sabato 2 gennaio 2010

2010: la nuova guerra degli USA nello Yemen

Il 2010 appena iniziato vedrà presto l'ennesimo intervento militare degli USA, con la scusa della solita fantomatica Al Qaeda.

E questa volta toccherà allo Yemen essere bombardato e forse anche invaso, con il placet del governo yemenita.

Lo ha confermato infatti lo stesso Barack Obama che, riferendosi al nigeriano con "la mutanda esplosiva", oggi ha dichiarato "Sappiamo che quest'uomo e' stato nello Yemen, un Paese che deve lottare contro una poverta' devastante e una guerriglia micidiale. Sembra che si sia unito a un gruppo legato ad al Qaeda, e che questo gruppo lo abbia addestrato all'uso degli esplosivi e mandato a colpire quell'aereo diretto in America".

Dopo l'aumento di truppe in Afghanistan e i continui bombardamenti in Pakistan, Obama sta veramente facendo di tutto per meritarsi il Nobel per la Pace...


Yemen: la guerra del Pentagono nella penisola araba
di Rick Rozoff - http://rickrozoff.wordpress.com - 15 Dicembre 2009
Traduzione a cura di Gianluca Freda

Nota del traduttore: Questo articolo è stato scritto dieci giorni prima che il fallito attentato di Umar Farouk Abdulmutallab contro il volo Delta 253 americano fornisse agli USA un felice pretesto per intervenire nella guerra civile in corso nello Yemen. L’autore aveva già capito quali fossero gli obiettivi e gli interessi in campo e li aveva illustrati con una certa accuratezza. Ci ha poi pensato la solita Al Qaeda, con il consueto petardo fatto esplodere in una locazione a caso, a creare la giustificazione per l’intervento. Al Qaeda è preziosa per la politica estera degli Stati Uniti: consente di giustificare qualsiasi invasione o aggressione, comparendo sempre nel luogo opportuno – quello in cui gli USA desiderano intervenire - al momento opportuno. Se non ci fosse bisognerebbe inventarla. E naturalmente è per questo che gli Stati Uniti l’hanno inventata. Qui sotto ho sottotitolato l’intervista rilasciata da Webster Tarpley a Russia Today, in cui vengono forniti alcuni retroscena del finto attentato (ringrazio Huey Freeman e ComeDonChisciotte che mi hanno segnalato il video).

Il 14 dicembre la BBC News ha riferito che 70 civili erano rimasti uccisi nel corso di un bombardamento aereo effettuato sul mercato del villaggio di Bani Maan, nel nord dello Yemen.

Le forze armate nazionali si sono assunte la responsabilità dell’attacco, ma un sito web dei ribelli Houthi, contro i quali l’attacco era presumibilmente diretto, ha affermato che “aerei sauditi hanno compiuto un massacro contro gli innocenti abitanti di Bani Maan”. [1]

Il regime saudita si è inserito, ai primi di novembre, nel conflitto armato tra i suddetti Houthi e il governo dello Yemen, a sostegno di quest’ultimo, e da allora è accusato di aver condotto attacchi all’interno dello Yemen con carri armati e aerei da guerra. Anche prima di quest’ultimo bombardamento, moltissimi yemeniti erano già stati uccisi e altre migliaia erano stati costretti alla fuga dai combattimenti.

L’Arabia Saudita è anche accusata di aver utilizzato bombe al fosforo. Inoltre, il gruppo ribelle noto come Giovani Credenti, con base nella comunità musulmana sciita dello Yemen che comprende il 30% dei 23 milioni di abitanti del paese, ha dichiarato il 14 dicembre che “jet da combattimento americani hanno attaccato la provincia di Sa’ada nello Yemen” e che “jet statunitensi hanno compiuto 28 attacchi contro la provincia nordoccidentale di Sa’ada”. [2]

