Resta però la questione di fondo: un premier con grossi problemi da cura psichiatrica e che, si sa, vuole piacere a tutti per raccattarne i voti. Riuscendovi bene finora.
Ma questa volta è obbligato a scegliere: inseguire il voto del classico cattolico ipocrita con annesso sostegno delle gerarchie vaticane o quello del piccolo-medio borghese italiota che al bar o davanti alla televisione quasi invidioso strizza l'occhio a un premier che cornifica la moglie con ragazze più giovani delle sue stesse figlie? O quell'altro ancora di tutte quelle donne - dalla tipica casalinga ignorante e rincoglionita dalla tv, alla rampante di qualsivoglia carriera - che estasiate stravedono per lui anche se magari portano fior di corna in testa, "regalo" del maschio italiota di cui sopra?
Fino ad oggi Berlusconi è sempre riuscito a raccattare voti da tutti questi esemplari di italioti, grazie al fatto che lui rispecchia perfettamente l'anima di un Paese ipocrita, pecoreccio e peracottaro.
Ma non è affatto detto che ci riuscirà ancora in futuro. Qualcuno magari la prossima volta andrà al mare piuttosto che ai seggi, o cambierà canale.
Sottili equilibri
di Massimo Franco - Il Corriere della Sera - 6 Maggio 2009
Si avverte una miscela di disagio e realpolitik nelle reazioni delle gerarchie cattoliche alla saga familiare dei coniugi Berlusconi. Disagio non tanto per l’annuncio del divorzio, ma per il modo spettacolare, per usare un eufemismo, con il quale è stato comunicato. Quanto alla realpolitik si scorge dietro l’assoluto silenzio vaticano e nelle parole sobrie con le quali il presidente dei vescovi italiani, Angelo Bagnasco, ha commentato e avallato a posteriori la presa di posizione del quotidiano Avvenire, vicino alla Cei: un articolo forse più dovuto che voluto, perché intervenire su questioni di vita privata declassate di fatto a pettegolezzo crea un imbarazzo evidente.
Tanto più perché i protagonisti della vicenda sono un presidente del Consiglio considerato l’interlocutore principale del Vaticano, e sua moglie. E qualunque parola di troppo rischia di alimentare una spirale di pettegolezzi in bilico fra politica, etica, moralismo e soldi. L’apparente distacco dalla lite fra Silvio Berlusconi e Veronica Lario nasconde la speranza impossibile di vedere il caso archiviato al più presto; e la realtà di un disappunto e di una richiesta di tenere atteggiamenti più responsabili, rivolta tacitamente ad entrambi.
A questo si aggiunge il timore di un uso politico della vicenda in un momento delicato della vita del Paese. Berlusconi sembra consapevole di dovere affrontare una situazione scivolosa. La rivendicazione di rapporti ottimi con la Santa Sede, ripetuta ieri sera in tv, riflette un dato di fatto ma forse va completata. Assume un significato diverso se viene letta insieme alla sua certezza di non perdere «la simpatia» del mondo cattolico a causa delle tensioni con la moglie: parole che in realtà tradiscono l’oscuro timore di essere danneggiato politicamente ed elettoralmente da quello che si ostina a considerare in modo un po’ troppo sbrigativo un gigantesco malinteso. Ma si tratta di un pericolo che in realtà non riguarda solo quell’universo. L’opinione pubblica sembra sconcertata e divisa senza distinzioni.
Non significa automaticamente che si prepari ad abbandonare il centrodestra. Anzi, le polemiche che alcuni esponenti dell’opposizione stanno facendo contro gerarchie accusate di essere «governative», potrebbero rivelarsi a doppio taglio. Invece di far risaltare una sorta di incompatibilità morale prima ancora che politica fra valori cattolici e berlusconismo, rischiano di accentuare la distanza fra centrosinistra e Vaticano. Sarebbe un risultato paradossale, nel momento forse più difficile del premier da quando ha vinto le elezioni nel 2008. Eppure, quanto è accaduto e può succedere nelle prossime settimane suona come un monito per Berlusconi.
Dovrebbe fargli capire che non bastano i limiti politici degli avversari a scongiurare le critiche, i malintesi e alla fine un logoramento, alimentati in buona misura anche da certi suoi comportamenti. Di colpo, potrebbe ritrovarsi appesantito da una zavorra di voci che finora hanno contribuito in modo discutibile ad alimentare i suoi successi.
