mercoledì 13 maggio 2009

Purè italiota: immigrazione, lacrime di coccodrillo, sondaggi e zero opposizione

Sarà votato oggi alla Camera, blindato dal governo che vi ha posto la fiducia, il famigerato disegno di legge sulla sicurezza, che rende reato la clandestinità, introduce le ronde, prolunga da due a sei mesi la permanenza degli immigrati irregolari nei Centri di identificazione ed espulsione.

Ma rimane il grosso punto interrogativo sul destino dei figli degli immigrati irregolari che secondo un'interpretazione del testo, smentita dal governo, rischierebbero l'adottabilità.

Donatella Ferranti (Pd) accusa che "Se una donna clandestina partorisce in Italia, ma non è in possesso del passaporto, non può conoscere neanche il proprio figlio, oltre a non poterlo iscrivere all'anagrafe. Se poi venisse espulsa suo figlio verrebbe messo in adozione. Alla puerpera irregolare, viene dato, per il periodo della gravidanza e del parto, una sorta di permesso di soggiorno provvisorio. Ma perché il questore glielo possa dare la clandestina deve avere il passaporto che molto spesso non ha. E allora, per sottrarsi al pericolo di denuncia dell'ufficiale di stato civile eviterà di registrare la nascita".

Maroni però le risponde "E' falso che nel ddl ci sia una norma per cui i bambini clandestini potrebbero essere immediatamente adottabili. La legge Bossi-Fini prevede la concessione automatica del permesso di soggiorno di sei mesi dalla nascita del bambino sia per il figlio che per i genitori. A quel punto entrambi possono iscriverlo all'anagrafe". Resta il fatto però che hanno poi solo 6 mesi di tempo per evitare di tornare nella clandestinità, con tutte le annesse conseguenze.

Come detto prima, nel ddl rimane il reato di clandestinità. A commetterlo non si rischierebbe il carcere che invece è previsto fino a tre anni per chi affitta una casa ai clandestini. Inoltre avere la cittadinanza italiana costerà 200 euro, mentre il permesso di soggiorno tra gli 80 e i 200 euro.

Come sempre, basta pagare e in Italia si sistema tutto...



Immigrati, non si placa la tensione tra l'Italia e l'ONU

da www.corriere.it - 12 Maggio 2009

Non si ferma il braccio di ferro tra il governo italiano e l'Onu (ora anche nella persona del segretario generale, Ban Ki-moon) sulla questione del respingimento dei migranti in arrivo in Italia. Da Sharm El Sheik il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, è tornato a parlare della questione immigrazione. I barconi che salpano verso l'Italia, ha detto il premier, «non sono fatti, occasionali ma il frutto di una organizzazione criminale». «A bordo - ha aggiunto - vi sono persone che vengono reclutate in maniera scientifica dalle organizzazioni criminali». I migranti, secondo il premier, «sono persone che hanno pagato un biglietto, non sono persone spinte da una loro speciale situazione all'interno di Paesi dove sarebbero vittime di ingiustizie, ma sono reclutate dal mondo del lavoro o del non lavoro in maniera scientifica dalle organizzazioni criminali». «Non credo che ci sia nessuno che, avendo i requisiti per chiedere di essere accolto in Italia, possa dire di non essere stato accettato. Ci sentiamo in dovere di dare accoglienza a chi fugge da una situazione pericolosa per la sua vita e la sua libertà» ha sottolineato Berlusconi

LA RISPOSTA DELL'ONU - Non si è fatta attendere la replica dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) che ha annunciato a Ginevra di aver scritto al governo italiano esprimendo «grave preoccupazione» per il rinvio in Libia di migranti intercettati o soccorsi in mare e per chiedere alle autorità italiane di «riammettere quelle persone rinviate dall'Italia e identificate dall'Unhcr quali individui che cercano protezione internazionale». Anche il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-Moon, «appoggia» le richieste dell'Unhcr. Per l'Onu il principio del non respingimento non conosce limitazione geografica. «L'Unhcr-Roma - ha detto a Ginevra il portavoce Ron Redmond - ha mandato una lettera al governo italiano per affermare che l'Unhcr, pur essendo cosciente del problema che l'immigrazione irregolare pone all'Italia e agli altri Paesi dell'Ue, resta gravemente preoccupato che la politica ora applicata dall'Italia mina l'accesso all'asilo nell'Unione europea e comporta il rischio di violare il principio fondamentale di non respingimento» (non refoulement) previsto dalla Convenzione del 1951 sui rifugiati. Il portavoce ha ricordato che la Libia non ha firmato la Convenzione e che non vi sono quindi garanzie che le persone bisognose di protezione internazionale possano trovarla in Libia. Secondo i dati dell'Unhcr, nel 2008 oltre il 75% di coloro giunti in Italia via mare ha fatto richiesta di asilo e al 50% di questi è stata concessa una forma di protezione internazionale. Più del 70% delle circa 31mila domande d'asilo nel 2008 in Italia provenivano da persone sbarcate sulle coste meridionali del Paese.