L’edizione del britannico Daily Telegraph uscita il giorno precedente riferiva di colloqui con funzionari militari statunitensi, affermando: “Nel timore che lo Yemen non riesca a fronteggiare la situazione, l’America ha inviato un piccolo numero di gruppi di forze speciali per addestrare l’esercito yemenita contro questa minaccia”. Veniva citato un anonimo funzionario del Pentagono, il quale avrebbe affermato: “Lo Yemen sta diventando una base di riserva di Al Qaeda per le sue attività in Pakistan e Afghanistan”. [3]



L’evocazione del babau di Al Qaeda è comunque uno specchietto per le allodole. I ribelli del nord dello Yemen, infatti, sono sciiti e non sunniti, tantomeno sunniti wahabiti della varietà saudita, e pertanto non solo non possono essere ricollegati a nessun gruppo definibile come Al Qaeda, ma ne costituirebbero eventualmente un probabile bersaglio.

In ossequio ai progetti statunitensi sulla regione, la stampa americana e britannica ha di recente iniziato a parlare dello Yemen come della “patria ancestrale” di Osama Bin Laden. Certo, Bin Laden viene da una ben nota famiglia di miliardari dell’Arabia Saudita, ma poiché suo padre era nato più di un secolo fa in quella che è oggi la Repubblica dello Yemen, i media occidentali hanno iniziato a sfruttare questo irrilevante accidente storico per suggerire che Osama Bin Laden avrebbe un ruolo attivo all’interno della nazione e per creare un sottile legame tra le guerre in Afghanistan e Pakistan e l’intervento americano e saudita nella guerra civile dello Yemen.

Nel 2002 il Pentagono aveva inviato circa 100 soldati - secondo alcune fonti, forze speciali dei Berretti Verdi – nello Yemen, allo scopo di addestrare le forze militari del paese. In quell’occasione, verificatasi due anni dopo l’attacco suicida – attribuito ad Al Qaeda - contro la nave USS Cole di stanza nel porto di Aden, nello Yemen meridionale, e accompagnata da attacchi missilistici contro leader della stessa organizzazione, Washington giustificò le proprie azioni come ritorsione contro quell’incidente e contro gli attacchi a New York e Washington dell’anno precedente.

Il contesto attuale è assai diverso e una guerra antirivoluzionaria nello Yemen, sostenuta dagli USA, non avrebbe nulla a che fare con le presunte minacce di Al Qaeda, ma sarebbe parte integrante di una strategia per estendere la guerra afgana in cerchi concentrici sempre più vasti che comprendano l’Asia meridionale e centrale, il Caucaso e il Golfo Persico, il Sud-Est Asiatico e il Golfo di Aden, il Corno d’Africa e la Penisola Araba.

La tanto attesa dipartita del presidente George W. Bush avrà anche portato la fine della guerra al terrorismo ufficiale, ora definita “operazioni del contingente oltremare”, ma nulla è cambiato, a parte il nome.

Il 13 dicembre il Gen. David Petraeus, ufficiale supremo del Comando Centrale del Pentagono, a capo delle operazioni belliche in Afghanistan, Iraq e Pakistan, ha dichiarato alla TV Al –Arabiya che “gli Stati Uniti sostengono la sicurezza interna dello Yemen nell’ambito della cooperazione militare fornita dall’America ai suoi alleati nella regione” e ha sottolineato che “le navi americane che navigano nelle acque territoriali dello Yemen, [sono lì] non solo per svolgere funzioni di controllo, ma per impedire i rifornimenti di armi ai ribelli Houthi”. [4]

Ricordiamocelo la prossima volta che la panzana di Al Qaeda/Bin Laden verrà usata per giustificare l’estensione del coinvolgimento militare americano nella Penisola Araba.
Lo Yemen Post del 13 dicembre riferiva che l’ufficio centrale dei ribelli Houthi aveva “accusato gli Stati Uniti di partecipare alla guerra contro gli Houthi” e aveva rilasciato fotografie di aerei militari americani “impegnati in operazioni di bombardamento contro la provincia di Sa’ada, nel nord dello Yemen”. La fonte stimava che vi fossero stati almeno venti raid americani coordinati attraverso la sorveglianza satellitare. [5]

La stampa occidentale sta partendo di nuovo alla carica nel collegare gli Houthi, il cui background religioso di sciismo zaidita è molto diverso da quello iraniano, con le sinistre macchinazioni attribuite a Teheran. Nemmeno i funzionari del governo americano sono riusciti finora a raccogliere alcuna prova che l’Iran stia appoggiando, o addirittura armando, i ribelli dello Yemen.

