lunedì 30 marzo 2009

Pdl: il solito unico uomo al comando


Ancora qualche commento sulla straziante tre giorni che ha visto la nascita del Pdl e sulle conseguenze che ne deriveranno per la politica italiana dei prossimi anni.



Italia: l’ombra del fascismo

dal Guardian – 30 Marzo 2009


L’obiettivo centrale di Silvio Berlusconi come primo ministro italiano e’ da tempo apparso essere chiaramente e spudoratamente evidente. Fin da quando ha riempito il vuoto politico creato nel 1993 dal simultaneo scandalo per la corruzione del governo a destra e dal crollo del comunismo italiano a sinistra, Berlusconi ha usato il suo potere politico per proteggere se stesso e il suo impero mediatico dalla legge.


Durante il più lungo dei suoi tre periodi come primo ministro, Berlusconi non solo aveva consolidato la sua già forte presa sull’industria italiana dei media - ora ne possiede circa la metà - ma aveva creato una norma per garantirsi l’immunità dai procedimenti giudiziari in corso contro di lui. Poi, quando tale provvedimento era stato dichiarato incostituzionale, il neo rieletto Berlusconi l’ha ripresentato di nuovo con una nuova veste lo scorso anno ed e’ riuscito a farselo firmare e tramutare in legge.

Berlusconi deve il suo successo un po’ alla sua audacia e molto alla sempre piu’ profonda debolezza dei suoi avversari. La sinistra italiana, in particolare, non è riuscita a fare un’efficace opposizione. Eppure l’ultima mossa di Berlusconi - la fusione, completata ieri, nel suo nuovo partito del Popolo della Libertà del suo partito Forza Italia con Alleanza Nazionale che deriva direttamente dalla tradizione fascista di Benito Mussolini - può lasciare un segno sulla vita politica italiana ancor piu’ duraturo di qualsiasi altra cosa abbia gia’ fatto il magnate populista.

A differenza della Germania del dopoguerra, l'Italia del dopoguerra non ha mai affrontato adeguatamente la propria eredità fascista. Come risultato, mentre il neofascismo non e’ mai seriamente riemerso in Germania, in Italia vi sono state importanti continuità – tra queste, le leggi e i funzionari pubblici ereditati dal periodo di Mussolini e la rinascita nel dopoguerra del ribattezzato partito fascista – nonostante la cultura pubblica nominalmente antifascista dell’Italia. Queste continuità sono solo diventate più forti. E 'un giorno di vergogna per l'Italia.

Tuttavia, AN ha percorso una lunga strada in 60 anni. Il suo leader, Gianfranco Fini, ha gettato i vecchi indumenti politici ed ha portato il suo partito verso il centro. Ha lavorato per più di 15 anni come alleato di Berlusconi. Parla della necessità del dialogo con l'Islam, denuncia l'antisemitismo e auspica un’Italia multietnica – posizioni che Berlusconi, con le sue campagne populiste anti-zingari e anti-immigrati e la sua predilezione per un razzismo soft, fatichera’ a sposare .

Nonostante le sue lontane origini liberali, l'Italia moderna è storicamente un paese di destra. Eppure è un pensiero molto scioccante che vi sia tra i 20 leader del mondo presenti a Londra per il vertice economico di questa settimana un capo di governo che ora ha ricostruito la sua base politica sulle fondamenta posate dai fascisti e che sostiene che la destra rischia di rimanere al potere per generazioni come risultato di cio’.



Berlusconi, prodotto di Cefis e Gelli

di Daniele Martinelli - www.danielemartinelli.it - 30 Marzo 2009


Forza Italia è la P2 evoluta. E’ il partito del golpe bianco che ha vinto il consenso politico dell’Italia grazie alla manipolazione e al controllo degli organi di informazione.
Forza Italia è il partito dopato dalle “bombe” che hanno eliminato anticorpi come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

Berlusconi ha eseguito il sogno di Eugenio Cefis, numero uno di Eni e Montedison degli anni ‘60 nell’era post Mattei, secondo il Sismi il fondatore della Loggia P2, il primo a capire che per godere incontrastati del consenso nazionale non era necessario spargere sangue come fece fare per il suo predecessore Enrico Mattei nel 1962. Non era necessario andare a segno col “Piano Solo” progettato dai Carabinieri nel 1964. Non era necessario attuare il “golpe borghese” come si tentò di fare con la regia di Licio Gelli nell’inverno del 1970.
Bastava, appunto, conquistare “democraticamente” il controllo dei giornali.

