venerdì 27 marzo 2009

Sudan: tiro libero al bersaglio per gli aerei stranieri

Mentre ieri si registrava un altro appello del Consiglio di Sicurezza dell'Onu al Sudan per rivedere la decisione di espellere 13 grandi organizzazioni non governative internazionali operanti in Darfur - decisione presa il 4 marzo scorso in risposta al mandato d'arresto della Corte penale internazionale contro il presidente sudanese Omar el-Bashir - il ministro sudanese delle Infrastrutture Mabrouk Mubarak Saleem, in un'intervista rilasciata ad al-Jazeera, dichiarava che almeno 800 persone sarebbero morte in Sudan in due raid aerei condotti in febbraio dagli Stati Uniti contro i trafficanti di armi.

Il giorno prima pero' aveva detto che l'operazione militare era avvenuta in gennaio e aveva provocato quaranta morti. Inoltre non e' ancora certo chi ha effettivamente compiuto i raid. Infatti secondo alcune fonti si sarebbe trattato di cacciabombardieri USA, mentre secondo altre sarebbe stata l'aviazione israeliana a bombardare i convogli di trafficanti.

Le vittime sarebbero per la maggior parte eritrei, somali ed etiopi, in fuga dal proprio paese, che viaggiavano con il convoglio. Saleem ha comunque confermato "L'esistenza di un traffico d'armi dall'Africa [...] ma le armi non sono di fabbricazione sudanese e gli emigranti non hanno origini sudanesi. I contrabbandieri stavano solo attraversando il nostro Paese".

Resta pero' il fatto che il bombardamento da parte di aerei di un Paese ufficialmente non in guerra col Sudan c'e' stato e ha provocato numerose vittime innocenti.

Se ne parla qui di seguito.



Israele ha bombardato il Sudan

di Mazzetta - Altrenotizie - 26 Marzo 2009

Sembrano confermate le voci di un gravissimo bombardamento israeliano in territorio sudanese. Secondo Haaretz e altre fonti, in gennaio l'aviazione israeliana avrebbe bombardato un convoglio di automezzi che secondo i servizi israeliani era impegnato nel trasporto di armi per Gaza. L'attacco sarebbe avvenuto vicino a Port Sudan, provocando la morte di trentanove persone (sudanesi, etiopi ed eritrei) e la distruzione di diciassette veicoli e rappresenta un atto d'aggressione gravissimo nei confronti del Sudan e della sua sovranità. Port Sudan dista circa milletrecento chilometri dalla frontiera di Gaza e non sarebbe la prima volta che Israele prende una cantonata, denunciando e cercando di colpire quelli che definisce trasporti di armi per i palestinesi. Vista la distanza, c'è il sospetto che la squadra israeliana sia partita da Gibuti, sede di una grande base militare francese che ospita anche truppe americane.

Al di là della veridicità delle accuse israeliane, la questione ovviamente esula dal fatto che si trattasse veramente di un trasporto di armi. Resta evidente l'illegalità del bombardamento arbitrario di un paese con il quale Israele non è in guerra, una grave lesione del diritto internazionale e anche del buonsenso, visto che qualora si legittimasse l'azione israeliana, qualunque paese avrebbe diritto di bombardarne altri sulle base delle stesse possibili considerazioni. Sono le stesse premesse alla base di quel diritto alla "guerra preventiva" che non esiste nel diritto internazionale, ma solo nella mente di Stati Uniti ed Israele quando hanno cercato di legittimare le aggressioni a paesi sovrani, che non hanno e non avevano alcuna possibilità reale di offendere le due potenze militari.