Questo cambierà se la sceneggiatura andrà avanti secondo i canoni consueti, come indicato dal commento di Petraeus riportato più sopra, e se Washington farà conveniente eco ai proclami del governo yemenita, secondo il quale l’Iran starebbe rifornendo di armi i suoi confratelli sciiti dello Yemen, così com’è accusato di fare in Libano.

Lo Yemen diventerà il campo di battaglia di una guerra per interposta persona tra Stati Uniti e Arabia Saudita da una parte – le cui relazioni politiche sono tra le più forti e durevoli dell’epoca successiva alla II Guerra Mondiale – e l’Iran dall’altra.

In un editoriale di cinque giorni fa, il Tehran Times accusava tutti i soggetti in conflitto nello Yemen – il governo, i ribelli e l’Arabia Saudita – di avventatezza e lanciava un avvertimento: “La storia ci fornisce un buon esempio. L’Arabia Saudita ha finanziato i gruppi estremisti in Afghanistan e ancora oggi, due decenni dopo il ritiro dell’armata sovietica dal paese, le fiamme della guerra in Afghanistan stanno devastando gli alleati dell’Arabia Saudita. Uno scenario simile sta ora emergendo nello Yemen”. [6]

Il paragone tra lo Yemen e l’Afghanistan si riferiva soprattutto a Riyadh, nel secondo caso alleata di ferro degli Stati Uniti, e al suo tentativo di esportare il wahabismo di matrice saudita per espandere la propria influenza politica.

L’Arabia Saudita sta cercando di promuovere una propria versione dell’estremismo nello Yemen, come ha già fatto in Afghanistan e Pakistan e come sta attualmente facendo in Iraq. Senza che né gli Stati Uniti né i loro alleati occidentali esprimano la minima obiezione, i sauditi e le monarchie loro alleate del Golfo Persico si troveranno al centro, nei prossimi cinque anni, di un commercio di armamenti, stimato per un valore di circa 100 miliardi di dollari, dai paesi occidentali verso il Medio Oriente.

“Il fulcro di questo commercio di armamenti sarà senza dubbio il pacchetto di sistemi militari da 20 miliardi di dollari che gli Stati Uniti hanno offerto nei prossimi 10 anni ai sei stati del Consiglio di Cooperazione del Golfo: Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Oman, Qatar e Bahrain”. [7] L’Arabia Saudita dispone anche di aerei da guerra francesi e britannici di ultima generazione, nonché di sistemi di difesa antimissile forniti dagli americani.

L’avvertimento sulle “fiamme della guerra” in Afghanistan, contenuto nel commento iraniano citato più sopra, è stato confermato alla lettera nella Valutazione Iniziale del Comando del 30 agosto 2009, rilasciata dal Generale Stanley McChrystal, comandante in capo delle forze americane e NATO in Afghanistan e pubblicato dal Washington Post il 21 settembre con le correzioni richieste dal Pentagono.

Questo documento di 66 pagine è servito da punto di riferimento per l’annuncio fatto il 1° dicembre dal presidente Barack Obama, con cui si destinavano all’Afghanistan altri 33.000 soldati americani. Nel suo rapporto McChrystal affermava: “I gruppi ribelli più rilevanti in relazione al rischio che rappresentano per la missione sono: i talebani Quetta Shura (05T), la rete di Haqqani (HQN) e lo Hezb-e Islami Gulbuddin (HiG).”

