lunedì 18 maggio 2009

Guatemala: un Presidente assassino o golpe in preparazione?

Il Guatemala - uscito nel 1996 da circa 40 anni di guerra civile, colpi di stato e indicibili massacri ai danni degli indios di etnia maya - è sempre stato sconvolto da un altissimo tasso di violenza, sia a livello di criminalità comune e organizzata che politico.

In questi giorni il Paese sembra essere piombato di nuovo in una situazione di grande instabilità politica e istituzionale in seguito all'ennesimo omicidio "eccellente". Il 10 Maggio scorso l'avvocato Rodrigo Rosenberg Marzano è stato ucciso in pieno centro a Città del Guatemala, ma nelle ore successive è comparso un video in cui l'avvocato dice "Purtroppo, se state vedendo questo messaggio è perché io, Rodrigo Rosenberg Marzano, sono stato assassinato dal signor presidente Álvaro Colom, con l'aiuto di don Gustavo Alejos (segretario privato della Presidenza), e del signor Gregorio Valdez (imprenditore legato al governo)".

Naturalmente non si è fatta attendere la risposta del presidente del Guatemala Colom che ha dichiarato "Io non ho ucciso nessuno [...] il video è opera di gente che intende destabilizzare il governo [...] non mi dimetterò mai, soltanto da morto mi manderanno via dal Palazzo".

Grossi dubbi e punti interrogativi rimangono sull'autenticità di questo video "pre-mortem", su come verrà gestita l'inchiesta giudiziaria per l'omicidio e sui futuri sviluppi politici di un Paese che ancora una volta rischia di sprofondare in un pericoloso caos istituzionale che potrebbe comportare un intervento militare "risolutore".

E purtroppo tutto ciò non rappresenterebbe alcuna novità in quel disgraziato Paese.


Il Guatemala si spacca

di Stella Spinelli - Peacereporter - 15 Maggio 2009

La piazza della Costituzione di Città del Guatemala è stata ieri teatro degli umori dei cittadini guatemaltechi scesi in piazza chi per gridare la propria rabbia contro il presidente Álvaro Colom, accusato di corruzione, chi per difenderne la legittimità. Mentre i simpatizzanti percorrevano le strade del centro con fischi e striscioni di solidarietà, gli oppositori si sono appostati davanti alla Cattedrale metropolitana per raccogliere le firme necessarie a cacciare il capo di Stato. E intanto il governo grida alla cospirazione. "Mi porteranno via soltanto da morto da questo Palazzo", ha dichiarato il presidente, che ha spiegato che difenderà la gente che ha votato per lui e che continuerà a traghettare "il paese verso una socialdemocrazia stabile".

Tutto è iniziato il dieci maggio scorso. L'avvocato Rodrigo Rosenberg Marzano viene ucciso in un agguato in pieno centro della capitale. Passano poche ore e viene diffuso ai principali mass media locali un video, girato dallo stesso avvocato, che inizia dicendo: "Purtroppo, se state vedendo questo messaggio è perché io, Rodrigo Rosenberg Marzano, sono stato assassinato dal signor presidente Álvaro Colom, con l'aiuto di don Gustavo Alejos (segretario privato della Presidenza), e del signor Gregorio Valdez (imprenditore legato al governo)". Una bomba. Le immagini dell'uomo in giacca e cravatta che parla davanti a un microfono rosso fanno il giro del mondo. Tutti i principali giornali ne parlano. Quelle parole si trasformano in un'arma puntata contro il presidente della repubblica, che si affretta a smentire le accuse. "La ragione per la quale sono morto è che fino all'ultimo sono stato l'avvocato dell'imprenditore Khalil Mussa e di sua figlia Marjorie Mussa)", entrambi uccisi lo scorso 14 aprile, perché si sono rifiutati di coprire "gli affari illegali e milionari che si orchestrano ogni giorno nel Banrural (Banca dello sviluppo rurale a capitale misto) e che "va dal lavaggio di denaro sporco alla deviazione di fondi pubblici verso programmi inesistenti facenti capo alla signora Sandra de Colom, passando dal finanziamento di cartiere utilizzate dal narcotraffico".

