domenica 15 marzo 2009

La polveriera pakistana

Ieri dopo l'incontro tra il presidente pakistano Asif Ali Zardari, vedovo di Benazir Bhutto, e il premier Yousuf Raza Gilani erano state annunciate delle ampie concessioni al leader dell'opposizione Nawaz Sharif.

La presidenza infatti aveva comunicato che Zardari and Gilani erano d'accordo sul fatto che "la questione del sistema giudiziario e il reinsediamento dei giudici saranno risolti in base ai principi stabiliti nella carta della democrazia". Questo documento, firmato da Benazir Bhutto e Sharif nel 2006, prometteva di ripristinare la democrazia, evitare scontri e abolire il ruolo dell'esercito in politica.

Inoltre il governo sempre ieri aveva affermato che si sarebbe appellato alla Corte Suprema contro la sentenza del 25 Febbraio scorso che vietava a Sharif e suo fratello Shahbaz di competere nelle prossime elezioni e di mantenere incarichi pubblici.

Questa dichiarazione del governo era stata rilasciata subito dopo l'annuncio che Hillary Clinton aveva telefonato a Zardari e Sharif per cercare di trovare una soluzione alla crisi politica in corso.

Ma oggi Sharif e' stato posto agli arresti domiciliari, secondo fonti del suo partito, la Lega Musulmana- N. Un alto funzionario della polizia ha poi fatto sapere che Sharif e' stato bloccato per impedirgli di unirsi alla "Lunga Marcia" dell'opposizione, partita da Karachi giovedi' scorso e che si propone di raggiungere la capitale Islamabad domani per esigere che il presidente Zardari restituisca gli incarichi ai circa 60 giudici (tra cui l'ex giudice-capo della Corte Suprema Iftikhar Muhammad Chaudhry) destituiti dall'ex presidente Parvez Musharaf nel 2007.

Intanto sempre oggi venti automezzi della Nato sono stati distrutti a Peshawar, nel Pakistan nord-occidentale. Un commando ha lanciato razzi contro il terminal che viene usato dalla NATO per i rifornimenti alle sue truppe in Afghanistan.

Il Pakistan e' quindi a dir poco una polveriera in procinto di esplodere a 360 gradi.


Pakistan: opposizione vietata

di Eugenio Roscini Vitali - Altrenotizie - 15 Marzo 2009

Contro le manifestazioni organizzate nelle province di Sindh e Punjab dalla Lega musulmana-N, il presidente Asif Ali Zardari usa il pugno di ferro e, tanto per far capire che in Pakistan la musica non è cambiata, applica la Section 144, la norma che vieta a più di quattro persone di dar vita ad ogni forma di assembramento pubblico e limita il diritto di protesta. Vietata la lunga marcia che si oppone al verdetto della Corte suprema che dallo scorso 25 febbraio ha interdetto dalla vita politica il capo dell’opposizione Nawaz Sharif e suo fratello Shahbaz; limitata la loro libertà di movimento e fermati molti esponenti del partito, tra cui Raja Zafarul Haq; arrestati più di mille tra attivisti, difensori dei diritti umani e avvocati che chiedono il reinserimento dei giudici sospesi dall’ex presidente Pervez Musharraf; irruzioni della polizia nelle abitazioni di molti esponenti dell’opposizione, compresa quella del leader del partito Tehreek-e-Insaaf, Imran Khan, e di una famosa attivista per i diritti umani che da tempo lavora per l’indipendenza del sistema giuridico, Tahira Abdullah.

Invocata da altri governi come mezzo restrittivo alle contestazioni politiche e religiose ed utilizzata dagli inglesi durante in dominio britannico per difendere gli interessi coloniali di Londra, la Section 144 è stata applicata dal dall’ex generale Musharraf per soffocare le manifestazioni e la reazione della società civile al regime militare che ha governato il Pakistan dal 20 giugno 2001 al 18 agosto 2008. Un atto gravissimo che mette in dubbio le più basilari norme della democrazia e va contro l'articolo 16 dell’attuale Costituzione e contro l’articolo 20 comma 1 della Dichiarazione universale dei diritti umani, adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948: ogni individuo ha il diritto alla libertà di riunione e di associazione pacifica.

L’alleanza tra Asif Ali Zardari e Nawaz Sharif che aveva permesso l’elezione a presidente del vedovo di Benazhir Bhutto e che si era cementata intorno ad un comune obbiettivo, quello che vedeva come scopo finale il rovesciamento del regime militare del generale Musharraf, è dunque ufficialmente finita. Il verdetto della Corte suprema ha aperto lo scontro frontale tra il capo della Lega Musulmana-N e il governo ma in realtà i due leader non avevano mai dimostrato una grande affinità politica, soprattutto in merito a questioni di carattere istituzionale, come ad esempio i poteri del presidente, il ruolo della Corte suprema e la reintegrazione dei giudici sospesi da Musharraf, primo fra tutti il giudice Iftikhar Muhammad Chaudhry, uomo-simbolo della lotta contro il regime; punti che secondo i patti pre-elettorali erano in cima all’agenda parlamentare ma che in realtà Zardari ha sempre glissato.