Altrettanto evidente risalta il grado di sudditanza del governo sudanese, spesso spacciato per feroce e pericolosa dittatura ostile all'Occidente dai media compiacenti, ma che negli ultimi anni ha invece collaborato attivamente con gli Stati Uniti nella War on Terror e oggi si scopre riluttante nel denunciare il bombardamento del suo territorio per mano israeliana. Dalle parole di un ministro sudanese, il governo sarebbe rimasto "imbarazzato" dal bombardamento e incapace di articolare una reazione diversa dal consultarsi con il governo egiziano. Solo oggi sono trapelati i fatti, che risalgono ai giorni nei quali era ancora in corso la spedizione punitiva su Gaza. L'imbarazzo deriva dall'avvicinamento che in questi anni c'è stato tra il governo di al Bashir e quello di Bush, una vicinanza qui tradita in favore di un altro alleato di Washington.

Fatti che raccontano, oltre la propaganda, del potenziale intimidatorio che gli USA in particolare mantengono sul governo sudanese, troppo spesso presentato alle opinioni pubbliche come un mostro indomabile, ma che alla prova dei fatti si rivela servile e collaborativo fino all'omettere la denuncia di una violazione tanto grave della sua sovranità. Non è vero che in Darfur sia in corso un genocidio, ma non è nemmeno vero che l'Occidente si sia rifiutato di intervenire quando il massacro era in corso perché al Bashir minacciava sfracelli. Dopo l’11 Settembre il regime sudanese è stato tra i più veloci e volenterosi nell'allinearsi alle pretese di Washington, che infatti non ha mai fatto pressioni ufficiali per attacchi o interventi contro il governo di al Bashir, limitandosi a lasciare la briglia sciolta a ONG, telepredicatori e starlette.

La notizia dimostra quindi che il Sudan è assolutamente sottomesso alle esigenze del Dipartimento di Stato, circostanza peraltro già dimostrata dal sostanziale sostegno che il governo sudanese ha ottenuto negli ultimi anni dal governo Bush. Regime al quale peraltro gli Stati Uniti hanno affidato l'interrogatorio e la tortura di decine di militanti “islamici” per conto della CIA. Nemmeno in questo caso si tratta di voci, visto che numerosi ufficiali governativi americani hanno ringraziato i servizi segreti sudanesi pubblicamente.

Accanto a questa considerazione c'è da registrare ancor una volta un'aggressione illegale e una strage compiuta da Israele nei confronti di paesi e persone che non sono in guerra con Israele. Un atto di guerra evitabile affidando la cattura del convoglio alle autorità egiziane, alle quali non poteva certo sfuggire, ma anche l’ennesimo rifiuto di ricorrere a una normale operazione di polizia per impedire la commissione del presunto crimine, preferendo ancora una volta il metodo dell'esecuzione arbitraria, senza alcun processo, senza alcun discernimento tra i criminali consapevolmente impegnati nel traffico e i lavoratori innocenti addetti al trasporto o ancora alle possibili “vittime collaterali” di un bombardamento aereo su una strada aperta al traffico.

Non resta che attendere per verificare quanti governi “democratici” si dimenticheranno di denunciare quest’atto di guerra israeliano e la conseguente e grave violazione della sovranità sudanese, c'è da scommettere che all'appello si sottrarrà gran parte di quei sostenitori della “legalità internazionale” che hanno continuato ad esercitarsi nel “tiro al Sudan” fuori tempo massimo.



Darfur, lo zampino d'Israele

di Enrico Piovesana - Peacereporter - 23 Marzo 2009

Il mandato di arresto per crimini di guerra e contro l'umanità in Darfur emanato il 4 marzo dalla Corte penale internazionale dell'Aja nei confronti del presidente sudanese Omar Hasan Ahmad al-Bashir ha riportato l'attenzione mediatica mondiale sul Paese africano, ricchissimo di petrolio ma ostile all'Occidente. Un'attenzione che però sembra non riguardare i legami tra i ribelli sudanesi del Darfur (anch'essi accusati di crimini di guerra dalla Cpi) e Israele.