Gli ultimi due prendono il nome dai loro fondatori e attuali leader, Jalaluddin Haqqanni and Gulbuddin Hekmatyar, i mujaheddin coccolati dalla CIA americana negli anni ’80, quando il direttore dell’Agenzia (dal 1986 al 1989) era Robert Gates, oggi Segretario della Difesa USA, incaricato di proseguire la guerra in Afghanistan. E nello Yemen.

Nel suo libro del 1996, “From the Shadows”, Gates si vantava del fatto che “la CIA ha ottenuto importanti successi nelle covert actions. Forse la più efficace di tutte è stata quella in Afghanistan, dove la CIA, attraverso i suoi funzionari, ha destinato miliardi di dollari ai rifornimenti di materiale e di armi per i mujaheddin…”. [8]

Nel 2008, il New York Times rendeva noti i seguenti dettagli:
“Negli anni ’80, Jalaluddin Haqqani venne coltivato come un patrimonio “unilaterale” della CIA e ricevette decine di migliaia di dollari in contanti per il suo impegno nella lotta contro l’Esercito Sovietico in Afghanistan, stando a quanto riportato in “The Bin Ladens”, un recente libro di Steve Coll. A quel tempo, Haqqani aveva aiutato e protetto Osama Bin Laden, che stava mettendo insieme una propria milizia per combattere le forze sovietiche, scrive Coll. [9] Coll è anche autore del volume Ghost Wars: The Secret History of the CIA, Afghanistan, and Bin Laden, from the Soviet Invasion to September 10, 2001.

Hekmatyar, collega di Haqqani, “ricevette milioni di dollari dalla CIA, attraverso l’ISI [il Servizio d’Intelligence Pakistano]. Hezb-e-Islami Gulbuddin ricevette alcuni dei più sostanziosi aiuti da parte di Pakistan e Arabia Saudita e lavorò con migliaia di mujaheddin stranieri arrivati in Afghanistan”. [10]

Nel maggio scorso il (ferventemente) filo-americano presidente del Pakistan, Asif Ali Zardari, aveva detto alla NBC americana che “i talebani sono parte del nostro e del vostro passato, l’ISI e la CIA li hanno creati insieme. (I talebani) sono un mostro creato da tutti noi…” [11]

L’11 settembre 2001 c’erano solo tre nazioni del mondo che riconoscevano il governo dei talebani in Afghanistan: Pakistan, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Subito dopo gli attacchi, il presidente George W. Bush identificò immediatamente sette dei cosiddetti “Stati fiancheggiatori del terrorismo” per potenziali ritorsioni: Cuba, Iran, Iraq, Libia, Corea del Nord, Sudan e Siria. Già il solo Sudan, che aveva espulso Osama Bin Laden nel 1996, aveva ogni possibile connessione col terrorismo.

Dei 19 dirottatori accusati di aver condotto gli attacchi dell’11 settembre, 15 erano dell’Arabia Saudita, 2 degli Emirati Arabi Uniti, uno dell’Egitto e uno del Libano. Pakistan e Arabia Saudita restano alleati politici e militari di grande valore per l’America e gli Emirati Arabi hanno truppe che servono in Afghanistan sotto il comando della NATO.

E’ forse impossibile stabilire il momento esatto in cui un sedicente combattente della guerra santa, appoggiato dagli USA, addestrato per compiere azioni di terrorismo urbano e per abbattere aerei civili, cessa di essere un combattente per la libertà e diventa un terrorista. Ma si può presumere con una certa sicurezza che ciò avviene quando egli non è più utile a Washington. Un terrorista che serve gli interessi americani è un combattente per la libertà; un combattente per la libertà che si rifiuta di farlo, è un terrorista.

Per decenni l’African National Congress di Nelson Mandela e l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina di Yasser Arafat sono stati in cima alla lista dei gruppi terroristici compilata dal Dipartimento di Stato. Ma la Guerra Fredda era appena finita che già tanto Mandela quanto Arafat (come pure Gerry Adams del Sinn Fein) venivano invitati alla Casa Bianca. Il primo ricevette il Nobel per la pace nel 1993, il secondo nel 1994.