BAN KI-MOON - L'Onu «appoggia la richiesta dell'Unhcr», ha assicurato Farhan Haq, portavoce del segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon. Il portavoce ha spiegato che l'Unhcr è la «voce guida dell'Onu per quanto concerne i rifugiati, e i rapporti con Roma su questo tema saranno gestiti dallo stesso commissariato, nella persona del suo alto rappresentante, Antonio Guterres». Haq ha precisato che il Palazzo di Vetro di New York, che è in contatto quotidiano con l'agenzia dei rifugiati, «rispetta la richiesta contenuta nella lettera dell'Unhcr al governo italiano».

«MARONI ESEGUE ACCORDI PRESI DA ME» - Gli «accordi con la Libia» per il rimpatrio degli immigrati clandestini, ha voluto poi sottolineare dall'Egitto il presidente del Consiglio, «li ho gestiti io, li ho sottoscritti io, Maroni esegue quelli che sono gli accordi presi direttamente tra me ed il leader libico Gheddafì». Quanto al rapporto con la Lega, il Cavaliere ha voluto precisare che «certamente il Carroccio esagera» ma «sono esagerazioni più di facciata che di sostanza perché poi i signori della Lega sono delle persone perbene, anche nelle amministrazioni locali sono coloro che danno di più per aiutare chi ha bisogno di una mano». «Cerchiamo di non offrire all’opposizione pretesti di polemiche e di campagna elettorale, per esempio il fatto delle ronde - è stato l'invito del premier - che sono tutt’altro rispetto a quello che dice l’opposizione: per questo noi abbiamo detto che era sbagliato dare all’opposizione un pretesto del genere». E riguardo alle critiche ricevute da alcuni settori della componente del Pdl che proviene da Alleanza nazionale, Berlusconi ha preferito tagliare corto: «Non credo che si possa parlare ancora di polemiche, An è un partito che non esiste nominalmente perché è confluito nel Pdl». Un plauso da Berlusconi ai due esponenti del Pd Piero Fassino e Francesco Rutelli, che si sono espressi a favore della politica dei respingimenti nei confronti degli immigrati clandestini. «Mi fa piacere - ha detto il Cavaliere - che anche nell'opposizione ci sia qualche persona di buonsenso che non segue fino in fondo l'ideologia»

NO COMMENT SU FINI - Le parole del premier lasciano presagire nuove tensioni con il presidente della Camera, Gianfranco Fini. L'ex leader di An aveva detto lunedì che «respingere l'immigrato clandestino non viola il diritto internazionale» ma aveva puntualizzato che «anche noi abbiamo come tutti gli altri il dovere di verificare se tra quelli che vengono respinti ci siano persone che hanno il diritto di richiedere asilo». E Berlusconi, incalzato dai cronisti proprio sulla posizione di Fini, ha preferito glissare: «Non mi va di entrare in questo discorso».

MARONI E L'EUROPA - In serata è intervenuto sul tema anche Roberto Maroni. «La Libia fa parte dell'Onu - ha dichiarato il ministro dell'Interno - e in Libia è presente l'alto commissariato per i rifugiati della Nazione Unite (Unhcr), che può fare gli accertamenti delle persone che chiedono asilo». E per questi, ha sostenuto Maroni, «non vedo perché dovrebbero essere mandati in Italia come dice l'Unhcr: l'Europa se ne faccia carico, è questa la proposta che ho fatto al commissario europeo per la giustizia, Jacques Barrot».

«SPOT ELETTORALE» - «I barconi pieni di disperati sono stati trasformati in uno spot elettorale per le prossime elezioni, come se fossero un manifesto per raccogliere voti e questa è la cosa più immorale» è stato il commento del segretario del Pd, Dario Franceschini, che a Panorama del giorno ha commentato le ultime dichiarazioni di Berlusconi. «Sui respingimenti vanno rispettate le norme internazionali, oltre che il buon senso - ha aggiunto -. Non lo diciamo solo noi faziosi dell'opposizione, ma anche il Consiglio d'Europa, le Nazioni Unite, i vescovi italiani. Si tratta di rispettare la dignità dell'uomo e le leggi italiane e internazionali».

LE ALTRE REAZIONI - «Sono perfettamente convinto del fatto che l'Italia in questo momento sta esercitando un proprio diritto, quello del respingimento in acque internazionali così come lo eserciterebbero altri paesi europei. È un diritto previsto dalle norme nelle intese europee» ha dichiarato il presidente del Senato, Renato Schifani, difendendo l'operato del governo in tema di contrasto dell'immigrazione clandestina. Secondo il numero uno di Palazzo Madama, riguardo al diritto d'asilo «occorre che l'Europa si faccia carico della soluzione del problema, individuando meccanismi, procedure per poter garantire anche l'attuazione di questo sacrosanto diritto». Sulla questione immigrazione è intervenuto anche Luca Cordero di Montezemolo. Intervistato a Ballarò (in onda martedì sera), il presidente Fiat ha spiegato di essere favorevole «ai diritti e ai doveri» dei migranti ma contrario «alla tolleranza e ad un paese che sembra una groviera per cui tutti possono entrare». «Io vorrei anche capire - ha detto - come si fa a difendersi da una eccessiva entrata non controllata, non coordinata e quindi bisogna uscire dall'ipocrisia, dalla poca chiarezza e, fermo restando il diritto di asilo io credo che sia giusto porre dei limiti e valutare bene l'entrata di stranieri in Italia perché in questi ultimi anni questo non è avvenuto».