Abdel Wahid al-Nur e il Mossad. Poche settimane prima del clamoroso annuncio della Cpi, Abdel Wahid al-Nur, leader del Movimento di Liberazione del Sudan (Slm) - uno dei due principali gruppi ribelli darfurini - era in Israele per partecipare all'annuale Conferenza di Herzliya sulla sicurezza d'Israele e per incontrare due alti ufficiali del Mossad, i servizi segreti dello Stato ebraico. Oggetto della riunione riservata, secondo il Jerusalem Post, sarebbe stato il contributo dell'Slm alla lotta al contrabbando di armi verso la Striscia di Gaza che, a detta del Mossad, passerebbe proprio dal Sudan. Secondo quotidiano Haaretz, invece, le autorità israeliane si sono rifiutate di rivelare il contenuto della discussione.

Ufficio Slm a Tel Aviv da un anno. Abdel Wahid al-Nur, che dal 2007 vive in esilio a Parigi, era già venuto in Israele esattamente un anno fa, nel marzo 2008, per inaugurare un ufficio di rappresentanza del suo movimento ribelle a Tel Aviv per aiutare le centinaia di rifugiati politici che hanno trovato protezione in Israele. "Dobbiamo forgiare nuove alleanze, non più basate sulla razza o la religione, bensì sui valori condivisi di libertà e democrazia", dichiarò in quell'occasione Al-Nour. "Il Sudan che sognamo consentirà l'apertura di un'ambasciata d'Israele a Khartoum".

Armi israeliane al Jem via Francia-Ciad? Negli stessi giorni di febbraio in cui il leader dell'Slm era a colloquio con il Mossad, l'altro gruppo ribelle del Darfur, il Movimento per la Giustizia e l'Eguaglianza (Jem), veniva accusato dal governo sudanese di aver ricevuto ingenti quantitivi di armi da Israele attraverso il governo di Parigi e il contingente militare francese schierato in Ciad (Eufor). Secondo Khartoum, solo grazie alle armi israeliane i ribelli del Jem sono stati in grado di conquistare a gennaio la città di Muhageriya.

L'altro fronte caldo: il Sud Sudan. Ma la guerra in Darfur, che dal 2003 ha provocato quasi mezzo milione di morti, non è l'unico problema interno del Sudan.
Sotto la cenere cova anche il conflitto in Sud Sudan, finito nel 2005 dopo ventidue anni e quasi due milioni di morti, ma che rischia di riesplodere in occasione del referendum indipendentista del 2011. In vista di questa eventualità, gli ex ribelli cristiani dell'Esercito di Liberazione Popolare del Sudan (Spla) che oggi governano la regione di Juba ma non i suoi giacimenti petroliferi (l'85 percento di quelli sudanesi), si stanno riarmando.

Armi della 'Faina' agli indipendentisti. A loro, secondo la Bbc, era destinato il carico d'armi (33 carri armati, 150 lanciarazzi e 6 sistemi missilistici antiaerei) che il 12 febbraio la nave cargo ‘MV Faina' ha scaricato al porto di Mombasa, in Kenya, dopo essere stata sotto sequestro da parte dei pirati somali per quattro mesi. Il carico era stato riscattato con il pagamento di 3,2 milioni di dollari da parte del proprietario della nave: l'imprenditore ucraino-israeliano Vadim Alperin, sospettato di essere un ex agente del Mossad.
Attraverso questo stesso canale, il Governo del Sud Sudan (Goss) avrebbe ricevuto altri rifornimenti bellici negli ultimi mesi. Il che non costituisce una novità rispetto al passato: durante la guerra civile lo Spla, oltre ad essere assistito dalle forze speciali Usa, veniva rifornito di armi da Israele, via Etiopia e Uganda.

La corsa all'oro nero del Sudan. Non è un mistero che l'Occidente punti a un cambio di regime a Khartoum per avere un governo sudanese ‘amico' che riveda i contratti petroliferi con la Cina firmati dal presidente Omar Hasan Ahmad al-Bashir. Le leve che Stati Uniti, Europa e Israele stanno usando per rovesciare il suo regime sono il Darfur e il Sud Sudan, le regioni dove si concentrano i principali giacimenti petroliferi.