domenica 31 maggio 2009

La luna di miele di Obama è già finita?

Sono trascorsi ormai più di 4 mesi dall'insediamento di Barack Obama alla Casa Bianca.
Qui di seguito si analizza questo periodo costellato da cambiamenti minori, e piuttosto di facciata, rispetto all'Amministrazione Bush.

La cosiddetta "luna di miele" sta per finire, se non lo è già.


Obama 100: trop beau, ce president!
di Johan Galtung - www.cssr-pas.org - 30 Maggio 2009

“Troppo bello ‘sto presidente” fu la conclusione della rivista francese per donne Voici (27/12/08) “le président plus sexy jamais élu”, il presidente più sexy mai eletto, “attendu comme le Messie”, atteso come il Messia. In calzoncini da bagno, apparendo anche in un editoriale dell’IHT (Internat’l Herald Tribune) del 16/05/09 definendo una cantonata l’osservazione di Michelle di essere “fiera del suo paese per la prima volta”. Oh no. Onestà.

Dove siamo dopo 100 giorni? Vicini a un esile trattino: Obama-Bush. Ma Obama è a destra di Bush in Asia Occidentale. Ha taciuto sul massacro di Gaza per non irritare la dirigenza israeliana mentre Rice metteva in questione le colonie; sull’Iraq rispetto al numero crescente di soldati in “retroguardia” invece di negoziare con la resistenza; sull’Iran, si osservino i preparativi di Dennis Ross nel ministero degli Esteri; sul Pakistan forzando il loro esercito a sparare sui suoi, cioè i pochi disponibili, i cosiddetti taliban sono naturalmente nei campi profughi indisponibili all’assassinio con carri armati progettati per la guerra convenzionale con l’India; in Afghanistan più che raddoppiando il contingente con altre 36.000 truppe, con il passaggio di Gates alla contro-insurrezione Delta Force, passando perfino sopra le veementi proteste di Karzai. Con il bilancio del Pentagono cresciuto da 534 a 740 miliardi di dollari. Cambiamento sì, voluto?

L’operazione di Gaza non era militare ma progettata per punire la gente per aver prodotto Hamas, e ovviamente per provare che Hamas non è in grado di proteggere la popolazione. Esattamente la stessa strategia in Iraq, Pakistan, Afghanistan. E in Sri Lanka:

Secondo un analista regionale CIA nel luglio 2001: “Contenere l’LTTE e intanto esercitare più pressione sulla popolazione civile sotto il suo controllo mediante bombardamenti ‘terroristici’ che potrebbero creare le condizioni per scalzare Prabhakaran” (US Strategic Interests in Sri Lanka, Taraki, 30/09/05).

Egli non fece tutto ciò. Ma così parla un impero, più profondo e forte di un fronte di copertura di Obama, che parla in modo molto seducente per milioni di ingenui sull’impero. Obama è diventato il poliziotto buono che picchia con le piume dopo che quello cattivo ha già finito il lavoro.

Si è assunto un’agenda enorme dopo il 43° presidente, George W. Bush, considerato da molti il peggiore in assoluto. Dipende dai criteri. Economicamente può competere con il 31°, Hoover. Ma nonostante le guerre per il petrolio, gli oleodotti, le basi e gli scontenti in Iraq e Afghanistan, ci sono stati imperialisti ben peggiori. Impallidisce rispetto all’11°, Polk (che conquistò più di mezzo Messico, ben preparato dal 3°, Jefferson e il 5°, Monroe), e gli estremamente imperialisti 25°-26°-27°, McKinley-Roosevelt-Taft. E ce ne sono stati anche di strani, del tutto dimenticabili, addirittura non menzionabili.

Ma disfare i crimini e le scempiaggini di Bush non costituisce una buona politica – come smettere di picchiare la moglie non rende buono un matrimonio – la rende solo molto seducente per un po’. Egli è l’amministratore capo dell’impero USA e non c’è cambiamento nelle sue politiche economiche e militari nonostante la retorica positiva sul negoziato e il dialogo anziché l’egemonia e il monopolio della verità.

C’è un approccio stimolante all’economia ma è ben più forte quello del salvataggio, con il TARP (Troubled Asset Relief Program, piano salva-finanza, ndt) di Bush che costa 1450 miliardi di dollari. Michel Chossudovsky, il brillante economista canadese, somma Difesa, Salvataggi aziendali e Interesse netto (sul debito USA) ottenendo 2353 miliardi di dollari, molto vicino al reddito federale totale USA di 2381 miliardi di dollari. Ovviamente i tagli saranno su sanità, istruzione, benessere e – politica anche di Obama - tasse. Il suo utilizzo di Summer-Geithner è stato un grosso errore - Summers ha perfino guadagnato milioni dalle banche e dagli hedge funds che adesso sta proteggendo dalla regolamentazione. Oppure, le forze che proteggono Israele dal “cambiamento” di Obama proteggono pure Wall Street?

Ammorbidire quasi 50 anni di sanzioni illegali a Cuba non basta, e neppure la retorica all’incontro OAS (Organization of American States, organizzazione degli stati americani, ndt) a Trinidad. C’è una rivoluzione pacifica in America, che dà più spazio e sostentamento alla gente comune. Obama dovrebbe accoglierla, imparare, praticarla. E restituire Guantánamo, acquisita malamente nel 1934, al proprietario: Cuba.