"È l'ordine più infame che abbia mai eseguito"

di Francesco Viviano - La Repubblica - 10 Maggio 2009

LAMPEDUSA - "È l'ordine più infame che abbia mai eseguito. Non ci ho dormito, al solo pensiero di quei disgraziati", dice uno degli esecutori del "respingimento". "Dopo aver capito di essere stati riportati in Libia - aggiunge - ci urlavano: "Fratelli aiutateci". Ma non potevamo fare nulla, gli ordini erano quelli di accompagnarli in Libia e l'abbiamo fatto. Non racconterò ai miei figli quello che ho fatto, me ne vergogno".

Parlano i militari delle motovedette italiane - quella della Guardia di Finanza, la "Gf 106" e quella della Capitaneria di porto, la "Cpp 282" - appena rientrati dalla missione rimpatrio. Sono stati loro a riportare in Libia oltre 200 extracomunitari, tra i quali 40 donne (3 incinte) e 3 bambini, dopo averli soccorsi mercoledì scorso nel Canale di Sicilia. Un "successo", lo ha definito il ministro Maroni, che finanzieri e marinai delle due motovedette non condividono anche se hanno eseguito quegli ordini. Niente nomi naturalmente, i marinai delle due motovedette rischierebbero quanto meno una punizione se non peggio. Ma molti non nascondono il loro sdegno per quello che hanno vissuto e dovuto fare. "Eravamo impegnati... in altre operazioni - dicono fiamme gialle e marinai della capitaneria - poi improvvisamente è arrivato l'ordine di andare a soccorrere quelle tre imbarcazioni, di trasbordarli sulle nostre motovedette e di riportarli in Libia".

Non è stato facile, a bordo di quelle carrette del mare c'erano donne incinte, tre bambini e tutti gli altri che avevano tentato di raggiungere Lampedusa. "Molti stavano male, alcuni avevano delle gravi ustioni, le donne incinte erano quelle che ci preoccupavano di più, ma non potevamo fare nulla, gli ordini erano quelli e li abbiamo eseguiti. Quando li abbiamo presi a bordo dai tre barconi ci hanno ringraziato per averli salvati. In quel momento, sapendo che dovevamo respingerli, il cuore mi è diventato piccolo piccolo. Non potevo dirgli che li stavamo portando di nuovo nell'inferno dal quale erano scappatati a rischio della vita".

A bordo hanno anche pregato Dio ed Allah che li aveva risparmiati dal deserto, dalle torture e dalla difficile navigazione verso Lampedusa. Ma si sbagliavano, Roma aveva deciso che dovevano essere rispediti in Libia. "Nessuno di loro lo aveva capito, ci chiedevano come mai impiegavamo tanto tempo per arrivare a Lampedusa, rispondevamo dicendo bugie, rassicurandoli".

La bugia non è durata molto, poco prima dell'alba qualcuno ha notato che le luci che vedevano da lontano non erano quelle di Lampedusa ma quelle di Tripoli. Alla fine i marinai italiani sono stati costretti a spiegare: "Non è stato facile dire a tutta quella gente che li avevamo riportati da dove erano partiti. Erano stanchi, avevano navigato con i barconi per cinque giorni, senza cibo e senza acqua. Non hanno avuto la forza di ribellarsi, piangevano, le donne si stringevano i loro figli al petto e dai loro occhi uscivano lacrime di disperazione".

Lo sbarco a Tripoli è avvenuto poco dopo le sette del mattino: "Vederli scendere ci ha ferito tantissimo. Ci gridavano: "Fratelli italiani aiutateci, non ci abbandonate"". Li hanno dovuti abbandonare, invece, li hanno lasciati al porto di Tripoli dove c'erano i militari libici che li aspettavano. Sulla banchina c'erano anche i volontari delle organizzazioni umanitarie del Cir e dell'Onu, ma non hanno potuto far nulla, si sono limitati a contare quei disperati che a fatica, scendevano dalla passerelle delle motovedette per tornare nell'inferno dal quale erano scappati. Le donne sono state separate dagli uomini e portati in "centri d'accoglienza" vicino Tripoli. Non si sa che fine faranno.
Solo uno è riuscito a sfuggire al rimpatrio. Un ventenne del Mali che aveva intuito cosa stava succedendo a bordo e si era nascosto sotto un telone. Ha messo la testa fuori solo quando la motovedetta della Finanza è attraccata a Lampedusa, ha aspettato che a bordo non ci fosse più nessuno e poi è sceso anche lui. È stato rintracciato mentre passeggiava nelle strade dell'isola ed ha subito confessato. Adesso si trova nel centro della base Loran di Lampedusa. Un miracolato.