Eugenio Cefis non riuscì a mettere le mani sul Corriere della sera di Piero Ottone, il “sinistroide” che dava spazio in prima pagina agli editoriali del “frocio comunista” Pierpaolo Pasolini. Pestato a morte da un commando composto dai fratelli Franco e Giuseppe Borsellino, fascisti militanti della sezione Msi del Tiburtino, come ha rivelato nel settembre scorso l’ex giovinetto marchettaro Pino Pelosi, l’unico ad aver pagato col carcere il violento omicidio di Pasolini, che con tutta probabilità, a 17 anni, magro e smilzo com’era, potrebbe non aver mai commesso. Pelosi sembra sia rimasto in galera dopo aver ceduto alle minacce che gli sarebbero state rivolte dai veri assassini del giornalista. I nomi dei fratelli Borsellino, Pelosi, li ha fatti soltanto ora che sono morti entrambi di aids, ma nel plotone di esecuzione potrebbe anche esserci stato Giuseppe Mastini, detto Jhonny lo Zingaro, (vivente) in una trappola premeditata. (Ansa) Omicidio che risale al 1975, periodo in cui Pasolini stava completando “Petrolio” che faceva luce sul ruolo di Eugenio Cefis, personaggio chiave per capire a che punto era già arrivata la degenerazione della politica italiana. Periodo in cui il Corriere era già diretto dal piduista Franco Di Bella (tessera 1887) e che accettò passivamente il teorema della brutta storia tra froci.

Pasolini fu il primo a collegare l’attentato all’aereo di Enrico Mattei, alla strage di piazza Fontana, e ad altre stragi misteriose dell’Italia degli anni di piombo. Con la complicità silenziosa dei Giulio Andreotti e degli Amintore Fanfani, Pasolini era un personaggio scomodo come il giornalista Mauro De Mauro, rapito a Palermo 5 anni prima, nel 1970 e mai più ritrovato. Stava scrivendo i dettagli dei movimenti degli ultimi 2 giorni di vita siciliani di Enrico Mattei, da consegnare al regista Francesco Rosi, che stava preparando un film sulla vicenda. Enrico Mattei, decollato il 27 ottobre 1962 col suo aereo privato dall’aeroporto di Catania, morì assieme al suo pilota e a un giornalista americano nell’aereo che esplose in volo e andò a schiantarsi in fiamme sui prati di Bascapè, a pochi chilometri dalla pista di atterraggio di Linate.

Attentato dietro il quale si nasconderebbe Eugenio Cefis, ex compagno di partigianeria dello stesso Mattei che volle al suo fianco alla guida di Eni. Lo stesso Cefis che, da numero 2 di Eni, fu licenziato in tronco da Mattei 9 mesi prima del disastro, dopo averlo colto in flagrante a sbirciare documenti aziendali riservati nel suo ufficio. Enrico Mattei era potente, era l’uomo del petrolio che stava indirizzando la politica del suo mercato col nord Africa e col Medioriente, in totale contrasto con l’alleata America tanto cara alla Democrazia cristiana. Che vedeva minacciato il suo dominio nell’Italia vaticana da un ricco industriale, poco docile ai ricatti e per nulla americanista.

Le inchieste sulla fine di Mattei sono finite tutte in nulla. Un rapporto della Guardia di Finanza citata dal pm di Pavia Vincenzo Calia, dice che una delle società accomodanti della Edilnord centri residenziali di Umberto Previti (papà del corruttore di giudici Cesare) già Edilnord Sas di Silvio Berlusconi & c. con sede a Lugano, si chiama Cefinvest. Eugenio Cefis, intanto, ha guidato l’Eni prima, e la Montedison poi. L’azienda che ha cavalcato le mire federaliste della Lega Lombarda di Gianfranco Miglio, caro amico di Cefis.