Guantánamo sarà chiusa? Forse sì, forse no. I tribunali militari rimarranno. Alla base di Bagram i prigionieri tuttora non hanno diritti di sorta. E Obama blocca la divulgazione del successivo gruppo di foto sulla tortura per timore che la pubblicazione metta in pericolo la vita dei soldati USA. Ma la sua censura li mette in pericolo più dell’onestà e della trasparenza, e le foto filtreranno allo scoperto prima o poi. Ci sono voci che rivelerebbero un maggior uso della sessualità come tecnica di tortura. Inoltre, c’è un modo efficace per proteggere le vite dei soldati USA: ritirarli, anche se suicidio (più del 13%) e traumi di ogni genere saranno un’eredità durevole.

E quelli che spianarono la strada alla tortura legalmente e politicamente rimangono impuniti. John Yoo è titolare di una cattedra a Berkeley, Donald Rumsfeld è all’Istituto Hoover a Stanford, George Tenet fa soldi dirigendo aziende con contratti militari o di spionaggio, Douglas Feith insegna a Harvard, così come Bill Kristol, e Paul Wolfowitz gestisce il Consiglio Economico USA-Taiwan. Dovrebbero essere tutti quanti alla sbarra, ma Obama guarda avanti, non indietro. Senza neppure esigere un’indagine sulla Smithfield corporation che gestisce immense porcilaie per il mondo, compresa quella vicina a Vera Cruz in Messico ritenuta da molti responsabile dell’influenza suina (IHT, 06/05/09).

In una democrazia i candidati lanciano prodotti, le loro politiche, sul mercato politico. La gente compra i prodotti graditi votandoli. In questo c’è un contratto come sul mercato economico; questa è la qualità che offriamo, questo è il prezzo. La pubblicità fasulla può essere considerata un crimine. E la pubblicità politica fasulla? L’elettore ha pagato il prezzo votando, il presidente eletto è libero di scorrazzare libero da tante sue promesse? Questo non è meglio noto come frode, e una colossale scappatoia nella teoria e nella prassi democratica?

C’è molta ricerca dietro un prezzo per prodotti commerciali; i politici ne sono forse esenti? Il termine è populismo, e Obama ne è un esemplare, molto seducente, finché dura.



Quel che nemmeno Bush aveva osato: “Detenzione preventiva di persone che non avranno mai un processo”
da
Washington's blog - 20 Maggio 2009

Il «New York Times» riferisce:
Mercoledì scorso [13 maggio 2009, NdT] alla Casa Bianca, il Presidente Obama avrebbe detto ad un gruppo di attivisti per i diritti umani di aver preso in considerazione l’opportunità di un sistema di “detenzione preventiva” che fornirebbe il presupposto legale agli Stati Uniti per incarcerare sospetti terroristi ritenuti una minaccia per la sicurezza nazionale ancorché non processabili …

“Deve aver rimuginato a lungo sulla necessità di una modifica dell’ordinamento legislativo per poter trattare con individui che non possono essere accusati o incarcerati”, racconta uno dei partecipanti. “Sapevamo che un’iniziativa del genere era all’orizzonte da molti anni, ma siamo stati in grado di scongiurarla con George Bush. L’idea di doverci scontrare con l’amministrazione Obama su questi poteri ci sembra veramente incredibile”.

L’altro partecipante afferma che Obama non sembrava pensare alla detenzione preventiva per i sospettati di terrorismo attualmente detenuti a Guantanamo, bensì per coloro che verranno catturati in futuro, in teatri ben diversi da campi di battaglia legalmente definiti come quelli dell’Afghanistan.

E quale possibile giustificazione potrebbe esistere per negare un processo a qualcuno? Non dimenticate, esistono procedure ben consolidate atte ad evitare che informazioni sensibili, la cui divulgazione costituirebbe un autentico rischio per la sicurezza nazionale, diventino di dominio pubblico. E’ il caso, ad esempio, dei processi “in camera” (ossia processi celebrati a porte chiuse, secondo il linguaggio legale americano).

Obama sta forse dicendo che un cittadino americano che vive negli Stati Uniti (l’America probabilmente non è un campo di battaglia regolamentare come l’Afghanistan, ma guardate qui) possa essere detenuto indefinitamente senza processo, in quanto Obama lo considera un rischio per la sicurezza nazionale?

E quale rischio per la sicurezza nazionale sarebbe tale da giustificare misure detentive? Rivelare condotte illegali dell’amministrazione Bush? Dell’amministrazione Obama? Critiche nei confronti di Obama?

L’ex docente di diritto costituzionale (Obama) utilizzerà la sua conoscenza della legge per salvaguardare la costituzione oppure – come gli autori dei memoriali della tortura – per sovvertirla?


Auto, gli USA tagliano le emissioni
di Alessandro Ursic - Peacereporter - 20 Maggio 2009

Obama annuncia i nuovi standard per i consumi di carburante, ma ci vorranno sette anni per arrivarci. Basterà?

Da una parte c'era l'obiettivo di ridurre la dipendenza degli Stati Uniti dalle importazioni di petrolio, che va di pari passo con l'intenzione di ridurre le emissioni inquinanti. Dall'altra, c'era l'esigenza di rilanciare l'industria automobilistica nazionale, che rischia il collasso dopo aver impostato il proprio modello produttivo su premesse rivelatesi disastrose. E di fronte a una potenziale Babele di diversi limiti statali, il tempo stringeva e un compromesso fino a pochi anni fa impensabile è stato raggiunto in fretta. Sono questi i fattori che hanno spinto l'amministrazione Obama ad annunciare ieri il nuovo piano per uno standard nazionale dei consumi di carburante negli Usa.