Una ricetta italiana per Maroni
di Gian Luca Ursini - Peacereporter - 11 Maggio 2009

Proiettili sui portoni dei bar. Proiettili contro i circoli giovanili; infine, l'avvelenamento dei tre cani del sindaco, gli amici più fedeli. Così si fa politica in Calabria. Nella Locride, provincia di Reggio, territorio di faide tra clan Strangio, Pelle e Vottari.

Un altro mondo possibile. Che dà fastidio Così si vuole eliminare un personaggio scomodo, che in una terra di profitti astronomici per l'economia illegale, (34 miliardi di euro il giro d'affari annuo delle ‘ndrine dice il procuratore antimafia di Reggio Calabria Giuseppe Pignatone) cerca di risollevare un paesino di 1.700 anime facendo fruttare la presenza di rifugiati e immigrati curdi. Il sindaco è Domenico Lucano, Mimmo per tutti, fin dai tempi in cui si dannava per trovare tetto e lavoro alle decine di curdi arrivati sulle coste joniche negli anni '90; ‘Mimmo dei Curdi' prima ancora di vincere le elezioni con una lista civica ("di sinistra, semplicemente" precisa lui) "Un'altra Riace è possibile". Prima di Mimmo Lucano il paesino jonico era conosciuto solo per il ritrovamento dei Bronzi nel 1982.

Adesso le elezioni si avvicinano: in vista del 7 giugno si intensificano le intimidazioni; una settimana fa polpette avvelenate uccidono due dei tre trovatelli di Mimmo; quella prima ancora i banditi indirizzano i proiettili calibro 6,5 contro la porta della trattoria ‘Donna Rosa' dove si riuniscono gli amici della lista civica, pochi giorni dopo aver sparato nella notte contro il portone del circolo ‘Città Futura'. Un gruppo di amici che deve dare molto fastidio a certi riacesi.

Come danno fastidio i progetti di Mimmo, che danno lavoro come istruttori a oltre 30 ragazzi del posto e una speranza a un numero variabile tra 50 e 100 migranti extracomunitari, "creando un circolo economico virtuoso che ha portato a Riace anche parecchi turisti nordeuropei e ha permesso a bar e ristoranti di assumere altri giovani - sintetizza il sindaco - La nostra scelta di accogliere e integrare i migranti non dà solo lavoro ai nostri calabresi che si sono riadattati come docenti ai corsi d'inserimento professionale (dalla vetreria ai corsi di ricamo e cucito per le ragazze somale) ma attira anche un indotto che ha fatto rinascere un borgo che a inizio anni'70 contava il doppio di abitanti e che si era svuotato nel corso dell'ultima grande migrazione verso Genova Milano Torino".

Se l'integrazione costa meno dei CPT. "Grazie ai migranti Riace è passata dalla rassegnazione per una morte civile, al riscatto economico", secondo Lucano.
Forse un caso simbolo come quello delle 1700 anime di Riace che accolgono un centinaio di profughi etiopi somali, curdi afgani e iracheni può dar molto fastidio a chi persegue il modello dei Centri di identificazione, un tempo Cpt. "Dal secondo governo Berlusconi abbiamo aderito al bando del ministero dell'Interno per la presa in carico dei migranti in attesa dello status di rifugiato e per i migranti in via di identificazione, che a noi costano 20 euro al giorno a testa." Il costo per migrante in un centro d'identificazione come Lampedusa? "In media vanno dai 60 ai 70 euro a testa giornalieri, credo che Lampedusa sia intorno ai 66 euro". Un bel risparmio, non c'è che dire.

E in giro per Riace non vedrete un poliziotto. "Mi stupisco delle reazioni di certi sindaci che vedono la presenza di migranti come un problema di ordine pubblico - chiude Lucano - dopo l'emergenza dei mesi passati, quando a Lampedusa continuavano a sbarcare ragazze e ragazzi giovani ma anche molti cadaveri, sono rimasto colpito negativamente dalla risposta della signora Letizia Moratti, che ha offerto da Milano ospitalità per 20 migranti. Forse anche in risposta a questo atteggiamento il consiglio comunale ha deciso di offrire ospitalità per duecento di loro".

L'esempio di Lucano è contagioso: dopo Riace negli ultimi anni anche i comuni limitrofi di Stigliano e Caulonia si sono inseriti nella rete dei corsi di riqualificazione professionale e integrazione per migranti. Delle mosche bianche nel territorio della Locride; o anche se volete, una evoluzione del Dna di una cittadina da sempre differente rispetto a una regione storicamente in mano alla Dc; pochi chilometri più in giù sulla costa Jonica si trova Caulonia, che era stata per meno di una settimana dichiarata ‘Repubblica indipendente comunista' dai suoi braccianti nel 1945.