Se negli anni ’80 un ipotetico militante jihadista fosse partito dall’Arabia Saudita o dall’Egitto per andare in Pakistan a combattere contro il governo dell’Afghanistan e i suoi alleati sovietici, agli occhi degli Stati Uniti egli sarebbe stato un combattente per la libertà. Se invece fosse andato in Libano, sarebbe stato un terrorista.

Se fosse arrivato in Bosnia nei primi anni ’90, sarebbe stato ancora un combattente per la libertà, ma se si fosse fatto vedere nella Striscia di Gaza o nella West Bank sarebbe stato un terrorista. Nel nord del Caucaso russo sarebbe rinato come combattente per la libertà, ma se fosse tornato in Afghanistan dopo il 2001 sarebbe stato un terrorista.

A seconda di come tira il vento dal Fondo Nebbioso, insomma, un separatista pakistano del Belucistan o un separatista indiano del Kashmir può diventare combattente per la libertà o terrorista.

E viceversa: nel 1998 l’inviato speciale degli USA nei Balcani, Robert Gelbard, descrisse l’Esercito di Liberazione del Kosovo (KLA), che combatteva contro il governo jugoslavo, come un’organizzazione terroristica: “So riconoscere un terrorista quando ne vedo uno, e questi uomini sono terroristi”. [12]

Ma nel febbraio seguente, il Segretario di Stato americano Madeleine Albright portò cinque uomini del KLA, compreso il suo capo, Hashim Thaci, a Rambouillet, in Francia, per lanciare alla Jugoslavia un ultimatum che sapeva sarebbe stato rifiutato e avrebbe condotto alla guerra.

L’anno successivo fu la stessa Albright a scortare Thaci in un tour personale del QG delle Nazioni Unite e del Dipartimento di Stato, invitandolo poi come ospite alla convention per le nomine presidenziali del Partito Democratico, a Los Angeles.

Lo scorso 1° novembre, Thaci, adesso primo ministro di uno pseudo-stato riconosciuto solo da 63 delle 192 nazioni del mondo, ha ospitato l’ex presidente USA Bill Clinton per l’inaugurazione di un monumento eretto in onore dei crimini di quest’ultimo. E della sua vanità.

Washington ha sostenuto i separatisti armati dell’Eritrea dalla metà degli anni ’70 fino al 1991 nella loro guerra contro il governo dell’Etiopia.
Attualmente gli Stati Uniti forniscono armi alla Somalia e al Gibuti per la loro guerra contro l’Eritrea indipendente.

Il Pentagono possiede nel Gibuti la più importante delle sue basi militari permanenti, la quale ospita 2.000 soldati e dalla quale viene gestita la sorveglianza tramite aerei spia sulla Somalia. E sullo Yemen.

Per dirla con le parole di Vautrin, il personaggio di Balzac: “Non esistono i principi, ma solo gli eventi; non ci sono leggi, ci sono solo circostanze…”.Gli yemeniti sono gli ultimi ad apprendere la legge della giungla voluta dal Pentagono e dalla Casa Bianca.

Insieme a Iran e Afghanistan, che lo specialista di contro-insorgenza Stanley McChrystal ha usato per perfezionare le proprie tecniche, lo Yemen sta per unirsi ai ranghi di tutte quelle nazioni in cui l’esercito degli Stati Uniti è impegnato in varie tipologie di azioni di guerra, ricche di massacri di civili e di altre forme di cosiddetti “danni collaterali”: Colombia, Mali, Pakistan, Filippine, Somalia e Uganda.