Obama ha delineato i nuovi limiti in una conferenza stampa nella quale il presidente era affiancato da leader ambientalisti, delle case automobilistiche e dei sindacati. Entro il 2016, i veicoli in circolazione sulle strade americane dovranno consumare non più di 35,5 miglia per gallone, ovvero 15,08 chilometri al litro. Il risultato è una media tra i nuovi standard per le automobili normali (39 miglia/gallone, 16,57 chilometri/litro) e i "camion leggeri", categoria in cui rientrano i Suv (30 mg/gal, 12,75 km/l). Sono numeri che renderanno i mezzi su strada il 40 percento più "puliti" rispetto all'attuale parco macchine negli Usa. Ma riguarderanno solo veicoli prodotti a partire dal 2012.

Le nuove norme ricalcano quelle introdotte negli ultimi anni dalla California con obiettivo proprio l'anno 2012. In seguito a quella decisione, le case automobilistiche avevano il timore di dover affrontare diversi limiti fissati dai vari Stati, mentre una direttiva dell'amministrazione Bush aveva fissato nel 2020 l'orizzonte temporale entro cui arrivare ai nuovi standard. Il piano di Obama è una via di mezzo tra quei due estremi. Consentirà di risparmiare 1,8 miliardi di barili di petrolio entro il 2016, riducendo le emissioni di gas nocivi di 900 milioni di tonnellate; è il risultato che si otterrebbe chiudendo 194 centrali a carbone o eliminando 177 milioni di auto dalle strade.

I nuovi standard aggiungeranno circa 600 dollari ai costi di produzione di un veicolo (e 1.300 dollari al prezzo di vendita), ma le grandi case automobilistiche di Detroit non hanno potuto far altro che adeguarsi. Con la Chrysler in bancarotta, la General Motors sul punto di dichiararla e la Ford che ha subito anch'essa un crollo delle vendite, oggi le "Big Three" dell'auto dipendono da Washington per la loro sopravvivenza. Negli anni del boom, queste aziende prosperavano grazie alle vendite dei Suv, estremamente inquinanti ma anche redditizi, dato che consentivano i più alti margini di guadagno. Dopo essere rimasti scottati dal picco del prezzo del petrolio e del carburante nel 2008, gli americani stanno però voltando la schiena a questi veicoli. Così, le stesse aziende che prima avevano un forte potere di lobby contro qualsiasi ipotesi di nuova legge sui consumi, ora sono costrette a piegare il capo e ad imbastire in fretta nuovi modelli.

Il piano di Obama sembra portare benefici per tutti. Dato l'elevato consumo di petrolio negli Usa (circa il 25 percento del totale mondiale), anche per il pianeta. Ma basterà? Secondo un nuovo rapporto del Massachusetts Institute of Technology, appena pubblicato, gli effetti del riscaldamento climatico durante questo secolo potrebbero essere oltre due volte peggiori di quanto stimato solo sei anni fa. Per il Mit, entro il 2100 la temperatura mondiale potrebbe alzarsi in media di 5,2 gradi, mentre una loro ricerca del 2003 prevedeva 2,4 gradi di aumento. Mentre le emissioni di Paesi come Cina e India continuano ad aumentare senza sosta, e con un nuovo accordo mondiale sulle emissioni tutto da definire in vista del vertice di Copenaghen il prossimo dicembre, far guidare agli americani una berlina al posto di un Suv potrebbe non essere abbastanza.


Da Bunker Hill a Baghdad. Dispaccio di Pinter per Obama
di Mike Whitney - Information Clearing House - 27 Aprile 2009
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ORIANA BONAN

Venite a vedere il sangue nelle strade.
Venite a vedere
il sangue nelle strade.
Venite a vedere il sangue
nelle strade!

Poesia di Pablo Neruda

All’incirca un mese prima dell’annuncio della candidatura di Barack Obama alla presidenza degli Stati Uniti, l’ex consigliere della sicurezza nazionale Zbigniew Brzezinski è apparso al Charlie Rose Show della PBS dove gli è stato chiesto se secondo lui Obama potesse essere una buona scelta come presidente. Brzezinski ha fatto una pausa, ha guardato Rose di sottecchi e ha risposto, "Pensa solo al simbolismo". Subito dopo queste parole, Brzezinski e Rose si sono messi a ridere come per una battuta per pochi.

Naturalmente, Brzezinski aveva ragione. Obama era la scelta perfetta per la presidenza. Non per la sua esperienza. Non ne aveva affatto. Era stato senatore per due anni e il suo curriculum era così breve da poter stare sul retro di una scatola di fiammiferi.

Tuttavia Obama aveva ciò che Brzezinski & Co. stavano cercando: il simbolismo, il genere di simbolismo capace di creare una connessione tra lui e persone di tutto il mondo che avevano l’impressione che uno di loro era finalmente riuscito a raggiungere la vetta. Meglio ancora, Obama era un populista carismatico in grado di riempire gli stadi di fan adoranti e dare un volto benevolo agli interventi dell’America in Afghanistan e in Iraq. Brzezinski non poteva sperare in meglio. Dopo otto anni passati a trascinare il “marchio America” nel fango, il Paese avrebbe finalmente ottenuto l’urgente lifting di cui aveva tanto bisogno e avrebbe cominciato a risanare la propria immagine ammaccata di nazione indispensabile nel mondo.

Per la sinistra, Obama è stato un fiasco totale. Ha inasprito la guerra in Afghanistan, ha intensificato i bombardamenti transfrontalieri in Pakistan, ha esitato a parlare di persecuzione dei crimini di guerra, ha rifiutato di fare pressioni sui membri della Camera dei Rappresentanti per facilitare l’organizzazione dei lavoratori (EFCA – Employee Free Choice Act), e si è circondato di rappresentanti del mondo bancario che hanno affidato 12,8 trilioni di dollari alle cure di istituti finanziari d’investimento senza alcuna assicurazione rispetto alla restituzione di tale denaro.