Fuera Colom. Lo scandalo si dilaga e tra la gente comincia a montare rabbia e voglia di reagire. Nasce una movimento di raccolta firme che intende spodestare i Colom dal potere e si rafforza un sito internet Fueracolom.com che intende ospitare i commenti di chi, liberamente, sente il dovere di dire no a questo potere fuori controllo, "che tanto male sta facendo alla povera Guatemala", per usare le parole di un guatemalteco che interviene sul sito. Si tratta di uno spazio che, nei limiti del possibile e della legge, intende far riflettere i cittadini e coordinarli in iniziative e movimenti di massa che costringano "il corrotto Colom alla resa". E poprio leggendo gli interventi su questo spazio si intuisce che Rosenberg non è né il primo né l'ultimo a dirsi vittima di loschi regolamenti di conti e complotti.

La difesa di Colom. "Ho la coscienza totalmente pulita - ribatte a tutto ciò il presidente - sono una persona molto religiosa, che mantiene le promesse. Non rinuncerò mai di fronte ai miei nemici, rinuncio soltanto davanti ai miei amici. I nemici sono nove anni che usano il medesimo argomento per attaccare, semplicemente perché li preoccupa il cambiamento del Guatemala, un cambiamento che ci è costato cinquanta anni, e non si accetta che si tratti di un processo irreversibile, pacifico, democratico, ma fermo". Quindi un accenno al video, rintracciabile anche su Youtube, di Rosenberg: "E' totalmente falso. E la giustizia lo proverà". Aggiungendo che si sta impegnando seriamente affinché l'omicidio dell'avvocato venga al più presto risolto e con esso anche tutti gli altri casi impuniti.

Alla larga. Ma a questo proposito, la fiscal che era stata nominata per indagare sull'omicidio Rosenberg è stata appena destituita per l'insistenza dell'opposizione. Si tratta di Claudia Muñoz, madre della fidanzata del segretario alla Comunicazione e portavoce del Governo, Fernando Barillas, troppo vicina alla maggioranza, dunque, per essere obiettiva. Un altro elemento, questo, che getta un'altra ombra sulla limpidezza tanto sbandierata da Colom.

"Che almeno si dimettano temporaneamente durante le indagini. È l'unica maniera per agire in maniera trasparente", tuonano ancora gli oppositori, riferendosi al presidente e al suo segretario particolare, indicati nel video, assieme alla signora Colom, come gli orchestratori dell'omicidio Rosenberg e pienamente impelagati in grossi giochi di malaffare. Suggerimento questo appoggiato da alcuni mass media, dal premio Nobel per la Pace, Rigoberta Menchù, che ha chiesto alla first lady di abbandonare ogni carica pubblica (si occupa dei programmi sociali del Governo), e da Madres Angustiadas, influente Ong delle vittime della delinquenza. Prudenza viene richiesta, anche, dal giudice spagnolo Carlos Castresana, capo della missione Onu che collabora nelle indagini, che ha intimato ai funzionari coinvolti di mantenersi alla larga dalle indagini.


Accuse, omicidi e videotape

di Martin Enrico Iglesias - Osservatorio sulle Americhe, selvasorg.blogspot.com - 15 Maggio 2009

L'inquietante, controverso e indubbiamente misterioso video-denuncia di "morte annunciata" dell'avvocato Rodrigo Rosenberg, ucciso il 10 maggio 2009, pone a tutti i comunicatori, di professione e non, come anche ai fruitori di notizie, dei quesiti legittimi circa le accuse espresse in modo palese contro l'attuale presidente, il primo progressista, Alvaro Colom eletto nel settembre del 2007.

Post mortem. Ma le vere e legittime inquietudini sono da addebitare a questa forma di denuncia pre-morte, non usuale e assolutamente dirompente che catapulta le responsabilità della propria prossima uccisione nella Grande Rete, una sorta di bomba a orologeria, una dinamite a innesco ritardato.

