sabato 9 maggio 2009

G8 e terremoto: le "magie" del governo

Il governo ha varato il 23 Aprile scorso il decreto legge “Abruzzo” relativo ai finanziamenti per la ricostruzione delle zone terremotate, ma comprendente anche una norma che disciplina lo svolgimento del G8 in Abruzzo in seguito alla sua decisione di spostarlo dall'isola della Maddalena.

Ma, dopo aver letto il testo del decreto, tra gli abruzzesi cominciano a serpeggiare legittimi dubbi e timori, visto quanto successo con la ricostruzione di San Giuliano.


L'Aquila e il decreto abracadabra

da www.repubblica.it - 6 Maggio 2009

E' stato ribattezzato "decreto abracadabra" per le innumerevoli devianze creative con le quali accompagna il processo di ricostruzione dell'Aquila e dei paesini circostanti. La luna di miele tra gli abruzzesi e Silvio Berlusconi ha subito una prima e significativa increspatura. La lettura approfondita del decreto legge, e la verifica che i soldi all'Abruzzo in gran parte (4,7 miliardi di euro) saranno racimolati dall'indizione di nuove lotterie, dagli interventi sul lotto, e dai sempreverdi provvedimenti anti-evasione, soldi veri niente, e che in più le risorse saranno spalmate su un periodo lunghissimo (da oggi al 2033) hanno creato fremiti di rabbia dapprima isolati e poi sempre più partecipati.

Il tam tam ("Berlusconi ci inganna!") è iniziato, e non è una novità, sui blog. Prima Facebook e poi i partiti. Prima i conclavi nelle tende poi le riunioni istituzionali. Una giovane donna, Rosella Graziani, che sa far di conto, ha messo a frutto tutto il tempo ritrovato e fino alla settimana scorsa inutilizzato per radiografare il decreto legge e poi bollarlo in una lettera pubblica: "Mai nella storia dei terremoti italiani avevamo assistito a una ingiustizia tanto grande e a un tale cumulo di menzogne che ha ricoperto L'Aquila più di quanto non abbiano fatto le macerie".

Quali le menzogne e dove l'inganno? I soldi veri, il cash disponibile che Tremonti rende immediatamente spendibile si aggira sul miliardo di euro. Tolte le spese per l'emergenza, restano 700 milioni di euro destinati alla costruzione delle casette temporanee. E qui il primo punto: 400 milioni saranno spesi per edificarle nel 2009 e 300 milioni nel 2010. Se ne dovrebbe dedurre che la totalità delle case provvisorie sarebbero, è bene riusare il condizionale, realizzate totalmente entro l'anno prossimo. Dunque qualcuno avrebbe un tetto a settembre, qualcuno a ottobre, qualche altro a gennaio, o nella primavera che verrà. E' così? E' il dubbio, maledetto, che affligge e turba.

Secondo punto: le casette sono sì temporanee ma il decreto le definisce "a durevole utilizzazione". Durevole. Moduli abitativi condominiali, magari lindi e comodi, a due o tre piani. In legno. Ecocompatibili, risparmiosi, caldi. Perfetti. Possono durare decenni.
E dunque: sarebbero provvisori ma purtroppo paiono proprio definitivi. E, questa è una certezza, sono le uniche costruzioni ad avere pronta una linea di finanziamento. Piccole e sparse new town. New town aveva detto Berlusconi, no? E le case vere? Quelle di pietra?

Qui la seconda questione campale: sembra, a scorrere gli allegati al decreto, che Berlusconi non possa concedere più di 150 mila euro per la ricostruzione dell'abitazione principale. E per di più questi soldi sarebbero veri fino a un certo punto, perciò la definizione di decreto abracadabra. 50 mila euro li concederebbe - cash - il governo; 50 mila li tramuterebbe in credito di imposta (anticipata dalla famiglia terremotata e ammortizzata in un arco temporale di 22 anni); altri cinquantamila sarebbero coperti con un mutuo a tasso agevolato a carico però del destinatario del contributo.

Non si sa bene ancora se sarà così strutturato il fondo. Le norme del decreto possono subire fino al prossimo giovedì emendamenti e correzioni. Quel che comunque sembra chiaro è che la somma ipotizzata (150 mila euro) ammesso che venga confermata, sarà sufficiente per una casa di tipo popolare e di nuova costruzione, ma totalmente sottodimensionata per finanziare i lavori di recupero e restauro conservativo. Nel centro storico dell'Aquila ci sono 800 edifici pubblici e 320 edifici privati, sottoposti a vincoli per il loro pregio.

Recuperi dispendiosi economicamente e, secondo questo decreto, sostanzialmente a carico dei privati.