A parte un trascurabile decreto sulle cellule staminali, Obama non ha fatto assolutamente nulla per confermare le sue credenziali di progressista. La verità è che Obama non è né progressista né conservatore; è semplicemente un oratore che sa essere di ispirazione e un bravo politico privo di forti convinzioni rispetto ad alcunché. Se mai raggiungerà la grandezza, sarà per essere stato spinto in una crisi che non poteva evitare e aver agito, riluttante, nell’interesse del popolo americano. Questa è una possibilità che sussiste tuttora, sebbene sembri sempre meno probabile ogni giorno che passa.

I leader stranieri sono chiaramente sollevati dall’uscita di scena di George W. Bush, e sembrano disposti a dare ad Obama ogni opportunità di riparare relazioni e prendere le distanze dal passato. Ma Obama si è sforzato poco per ricambiare o dimostrare un serio impegno rispetto ad un reale cambiamento. L’enfasi sembra vertere sulle pubbliche relazioni più che sulla politica; su sfarzose occasioni per farsi fotografare, discorsi grandiosi, viaggetti da una capitale all’altra, piuttosto che sul porre fine alle intromissioni e al militarismo cronici degli Stati Uniti. Dov’è l’arrosto? O tutto si riduce a vacua ostentazione?

Ora, nessuno è ancora pronto a considerare Obama un fallimento, ma questi deve dimostrare di essere l’uomo giusto adottando provvedimenti per fermare la macchina bellica e tenere a freno le élite aziendali e il parassita bancario. Ma è davvero possibile per un uomo solo – per quanto benintenzionato – cambiare il corso di una nazione e resistere al branco di malviventi che muovono i fili da dietro le quinte? Ricordiamoci che la storia americana fatta di interventismo violento, guerre senza provocazione, rivoluzioni colorate e colpi di stato, ha un lungo pedigree che va da Bunker Hill fino a Baghdad.

Questo fiume di sangue non ha preso l’avvio con George Bush e non finirà con Barack Obama. Ogni generazione ha prodotto la propria litania di crimini, da Wounded Knee a Nagasaki a My Lai a Falluja. Nel discorso pronunciato da Harold Pinter in occasione dell’assegnazione del premio Nobel, il drammaturgo evoca un caso che riassume il modello di ostilità che è stato riprodotto, ancora e ancora, ovunque i mandarini di Washington abbiano rilevato un’opposizione al loro pugno di ferro.

Harold Pinter, discorso di accettazione del premio Nobel.

"In Nicaragua, gli Stati Uniti sostennero la brutale dittatura di Somoza per oltre 40 anni. Nel 1979 il popolo nicaraguense, guidato dai sandinisti, rovesciò questo regime; fu una rivoluzione popolare straordinaria.

I sandinisti non erano perfetti. Avevano una buona dose di arroganza e la loro filosofia politica conteneva diversi elementi contraddittori. Ma erano intelligenti, razionali e civili. Si proponevano di creare una società stabile, decorosa e pluralista. Fu abolita la pena di morte. Centinaia di migliaia di contadini indigenti furono strappati all’invisibilità in cui vivevano. Oltre 100mila famiglie ricevettero terreni. Furono costruite duemila scuole. Un’eccezionale campagna di alfabetizzazione ridusse l’analfabetismo nel Paese a meno di un settimo. Furono istituite istruzione e assistenza sanitaria gratuite. La mortalità infantile fu ridotta di un terzo. La poliomelite fu debellata.

Gli Stati Uniti denunciarono questi successi come sovversione marxista-leninista. Dal punto di vista del governo statunitense, si trattava di un precedente pericoloso. Se al Nicaragua si fosse permesso di stabilire norme basilari di giustizia sociale ed economica, se gli si fosse permesso di elevare gli standard di assistenza sanitaria e di istruzione, di conquistare l’unità sociale e l’orgoglio nazionale, i Paesi confinanti si sarebbero posti le stesse domande e avrebbero agito nello stesso modo. A quel tempo, c’è da dire, vi era una tenace opposizione allo status quo in El Salvador.

Poco fa ho parlato di ‘un affresco di menzogne’ che ci circonda. Il presidente Reagan soleva definire il Nicaragua come una 'segreta totalitaria'. Quest’espressione fu in genere accolta dai media, e di certo dal governo britannico, come un’osservazione esatta ed equa. Ma di fatto, durante il governo sandinista, non si registrarono squadroni della morte. Non si registrarono torture. Non si registrarono episodi di brutalità militare sistematica o ufficiale. Nessun prete fu assassinato in Nicaragua. In effetti, al governo c’erano tre preti, due gesuiti e un missionario della Società di Maryknoll. Le prigioni totalitarie erano in realtà lì accanto, in El Salvador e Guatemala. Gli Stati Uniti avevano abbattuto il governo democraticamente eletto del Guatemala nel 1954 e si stima che oltre 200mila persone siano rimaste vittima delle dittature militari che si sono susseguite.

Sei dei più esimi gesuiti al mondo furono ferocemente assassinati all’Università Centroamericana di San Salvador nel 1989 da un battaglione del reggimento Atcatl addestrato a Fort Benning, Georgia, USA. L’arcivescovo Romero – uomo estremamente coraggioso – fu ucciso mentre diceva messa. Secondo le stime, morirono 75mila persone. Perché furono uccise? Furono uccise perché credevano nella possibilità e nella necessità di una vita migliore. Questa convinzione li qualificò immediatamente come comunisti. Morirono perché osarono mettere in discussione lo status quo, quell’infinito acrocoro fatto di povertà, malattia, degrado e oppressione, che costituiva il loro diritto di nascita.