Felicemente figli di migranti. "Il caso di Riace e di Mimmo Lucano è una di quelle rare occasioni in cui mi sento, non dico orgoglioso, ma direi felice, di essere calabrese", dice Giuseppe Pugliese. Questo ragazzo di Rosarno dal 2002 cerca di dare assistenza agli oltre 1000 migranti che ogni inverno si riversano nella Piana di Gioja Tauro a lavorare nei campi, fino a fondare l'Osservatorio Migranti' della Piana. "Non sono spesso felice di essere calabrese, ma nemmeno italiano, se penso che 38 milioni di noi sono andati a cercare fortuna in altri continenti dal 1860, mentre noi non siamo in grado di dare accoglienza decente a 4 milioni di migranti in Italia. Nella Piana di Gioia, a Rosarno, in inverno sono anche in 1200 stipati in due vecchie fabbriche dismesse, senza riscaldamento o docce".

Dopo anni di lavoro dell'Osservatorio Migranti e del ‘Collettivo Onda Rossa' di Cinquefrondi nelle fabbriche dimesse, i comuni si sono dati una mossa, spendendo i 50mila euro di un fondo regionale da tempo attivato, in bagni e servizi igienici; "adesso garantiremo anche dei piccoli container - aggiunge Pugliese - non per tutti perché si spostano per la stagione dei pomodori in Puglia, ma se venite a vedere in che condizioni vivono questi lavoratori, non sembra di stare nella ricca e opulenta Italia".

"All'inizio c'era un po' di diffidenza per la prima ondata di migranti che aiutammo: erano un centinaio di curdi turchi sfuggiti all'esercito di Ankara o iracheni scappati dai gas di Saddam. In pochi mesi trovai loro un rifugio. L'idea non è originale: in centro c'erano decine di case abbandonate, lasciate da chi era emigrato non "in AltItalia'', ma in un altro continente. Mi attaccai al telefono e i nostri concittadini emigrati in Venezuela, Argentina, Canada, Australia, non se la sentirono di negare un tetto a chi cercava la fortuna altrove, come avevano fatto loro decenni prima. Così è cominciato tutto."


Tra ipocrisie e realtà
di Sergio Romano - Il Corriere della Sera - 12 Maggio 2009

Uno dei maggiori esponenti del Partito democratico, Piero Fassino, dichiara che «respingere i barconi non è uno scandalo». La conferenza dei vescovi italiani disapprova il respingimento dei migranti e il reato d’immigrazione clandestina. Il rabbino di Roma evoca il ricordo di una nave carica di ebrei a cui fu impedito lo sbarco sulle coste americane. E il Partito democratico reagisce alle vicende degli scorsi giorni con un coro di voci discordi: da quelle di coloro che condannano il razzismo del governo o definiscono la sua politica «scandalosa», a quelle di coloro che approvano, con sfumature diverse, la linea di Fassino.

Tralasciamo la Cei e il rabbino. La prima rivendica la missione universale della Chiesa e parla in ultima analisi di se stessa e della propria vocazione. Il secondo è custode del passato ebraico e sente l’obbligo di ravvivare in ogni occasione la fiamma della memoria. Né l’una né l’altro hanno o avranno responsabilità di governo. Diverso, invece, è il caso dell’opposizione. Un partito che ha governato e si propone di tornare al potere non può limitarsi a sentenziare che le soluzioni del governo sono sbagliate, illegali e immorali. Deve contrapporre proposte utili e idee praticabili.

Non può dire, ad esempio, che il problema deve essere affrontato e risolto negoziando accordi bilaterali per la restituzione dei migranti ai Paesi di cui sono cittadini. La formula ha dato buoni risultati nei Balcani, dove gli albanesi avevano un evidente interesse a collaborare con il governo italiano. Ma è destinata a produrre risultati mediocri quando l’altro Stato, come nel caso di alcuni Paesi nord-africani, controlla male il proprio territorio, ha una frontiera meridionale porosa ed è lieto di sbarazzarsi di persone che aggravano la sua situazione sociale.

Il solo accordo che ha qualche possibilità di funzionare è quello con la Libia. E’ un bell’accordo? No. Non ci piace che i migranti vengano inviati in un Paese dove saranno trattati, nella migliore delle ipotesi, con una rude indifferenza. Non ci piace che il governo italiano abbia respinto in tal modo anche coloro che avevano il diritto di chiedere asilo; e il presidente della Camera ha fatto bene a ricordare che il problema non può essere eluso. Ma l’accordo con i libici, purché osservato da Tripoli, è il solo che abbia qualche possibilità di scoraggiare il traffico di carne umana sulle coste del Mediterraneo.

L’opposizione non può dimenticare che l’Italia, come la Spagna, è il più esposto e il più vulnerabile dei Paesi mediterranei. Siamo desiderabili perché siamo vicini, abbiamo un lunghissimo confine marittimo e apparteniamo al «sistema di Schengen », vale a dire a una grande area in cui il controllo dei passaporti è stato abolito. Sperare che l’Italia possa difendersi dall’immigrazione clandestina con gli strumenti di cui si servono i Paesi meno vulnerabili è una illusione. Se può essere di qualche consolazione ricordo che gli Stati Uniti adottano verso i profughi cubani (una categoria che dovrebbero trattare con particolare benevolenza) la stessa politica: li accolgono se sono riusciti a sbarcare, li cacciano se vengono fermati in mare.