Così ieri i sindaci delle aree terremotate si sono ritrovati in conclave e hanno iniziato in un borbottio che è poi sfociato in un documento di dura protesta. "Vogliamo vedere nero su bianco i soldi per la ricostruzione e non solo quelli per le casette transitorie. L'Aquila va costruita dov'era e com'era. Così non sarà: a leggere il decreto i tempi sono dilatati fino al 2033, una data ridicola", ha dichiarato la presidente della Provincia Stefania Pezzopane.

Ai dubbi che già gonfiano i primi timori si aggiunge poi l'offesa istituzionale subita dagli enti locali. Il governo, promotore della prima legge costituzionale a vocazione federalista, ha accentrato ogni potere di spesa negando finanche al sindaco dell'Aquila, città epicentro del terremoto e capoluogo di regione, le funzioni commissariali esecutive. Penserà a tutto, come al solito, Guido Bertolaso...



Fondi ai terremotati: una beffa per L'Aquila?
da L'espresso - 5 Maggio 2009

Da una lettura attenta del decreto legge sul terremoto, è emerso nei giorni scorsi che i soldi all'Abruzzo saranno in gran parte trovati grazie a nuove lotterie e a fumosi provvedimenti anti-evasione. Insomma sono tutt'altro che certi. Inoltre le risorse saranno spalmate su un periodo lunghissimo (fino al 2033)

E così il tam tam ("Berlusconi ci inganna!") è iniziato sui blog e su Facebook, ma anche sui giornali. In una lettera al Messaggero, una cittadina terremotata de L'Aquila ha fatto i conti e ha concluso che "mai nella storia dei terremoti italiani avevamo assistito a un'ingiustizia tanto grande e a un tale cumulo di menzogne che ha ricoperto L'Aquila più di quanto non abbiano fatto le macerie".

Il cash che Tremonti mette subito a disposizione si aggira sul miliardo di euro. Tolte le spese per l'emergenza, restano 700 milioni di euro, destinati alla costruzione delle casette temporanee. Circa 400 milioni saranno spesi per edificarle nel 2009 e 300 milioni nel 2010. Se ne deduce che la totalità delle case provvisorie sarebbero a disposizione entro l'anno prossimo - e non prima dell'inverno 2009. Queste casette temporanee sono definite dal decreto "a durevole utilizzazione". Insomma possono quindi durare decenni. E sono le uniche costruzioni ad avere pronta una linea di finanziamento. Piccole e sparse new town.

E le new town vere, promesse da Berlusconi? A scorrere gli allegati al decreto sembra che sia molto difficile costruirle. Infatti a leggere il decreto pare che Berlusconi non possa concedere più di 150 mila euro per la ricostruzione dell'abitazione di ogni famiglia terremotata: 50 mila euro concessi cash dal governo, 50 mila in credito di imposta (anticipato dalla famiglia terremotata e ammortizzato in 22 anni), altri 50 mila con un mutuo a tasso agevolato a carico sempre della famiglia.

Insomma, casette di legno per tutti (ma non subito: molte arriveranno dopo l'inverno...) e pochissimi soldi veri per costruirsi la casa nuova, quella definitiva.

Da specificare tuttavia che i dettagli della legge non sono ancora stati definiti, e alcune cose potrebbero cambiare, si spera in meglio.

Resta il fatto che i cittadini dell'Abruzzo ora si chiedono se dopo i sorrisi, le promesse e le pacche sulle spalle, il governo non li stia beffando.



I corvi volano sull'Aquila
di Riccardo Bocca - L'espresso - 24 Aprile 2009

Arrivano in due, con l'aria decisa. Il più alto ha le spalle larghe e la pancia pesante sulla cintura dei pantaloni. L'altro è secco, con la camicia nera senza cravatta sotto un completo grigio. Insieme entrano al Dicomac, la direzione operativa per i soccorsi alla periferia dell'Aquila. L'accesso, in teoria, sarebbe vietato ai non addetti ai lavori. Nella pratica no. La centrale direttiva è all'interno della scuola della Guardia di Finanza, in una grande palestra dove lavorano giorno e notte uomini della regione, della provincia, dell'esercito, della croce rossa, dei carabinieri, della protezione civile. Un labirinto di voci e facce in cui succede che due sconosciuti non autorizzati superino i controlli e approdino indisturbati alle scrivanie della provincia. "Siamo imprenditori campani", dicono a un dipendente allibito: "Teniamo le ruspe, noi, vogliamo dà 'na mano.".