Alla fine gli Stati Uniti abbatterono il governo sandinista. Ci vollero anni e molta resistenza, ma l’implacabile persecuzione economica e 30mila morti alla fine minarono lo spirito dei Nicaraguensi. Erano di nuovo esausti ed indigenti. Fu il ritorno nel Paese delle case da gioco. La fine dell’assistenza sanitaria e dell’istruzione gratuite. Il ritorno, vendicativo, delle grandi aziende. La ‘democrazia’ aveva prevalso.

Ma questa ‘politica’ non fu affatto limitata all’America Centrale. Fu portata avanti in tutto il mondo. Fu infinita. Ed è come se nulla di tutto questo sia mai accaduto.

Gli Stati Uniti sostennero e in molti casi ingenerarono tutte le dittature militari di destra nel mondo a partire dal Secondo Dopoguerra. Mi riferisco a Indonesia, Grecia, Uruguay, Brasile, Paraguay, Haiti, Turchia, Filippine, Guatemala, El Salvador e, naturalmente, Cile. L’orrore che gli Stati Uniti inflissero al Cile nel 1973 non potrà mai essere espiato e non potrà mai essere perdonato.

In tutti questi Paesi si verificarono centinaia di migliaia di morti. Si verificarono davvero? E possono essere in tutti i casi attribuite alla politica estera statunitense? La risposta è affermativa in entrambi i casi: si verificarono e sono attribuibili alla politica estera americana. Ma sembra che non sia così".


Il discorso di Pinter è un tetro atto di accusa contro la politica estera statunitense; una politica che ora si cela dietro la facciata da rock star di Barack Obama. Nulla è cambiato e, forse, nulla cambierà. La medesima campagna barbara che ha prosperato con Bush è passata ad Obama intatta. Ovunque vi sia resistenza alle ambizioni statunitensi, lì è il nemico. Non importa se si tratta di marxisti a Bogotà, nazionalisti in Kosovo, bolivariani a Caracas, miliziani shiiti a Beirut, islamici moderati a Mogadiscio o quaccheri a Toledo. Sono tutti nemici, ognuno di loro, e li si deve affrontare.

Obama non è uno stupido; sa che lo stanno usando. Sa di non essere stato scelto per le sue opinioni illuminate sull’assistenza sanitaria e sulle cellule staminali. È stato scelto perché gli uomini in carica avevano bisogno di un nuovo uomo-immagine dietro cui nascondersi per portare avanti le loro attività illecite. Obama non è tanto un comandante supremo, ma piuttosto un abile prestigiatore che distoglie l’attenzione dalla guerra clandestina che continua inesorabilmente con o senza il suo consenso. Ancora Pinter dice:

"I crimini degli Stati Uniti sono stati sistematici, continui, feroci, spietati, ma solo in pochissimi ne hanno davvero parlato. Bisogna riconoscerlo all’America. Ha esercitato una manipolazione alquanto clinica del potere in tutto il mondo mascherandosi da forza del bene universale. Un numero di ipnosi eccezionale, persino arguto, di enorme successo... Uno stratagemma scintillante".

Si consideri come si sono modellate le notizie per far sembrare che le invasioni dell’Iraq e dell’Afghanistan fossero effettuate per altruismo. Di conseguenza, la guerra in Afghanistan è divenuta l’"Operazione libertà infinita", con l’enfasi sulla generosità disinteressata del bombardare un Paese fino all’oblio e riportare al potere violenti signori della guerra. La stessa strategia è stata usata per l’invasione dell’Iraq, celebrata come la “liberazione da un brutale dittatore”. Liberazione che è costata la vita ad oltre un milione di Iracheni e l’esodo di quattro milioni di profughi. Eppure, nessuno all’ONU o nella cosiddetta comunità internazionale ha fatto pressioni affinché gli U.S.A. fossero allontanati dal Consiglio di Sicurezza o affinché i loro leader fossero perseguiti per crimini di guerra.

Ciò testimonia il successo dei media statunitensi nel sorreggere quell’“affresco di menzogne” di cui parla Pinter. Con Obama al governo, la farsa è solo peggiorata. Le notizie sulla guerra sono cessate del tutto. Guerra? Quale guerra? Ciò che importa ora sono gli allegri scambi di battute tra Obama e Jay Reno, o le braccia ben proporzionate di Michelle, o l’adorabile cane de agua portoghese di Malia. L’America è di nuovo tutta intera. Che riprendano le uccisioni.

Pinter: "Cos’è successo alla nostra sensibilità morale? L’abbiamo mai avuta? Cosa significano queste parole? Si riferiscono forse ad un termine usato molto di raro oggigiorno, coscienza? Una coscienza che non ha a che fare solo con i nostri atti ma anche con la responsabilità che condividiamo per gli atti altrui? è forse morto tutto questo? Si consideri la Baia di Guantanamo. Centinaia di persone sono state trattenute senza accusa per oltre tre anni, senza alcuna rappresentanza legale o diritto di difesa, tecnicamente trattenute per sempre. Questa struttura completamente illegittima è mantenuta in totale spregio della Convenzione di Ginevra. La cosiddetta ‘comunità internazionale’ non solo la tollera, ma se ne ricorda solo a stento. Questo oltraggio criminale è stato commesso da un Paese che si dichiara ‘leader del mondo libero’. Pensiamo mai agli abitanti della Baia di Guantanamo? Cosa ne dicono i media? Fanno la loro comparsa ogni tanto, con un trafiletto a pagina sei. Sono stati spediti in una terra di nessuno da cui potrebbero non fare mai ritorno. Attualmente molti stanno facendo lo sciopero della fame, e sono alimentati forzatamente, e tra essi vi sono residenti del Regno Unito. Non c’è cautela nelle procedure di alimentazione forzata. Nessun sedativo o anestetico. Solo un tubo ficcato nel naso e in gola. La gente vomita sangue. Questa è tortura. Cos’ha da dire in proposito il Segretario agli affari esteri britannico? Nulla. Cos’ha da dire in proposito il Primo ministro britannico? Nulla. Perché no? Perché gli Stati Uniti hanno detto: criticare la nostra condotta a Guantanamo costituisce un atto ostile. O siete con noi o siete contro di noi".

