Sono state depositate le motivazioni della sentenza che ha condannato l'avvocato inglese David Mills a 4 anni e 6 mesi per corruzione in atti giudiziari.
Si legge nelle motivazioni di condanna "Agì da falso testimone per consentire a Silvio Berlusconi e al gruppo Fininvest l'impunità dalle accuse, o almeno, il mantenimento degli ingenti profitti realizzati. Dall'altro lato (Mills) ha contemporaneamente perseguito il proprio vantaggio economico [...] Il fulcro della reticenza di David Mills in ciascuna delle sue deposizioni sta nel fatto che egli aveva ricondotto solo genericamente a Fininvest e non alla persona di Silvio Berlusconi, la proprietà delle società off-shore, in tal modo favorendolo in quanto imputato in quei procedimenti [...] David Mills ha ricevuto enormi somme di denaro, estranee alle sue parcelle professionali, da Fininvest e da Silvio Berlusconi, fin dagli anni 1995 - 1996, e quindi da un'epoca anteriore a quella delle sue deposizioni nei procedimenti tenuti a Milano".
Dopo la notizia, Berlusconi ha assicurato che riferirà in Parlamento. Ma si sa già cosa dirà, e cioè che è tutto un complotto delle toghe rosse e della sinistra, che se ne servirà anche per fare campagna elettorale.
In altri Paesi ci sono stati ministri che si sono dimessi per non aver pagato i contributi alla colf, altri per aver evaso il fisco di cifre irrisorie e un presidente USA al limite dell'impeachment per aver mentito su un rapporto orale con una stagista.
Ma qui siamo in Italia, un Paese con la maggioranza della popolazione completamente lobotomizzata e specchio perfetto della classe politica che la rappresenta.
Un Paese dove un premier corruttore, in passato già condannato ma prosciolto per prescrizione grazie alle famigerate leggi ad personam, vincerà anche le prossime elezioni europee.
Il Cavaliere impunito
di Massimo Giannini - www.repubblica.it - 19 Maggio 2009
Come il morto che afferra il vivo, il fantasma della giustizia trascina ancora una volta Silvio Berlusconi nell'abisso. La pubblicazione delle motivazioni della sentenza di condanna dell'avvocato Mills, nel processo per corruzione in atti giudiziari che vede implicato anche il presidente del Consiglio, sarebbe il "de profundis" per qualunque uomo politico, in qualunque paese normale.
Non così in Italia. Questo è un Paese dove un'osservazione così banale diventa paradossalmente impronunciabile in Transatlantico o sui media (persino per l'afona opposizione di centrosinistra) pena la squalifica nei gironi infernali dell'"antiberlusconismo" o del "giustizialismo".
Questo è un Paese dove il premier ha risolto tanta parte dei suoi antichi guai giudiziari con leggi ad personam che gli hanno consentito proscioglimenti a colpi di prescrizione, e che si è protetto dall'ultima pendenza grazie allo scudo del Lodo Alfano, imposto a maggioranza poco meno di un anno fa, quasi come "atto fondativo" della nuova legislatura.
Ora, di quell'ennesimo colpo di spugna preventivo si comprende appieno la ragion d'essere. Secondo i giudici milanesi, l'avvocato inglese incassò 600 mila dollari dal gruppo Fininvest per testimoniare il falso nei processi per le tangenti alla Guardia di Finanza e All Iberian. "Mentì per consentire a Berlusconi l'impunità", recita un passaggio delle 400 pagine delle motivazioni.
Un'accusa gravissima. Una prova schiacciante. Dalla quale il Cavaliere, guardandosi bene dal difendersi nel processo, ha preferito svicolare grazie al salvacondotto di un'altra legge ritagliata su misura, e ora sottoposta al vaglio della Corte Costituzionale. Perché dietro la formula enfatica che dà il titolo al Lodo Alfano (cioè la "sospensione dei processi per le Alte Cariche dello Stato") è chiaro a tutti che l'unica carica da salvare era ed è la sua.