Il Partito democratico, quindi, non può limitarsi a criticare. Se vuole essere credibile deve accettare l’ipotesi dei respingimenti, magari con maggiori controlli italiani e internazionali sui campi dei rifugiati in territorio libico, o chiedendo, nello spirito delle dichiarazioni di Fini, che le domande d’asilo vengano raccolte e verificate in Libia. Gli sarà più facile, in tal modo, cercare di correggere quelle parti della legge sulla sicurezza che puzzano di xenofobia e rispondono alle idiosincrasie della Lega piuttosto che alle reali esigenze del Paese.


Un problema ancora irrisolto
di Angelo Miotto - Peacereporter - 12 Maggio 2009

Maroni e la deriva xenofoba. D'Alema ricorda con vanto la fine degli anni 90, quelli della strage del venerdì santo nel canale d'Otranto.

"Non è mica vero che i respingimenti li ha inventati Maroni. Gia stato fatto, ed è stato fatto bene, senza le proteste dell'Onu e della Chiesa". Massimo D'Alema interviene così sulla linea dura del governo contro gli immigrati, a margine della cerimonia per il 60/mo anniversario della Nato in corso al Senato. Lo scrive l'Unità on line che prosegue con un'altra citazione così dell'ex presidente del Consiglio: "il canale d'Otranto sembrava il canale di Sicilia". "Quando siamo stati al governo - ha sottolineato D'Alema -specificamente il governo Prodi e il mio, abbiamo risolto il problema dell'immigrazione clandestina dall'Albania. Lo abbiamo risolto - ha spiegato - nel rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale. Lo abbiamo risolto con un accordo di riammissione dell'Albania, riconoscendo le persone, distinguendo coloro che avevano diritto d'asilo e respingendo quelli che non l'avevano".

Nel 1997 proprio nel Canale d'Otranto si consumava la strage del venerdì santo: l'imbarcazione Kader I Radesh, partita da Valona, veniva speronata dalla nave militare italiana Sibilla. Una manovra sbagliata, la grande stazza del natante militare che colpiva il barcone, l'affondamento, 108 morti affogati, rimasti intrappolati sottocoperta, 84 superstiti portati a Brindisi e rinchiusi nella ex caserma Carafa. In quei giorni chi scrive riuscì a radiotrasmettere le prime interviste di quei superstiti che avvalorarono la tesi dello speronamento, raccontarono ancora scossi e commossi la tragedia di chi non era riuscito a sopravvivere.

In quei giorni migliaia di albanesi venivano soccorsi in mare e poi stipati in centri improvvisati, a volte sotto lamiere che rendevano i locali soffocanti. Il blocco navale deciso dal governo era una barriera insormontabile, il mare grosso faceva il resto.

Il problema degli sbarchi, dell'immigrazione massiccia di quegli anni, è quella che si vive oggi. Come nel Canale di Sicilia. Su questo ha ragione massimo D'Alema. Ma anche chi oggi attacca, anche a ragione, la linea del governo che si appoggia sull'intransigenza leghista arrivando a negare la realtà di una società multietnica, non tiene in conto di un dibattito nazionale irrisolto. Quello sui fenomeni migratori e su come fronteggiarli. Il ministro degli interni di quel 1997, se la memoria non inganna, si chiamava Giorgio Napolitano, stesso nome che torna sulla legge che istituisce i Cpt (legge Turco-Napolitano).

Una soluzione facile, che si coniughi con il rispetto delle leggi nazionali e internazionali, non esiste. Ma il dibattito su cosa sia una poitica dell'immigrazione, in un Paese con migliaia di chilometri di coste, una penisola appunto, non è stato mai all'altezza del momento storico. Per non parlare delle direttive europee e delle iniziative che hanno portato al Frontex e alle barriere a difesa della 'fortezza Europa'. Non c'è un vanto nel ricordare la fine degtli anni 90. Nonostante il becero agire della destra culturale e xenofoba di oggi, anche chi ha rispettato nobili natali nella propria educazione alla politica, oggi dovrebbe tenerlo a mente.