Va così, in questa terra dove il terremoto ha ucciso 295 persone, e dove le scosse dal 6 aprile non si sono ancora fermate. Dopo il terrore, le macerie, i morti, i funerali, le lacrime, le parole del presidente Giorgio Napoletano sull'avidità e il disprezzo per le regole, è partita la corsa alla ricostruzione. Psicologica, ma anche e soprattutto materiale. Una partita da 12 miliardi, come sostiene il ministero dell'Interno, o da qualche miliardo in meno, come ipotizza il ministro Altero Matteoli, ma che comunque fa gola a molti. "La gente perbene è qui, nei campi di accoglienza", dice un dirigente della Croce rossa, "fuori invece sguazzano gli squali". Che sarà anche un'immagine esagerata, e un po' retorica, ma dà l'idea del clima che si respira all'Aquila tra camion carichi di pietre e fango e colonne di Tir e mezzi dei vigili del fuoco.

Oltre che stanchi, i 65 mila sfollati sono sospettosi. Temono speculazioni sulla disgrazia e diffidano della solidarietà esibita. Nei giorni scorsi, per dire, il presidente della Carispaq (Cassa di risparmio della provincia dell'Aquila) Antonio Battaglia, ha esordito all'assemblea dei soci con parole toccanti: "Il terremoto mi evoca le paure dell'infanzia, il nemico appostato nel buio che è tornato a colpire". Dopodiché ha illustrato il piano da 35 milioni di euro per costruire un nuovo campus universitario. "Il sisma ha cancellato il 30 per cento delle aule dove studiavano 26 mila ragazzi (su 73 mila residenti, ndr)", dice Battaglia: "Noi possiamo partire con i lavori a giugno, e consegnare il complesso nel novembre 2010".

Ottimo, se contribuirà a rinforzare l'università. Resta il fatto che questo campus, progettato da Paolo Desideri e costituito da tre strutture a quattro piani, con 7.800 metri quadri di verde attrezzato e circa 15 mila di parcheggi interrati, all'inizio non era destinato a studenti. Doveva essere un centro direzionale con negozi e servizi. Poi la terra ha tremato, la città ha collassato e l'operazione ha cambiato al volo indirizzo e nome. "Tutti si muovono a velocità pazzesca", dice il presidente del Consiglio comunale dell'Aquila, Carlo Benedetti, davanti alla tenda dove ha spostato l'ufficio. "Quarantott'ore dopo il terremoto si erano già offerte via mail 142 ditte, italiane e non".

Un dinamismo che stride con il lutto dell'economia locale: 9 mila imprese artigiane scomparse per sempre o chiuse, 3 mila piccole e grandi industrie in crisi e 30 mila disoccupati. Uno scenario mortificante per una popolazione che si sta adattando a dormire in branda, a fare file in mensa e lavarsi in docce comuni. Ma anche un'opportunità irripetibile per chi ha capitali da investire. "Stiamo lavorando alla grande", spiega Marco Urbano, 36 anni, ex campioncino di bob a quattro e titolare di un'agenzia immobiliare.

Lui è uscito indenne dal 6 aprile, e si vede: mocassini griffati, calzoni a vita bassa, entra in Mercedes dentro una tendopoli e carica sui sedili decine di bottiglie d'acqua, mentre il cellulare gli squilla a raffica. "Stia tranquillo", risponde a un cliente, "ho la sede perfetta per spostare i vostri uffici. Una soluzione top da 3, 4 o 5 mila metri in zona Aquila ovest. Oppure ho altri immobili non danneggiati dal terremoto.". Poi riattacca e accenna ad Aquila Due, la new town del futuro. "Abbiamo alcuni progetti pronti", sostiene. Di più: prende due fogli che ha scritto, titolati come una soap 'Rivivere', e illustra i rapporti con "realtà lombarde e della capitale", mentre misteriosi "studi di progettazione, imprese e operatori immobiliari, stanno scaldando le macchine per individuare le modalità di intervento più corrette".

Inutile stupirsi. Inutile invocare controlli severissimi sugli affari in decollo nei prossimi mesi (vedi box a pag. 36). Il destino dell'Aquila, e degli altri comuni terremotati, si sta impostando adesso. Con riunioni frenetiche che per prudenza antisismica si svolgono anche in strada o in macchina. Con i politici che telefonano agli amici costruttori, e i costruttori che si alleano tra loro ("Sennò ci spazzano via", dice l'imprenditore Gianni Di Cosmo). Ed è angosciante il contrasto tra questa corsa al business e il dolore che si respira a Onna, a Paganica, o nel centro storico dell'Aquila.

Incute rispetto e vergogna, la presenza dei palazzi crollati. In particolare la notte, quando le pattuglie anti-sciacalli si aggirano tra gli appartamenti sventrati. Sostano silenziosi i poliziotti, i carabinieri, i ragazzi della protezione civile davanti alla Casa dello studente, o all'hotel Duca degli Abruzzi. Fissano le rovine dalle quali hanno estratto morti su morti e temono di trovarne altri, in qualche buco nascosto, immigrati clandestini che nessuno ha reclamato e reclamerà. "Da qui dobbiamo ripartire", dice il presidente della Provincia Stefania Pezzopane: "Dalla difesa della legalità e dal rifiuto di far seguire al lutto una ricostruzione cialtrona". Anche se l'impresa, anticipa, sarà "in salita, condizionata da interessi e imposizioni a metà strada tra l'Abruzzo e Roma".