Orribile pensare all'ambizione dell'avocato Rosenberg di diventare una sorta di kamikaze mediatico, un "martire a tempo", pronto ad essere immolato per lanciare delle accuse. Incredibile, altresì pensare, che fosse un ostaggio obbligato a rilasciare dichiarazioni scottanti prima di essere trucidato. E questo ci dovrebbe portare alle considerazioni ovvie e umane relative alla sincerità dell'atto. Ma la sua morte non si spiega con le ragioni espresse in questo video (autoprodotto?). Numerose, infatti, sono le domande e le incognite che stanno dietro a entrambi i due assunti: il mezzo e il messaggio. L'uso di un video da esibire dopo la morte (..."se vedrete questo video è perchè sarò morto ucciso..."), e le accuse esplicitate nello stesso.

Caso mediatico. Se per le accuse dirette al presidente Colom e le responsabilità sull'omicidio ci sarà una verifica - presumibilmente anche internazionale e indipendente - rimane inspiegabile la consapevolezza di produrre un video a orologeria, la diffusione premeditata di questo, la necessità ad esempio di coprire la parete della stanza delle riprese, l'uso di un microfono professionale sul tavolo (studio televisivo?) e le reali intenzioni di chi ha aiutato l'avvocato a "imolarsi" pubblicamente. Inoltre rimangono inspiegate le mancate denunce di minacce di morte avute dallo stesso avvocato, avendo accesso, sicuramente più di ogni altro cittadino comune guatemalteco, a prefetture e regimi di protezione personale.

Un casus non solo mediatico, indubbiamente interessante anche oltre l'orrore dell'omicidio, ma temibilmente politico sia per i riflessi sulla vita di questo governo democraticamente eletto, sia per la pur sempre fragile democrazia guatemalteca, leader mondiale nella triste classifica dei Paesi più violenti al mondo.

Diretta e differita. Il presidente Colom, attraverso un repentino intervento televisivo dove si difende dalle accuse e condanna senza mezzi termini l'uccisione dell'avvocato, incassa l'appoggio politico dell'Organizzazione degli Stati Americani, e chiede pubblicamente di indagare le cause dell'omicidio. Inoltre il caso apre nella nazione centroamericana, secondo numerosi osservatori, ad un possibile scenario di complotto per l'incitamento al colpo di Stato.
Un caso di cronaca, insomma, da non sottovalutare nelle sue prossime evoluzioni, nella speranza che non sia precursore di metodi innovativi di destabilizzazione politica e di omicidi. In diretta o in differita che siano.


Discriminazione omicida

di Stella Spinelli - Peacereporter - 8 Maggio 2009

Più di 4300 donne sono state assassinate in Guatemala negli ultimi otto anni, con un aumento nel periodo 2002-2008 del 457 percento. Sono questi i termini della denuncia delle associazioni di donne guatemalteche, riunite a Città del Guatemala nella Plataforma de Mujeres Artistas seguendo lo slogan "Non più femminicidi".

Cifre da capogiro. Con l'occasione, è stato segnalato che l'organismo giudiziario ha ricevuto nel 2008 un totale di 39.400 denuncie di violenza familiare, nel 90-95 percento dei quali erano coinvolte delle donne. Una situazione allarmante, aggravata dal fatto che nel paese centroamericano "il sistema della giustizia non porta in giudizio né castiga i colpevoli. L'impunità negli omicidi delle donne è quasi assoluta, nel 98 percento dei casi non si ha giustizia penale", spiegano in un documento appena stilato.

Secondo il Gruppo guatemalteco delle donne (Gmc) fra gli anni 2007 e 2008 1.414 donne sono decedute per morte violenta, le denuncie sono state 1101 e le sentenze solo 185 (121 condanne e 64 assoluzioni). La relatrice della Commissione internazionale contro l'impunità, (Cicig), Susana Villarán, uno degli elementi che favoriscono l'impunità "è la debolezza imperante nelle istituzioni pubbliche incaricate di portare avanti le indagini". Uno dei fatti più preoccupanti, secondo lei, è la chiusura del Ministero apposito responsabile dell'unità delle indagini nei casi di femminicidio e in temi legati ai diritti umani.

Nonostante nel paese sia stata recentemente approvata una legge contro questo crimine e altre forme di violenza contro le donne, le associazioni femminili denunciano "vuoti" enormi, come la scarsa coordinazione tra la Polizia nazionale civile e la Giustizia, o la creazione di un pool che indaghi sui delitti contro la donna o anche l'organizzazione di giornate per informare. Per il Govenro guatemalteco la sicurezza della donna "non è una priorità".