Lo specchio infranto
di Curzio Maltese - La Repubblica - 6 Maggio 2009
Ma che effetto avrà fatto agli italiani vedere in mondovisione il presidente del Consiglio costretto a discolparsi di non andare con le minorenni? Dice proprio così, "Non è vero che frequento le minorenni". Come sostiene non un passante, un avversario politico senza scrupoli, un giornalaccio scandalistico, un sito di gossip, ma la madre dei suoi figli. Eccolo, il premier più popolare del mondo, secondo i suoi stessi sondaggi amato dal 75 per cento degli italiani, ma compatito, con punte di disgusto, dalla donna che gli sta accanto da trent'anni. Perché, sostiene Veronica, "è una persona che non sta bene".
Eccolo, il re nudo, con i suoi settantadue anni e i capelli nuovi, il cameraman di fiducia, nel salotto amico, mentre spiega che figurarsi se lui frequenta le ragazzine, come sostiene Veronica. Figurarsi se voleva candidare le veline all'europarlamento. Figurarsi se Veronica, che gli sta accanto da trent'anni, conosce la verità. Figurarsi, d'altra parte, se lui candida qualcuno per altri meriti che l'impegno negli studi, la competenza, l'idealismo, come del resto "nel caso di Gelmini, Carfagna, Brambilla...". Ma si capisce, certo.
Nella sempre spettacolare parabola di Silvio Berlusconi questo rimarrà il vertice. Ma stavolta non è stato lui a scegliersi la scena e neppure la parte. Lo ha costretto la moglie. L'unica persona vicina a infrangere lo specchio e a rompere il muro dell'omertà, retto per tanti anni da centinaia di schiene di cortigiani politici, giornalisti, avvocati, amici, disposti a chiudere un occhio, due, tre in tutti questi anni sullo scempio di legalità e moralità. E lui ha dovuto andare in televisione, in mondovisione, a raccontare che sua moglie è male informata sul marito, vittima di un complotto della sinistra, dei giornali di sinistra, di Repubblica. "Non a caso Repubblica". Vero. Da chi doveva andare Veronica, in un paese classificato nella libertà di stampa dietro al Benin, dove il marito controlla gran parte dell'informazione? Non c'era molta scelta. Neppure Berlusconi ha fatto una scelta originale, andando da Vespa per riparare i danni dell'attacco dei vescovi. Dove, sennò?
La claque lo sostiene, lo applaude a ogni passaggio della difficile arrampicata di sesto grado sugli specchi, sullo specchio del volto gigantesco di Veronica alle sue spalle. Sembra una scena di un film di Fellini, la Donna stupenda e immensa, e l'omino laggiù, una formica, che si dibatte in alibi puerili, strepita innocenza, sputa minacce. Gli spettatori italiani, dopo tanti anni di teleserva, non faranno più caso all'atteggiamento di Bruno Vespa, accondiscende fin dal titolo. Il più surreale mai escogitato da Vespa: "Adesso parlo io". Adesso parla Berlusconi? Perché, gli altri giorni degli ultimi quindici anni? Tuttavia, tanto per dare un'idea vaga di giornalismo, bisognerebbe ricordare il genere delle questioni poste a Bill Clinton dal suo intervistatore per il caso di Monica Lewinski (peraltro abbondantemente maggiorenne).
Queste: quando, dove e come vi siete conosciuti? Quante volte vi siete visti in seguito? I genitori erano al corrente del vostro rapporto e in quali termini? E' venuta a trovarla a Washington (a Roma)? E' andato a trovarla a casa di lei? Dove dormivate? Avete avuto rapporti sessuali? Di che tipo? Quante volte? Quante volte completi? E Bill Clinton ha risposto a tutte le domande, senza citare neppure alla lontana una teoria del complotto. Alla fine è andato a scusarsi da sua moglie, nel salotto di casa, non nel salotto televisivo del ciambellano. Ha chiesto perdono a sua moglie, che aveva offeso. Si è ripresentato all'opinione pubblica quando lo ha ottenuto, dopo aver ammesso nel dettaglio più intimo e vergognoso le proprie colpe. Così accade in un paese democratico e civile.