Note:

1) BBC News, December 14, 2009
2) Press TV, December 14, 2009
3) Daily Telegraph, December 13, 2009
4) Yemen Post, December 13, 2009
5) Ibid.
6) Tehran Times, December 10, 2009
7) United Press International, August 25, 2009
8) BBC News, December 1, 2008
9) New York Times, September 9, 2008
10) Wikipedia
11) Press Trust of India, May 11, 2009
12) BBC News, June 28, 1998


I medicinali danneggiano la salute più delle mutande esplosive
di Mike Adams - www.naturalnews.com - 29 Dicembre 2009
Traduzione a cura di Gianluca Freda

Poiché l’intero Nord America sembra ormai assillato dalla questione dei terroristi che indossano mutande esplosive, vorrei dire qualche parola su questa ultima trovata del teatrino della sicurezza che sembra aver paralizzato la nazione. Le terribili immagini della “mutanda bomba” hanno ormai fatto capolino su internet. Potete vederle, ad esempio, sul sito di ABC News

Riporto con esattezza ciò che dice il testo nella pagina (non me lo sto inventando, è tutto drammaticamente vero): (Attenzione: una parte del contenuto che segue è piuttosto esplicito, proseguite nella lettura a vostro rischio…).
“La prima foto a sinistra mostra le mutande leggermente annerite e striate, con il pacco-bomba ancora al suo posto”.

Non so come voi la pensiate, ma io credo che se si ispezionasse la biancheria dei passeggeri che prendono l’aereo in questi giorni, si scoprirebbe che almeno metà di loro indossano mutande leggermente annerite e striate e con il “pacco bomba” ancora al suo posto.

La salute gastrointestinale della popolazione è spaventosa! E se a questo si aggiungono il cibo che si trova negli aeroporti e gli snack adulterati che vengono offerti durante il volo, potremmo dire che quasi ogni passeggero dell’aereo rischia di far esplodere un piccolo “pacco-bomba” prima di scendere dall’apparecchio (perché credete che si precipitino tutti verso l’uscita con tanta fretta?).

Il cibo adulterato ci ha reso tutti terroristi!

A dire il vero, non sono certo di quale sia la minaccia più grave alla salute pubblica: la pessima sicurezza aeroportuale o gli effetti della digestione dei pasti offerti durante il viaggio. Ma le due cose hanno un elemento in comune: la biancheria intima…

Come farvi scoppiare il culo senza far del male a nessuno

Il summenzionato articolo della ABC News prosegue affermando che le mutande di questo terrorista contenevano 80 grammi di un materiale esplosivo chiamato PETN, che i test eseguiti dal governo hanno rivelato essere in grado di aprire un (piccolo) buco sulla paratia di un aereo.

Una rivelazione brillante, non c’è che dire. Brillante davvero. L’idea che una mutanda esplosiva possa far saltare in aria un aereo è perfettamente logica, salvo per il piccolo particolare che ci sono di mezzo le chiappe del terrorista!

Se il pacco esplosivo fosse realmente detonato, vi dico esattamente cosa sarebbe successo: si sarebbe sentito un fragoroso botto, seguito dallo svolazzare di pezzi esplosi delle chiappe del terrorista all’interno dell’aereo.

Non sto facendo una battuta. Si tratta di una descrizione realistica del funzionamento di una bomba. Le bombe esplodono verso l’esterno, distruggendo prima di tutto ciò che si trova a loro più vicino. E questo tizio aveva la bomba infilata proprio tra le chiappe del culo. Una “bomba-strizzone”, se volete. Uno strizzone col botto.

Questa è una discussione seria. C’è stato, non molto tempo fa, il tentato omicidio di un principe del Medio Oriente. E’ stato riportato anche dalla stampa. L’assassino era riuscito in qualche modo a infilarsi l’esplosivo nell’ano – giuro che non me lo sto inventando – ed è riuscito a passare agevolmente attraverso i controlli di sicurezza. Poi si è diretto verso il suo bersaglio, ha azionato il detonatore e ha così fatto volare per tutta la stanza le proprie chiappe disintegrate… senza ferire nessun altro. Brillante, vero?

Pensateci. Nei film sulla II Guerra Mondiale non vedete sempre dei soldati valorosi che si gettano con il proprio corpo su una granata lanciata dal nemico per proteggere i propri compagni dalla deflagrazione? Questo sistema funziona davvero, perché chiunque si trovi sopra la granata assorbe l’esplosione. E’ fisica di base.