Ma che tipo di violenza si scatena contro le donne? "Si tratta di forme di violenza diversificate. Si verificano episodi di vessazioni come violenza carnale, torture ai genitali, squartamenti, tutti da catalogare sotto la voce ‘intimidazione'. C'è comunque sempre crudeltà, ferocia e odio.

"Molte di queste donne sono morte in circostante brutali - spiegano Patricia Masip Garcia e Sandra Pla Hurtado di Amnesty International - Ad accomunare la maggior parte di questi delitti è comunque la violenza sessuale e le mutilazioni trovate sul corpo delle vittime ricordano molto quelle commesse durante la guerra civile". Secondo Amnesty, comunque, la vera dimensione dei femminicidi in Guatemala resta sconosciuta, da qui il dito puntato, ancora un volta, sulle forze dell'ordine e le autorità tutte.

La maggioranza di queste donne ammazzate sono casalinghe, studentesse e professioniste. Molte vengono dai settori poveri della società, lavorano sottopagate come donne di servizio, o in negozi o in fabbrica. Alcune sono immigrate in Guatemala dai paesi limitrofi, altre erano membri o ex membri di bande giovanili e coinvolte in giri di prostituzione. La maggioranza sono tra i 13 e i 40 anni. "Al centro della crisi dei diritti umani che affrontano le donne guatemalteche c'è la discriminazione di genere, insita anche nella scarsa risposta delle autorità di fronte a tali crimini - spiega .... - Alcuni funzionari qualificano le vittime come membri di bande o prostitute, facendo trapelare un'attitudine discriminatoria contro di loro e le loro famiglie, che condiziona anche le indagini e la maniera di documentare i casi, includendo persino la decisione se indagare o documentare. E, a quanto dichiarato ufficialmente, nel 40 percento dei casi si archivia punto e basta". Cifra che si trasforma in un 70 percento secondo il Procuratore dei diritti umani del Paese.

La testimone. La storia di Clara Fabiola è esemplificativa di quello che è il connubio donne-violenza-impunità in Guatemala. Ventisei anni, fu ammazzata il 4 luglio 2005 a colpi di pistola in pieno centro a Chimaltenango, nel sud del paese. Morì poco dopo all'ospedale. Due anni prima, il 7 agosto 2003, Clara Fabiola aveva assistito all'omicidio delle sue due sorelle, Ana Berta ed Elsa Mariela Loarca Hernàndez, di 15 e 18 anni, uccise a Città del Guatemala. Nel febbraio 2005, la sua testimonianza fu chiave per condannare a cento anni di carcere il marero (le maras sono le gang delle zone più malfamate del Centroamerica) Oscar Gabriel Morales Ortiz, alias "El Smol", il quale giurò davanti ai mass media che gliel'avrebbe fatta pagare. Così è stato, ma nessuno mai è stato processato per l'omicidio della testimone scomoda.

L'opinione. "Il Guatemala è intriso di violenza - ci racconta Margriet Poppema, docente all'Università di Amsterdam e ricercatrice sul tema "Educazione e sviluppo in società multiculturali", appena rientrata dal Guatemala - La ferocia è strutturale e fa comodo alla cupola di potere con la quale la stessa politica deve fare i conti, ogni giorno. Anche l'attuale presidente, Colom, che sta smuovendo qualcosa in molti settori del sociale, ha le mani legate davanti a questo. E la questione della misoginia aggrava il quadro. La donna è da sempre l'anello debole in una società impregnata di machismo. E in un paese dove essere violenti è la norma, diventa altrettanto normale abusare, violare, mutilare, uccidere la femmina, che altro non è se non la creatura al servizio del maschio. Quasi fosse una sua proprietà. La cosa più scioccante è che nel paese mai si parla di questo. Non fa notizia, si preferisce ignorare. Tra le donne c'è un casto pudore misto a paura, e l'impunità rende tutto più crudele. È la longa manu del potere parallelo che tutto controlla e manovra, plasmando la società".