate dal generale Usa David McKiernan, riceveranno 17 mila uomini di rinforzo dagli Stati Uniti nei prossimi mesi, e quasi altrettanti - sempre dagli Usa - entro la fine dell'anno: 30 mila in tutto. Solo qualche migliaio di uomini in più dovrebbe arrivare dagli alleati europei (Italia compresa), che in compenso rimuoveranno i 'caveat' che finora impedivano alle loro truppe già schierate di partecipate attivamente alla guerra. L'obiettivo finale è quello di arrivare a quota 100 mila: quasi la stessa raggiunta negli anni '80 dalle forze d'occupazione sovietiche (118 mila uomini), che però non bastarono a sconfiggere la resistenza afgana.

La vera novità della strategia Usa in Afghanistan riguarda le forze armate locali.
I generali sovietici potevano contare su circa 50 mila soldati del governo collaborazionista afgano. Oggi, i generali statunitensi possono fare affidamento su 82 mila soldati dell'Esercito Nazionale Afgano (Ana) e su 80 mila uomini della Polizia Nazionale Afgana (Anp): Obama vuole creare, in pochi anni, un esercito afgano di 260 mila solati e una polizia afgana di 140 mila uomini, in un'ottica di 'afganizzazione' del conflitto.

Portare la guerra in Pakistan. L'altra grossa svolta strategica dell'amministrazione Obama riguarda il Pakistan. Come nel 1969 il presidente Nixon autorizzò l'operazione segreta 'Menu' per colpire le retrovie e i santuari dei Vietcong in Cambogia, così Bush l'estate scorsa ha autorizzato la Divisione Attività Speciali (Sad) della Cia e il Comando Congiunto Operazioni Speciali (Jsoc) dell'Esercito Usa a condurre raid aerei e incursioni di forze speciali contro le retrovie talebane nelle Aree Tribali pachistane. Da settembre gli aerei telecomandati statunitensi hanno condotto una cinquantina di bombardamenti missilistici uccidendo finora almeno 520 persone (300 civili, 200 jihadisti e 20 militari pachistani).

Ora Obama vuole espandere questa 'guerra segreta' di droni e commando anche al Balucistan pachistano, in particolare alla zona di Quetta, dove dal 2002 si nasconde - protetta dai servizi segreti pachistani - la leadership politica dei talebani, ovvero il Mullah Omar e il Consiglio (Shura) da lui presieduto, e dove ultimamente si sarebbero spostati anche i capi militari della resistenza, spinti dalla crescente pressione militare sulle Aeree Tribali.

Il rischio di portare la guerra a Quetta è che la retrovia talebana si sposti ancora più a sud: nella città portuale di Karachi - culla ideologica del jihadismo pachistano e già rifugio dei principali esponenti di Al Qaeda - costringendo gli Usa a colpire fin nel cuore di questa megalopoli da 18 milioni di abitanti. Ipotesi a dir poco impensabile.