Gli stessi problemi, d'altronde, riscontrati nelle riunioni a porte chiuse per restituire un tetto ai terremotati. Un argomento su cui Silvio Berlusconi e il capo della protezione civile, Guido Bertolaso, hanno imposto da subito la loro linea: gli sfollati, prima del prossimo inverno, dovranno trasferirsi in migliaia di alloggi modulari con basamenti antisismici, che diventeranno in seguito residenze di studenti. Un'idea cara al premier (anche per il colpo d'immagine che garantirà), ma assai meno agli amministratori locali, delusi dalla mancanza di vero dialogo. Altrettanto insoddisfatti sono i costruttori della zona, che escono da questa prima fase a mani vuote (a parte l'ipotesi, per aria, di affittare allo Stato 2 mila appartamenti liberi).

Così la tensione aumenta, le incomprensioni pure, e scivolano in secondo piano questioni cruciali per il dopo sisma. Ad esempio, nessuno parla dei micidiali danni subiti dall'acquedotto, che il gestore Gran Sasso Acqua spa stima in 250 milioni di euro. "La scossa del 6 aprile", riferisce il direttore tecnico Amelio Melaragni, "ha spaccato le tubature dove scorrevano 500 litri al secondo verso l'Aquila e i comuni limitrofi". In sette ore la falla è stata tappata, "ma la pressione dell'acqua ha spalancato una voragine lunga 300 metri, allagando le abitazioni a valle".

"Nei giorni seguenti", continua il direttore commerciale Carlo Sandolo, "le segnalazioni delle perdite sono aumentate, e la media quotidiana è di 15-20, malgrado gran parte della rete sia chiusa. Cosa succederà quando i cittadini torneranno nelle case agibili e riapriremo l'acqua? Quante centinaia di falle ci troveremo a tappare? E come può la Protezione civile, con un acquedotto a brandelli, parlare di ritorno alla normalità?".

Una risposta c'è, ma non quella che aspetta la Gran Sasso Acqua spa. Si tratta invece della testimonianza di un esponente della Protezione civile, che per logiche ragioni chiede l'anonimato. "Il nostro impegno è assoluto", spiega, "ma non tutto sta girando bene. Faccio un esempio banale, e per questo grave: al campo Centi Colella, gestito dalla Croce rossa alle porte dell'Aquila, hanno montato l'11 aprile 64 tende con luce e riscaldamento per alloggiare dignitosamente 512 persone. Eppure, per giorni e giorni, gli sfollati sono rimasti ammassati, branda contro branda, senza uno straccio di intimità, sotto due orrendi palloni. Sa perché? Non abbiamo consegnato i dispositivi per allacciare l'elettricità". Non solo: dal campo in questione, si apprende che la Protezione civile non ha inviato anche parte dei quadri elettrici dentro le tende. Ed è mancato anche il filo per collegare il quadro generale a quelli periferici: "La gente è esasperata", spiega un volontario, "tant'è che abbiamo minacciato di ammainare il tricolore".

Questa è la base da cui si parte per ricostruire l'Abruzzo. Fragile, per certi aspetti (logistici). Contraddittoria, per altri (politici). Inquietante, per altri ancora (immobiliari). E a tutto ciò si aggiunge un ultimo capitolo, titanico da affrontare sia sul fronte economico che su quello operativo: il recupero del patrimonio culturale. "Dai nostri calcoli", sostiene il sovrintendente regionale ai beni architettonici Maurizio Galletti, "ci vorrà un investimento di circa cinquanta milioni di euro soltanto per il castello dell'Aquila". Risanare i complessi del duomo, della chiesa di San Bernardino e della splendida basilica di Collemaggio, costerà invece attorno ai 75 milioni di euro. "Un'enormità", sospira il sovrintendente. "Ma ce la faremo. Alla fine, noi abruzzesi, ce la facciamo sempre".


Le crepe del G8
di Marco Lillo - L'espresso - 29 Aprile 2009

A guardarla svettare nel cielo dell'Aquila, con le sue camerate che hanno resistito al terremoto, sembra davvero solida. Eppure la caserma Vincenzo Giudice della Guardia di Finanza, quella che dovrà ospitare nei primi giorni di luglio le delegazioni degli Stati del G8 nasconde sotto terra un mistero inquietante. Le sue fondamenta sarebbero state costruite con una tecnica anomala che non rispetta le norme e senza i calcoli necessari per verificarne la tenuta sotto sisma. Questo è quello che sostiene la relazione allegata a un esposto dell'Ordine degli ingegneri di Roma inviato alla Procura dell'Aquila del novembre del 2004. Il fascicolo è stato archiviato, ma la relazione resta significativa. Quando le delegazioni dei grandi del mondo, dopo una lunga giornata di lavori si stenderanno a riposare sui letti della scuola sottufficiali, fisseranno certamente il tetto chiedendosi prima di addormentarsi: "Reggerà sotto i colpi di un eventuale nuovo terremoto?".