Da Cefis a Gelli, fino al Berlusconi odierno: espressione liftata della degenerazione istituzionale e democratica che ha raggiunto l’Italia. Le decine di milardi in tangenti versate sui conti svizzeri di Bottino Craxi, di cui i figli deputati godono ancora oggi la rendita, sono servite a creare le televisioni del consenso Fininvest, assieme al controllo della Rai.
L’ultima nomina alla sua guida di Paolo Garimberti “gradita a Berlusconi” che non crea né scandalo né rivolte fra gli italiani, è la dimostrazione che il Piano di rinascita piduista è andato a segno senza divise e senza armi. Assieme alle bugie che testate allineate come “Il Giornale” e il Corriere stesso continuano a sfornare quotidianamente. Ernesto Galli “della Loggia” oggi, in prima pagina, in merito al discorso di Berlusconi al suo congresso romano scrive che “Craxi, non a caso, è solo un amico personale del presidente del Consiglio che in pratica ha il solo merito di averlo anticipato nello sdoganamento della destra..” Galli della Loggia lo invito a un vaffanculo.

Intanto, alla luce di ciò che hanno scritto Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza in “Profondo nero” edito da Chiarelettere, la criminologa Simona Ruffini e l’avvocato Stefano Maccioni hanno presentato al Procuratore della Repubblica di Roma, Giovanni Ferrara, una istanza per chiedere la riapertura delle indagini sulla morte di Pierpaolo Pasolini. Richiesta che giunge al termine di una loro inchiesta che combacia con le conclusioni del libro, in cui si ipotizza una connessione tra l’omicidio di Pasolini, Mauro De Mauro ed Enrico Mattei.
Gli accertamenti tecnici scientifici che si possono fare oggi, permetterebbero di far luce su tanti aspetti mai chiariti dell’omicidio di Pasolini. A cominciare dalle macchie di sangue (secche) rimaste sulla sua camicia, custodita ancora oggi al museo di criminologia di Firenze.

Non capisco cosa si sia atteso finora ma capisco che ora Berlusconi predica pieni poteri per arrivare al Quirinale. Non capisco che tipo di libertà e di liberalismo abbia raccontato da quel palco della fiera di Roma Silvio tessera Loggia P2 1816, ma capisco che il golpe bianco, per ora, è andato a segno ed è ormai rodato. L’Italia è tutta da rifare. Forza Italia!



Il golpe freddo

di Gianni Barbacetto - www.societacivile.it - 30 Marzo 2009


Convenscion
Nasce il Pdl. Non da un congresso, ma da una "convenscion" aziendale, siparietti, stacchi musicali, seguito di spot, interminabile telepromozione, evento per lanciare un nuovo prodotto. Senza discussione, senza dibattito, senza confronto. Alla fine, senza politica.

L'effetto Madia da eccezione diventato norma. Interventi preordinati, vallette e comparse invece che delegati (tanto che per tenere il pubblico in sala, in segreteria hanno dovuto appendere questo cartello: «La borsa del delegato verrà consegnata a fine lavori»). Se proprio congresso vogliamo chiamarlo, allora è un congresso nordcoreano, per applaudire la grandezza del caro leader e le sue opere. Un congresso all'incontrario, come l'Italia di oggi, un congresso che comincia dalla fine, cioè dall'annuncio trionfale che è nato il partito unico, il nuovo mirabolante prodotto da collocare sugli scaffali del supermarket della politica italiana. An si era già suicidata, i suoi colonnelli si erano già venduti al nuovo padrone.

La politica, assente dalla "convenscion", la fanno altrove: al governo, in tv. Un piano casa che è una truffa (piano casa era quello di Fanfani, che metteva soldi per costruire case popolari, questo invece è una sanatoria preventiva, un invito all'abuso urbanistico, un via libera alla cementificazione). E poi: una legge sul testamento biologico che è un'altra truffa, imposizione dell'etica vaticana diventata etica di Stato; un cambiamento della legge sulla sicurezza sul lavoro che rende impunite le cosiddette morti bianche; e le leggi razziali, le schedature dei rom, i medici che devono denunciare gli irregolari, le ronde... E poi arriveranno le intercettazioni a disarmare la legge e a mettere il bavaglio alla stampa. Ecco la destra che è nata alla "convenscion" di Roma: un partito P2 di massa, un populismo mediatico-aziendale costruito attorno al capo, dove il potere legislativo è svuotato (ma sì, possono votare solo i capigruppo, così si risparmia tempo), il potere giudiziario è disarmato, il controllo della stampa sulla politica è bloccato. La Costituzione? Un ferrovecchio da cambiare a piacimento. Un progetto autoritario ed eversivo, raccontato con stacchetti al posto giusto.