Nel caso del terrorista strizzone, costui sta seduto direttamente sopra l’esplosivo! Chi pensate che finirà per assorbire tutta la potenza dello scoppio? Sarà il tizio che ci sta seduto sopra.
Questa è pura fisica. Una piccola bomba inserita nelle mutande qualcuno, rappresenta una minaccia solo per l’idiota che ha le mutande indosso.
La prima regola del costruttore di bombe è di evitare di sedercisi sopra quando esplodono.

Siete pregati di togliervi scarpe e mutande…

Com’era prevedibile, le autorità statunitensi hanno trasformato questa faccenda in una spaventosa minaccia alla sicurezza. E prima o dopo, tutto questo ci porterà a dover subire ordinarie perquisizioni nelle mutande!

Già me lo immagino: una fila di passeggeri attende nervosamente al ponte d’imbarco, pronti a salire a bordo dell’aereo, quando all’improvviso arrivano gli uomini della TSA e chiedono a tutti di togliersi la biancheria intima per una rapida ricerca di “esplosivi”.

La cosa triste è che molti americani sono ormai così rintronati dalla propaganda sulla sicurezza che probabilmente acconsentirebbero! E allora perché non andare fino in fondo e varare nuove regole sulla sicurezza aeroportuale che chiedano ai passeggeri di imbarcarsi senza biancheria intima?

Il capitano parla al microfono e dice: “La visibilità è di 80 miglia, stiamo salendo a 29.000 piedi e ci aspettiamo una lieve brezza durante il volo…”.

Già, da adesso in poi dovremo toglierci gli slip quando saliamo su un aereo. Quando passate attraverso i controlli di sicurezza, potete mettere in un bidone le vostre bottigliette d’acqua, in un altro la biancheria e le mutandine, e il vostro rispetto per voi stessi in un altro ancora.

Alla fine, se questi controlli di sicurezza diventano ancora un po’ più personali, finiranno per farci spogliare dalla testa ai piedi e per costringerci a indossare camici ospedalieri, incatenati ai sedili come detenuti in un volo di trasporto prigionieri. Una volta atterrati, potremo chiedere la restituzione della biancheria e, se tutto va bene, di una parte della nostra dignità perduta.

Il vostro reggiseno potrebbe contenere una bomba…

Non è divertente come le compagnie aeree saltino fuori con sempre nuovi oggetti che dobbiamo gettare via perché potrebbero essere una bomba? Ricordate quando potevamo tranquillamente portarci le bottiglie d’acqua sugli aeroplani? Quelli erano i bei vecchi tempi. Poi un giorno proclamarono “la vostra acqua potrebbe essere una bomba” e ora milioni di passeggeri sono costretti a tirar fuori le loro bottigliette ai controlli di sicurezza e a gettarle nel cestino.

Poi se ne uscirono con l’idea che i terroristi potevano “mescolare liquidi binari” per creare bombe liquide nella toilette dell’aereo, e così misero al bando ogni tipo di sostanza liquida. Tanti saluti al dentifricio, alla soluzione per le lenti a contatto, alle tinture alle erbe e alle bevande nutritive. Getta tutto nel bidone se vuoi salire su questo aereo, amico!
Ora ce l’hanno con la nostra biancheria.

E non passerà molto tempo che saremo costretti a metterci come mamma ci ha fatto e a porgere le mutande ai funzionari dell’aeroporto per una “ispezione”… subito prima di passare attraverso l’apparecchio a raggi X che scruta ogni parte del nostro corpo e la riproduce su uno schermo come se fossimo a culo nudo.
Aspettiamo solo che una donna terrorista nasconda, un giorno o l’altro, dell’esplosivo nel reggiseno.

In seguito a ciò verranno varate nuove regole di sicurezza e i reggiseni saranno proibiti su tutti i voli. Niente mutande, niente reggiseno, niente acqua… ma che cavolo sta succedendo qui? Le compagnie aeree finiranno per raparci a zero e tatuarci codici a barre sull’avambraccio, nel timore di non capire più quale persona era ammanettata al sedile numero tot?