Obama non deve risolvere i problemi del mondo. Non deve invertire il riscaldamento globale né rallentare il picco del petrolio, curare l’AIDS o mettere fine alla fame nel mondo. Tutto ciò che deve fare è soddisfare i requisiti minimi del suo lavoro di presidente, ovvero portare giustizia al suo popolo. Ecco perché processare Bush per crimini di guerra è più importante di qualsiasi altra questione in calendario. La giustizia viene prima di tutto il resto; è il filo che tiene insieme il tessuto sociale. Giustizia per le vittime che sono state uccise nelle loro case con le loro famiglie, mentre dormivano o stavano a cena. Giustizia per la gente bombardata durante le feste di matrimonio o mentre andava al lavoro o era alla moschea a pregare Dio. Questo è ciò che la gente vuole da Obama. Giustizia, niente di più. Il Reverendo Martin Luther King disse, "L’arco dell’universo morale è lungo, ma si piega verso la giustizia". Sta ad Obama seguire quell’arco e fare almeno un passo sulla via della legalità, dell’assunzione di responsabilità e della giustizia.

Pinter: "Quante persone bisogna uccidere per meritare la qualifica di stragista o criminale di guerra? Centomila? Più che sufficienti, direi. Perciò è legittimo che Bush e Blair siano chiamati a rispondere di fronte alla Corte Penale Internazionale".

È molto poco probabile che un nero con un passato nell’organizzazione di comunità creda veramente che espandere la guerra in Afghanistan sia la cosa giusta da fare. E non è probabile neppure che egli sostenga le intercettazioni, il giro di vite sugli immigrati, le sanzioni a chi vende marijuana terapeutica, trilioni di dollari per salvare le banche o interrogatori “potenziati”. Sta semplicemente leggendo il copione che gli è stato fornito. Ma con l’aggravarsi della crisi economica, la progressiva radicalizzazione del Paese e l’aumento dell’instabilità politica, quel copione sarà da buttare. Obama avrà moltissime opportunità di scrollarsi di dosso i burattinai e dimostrare di che stoffa è veramente fatto. Forse, dopo tutto, è un grand’uomo.

Pinter: "Quando guardiamo in uno specchio pensiamo che l’immagine di fronte a noi sia fedele, ma se ci spostiamo di un millimetro l’immagine cambia. In realtà stiamo guardando infinite immagini riflesse. Talvolta, tuttavia, uno scrittore quello specchio lo deve infrangere, perché è dall’altro lato che la verità ci fissa negli occhi".

Avanti, Barack. Infrangi lo specchio.


I primi 100 giorni di Obama: peggio di quanto ci aspettassimo
di Paul Joseph Watson - Infowars - 20 Aprile 2009
Tradotto da JJULES per www.comedonchisciotte.org

Mentre il Presidente Barack Obama si avvicina ai suoi primi 100 giorni in carica, il sistema mediatico prepara una nuova serie di servili adorazioni sui “risultati” ottenuti dalla sua amministrazione. Tuttavia, una rapida occhiata a quello che Obama ha realmente fatto in questo breve lasso di tempo riguardo all’allargamento dello stato di polizia di Bush e all’impero neocon è peggio di quanto ci aspettassimo.

Il giorno dopo l’elezione di Obama come 44mo presidente degli Stati Uniti nel novembre dello scorso anno, abbiamo sfidato i sostenitori di Obama e l’amministrazione stessa a portare avanti la retorica del “cambiamento” iniziando a smantellare la struttura dello stato di polizia di Bush e ad iniziare ad uscire dalla palude melmosa in cui si trova l’impero americano. Obama non ha fatto nessuna delle due cose e, in effetti, ogni sua azione è stata quella di garantire che lo stato di polizia di Bush rimanesse in vigore, che le persone che lo hanno attuato siano al riparo da azioni giudiziarie e che l’impero continui ad espandersi.

Abbiamo presentato ad Obama e ai suoi sostenitori una serie di problematiche su cui migliorare. Anche se non ci attendevamo che Obama realizzasse granché nei primissimi mesi del suo incarico, avevamo almeno sfidato il nuovo Presidente a compiere il primo passo di ribaltare otto anni di quella che è stata, di fatto, una dittatura e a delineare la strada per il “cambiamento”, così come era stato ripetutamente promesso.

Abbiamo posto le seguenti domande per una presidenza Obama:

- Obama appoggerà gli sforzi di Dennis Kucinich per presentare accuse per crimini di guerra contro Bush, Cheney e gli altri per aver convinto con l’inganno il paese ad entrare in guerra oppure li proteggerà da tali accuse come ha fatto Nancy Pelosi?

Nell’aprile 2008, Obama aveva promesso che, come Presidente, avrebbe chiesto al suo Procuratore Generale una “verifica immediata” dei potenziali crimini di guerra che erano avvenuti con Bush alla Casa Bianca. Obama, o il suo Procuratore Generale, non l’hanno mai fatto, e tutto il clamore che hanno sollevato indica che i più importanti neocon saranno al riparo dalle accuse di aver portato con l’inganno l’America in guerra.