L’applicazione della Section 144 e gli arresti di decine di attivisti del movimento degli avvocati, che si sono detti pronti ad aderire alla lunga marcia di protesta organizzata dall’opposizione, è l’indice del grande nervosismo che attanagli i vertici e della grave crisi nella quale sta sprofondando il paese. Nawaz Sharif accusa il governo di agire come una “dittatura eletta” e puntando il dito contro il suo rivale politico non esclude un complotto che miri ad assassinarlo: “da fonti affidabili ho ricevuto informazioni su alcune forze che starebbero operando contro la mia persona…. i rischi ci sono ma non posso abbandonare la mia missione. Si tratta di una causa nobile, una missione che vuole riportare il paese sulla strada della democrazia”.

Nawaz Sharif accusa il presidente pakistano di aver lasciato il paese in mano al terrorismo e di non aver alcun rispetto per il mandato consegnato dagli elettori ai partiti dell’opposizione. Due i fatti principali ai quali si riferisce l’ex premier: la decisione di Zardari di sciogliere il governo della provincia di Punjab, detenuto fino ai primi di marzo dalla Lega musulmana-N, e l’accordo raggiunto il 16 febbraio scorso con il governo della Provincia di frontiera Nord Occidentale (North West Frontier Province) e con il leader del Tehreek-e-Nifaz-e-Shariat Muhammadi, Sufi Mohammad, per l'introdurre la legge islamica nella regione di Malakand. Un fatto che apre le porte a nuove sviluppi, non del tutto coerenti con la politica americana nell’Asia meridionale: abolire tutte le leggi statali e provinciali contrarie alla sharia equivale infatti a scendere a patti con i gruppi estremisti islamici che controllano gran parte dei distretti di Malakand, Shangla, Buner, Dir, Chitra e Swat; un accordo che avrebbe già portato alcuni movimenti nazionali a chiedere l’applicazione della stessa legge a tutto il territorio pakistano.

Per il vedovo di Benazir Bhutto le affermazioni dei suoi oppositori non sono altro che “propaganda”, una campagna diffamatoria volta a sottostimare la volontà del popolo pachistano e la resistenza delle istituzioni democratiche. Zardari, che descrive il Pakistan di oggi come una democrazia vitale e dinamica capace di affrontare la sfida contro il terrorismo e l’estremismo, afferma che l’intenzione del governo è quella di guidare il paese verso la stabilità e il benessere. Sta di fatto che, secondo le fonti stampa, nei giorni che hanno proceduto l’applicazione delle leggi antisommossa e la conseguente ondata di arresti, il capo dell’esercito Ashfaq Parvez Kiyani e il premier Yousaf Raza Gilani, si sarebbero incontrati per discutere la gravità della situazione e come affrontarla.

Dalle notizie che arrivano dal Pakistan la Section 144 e i fermi di polizia non fiaccano comunque la protesta; partendo da tutti gli angoli del paese i manifestanti si starebbero muovendo verso Islamabad dove il 16 marzo dovrebbe aver luogo un sit-in che secondo le stime potrebbe coinvolgere centinaia di migliaia di cittadini. Per giustificare l’intervento della polizia il governo ha già lanciato l’allarme attentati ma le decisioni anti-democratiche di Zardari sono ormai davanti agli occhi di tutti: Human Rights Commission of Pakistan (http://www.hrcp-web.org), l’organizzazione indipendente ed apolitica fondata nel 1986 per la difesa dei diritti del popolo pakistano e contro ogni forma di abuso e di violenza, parla di decisioni paragonabili alle leggi militari imposte da Pervez Musharraf. Accusa confermata da uno dei portavoce del giudice Chaudhary, l’avvocato Athar Minallah, che durante una conferenza stampa ha affermato che l’attuale regime politico è bel lontano dall’essere un governo democratico e che in Pakistan l’eredità politica lasciata dal generale Musharraf è ancora forte.


Pakistan in rivolta

di Enrico Piovesana - Peacereporter - 13 Marzo 2009

Mentre nelle Aree Tribali proseguono i bombardamenti aerei statunitensi - l'ultimo questa notte con almeno 28 morti - il Pakistan rischia di sprofondare in una nuova violenta crisi politica.