Sicurezza assurda

Tutto questo sta arrivando oltre il limite dell’assurdo. Se un terrorista vuole impacchettare una piccola quantità di esplosivo e mettersela nei pantaloni o infilarsela nel retto o impiantarsela chirurgicamente nell’addome, non c’è nulla che possiamo fare per impedirlo, tranne costringere ogni singolo passeggero a fare lo strip-tease.

E questa non è sicurezza: è solo un umiliante stato di polizia che tratta i suoi cittadini come criminali. Se siamo costretti a volare senza mutande e senza reggiseno, allora i terroristi hanno vinto!

Oltretutto, queste ridicole misure di sicurezza non hanno lo scopo di salvare vite! Se le autorità americane volessero salvare vite, vieterebbero l’aspartame, o la chemioterapia, o arresterebbero i farabutti delle compagnie farmaceutiche che assassinano più di centomila persone all’anno… un numero enormemente più grande delle vittime degli atti di terrorismo aereo (anche includendo l’11 settembre).

Se anche non esistesse nessun controllo aeroportuale, la probabilità di restare uccisi in un atto di terrorismo aereo sarebbe una frazione di quella di morire a causa dei farmaci in ogni anno che Dio manda in terra.

Allora perché le autorità americane sbavano dietro la sicurezza degli aeroporti mentre tanti americani muoiono ogni giorno a causa della tossicità dei farmaci? Dal punto di vista statistico, il numero di persone uccise da prescrizioni mediche inadeguate equivale a quelle che resterebbero uccise se un jumbo di linea cascasse dal cielo e si schiantasse al suolo ogni santo giorno!

Eppure questa minaccia per la salute resta del tutto priva di menzione. Priva di accertamenti. Priva di attenzione.
Quindi, mentre oltre 100.000 americani muoiono ogni anno per aver assunto medicinali a rischio, i media vorrebbero che noi ci concentrassimo su un paio di mutande esplosive? Ma mi prendete per il culo?

Questa faccenda è diventata un circo a tutti gli effetti. Le vere minacce alla vostra sicurezza vengono ignorate, mentre minacce microscopiche vengono ingigantite come se rappresentassero per chiunque una questione di vita o di morte.
E nonostante ciò, sorprendentemente, la maggior parte dei passeggeri delle compagnie aeree non osano fiatare!

Questo serve a dimostrare quanto sia facile controllare la popolazione attraverso la paura. Non avrei mai creduto che la foto di un paio di mutande con tracce di frenata riuscisse a spaventare cento milioni di individui adulti fino al punto di spingerli a rinunciare alle proprie libertà, eppure a quanto pare è proprio questo che è accaduto.

E se istituissimo voli a “sicurezza zero”?

Mi è venuta un’idea: le compagnie aeree dovrebbero offrire, opzionalmente, voli di linea a “sicurezza zero”. Su questi voli non ci sarebbe nessun tipo di controllo di sicurezza. Chiunque possieda un porto d’armi valido potrebbe portare a bordo ogni arma che desidera; anche il pilota e il co-pilota sarebbero armati.

Si potrebbero saltare i controlli di sicurezza, senza più raggi X, senza ispezioni, senza ritardi. Ci si limiterebbe a firmare una liberatoria e si potrebbe passare direttamente dal check-in al ponte d’imbarco, senza nessuna rottura di scatole. Io sarei ben lieto di viaggiare su questi voli a sicurezza zero.

Sapete perché? Perché il 99,99 % dei passeggeri di questi voli sarebbero poliziotti armati fino ai denti, ex militari armati fino ai denti, cittadini col porto d’armi armati fino ai denti. Qualsiasi terrorista abbastanza stupido da tentare un’azione su questi voli si troverebbe di fronte un esercito di passeggeri guardinghi.

I voli a sicurezza zero sarebbero gli aerei più sicuri del cielo, perché nessun terrorista, dirottatore o criminale oserebbe salire a bordo di uno di essi.
E in più, potremmo tenerci le mutande.