In modo analogo abbiamo chiesto:

- Obama presenterà accuse per crimini di guerra contro Bush, Cheney e gli altri per aver autorizzato le torture? Le torture di persone sospette che si trovano sotto la detenzione degli Stati Uniti, in completa violazione sia della Costituzione che della Convenzione di Ginevra, cesseranno sotto un’amministrazione Obama?

Come abbiamo scoperto la scorsa settimana, la risposta è stato un sonoro NO. Dopo la pubblicazione dei memorandum sulle torture, il braccio destro di Obama, Rahm Emanuel, ha comunicato alla ABC News che i più importanti funzionari dell’amministrazione Bush “non saranno perseguiti penalmente e noi non ci muoveremo in tal senso.” Inoltre, la dichiarazione di Obama che accompagnava la pubblicazione dei memorandum affermava: “Nel pubblicare questi memorandum, è nostra intenzione garantire a coloro che hanno compiuto il proprio dovere facendo affidamento in buona fede sulle comunicazioni del Dipartimento di Giustizia che non saranno soggetti ad alcuna azione giudiziaria.”

Dunque, nessuna condanna per coloro che ordinarono le torture e nessuna condanna per coloro che le eseguirono. In tal modo si crea un precedente per le future amministrazione che saranno libere di ordinare torture – sicure del fatto che non subiranno in ogni caso alcuna conseguenza.

- Obama ritirerà i soldati americani dall’Iraq e dall’Afghanistan senza inviarli a bombardare di nuovo altri paesi fragili del Terzo Mondo?

La risposta è ancora un sonoro NO. Dopo essersi insediato, Obama ha annunciato che avrebbe inviato altri 17.000 soldati , forse alla fine 30.000, in Afghanistan.

In merito all’Iraq, dopo il “ritiro” dei soldati americani tra 19 mesi, un periodo che da allora è stato di nuovo rimandato, “Obama pensa di lasciare una ‘forza residua’ di alcune decine di migliaia di soldati per continuare ad addestrare le forze di sicurezza irachene, dare la caccia alle cellule terroristiche straniere e sorvegliare le istituzioni americane”, ha riferito il New York Times.

Per quanto riguarda il bombardamento di altri paesi fragili del Terzo Mondo, Obama ha ingigantito il ruolo militare degli Stati Uniti in Pakistan ben oltre quello perseguito dall’amministrazione Bush e “ha allargato la guerra nascosta condotta dalla CIA all’interno del Pakistan” secondo il New York Times, con un aumento degli attacchi missilistici da parte di aerei drone.

Nel frattempo, le richieste di Obama di fondi per la guerra hanno toccato quota 800 miliardi di dollari solamente per coprire i rimanenti mesi del 2009, tra finanziamenti e costi supplementari.

Tutto questo vi sembra una manovra per riportare i soldati a casa e limitare l’impero americano, come aveva promesso Obama prima di essere eletto?

- Obama porrà fine alla sorveglianza segreta senza autorizzazione e alle intercettazioni telefoniche dei cittadini americani?

Sarete sorpresi di sapere che la risposta è stata un sonoro NO. All’inizio di questo mese “l’amministrazione Obama ha formalmente adottato la posizione dell’amministrazione Bush secondo la quale i tribunali non possono giudicare la legalità del programma di intercettazioni telefoniche senza autorizzazione dell’Agenzia sulla Sicurezza Nazionale (NSA)” ha riferito la Electronic Frontier Foundation [1].

“Il Presidente Obama aveva promesso al popolo americano una nuova epoca di trasparenza, responsabilità e rispetto per le libertà civili” dice Kevin Bankston, uno degli avvocati responsabili della EFF. “Ma con il Dipartimento di Giustizia di Obama che continua l’insabbiamento della rete di sorveglianza dell’amministrazione Bush di milioni di americani da parte dell’Agenzia sulla Sicurezza Nazionale, insistendo che il tanto sbandierato programma per le intercettazioni telefoniche senza autorizzazione è ancora un ‘segreto’ che non può essere esaminato dai tribunali, sembra davvero un film già visto.”

- Obama smetterà di appoggiare i salvataggi bancari garantiti dall’amministrazione Bush, così odiati dalla maggioranza degli americani, e prenderà di mira la vera causa del problema – vale a dire, la Federal Reserve – oppure continuerà a regalare il denaro dei contribuenti alle banche che se lo stanno solamente tenendo per sé?

Il solerte impegno di Obama per altri salvataggi, insieme all’aumentato potere della Federal Reserve e all’implementazione di regolamentazioni globali che porranno fine, di fatto, a qualunque nozione di libero mercato è stata forse la questione più significativa dei suoi primi 100 giorni da Presidente. Obama ha energicamente incoraggiato le stesse politiche finanziarie che erano state introdotte negli ultimi mesi dell’amministrazione Bush.

- Obama abrogherà il Patriot Act I e II oltre a ribaltare i “signing statements” di Bush [2] e riconoscerà l’abrogazione del John Warner Defense Authorization Act?[3] Obama cercherà di continuare la militarizzazione dell’America e la preparazione della legge marziale tramite il Northcom [4] e il governo segreto oppure smantellerà lo stato di polizia che è stato costruito nel corso degli ultimi otto anni dall’amministrazione Bush?