Hanno Zero… Cercasi opposizione disperatamente

di Miro Renzaglia - www.mirorenzaglia.com - 12 Maggio 2009

Poi uno, a volte, si domanda il perché del 50, 60 o 70 per cento (a seconda dei sondaggi: ma siamo comunque su cifre stratosferiche…) di gradimento degli italiani per Silvio Berlusconi… Se lo domanda anche in virtù del fatto che non capisce cosa di tanto importante, fattivo, risolutivo abbia prodotto l’attuale Capo di governo nel corso dei suoi quattro mandati a fargli meritare tanto. Allora, si dà l’unica risposta possibile: non esiste alcuna alternativa politica al leader del Pdl…

In definitiva, non sono i suoi pochi (di Berlusconi…) meriti di governo a garantirgli le simpatie para plebiscitarie che vanta, è l’assoluta inconsistenza delle opposizioni (di centro, di centro-sinistra e di sinistra-pura) a farne il fenomeno, ai limiti del paranormale, che è… Non una idea, non una battaglia civile, non una proposta veramente alternativa di politica sociale o economica proviene dai bassifondi delle opposizioni: solo isterie, piagnucolamenti, risse interne, incapacità dimostrate di governare quand’è stato il loro fortunoso momento di far casa a Palazzo Chigi… Per anni ci hanno ammorbati sui conflitti d’interesse, sulla dittatura massmediatica, sulle leggi ad personam, su presunti reati commessi e mai provati dalla giustizia del Cavaliere Errante ad Arcore…

Tutta qui la loro capacità di far politica… Tanto che viene da chiedergli: e se Berlusconi non esistesse, voi di che cosa vi sareste occupati? In nome di che cosa, per esempio, avreste trovato la capacità di unire 12 partiti che coprivano tutto l’arco delle possibilità ideologiche e farle restare insieme in un governo (l’ultimo vostro…) che in due anni ha prodotto il nulla. Fino a sfasciarsi, come era inevitabile, per evidente incapacità di intendere e di volere, prima ancora che per manifesta impossibilità di varare una, dicasi una, norma legislativa che non fosse frutto di quanti compromessi tanti da renderla praticamente inefficace?

Uno, magari poi, ogni tanto prova, sia pure con lo stetoscopio, ad auscultare fosse anche l’eco minima di un battito di risveglio o di ripresa: niente… Anzi: siccome al peggio non c’è mai fine ed ogni occasione è buona per dimostrarlo, ecco la nuova puntata dell’infinita telenovela della loro mortale paranoia antiberlusconiana: la crisi del rapporto matrimoniale fra il premier e la consorte Veronica Lario… Cosa ci sia di politico nella triste vicenda personale di un matrimonio che si consuma, ce lo dovrebbero spiegare…

Ma loro non danno spiegazioni e, in nome di un diritto di cronaca che sconfina nel gossip più infame, esatto contraltare dell’altrettanto infame censura, partono lancia in resta a cavallo dell’ultimo Ronzinante disponibile. Grande Alfiere, per l’occasione che è l’ultima ma non la sola o rara: Michele Santoro e quel tribunale mediatico-giustizialista, ovviamente sempre in chiave antiberlusconiana, che è Annozero… L’ultima puntata, quella appunto dedicata al nodo cruciale (?) della nostra vis nazionale, è stato in verità lo psicodramma di una opposizione che dimostra tutta la sua frustrazione nel non saper più concepire se stessa fuori dal risentimento, dalla rabbia, dal malessere, dall’incapacità di rappresentare altro che la propria impotenza politica…

Tanto che di fronte al bla-bla sconcio, ipocrita, moralistico, bigotto, cinico, abietto dei partecipanti alla trasmissione, non sono state tanto le difese d’ufficio dell’avvocato Ghedini, a nome e per conto del Cavaliere, a rendere tutto ciò evidente, quanto le parole di quella ragazzina che dal balconcino del pubblico in sala, ha posto al conduttore la domanda delle domande: «Cosa c’entra tutto ciò con la politica?».

Perché poi questo è il nocciolo della questione: più della persecuzione nei confronti di una diciottenne, Noemi Letizia, a cura di un’intervistatrice che ne inseguiva le dichiarazioni ad effetto voyeuristico; più del recitato assai compreso nel prezzo di una Monica Guerritore a dar voce alle, invece, autenticamente sofferte e intime dichiarazioni di Veronica Lario; più di una Emma Bonino ad avanzar pretese di rappresentanza di un femminismo che del suo moralismo si è liberato da decenni, senza che ella se ne sia accorta; più delle vignette di Vauro che stavolta non facevano né ridere né incazzare; più dell’inappuntabile Marco Travaglio che della sfida al Cavaliere Rossonero ha fatto un derby personale; più dell’ipocrisia di Santoro, dimentico del fatto che la sua elezione al parlamento europeo è stata frutto della propria visibilità mediatica (più che dei suoi indimenticabili trascorsi nella gruppetteria marx-leninista di “servire il popolo”), né più né meno delle altre oneste lavoratrici Tv, sprezzantemente definite “veline”; più di tutto questo - dicevo - il nocciolo di tanto becerume, per niente paludato, sosta nel tentativo di riproporre il vetero: “il pubblico è privato, il privato è pubblico”, alla disperata ricerca di un senso politico…

Solo che una volta era il pubblico ad essere il teatro della politica e il privato ne accoglieva, quando lo coglieva, il segnale. Ora, nell’incapacità di proporre il benché minimo conflitto politico, i santoriani di tutte le risme e sponde opposte al Governo pretendono sia una vicenda privata che più privata non si può a scatenare nel pubblico la lotta… E fosse almeno quella di classe, la lotta cui aspiravano un tempo, uno ci farebbe anche un pensierino… Ma a loro, di classe, non è rimasta nemmeno quella elementare della discrezione…



Sondaggio, Berlusconi in calo. Il premier torna a un anno fa
di Marco Bracconi - La Repubblica - 13 Maggio 2009

Forse per colpa del divorzio con "la signora Veronica", forse per la linea dura sull'immigrazione. Ma per Silvio Berlusconi la luna di miele post-terremoto, che lo aveva portato a quota 56, sembra finita.