"Riferirò in Parlamento", annuncia ora Berlusconi. Bontà sua. Pronuncerà l'ennesima, violenta invettiva contro le toghe rosse e la magistratura comunista, "cancro da estirpare" nell'Impero delle Libertà. E invece basterebbe pronunciare una sola parola, quella che non ascolteremo mai: dimissioni.
Processo Mills, dall'ammissione dell'avvocato al Lodo Alfano che salva Berlusconi
di Giovanni Gagliardi - www.repubblica.it - 19 Maggio 2009
David Mills è un avvocato d'affari inglese. Secondo l'accusa, ricevette 600 mila dollari da Berlusconi (per "bramosia di denaro", ma anche per una sorta di "sudditanza professionale ed economica" nei confronti del principale azionista del gruppo Fininvest). Soldi che servirono per tacere quanto sapeva nei processi, celebrati alla fine degli anni Novanta, per le mazzette alle Fiamme Gialle e All Iberian.
In particolare, sempre secondo l'accusa, l'avvocato avrebbe taciuto il reale assetto societario di due società off-shore attraverso le quali sarebbe stata realizzata l'appropriazione indebita oggetto del processo principale. Ma, paradossalmente, furono proprio le sue parole ad aprire il filone d'inchiesta sulla corruzione giudiziaria.
Mills, in veste di testimone, fu così riconvocato il 18 luglio del 2004, quando al pm De Pasquale disse (a verbale) di aver ricevuto i 600mila dollari per aver "tenuto mister B. (Silvio Berlusconi, ndr) fuori dal mare di guai in cui l'avrei buttato se avessi detto tutta la verità". Una dichiarazione che l'interessato, però, cercò di ritrattare poco dopo, forse rendendosi conto del reale peso delle sue parole.
Con una lettera inviata alla procura milanese, il legale inglese infatti si rimangiò tutto, sostenendo questa volta di aver fornito la prima versione perché pressato dalle domande dei magistrati milanesi. Nella sua nuova verità indicava l'armatore napoletano Diego Attanasio - e non più il Cavaliere - come il reale mittente di quella somma. De Pasquale, però, aveva nel frattempo raccolto altre prove che mise in tavola durante il processo. Come le confidenze che Mills aveva lasciato al suo consulente, Bob Drennan, al quale si era rivolto per evitare di finire nelle grinfie del severissimo fisco inglese.
A Drennan, nel febbraio di 5 anni fa, Mills aveva infatti scritto una lettera in cui dava la stessa versione sull'origine dei 600mila dollari, ovvero che erano soldi del gruppo Fininvest.
Il resto si svolge tutto nelle aule giudiziarie. La decisione di rinviare a giudizio il premier fu presa il 30 ottobre del 2006 dal gup Fabio Paparella che, con la stessa accusa, mandò a giudizio anche Mills. Si trattò, in sintesi, di un'inchiesta stralcio rispetto al filone principale relativo alle presunte irregolarità nella compravendita dei diritti televisivi da parte di Mediaset.
Il 5 aprile 2007, la Cassazione bocciò il ricorso della difesa di Berlusconi per la ricusazione del gup milanese. E a giugno anche il ricorso di Mills per la ricusazione fu giudicato inammissibile dagli stessi giudici.
Dopo altri ricorsi respinti, la posizione del premier è stata stralciata il 4 ottobre 2008, in attesa che la Corte costituzionale decida sulla legittimità del lodo Alfano, la legge che garantisce l'immunità alle massime cariche dello Stato, fra le quali il presidente del Consiglio.
L'intera vicenda andrà in prescrizione nel febbraio del 2010. Una volta depositate le motivazioni inizierà una vera e propria corsa contro il tempo per arrivare alla sentenza definitiva della Cassazione entro quella data. Le possibilità che il fatto non si prescriva prima appaiono minime.