Nonostante la retorica iniziale nel ribaltare gli infami “signing statement” di Bush, Obama stesso ha dichiarato che continuerà ad utilizzarli. Il Patriot Act e il John Warner Defense Authorization Act, entrambi punti importanti dello stato di polizia di Bush, rimangono saldamente in vigore, senza alcune indicazione per una loro abrogazione.

In merito alla militarizzazione tramite il Northcom, alcune settimane dopo il trionfo elettorale di Obama è stato annunciato che “le forza armate americane si aspettano di avere 20.000 soldati in uniforme all’interno degli Stati Uniti entro il 2011, addestrati per aiutare i funzionari statali e locali a rispondere ad attacchi terroristici o altre calamità interne.” La militarizzazione dell’applicazione delle leggi e l’utilizzo di soldati sul territorio nazionale in preparazione di una legge marziale sta continuando speditamente sotto l’amministrazione Obama.

- Obama porterà avanti il suo appoggio retorico al Secondo Emendamento [5] oppure cercherà di abolire le armi come ha fatto in Illinois?

Nonostante Obama avesse promesso, prima della sua elezione, di non essere intenzionato a contrastare il Secondo Emendamento, una delle sue prime mosse è stata quella di nominare l’accanito oppositore delle armi Eric Holder come suo Procuratore Generale. Inoltre Obama ha ingiustamente incolpato i negozi americani che vendono armi per la guerra della droga in Messico. La lista delle armi vietate che è stata fatta trapelare condannerebbe milioni di americani per il possesso di determinati tipi di pistole o fucili. La legislazione anti-armi si è fatta strada con incentivi e altre proposte di legge che non hanno alcun attinenza, come puro clientelismo. I primi passi dell’amministrazione Obama in merito al controllo delle armi hanno avuto come risultato il record di acquisto di armi e munizioni in tutto il paese.

Sull’elezione di Obama avevamo fatto una cinica, ma purtroppo esatta, previsione sul modo in cui la tanto lodata promessa di “cambiamento” si sarebbe in realtà manifestata. Il fatto è che il “cambiamento” è iniziato ed è terminato il giorno stesso in cui Obama ha vinto le elezioni.

- La sorveglianza e le intercettazioni illegali senza autorizzazione dei cittadini americani continueranno sotto Obama.

- I principali funzionari dell’amministrazione Bush che ordinarono le torture e coloro che le eseguirono saranno al riparo da qualsiasi azione giudiziaria sotto Obama.

- I principali funzionari dell’amministrazione Bush che hanno convinto con l’inganno l’America ad entrare in guerra saranno al riparo da qualsiasi azione giudiziaria sotto Obama.

- L’espansione dell’impero militare attraverso la continuata occupazione di Iraq e Afghanistan e le ulteriori incursioni militari in Pakistan si protrarranno e si espanderanno sotto Obama.

- I salvataggi bancari, le spese sconsiderate, l’inflazione monetaria da sovrastampa e le regolamentazioni globali che soffocano il libero mercato, tutte cose iniziate da Bush, continueranno sotto Obama.

- La militarizzazione gli Stati Uniti e la struttura da stato di polizia costituita sotto Bush saranno mantenute ed estese sotto Obama.

- L’attacco al diritto di portare un’arma sancito dal Secondo Emendamento continuerà sotto Obama.

“Le enormi spese continueranno, il governo crescerà di dimensione, i soldati americani saranno utilizzati come carne da cannone per altre guerre interventiste da parte del complesso militare-industriale e i cittadini americani continueranno ad avere le proprie telefonate sotto controllo e i propri diritti limitati” avevamo previsto lo scorso anno. “La Federal Reserve continuerà a dominare con il pugno di ferro il sistema finanziario mentre il ceto medio sarà annientato.”

Chi può negare che tutte queste cose sono solamente aumentate sotto l’amministrazione Obama?

La luna di miele è finita – Barack Obama si è dimostrato niente di più di quello che avevamo previsto fin dal principio – un altro fantoccio del cartello bancario globale che ha controllato ogni presidente americano a partire da JFK, e niente di più che una faccia nera in un nuovo ordine mondiale – che ha giurato di continuare e valorizzare lo stesso programma che la dinastia Bush-Clinton-Bush aveva avanzato prima di lui.


Note del traduttore

[1] La Electronic Frontier Foundation (EFF) è un ente no-profit di avvocati e legali che ha sede negli Stati Uniti con il compito preciso di dedicarsi a preservare i diritti di libertà di parola come quelli protetti dal Primo emendamento della Costituzione americana nel contesto dell’odierna era digitale [NdT]

[2] I “signing statement”sono note scritte che il Presidente degli Stati Uniti rilascia al momento di sottoscrivere una legge approvata dal Congresso, dalla quale però ne prende le distanze motivandole con una propria “interpretazione”. Utilizzate molto di rado nel corso della storia americana, Bush ne ha fatto uso più di 800 volte nel corso del suo doppio mandato presidenziale [NdT]

[3] Legge approvata dal Congresso americano nel settembre 2006 nella quale, tra le altre cose, venivano stanziati 500 miliardi di dollari per spese militari per l’anno fiscale 2007 e sancito la facoltà per il Presidente di dichiarare la legge marziale e di assumere il comando dei soldati della Guardia Nazionale senza previa autorizzazione dei governatori [NdT]

[4] Il Northcom (United States Northern Command) è un comando militare delle forza armate americane costituito nell’ottobre 2002 in seguito agli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001. La sua missione ufficiale è quella di proteggere il suolo di Stati Uniti e Canada da ogni eventuale attacco [NdT]

[5] Il Secondo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti sancisce il diritto per i cittadini di possedere un’arma. Nel corso della storia è rimasto uno dei diritti più controversi codificati nella Carta americana [NdT]