L'onda lunga dello sciame non si esaurisce e a luglio, se le scosse continueranno, le delegazioni dei maggiori Stati industriali (che, nonostante il nome del vertice resti sempre G8, sono ben 23) dovranno ballare con gli aquilani sul terreno di Coppito, una frazione a pochi chilometri dal centro storico. Non si sa ancora chi dormirà nel complesso. Che sia Obama o l'ultimo degli sherpa sarà interessato però a leggere questo documento datato 2004. Il titolo è: "Esame tecnico strutturale e valutazione di elementi di anomalia o illegittimità nella costruzione del complesso di edifici "B2" della Scuola della Finanza dell'Aquila". La relazione riguarda nove palazzine che ospitano metà dei 2 mila allievi ed è firmata da un generale del genio aeronautico, Antonio Capozzi, e da un professore ordinario di tecnica delle costruzioni, Piero D'Asdia, incaricati nel 2004 dall'Ordine di Roma di verificare se i nove edifici fossero a norma e sicuri in caso di terremoto.

La relazione di 57 pagine si conclude così: "Il progetto delle fondazioni, calcolato con uno schema, è stato realizzato con un altro del tutto anomalo e inspiegabilmente privo di una valida verifica dell'interazione terreno-struttura sotto sisma". Non basta: "L'incertezza statica è fondata e non assicura la pubblica incolumità". Parole che non sembrano spot a favore della decisione di Berlusconi di trasferire a Coppito il vertice. Obama e Medvedev forse sorrideranno un po' meno, abbracciati al Cavaliere, sapendo che sopra la loro testa "sussistono potenzialmente sotto sisma problemi per la pubblica incolumità". Brown e Sarkozy non faranno salti di gioia scoprendo che "la situazione attuale di incertezza nella sicurezza degli edifici in esame, sotto sisma, non è tollerabile".

La relazione fu fatta propria dall'Ordine nel 2004, che la inviò in Procura. Ma è stata scritta prima del sisma ed è contraddetta da altri tecnici e dalla magistratura. Comunque resta un documento da valutare con attenzione, tanto che lo stesso Guido Bertolaso, dopo esserne venuto a conoscenza, nel 2005, scrisse a Regione e Comune per chiedere chiarimenti. Insomma, anche se la magistratura ha archiviato tutto, anche se l'edificio ha retto al sisma, vale la pena raccontare questa storia. Anche perché dimostra che i controlli rigidi in Italia diventano di moda solo dopo i terremoti. Mentre prima restano riservati a pochi e isolati Don Chisciotte del rigore.

La caserma Giudice è stata realizzata da un consorzio guidato dalla Todini costruzioni dal 1986 al 1995 per un costo di 314 milioni di euro. Il progetto è firmato da uno studio famoso: quello di Vittorio De Benedetti.

Solo dopo la costruzione dell'ultimo lotto, uno dei collaboratori dello studio, l'ingegner Sergio Andruzzi, si accorse dell'anomalia: il complesso B2, uno dei due gruppi di nove edifici che ospitano le camerate degli allievi, è stato realizzato, contrariamente a quanto scritto nel progetto e diversamente dal B1, senza che i pali di cemento delle fondazioni siano collegati alla struttura. Non c'è continuità nella gettata di calcestruzzo tra i piloni e le nove camerate sovrastanti. Una parte della caserma che ospiterà i grandi del mondo poggia su uno strato di 15 centimetri di materiale "stabilizzato" e non è vincolata ai pali sottostanti.

L'ingegnere Andruzzi, quando si avvede della difformità rispetto al progetto iniziale, salta sulla sedia. I calcoli che lui stesso aveva eseguito erano basati sulla tecnica di costruzione antisismica dei pali collegati, prevista dalla legge. La realizzazione invece si basa su un disegno che contrasta con i calcoli e usa una tecnica non prevista dalle norme senza che nel progetto si spieghi perché e soprattutto senza un calcolo che ne verifichi la tenuta in caso di sisma. Andruzzi affronta il suo professore e gli contesta la scelta (ideata dal figlio Stefano, erede dello studio). Dopo una discussione accesa, Andruzzi denuncia alla Procura dell'Aquila la storia della caserma che secondo lui è fuori legge.