Bombe e repressione. Nelle stesse ore in cui gli aerei Predator statunitensi bombardavano il campo d'addestramento del comandante talebano Fazal Saeed nell'area tribale di Kurram (il settimo raid del 2009, il 46° in sette mesi), nelle principali città del Paese le forze di sicurezza arrestavano migliaia di avvocati e oppositori politici che stavano partendo per la 'lunga marcia' di protesa contro il governo Zardari che lunedì doveva convergere davanti al parlamento di Islamabad.
Rispolverando le vecchie leggi dell'epoca coloniale britannica, il governo ha vietato raduni e manifestazioni in tutto il Paese, ha sguinzagliato polizia e paramilitari dei 'Rangers Force' per arrestare tutti i capi della protesta e infine ha militarizzato la capitale, bloccando le principali strade d'accesso al parlamento con barriere di container.
C'è il timore che la linea dura scelta dal governo possa far precipitare la situazione.

Lotta per il potere. A guidare la protesta anti-governativa sono le associazioni di avvocati che da tre anni chiedono il reinsediamento del popolarissimo giudice-capo della Corte Suprema Iftikhar Mohammed Chaudhry, rimosso dal generale Musharraf, e il partito d'opposizione dell'ex premier Nawaz Sharif, a cui l'attuale Corte ha recentemente imposto il divieto di candidarsi a future elezioni.
Una mossa clamorosa, questa contro Sharif, orchestrata dal presidente Asif Ali Zardari proprio per evitare che il suo antagonista possa diventare premier e reinsediare un'alta Corte indipendente, che non esiterebbe ad avviare contro di lui un procedimento d'impeachment per tutti i reati di corruzione di cui Zaradari si è notoriamente macchiato.
La lotta per il potere tra il Zardari e Sharif, iniziata in sordina subito dopo l'uscita di scena di Musharraf e di Benzair Bhutto, sta esplodendo assieme a tutte le contraddizioni di un Paese che sperava di passare dalla dittatura militare alla democrazia e che invece è rimasto impantanato in mezzo a un pericoloso guado.


Pakistan, la polizia attacca gli avvocati in marcia

da Peacereporter - 12 Marzo 2009

La polizia ha fatto ricorso a bastoni per disperdere la folla di contestatori che si è riunita davanti alla sede dell'Alta Corte per protestare contro il governo. Gli organizzatori della manifestazione, per lo più avvocati, intendono concludere la loro marcia di protesta con un sit-in davanti al parlmamento: chiedono al presidente Asif Ali Zardari di mantenere l'impegno preso immediatamente dopo l'insediamento di riabilitare i 60 giudici dell'Alta Corte rimossi dall'ex presidente Pervez Musharraf nel novembre 2007, in nome di un proclamato stato di emergenza. Secondo il governo, invece, la marcia avrebbe un fine diverso: quello di destabilizzare il paese. Negli ultimi giorni sono stati arrestati più di 400 attivisti e le autorità hanno vietato assembramenti politici nelle province del Punjab e del Sindh.


Centinaia di arresti per la lunga marcia di domani

da Peacereporter - 11 Marzo 2009

La provincia pakistana del Punjab si organizza per la lunga marcia degli avvocati, compiendo centinaia di arresti tra attivisti politici e avvocati nel Punjab e Islamabad.

Catturato anche il portavoce del movimento degli avvocati Athar Minallah. L'emittente televisiva privata pakistana Geo sostiene che "sono stati preparati elenchi di attivisti politici e avvocati da arrestare e anche gli indirizzi delle loro abitazioni da perquisire", precisando che diversi parlamentari dell'Assemblea nazionale e di quella provinciale sono già finiti in prigione. La manifestazione degli avvocati dovrebbe partire domani dal Sindh e dal Baluchistan, passando poi per il Punjab, per arrivare lunedì prossimo a Islamabad. Nella capitale è previsto un sit-in permanente per chidere una magistratura indipendente per il Pakistan, in nome dello stato di diritto.

La provincia del Sindh ha vietato ogni riunione pubblica con più di 5 partecipanti per i prossimi 25 giorni. Mumtaz Bhuttp, leader del Fronte nazionale del Sindh, è agli arresti domiciliari assieme a molti attivisti ed esponenti dell'opposizione. L'ex premier Nawaz Sharif, leader della Lega musulmana del Pakistan, incita alla partecipazione di massa dei cittadini proseguendo la sua battaglia per la riabilitazione dei giudici sospesi dall'incarico due anni fa dall'ex presidente Pervez Musharraf. Sharif è convinto che "gli arresti domiciliari non riusciranno ad impedire la lunga marcia degli avvocati e i sit-in programmati per ripristinare il primato della giustizia in Pakistan".