La fiducia nel premier a maggio, secondo il sondaggio mensile di Ipr Marketing per Repubblica.it, è in calo di tre punti. Da 56 a 53. Solo a marzo (52) gli era andata a peggio, ma secondo gli autori del sondaggio, il calo di 3 punti in un mese è decisamente rilevante. Nella considerazione degli italiani scende di due punti anche il governo che tocca quota 44%: il minimo come a marzo.

I dati Ipr ci dicono dunque che il Cavaliere torna all'indice di fiducia che aveva al momento del suo insediamento. E che il suo partito, il Pdl, e la Lega di Bossi restano fermi rispetto ad aprile: quota 50.

Si registra, invece, una lieve ma generalizzata risalita della fiducia nei partiti di opposizione. Il Pd sale di due punti (è al 33), l'Udc di uno (34) e l'Italia dei Valori di Di Pietro cresce di ben quattro punti (al 41).

Interessanti alcuni dati sui ministri. In particolare quello che riguarda la fiducia nel titolare dell'Interno Maroni. Il paladino della linea dura su immigrati e sicurezza è in calo, di ben tre punti. Come se fuori dal bacino elettorale di riferimento la "cattiveria" tante volte invocata dai leghisti contro i migranti non pagasse.

Per Giulio Tremonti, invece, le cose vanno all'opposto. Il ministro dell'Economia cresce, anche lui di tre punti. Forse beneficiando di quei primi timidi segnali di uscita dalla crisi globale.



Le prime crepe dopo un anno
di Antonio Noto - La Repubblica - 13 Maggio 2009

Al primo compleanno del Governo si registra un lieve calo di fiducia nel premier e nell'esecutivo nel suo complesso. Il decremento delle ultime settimane non sembra riguardare tanto il segmento di elettorato propriamente di centrodestra, quanto il bacino degli "eterodossi": quella parte di italiani che, pur non avendo votato Berlusconi alle passate elezioni, nei mesi successivi aveva maturato una considerazione meno negativa - se non di aperto sostegno - dell'operato del governo.

La falla sembra in sostanza essersi aperta in quell'area di opinione che negli ultimi 12 mesi ha consentito al governo di raggiungere il record di consensi e al premier di guadagnare un gradimento che ha oltrepassato la soglia del suo elettorato effettivo.
A tutt'oggi, del resto, il livello di fiducia al premier supera il 50% e corrisponde all'incirca alla stima del quoziente elettorale che il centrodestra registra nei diversi sondaggi in circolazione. Una percentuale simile al livello di fiducia che lo stesso premier ebbe un anno fa, subito dopo il suo insediamento, nel nostro primo sondaggio relativo alla misurazione di questo indice.

Quali siano le ragioni della disaffezione di quest'area mobile di opinione può essere oggetto di riflessione. A fronte della sua minacciosa rilevanza pubblica, il caso Lario - quantomeno in questa prima fase - pare avere prodotto ripercussioni contenute. La tendenza, dunque, va probabilmente ricondotta a variabili più specificamente politiche.

La cronaca di questi giorni suggerisce che i giudizi degli italiani si siano focalizzati in prevalenza sul capitolo della sicurezza e, più in particolare, sul tema dell'immigrazione. A tale proposito, intervenendo sui provvedimenti di rimpatrio forzato dei clandestini diretti verso le coste italiane, il premier ha assunto un profilo molto netto, sostenendo la strategia del respingimento anche attraverso considerazioni politicamente impegnative sulle idee di società e di integrazione. E' plausibile che al di fuori del bacino di riferimento del centrodestra la sortita non abbia prodotto effetti positivi.

Scorrendo la lista dei Ministri, le variazioni dell'indice di fiducia suggeriscono considerazioni analoghe: appare significativo che tra i personaggi in calo figurino tutti quelli coinvolti nella polemica sugli sbarchi: Frattini, Ronchi e, soprattutto, Maroni. La conseguenza è un vero e proprio "ribaltone": dopo molti mesi il titolare degli interni perde il primato dei consensi nella squadra governativa, calando di 3 punti percentuali e favorendo così l'ascesa ai vertici di Alfano e Sacconi che, a pari merito, guidano oggi la graduatoria.

Quanto ai partiti, le indicazioni sono coerenti con il quadro sopra delineato. Sostanzialmente stabili le forze della maggioranza, in sensibile ascesa tutte le opposizioni: in particolare l'Italia dei Valori che, dopo il calo del mese scorso, torna ad attestarsi sui livelli di marzo. Bene anche il Pd e l'Udc.