Se avesse ragione, bisognerebbe abbattere un edificio costato 50 miliardi di vecchie lire e approvato (senza spendere una sola parola sull'anomala tecnica adottata) da due fior di collaudatori. Uno dei quali è il potente Angelo Balducci, che poi diverrà presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici. Per ben due volte la magistratura dell'Aquila archivia le denunce di Andruzzi. I periti del pm e del gip d'altronde, pur rilevando la difformità dal progetto, concordano sul fatto che l'opera non è pericolosa. Non avendo avuto successo con i magistrati, Andruzzi si rivolge all'Ordine di Roma nel 2004. Ed è proprio su incarico dell'Ordine, come detto, che i due periti D'Asdia e Capozzi stilano il loro parere .

Nella disfida tra Andruzzi e il suo capo il verdetto è netto: "Ci sono illegittimità e violazioni delle normative tecniche nella progettazione e nella realizzazione della scuola e l'arbitraria separazione pali-struttura pone in dubbio la sicurezza sotto sisma". Nonostante tutto, l'esposto viene archiviato dalla Procura dell'Aquila in meno di un mese. Il 18 febbraio 2006, i due consulenti tornano alla carica, chiedendo all'Ordine di "far valutare al Demanio e alla Guardia di Finanza il grado di sicurezza del complesso, attualmente incerto ed indefinito, come indicato nelle conclusioni della consulenza, sussistendo allo stato attuale potenzialmente sotto sisma problemi per la pubblica incolumità".

Anche Andruzzi insiste e scrive ad Antonio Di Pietro quando diventa ministro delle Infrastrutture.
Il ministro chiede un parere al Consiglio superiore dei lavori pubblici che nomina un'apposita commissione, la quale prima nota che, "in effetti, la fondazione è stata realizzata, diversamente da quanto progettato, senza vincolo di incastro tra platea e pali", ma poi salva l'opera con questa formula vaga: "Tale tipologia di struttura, pur differendo da quanto progettato, non appare comunque totalmente inusuale esistendo altri importanti esempi di opere costruite con criteri simili in zone ad alta sismicità come il ponte Rion nel golfo di Patrasso". Il Consiglio annota poi che nel progetto ci sarebbero dovuti essere calcoli coerenti con l'opera realizzata ma non ne trae le conclusioni.

L'indomito Andruzzi torna alla carica e insegue Di Pietro intervenendo durante una trasmissione radiofonica per contestargli la sua inattività. Con la solita franchezza il ministro rispose: "Ho sollecitato gli uffici. Di più cosa potevo fare? Metterci il mio stipendio per ricostruire la caserma? Non basterebbero cinquant'anni di buste paga". Effettivamente, se i mille ricorsi di Andruzzi fossero stati accolti, il contribuente avrebbe perso 25 milioni di euro in un sol colpo. E a tacitare le polemiche è arrivato il boato del 6 aprile. La scuola ha subito alcune lesioni, ma è rimasta in piedi.

"L'espresso" ha risentito gli autori della relazione alla luce degli ultimi eventi. Le loro posizioni oggi divergono. Il professor D'Asdia non rinnega quanto scritto allora, ma aggiunge: "La scuola ha retto al terremoto e direi che, con tutti i difetti del collaudo, ha superato una sorta di prova sul campo". Quindi, disco libero per il G8. Il generale Capozzi resta scettico: "Quella caserma non rispetta le norme tecniche e oggi manca una verifica scientifica che possa offrire le dovute garanzie di sicurezza"..



G8, un ripensamento da 300 milioni
da www.spreconi.it - 24 Aprile 2009

Un ripensamento da trecento milioni di euro. La decisione del consiglio dei ministri di spostare il vertice del G8 dalla Maddalena all'Aquila lascia numerosi interrogativi aperti. Il primo è sulla necessità di organizzare in due mesi un vertice mondiale in un'area dove le priorità sono altre: trovare una sistemazione dignitosa a 68 mila sfollati. Il secondo è sulla destinazione delle strutture in fase di completamento nell'arcipelago sardo.

Alcune strutture, come i due hotel destinati a ospitare i capi di stato e le loro delegazioni (132 milioni di euro) potranno trovare forse una destinazione turistica, il centro conferenze da milioni verrà sfruttato per convegni meno blasonati (58 milioni) e le costruzioni sul lungomare (42 milioni) torneranno utili in futuro. Più difficile immaginare un sistema per riciclare il centro stampa da 26 milioni di euro.

In un momento di crisi economica profonda, con le casse pubbliche vuote, ha senso archiviare un investimento simile e cercare nuovi fondi per reinventare l'accoglienza dei Grandi in Abruzzo? O non si rischia di mettere in cantiere uno spreco doppio?