Forse a Silvio Berlusconi sarà bastato passare una sera dall'amico Vespa, nel calore della claque, per ricominciare da domani come nulla fosse. Magari bisognerà pure rassegnarsi, con realismo, a capire che in questa storia l'unica che non potrà più liberamente andare in giro per le strade di questo paese è la vittima, Veronica Lario. Già inseguita dalla muta dei cani che hanno appena cominciato a delegittimarla in tutti i modi.
Il contrattacco per trasformare la crisi in successo
di Aldo Grasso - Il Corriere della Sera - 6 Maggio 2009
Con lucido cinismo, Giulio Andreotti ha sempre sostenuto che una smentita è una notizia data due volte. Forse non era il caso di andare a «Porta a porta» a lavare i panni sporchi di famiglia. Ma Berlusconi è fatto così: prova fastidio per i consigli ed è sicuro di saper volgere a suo favore anche le situazioni più sfavorevoli. Lo hanno dato spacciato mille volte e lui se l’è sempre cavata, rafforzando la sua immagine di invincibile.
Com’è successo con il terremoto d’Abruzzo: invece di piangersi addosso e di imprecare contro la malasorte che perseguita i suoi governi ha trasformato una tragedia in trionfo personale. Ma ecco che, nel momento in cui il suo consenso è alle stelle, arriva un altro terremoto, quello della crisi familiare. Nello studio deserto di Vespa campeggia una scritta: «Adesso parlo io» e il monologo non si è fatto attendere; come gli applausi in studio. Nonostante negli sventati anni della contestazione si predicasse a gran voce che «il privato è pubblico», i fatti hanno sempre smentito questa equiparazione, specie in termini di comunicazione.
Invece di gridare alle menzogne della stampa, Berlusconi dovrebbe considerarsi fortunato di vivere in un Paese non così bigotto come l’America dove i comportamenti privati non sfuggono al giudizio. Però l’Avvenire, che è il giornale dei vescovi, questa volta non gli ha fatto sconti ed è andato giù duro. Per la parte di trasmissione che riguardava la sua vicenda personale, Berlusconi ha sostenuto con forza che sua moglie è stata vittima di due menzogne alimentate dalla stampa di sinistra. Ora proprio questa confusione di piani (Veronica strumento inconsapevole di un complotto politico) è un’offesa per una moglie. Che gli ha solo chiesto ragione di cose che riguardano loro due, la loro vita di coppia. Forse non avrebbe dovuto chiedergliele a mezzo stampa.
A un certo punto, Berlusconi ha detto: «Mi spiace che tutto sia andato in pasto ai giornali o alle tv». Veramente alle tv, che in un modo o nell’altro sono sue, il pasto ieri sera l’ha servito lui. E se «Porta a porta» alimenterà altre trasmissioni, altri «Ballarò», altre parodie la colpa sarà difficilmente attribuibile alla sinistra. Insomma, di fronte a due cataclismi ha applicato la stessa logica: ribaltare il momento negativo in uno positivo. Con l’Abruzzo ci è riuscito, col ciclone Veronica non si sa.
Le vite degli altri
di Marco Travaglio - L'Unità - 6 Maggio 2009
Certi editoriali del Corriere contengono un interrogativo incorporato: ma dove vivono gli editorialisti? In camere iperbariche isolate dai rumori esterni? Ieri Pigi Battista, da anni barricato in un igloo dell’Alaska con la radio rotta, spiegava al Pd come perdere qualche altro voto (abbandonando il presunto antiberlusconismo), poi intimava il silenzio sul noto divorzio: «sono vicende private».
Ora, se nel suo eremo glaciale fosse trapelata qualche notizia sull’Italia degli ultimi 15 anni, l’editorialista findus saprebbe che: 1) colui che invoca il silenzio stampa sulla propria vita privata possiede (abusivamente) vari giornali di gossip che ingrassano sulla vita privata (spesso inventata) altrui; 2) le sue tv (abusive) mandano in onda la vita privata di derelitti esposti alle telecamere «h 24», anche al cesso; 3) il suo Giornale pubblicò (giustamente) le foto, potenzialmente ricattatorie, del portavoce di Prodi con un trans); 4) il suo Panorama sbatté in copertina («Lo scroccone») Di Pietro accanto a una commessa della Standa, fotogramma isolato e tagliato da una festa con 50 persone; 5) il suo Giornale, che ora invoca la privacy per il padrone, un anno fa sbatté in prima pagina («L’Italia dei calori») un bacio di saluto fra Di Pietro e un’amica dopo una cena con una decina di persone; 6) il noto divorzio nasce dalle liste elettorali per le europee, che prima della cura Veronica erano peggio di un harem e dopo la cura un po’ meno.