Per saperne di più sui lavori in corso alla Maddalena, ecco l'inchiesta...realizzata da Fabrizio Gatti su L'espresso di gennaio.


Scandalo Formato G8
di Fabrizio Gatti - L'espresso - 8 Gennaio 2009

Per il summit dei grandi della terra alla Maddalena lavori da 300 milioni di euro. E l'appalto più ricco va a una società vicina alla moglie del dirigente della Protezione civile che sovrintendeva all'intera opera

In Italia è tra le più piccole imprese edili e incasserà oltre 117 milioni in nove mesi. Non è la lotteria di Capodanno, ma la montagna di soldi pubblici che l'Anemone Costruzioni di Grottaferrata, alle porte di Roma, riceverà grazie ai lavori per il G8 sull'isola della Maddalena. Luciano Anemone, 54 anni, amministratore unico della società a responsabilità limitata, tra le tante opere sta costruendo il centro congressi che nel luglio 2009 ospiterà il primo grande vertice internazionale con il neopresidente degli Stati Uniti, Barack Obama. Ed è come se gli italiani gli consegnassero 2 euro a testa. Neonati compresi. Un record.

Anche perché il signor Anemone, pur dichiarando soltanto 26 dipendenti, si è preso la fetta più grossa della torta da quasi 300 milioni di euro suddivisi tra cinque società. Una spesa da nababbi con l'aria che tira, le famiglie in crisi, la Fiat in gravi difficoltà e l'Alitalia ko. Inutile tentare di sapere perché sia stata scelta proprio la ditta Anemone. I criteri di selezione delle cinque imprese, chiamate senza pubbliche gare d'appalto, così come i progetti, sono coperti dal segreto di Stato: provvedimento imposto da Romano Prodi, confermato da Silvio Berlusconi e affidato con tutte le opere alla Protezione civile e al suo direttore, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Guido Bertolaso.


Questioni di sicurezza, hanno dichiarato. Ma sollevando il velo della riservatezza si incontra ben altro. 'L'espresso' è entrato di nascosto nei cantieri sull'isola della Maddalena. E ha scoperto cosa finora il segreto di Stato ha impedito di vedere. Il sospetto di spese gonfiate. Costi di costruzione da capogiro a più di 3.800 euro al metro quadro. Lavoratori senza contratto. Operai pagati con fondi neri. Le minacce del caporalato (vedi l'articolo a pag. 38). E un curioso legame d'affari tra la famiglia del coordinatore della struttura di missione della Protezione civile, Angelo Balducci, e l'impresa che a fine lavori guadagnerà di più. L'Anemone, appunto.

Non finisce qui. Il secondo grande appalto, 59 milioni per la costruzione dell'albergo che ospiterà i capi di Stato, la Protezione civile lo ha affidato alla Gia.Fi. di Valerio Carducci, 60 anni, cavaliere della Repubblica, l'imprenditore fiorentino coinvolto nell'inchiesta di Luigi De Magistris sulla presunta rete di favori tra malaffare e politica nazionale in Calabria. E anche i criteri di selezione della Gia.Fi. sono coperti da segreto.

Angelo Balducci, ingegnere spesso accanto a Bertolaso, ha fama di uomo da centinaia di milioni di euro. È il braccio operativo nei grandi appalti della Protezione civile. Non solo calamità, soprattutto organizzazione di grandi eventi come il G8. Per anni provveditore ai Lavori pubblici su Lazio e Sardegna, Balducci ha coltivato le amicizie che contano con l'imprenditoria e il Vaticano. Le sue relazioni politiche vanno dal leader della Margherita, Francesco Rutelli, al ministro di An alle Infrastrutture, Altero Matteoli.

Il 10 ottobre scorso Matteoli propone al Consiglio dei ministri e ottiene la nomina di Balducci a presidente del Consiglio superiore dei Lavori pubblici. Nei mesi precedenti, dal 19 marzo al 13 giugno 2008, proprio durante il periodo più delicato con la preparazione dei cantieri e il conferimento degli appalti, l'ingegnere è il soggetto attuatore di tutte le opere per il G8, cioè l'uomo dalle mani d'oro: provvede alle procedure necessarie per l'affidamento degli incarichi, alla stipula dei contratti, alla direzione dei lavori e al pagamento degli stati di avanzamento. E come soggetto attuatore si occupa delle imprese della famiglia Anemone.

Balducci è un grande esperto nei contratti assegnati d'urgenza dalla Protezione civile, senza gare d'appalto. Segue per mesi i lavori per i Mondiali di nuoto del 2009 a Roma e per le manifestazioni del centocinquantesimo anniversario della Repubblica da celebrare nel 2011. Venerdì 13 giugno, però, è una pessima giornata. Un'ordinanza di Berlusconi lo rimuove dall'incarico di soggetto attuatore per il G8 e i Mondiali di nuoto. Ai cantieri della Maddalena, Balducci viene sostituito da un ingegnere dello staff, Fabio De Santis.