Tutto questo è politica, non gossip: un giorno, con un po’ d’impegno, magari riuscirà a capirlo persino Battista. Sempreché lo scongelino.
Va in onda lo statista pop
di Massimo Gramellini - La Stampa - 6 Maggio 2009
Ormai siamo berlusconizzati a tutto. Perciò, quando lo abbiamo visto affacciarsi alla Nazione dai divani di «Porta a porta» per parlare di un fatto privato come il suo divorzio, sapevamo già che nulla avrebbe potuto stupirci. Nemmeno un tentativo disperato di riconciliazione affidato alla chitarra del maestro Apicella o, al contrario, la firma in diretta di un mandato fiduciario alla sua divorzista Ippolita Ghedini, sorella del Niccolò che lo difende nelle cause penali (quell’uomo è così metodico che ha addestrato un Ghedini per ogni rogna). Invece il Presidente Addolorato, come da sua ultima raffigurazione, ci ha spiazzati ancora una volta, recitando semplicemente se stesso e cioè il primo statista pop che abbia mai calcato il palcoscenico della Storia.
Persino quel simpatico mangiatore di arachidi di Bill Clinton, quando dovette andare in tv a parlare dei fattacci propri, indossò una faccia contrita e atteggiamenti d’eccezione, cercando frasi memorabili che per sua fortuna non trovò. Berlusconi riesce a parlare del terremoto, della moglie e del Milan allo stesso modo, nella stessa sera e a volte nella stessa frase, come se tutto fosse la stessa cosa, perché per lui lo è. Come lo è per milioni di italiani che anche quando non lo amano, lo capiscono, dal momento che Berlusconi, tranne che per il reddito, è identico a loro.
Gli stranieri, basta vedere la Cnn, non riescono a comprendere la nostra mancanza di indignazione. Ma uno può indignarsi dello specchio? Questo è il Paese dove un qualsiasi piccolo imprenditore conclude un affare di miliardi con una mail e intanto scambia via sms una barzelletta sconcia con un amico, mentre al telefono ordina un mazzo di fiori per il compleanno dell’amante. Alto e basso, serietà e cazzeggio, cinismo e lacrima. In contemporanea. Questa è la bassa grandezza d’Italia e chi la vorrebbe diversa rischia di ritrovarsi all’opposizione di se stesso.
In tv Berlusconi si è dipinto per l’italiano medio che è. Un padre troppo impegnato sul lavoro, ma che non si è mai dimenticato delle feste di compleanno dei figli, anzi, le ha «sostenute finanziariamente». Un marito distratto, ma capace di romanticismi occasionali e altamente spettacolari, come quando si travestì da nobile berbero per consegnare un gioiello alla «signora».
La quale ora non vuole più saperne di lui solo perché si è fidata dei giornali di sinistra, i quali lo hanno dipinto come un depravato seduttore di minorenni, quando invece le cose sono andate così: Silvio era al Salone del Mobile di Milano, ma è dovuto scappare in anticipo per l’imbarazzo che gli procuravano i cori «Grande grande grande» dei fan.
Atterrato a Napoli un’ora prima del previsto, ha ingannato l’attesa andando a farsi scattare quattro foto alla festa di compleanno della figlia di un amico. Se adesso la moglie non gli chiede scusa per aver dubitato della sua probità, lui cosa può farci, se non continuare a volerle «un mare di bene»?
In un mondo così meraviglioso e rassicurante c’è poco spazio per l’autocritica. E quando, nel passaggio più rivelatore della serata, Ferruccio De Bortoli, a nome della borghesia lombarda che fu, gli fa notare che un capo del governo non dovrebbe andare a feste di nozze e compleanni, il Premier del Popolo risponde: «Se non andassi ai matrimoni, rinuncerei a essere me stesso. Io parlo con i camerieri, i tassisti, i commessi. Ho un grandissimo rispetto per le persone umili». Applausi in sala e chissà quanti a casa. Questo divorzio minaccia di essere un altro terremoto: nel senso che, invece di togliergli voti, gliene porterà.