Ma continua a occuparsene con "funzioni di raccordo tra la struttura di missione", cioè la Protezione civile, e i "soggetti coinvolti dagli interventi infrastrutturali". In quell'ordinanza, c'è però un passaggio che farebbe tremare i polsi a qualunque funzionario. Berlusconi dispone che Bertolaso costituisca "una commissione di garanzia composta da tre esperti di riconosciuta competenza e professionalità, anche estranei alla pubblica amministrazione". Una spesa in più per il G8, perché i compensi per gli esperti sono ovviamente a carico dello Stato. Obiettivo della commissione: "Assicurare un'adeguata attività di verifica degli interventi infrastrutturali posti in essere dai soggetti attuatori... in termini di congruità dei relativi atti negoziali".

Qualcosa insomma non va nella contrattazione degli appalti. Ma il segreto di Stato mette tutto a tacere. Così la squadra della Protezione civile in missione in Sardegna può raccontare, senza essere smentita, che Balducci è stato promosso. Anche se per lui, che era già stato presidente del Consiglio superiore dei Lavori pubblici, è un ritorno al passato. Il 31 ottobre tocca a De Santis. Sostituito per decreto, come Balducci. Berlusconi ora nomina un esterno alla pubblica amministrazione, Gian Michele Calvi, professore di ingegneria all'Università di Pavia. Il caso è archiviato.

Eppure non è solo una questione di nomine tra il governo e la Protezione civile. Tutte le ditte per lavorare ai progetti del G8 devono ottenere il nulla osta di segretezza. E il nulla osta dovrebbe essere rilasciato dal ministero dell'Interno soltanto dopo accurate indagini sulla trasparenza delle imprese. Invece troppi particolari sono sfuggiti a chi avrebbe dovuto controllare. Bisogna lasciare la Maddalena, volare a Fiumicino e salire a Grottaferrata, alle porte di Roma. Via 4 novembre 32, nel mezzo di un quartiere di viali alberati, è l'indirizzo dichiarato da Luciano Anemone come sua residenza o come sede legale dell'Anemone Costruzioni. Ed è anche, come ha scoperto 'L'espresso', l'indirizzo di una casa di produzioni cinematografica, la Erretifilm srl.

Di chi è? Amministratore unico e proprietaria al 50 per cento è Rosanna Thau, 62 anni, moglie di Angelo Balducci. Venticinquemila euro per costituire la srl della signora Balducci li ha messi però Vanessa Pascucci, 37 anni, amministratore unico e socia a metà di un'altra impresa edile legata alla famiglia Anemone, la Redim 2002 di Grottaferrata. E attraverso la Redim 2002, Vanessa Pascucci è anche socia dell'Arsenale scarl: società costituita apposta per il cantiere nell'ex Arsenale della Maddalena. Così il cerchio si chiude. Protetto dal segreto di Stato, l'appalto più ricco del G8 è finito a società amiche di chi aveva in mano la cassa. Con il suo seguito di domande. A cominciare da questa: chi ha scelto di affidare a Balducci l'incarico più delicato?

I guadagni in gioco sono spaventosi. L'opera su cui è già possibile fare qualche conto è l'albergo che ospiterà i presidenti. Capocommessa del cantiere, la Gia.Fi. di Valerio Carducci. Le poche notizie uscite dagli uffici della Regione Sardegna parlano di 57 mila metri cubi per un costo d'opera salito da 59 a 73 milioni di euro. Considerando un'altezza media delle stanze di 3 metri, sono 19 mila metri quadri coperti. Dunque un costo di costruzione al metro quadro di 3.842 euro, escluso il valore dell'area. Una cifra pazzesca se paragonata al valore di costruzione che per le case di lusso, secondo un capomastro della Maddalena, non supera i 1.200 euro al metro. Polverizzati anche i valori di vendita pubblicati dal sito dell'Agenzia del territorio: un massimo di 3.100 euro al metro quadro per le ville e di 2.000-2.300 per le attività commerciali.

Così un ente dello Stato, la Protezione civile, sta finanziando un'opera ignorando le quotazioni pubblicate da un altro ente statale, l'Agenzia del territorio. L'esubero potrebbe essere giustificato con le spese per l'arredamento, il centro benessere e i letti su cui dormiranno Nicolas Sarkozy, Carla Bruni e Angela Merkel. Ma è difficile crederlo. Ammettendo un costo di costruzione molto vantaggioso per le imprese di 2000 euro al metro quadro (38 milioni in totale), per l'arredamento avanzerebbero 35 milioni. Cioè il costo di un altro albergo.