Tremonti e la possibile truffa agli italiani
di Attilio Folliero - www.folliero.it - 27 Gennaio 2010
Da anni trattiamo l’argomento “dollaro” e la sua possibile fine, come moneta di riferimento mondiale, ma in Italia, ancora oggi, la maggioranza degli italiani è convinta che gli Stati Uniti siano la superpotenza economica che fu.
I media italiani niente o poco hanno lasciato trapelare sulla reale situazione economica degli USA e della sua moneta, il dollaro, attraverso il quale, un tempo, hanno dominato il mondo. Il dollaro è destinato a svalutarsi e diventare carta straccia e gli italiani non si sono accorti di niente.
Per un approfondimento sul tema, rimandiamo ai nostri precedenti articoli (1) Quello che mi preme rilevare in questo scritto è il ruolo della sinistra (si fa per dire) nel nascondere tali tematiche.
Ancora oggi, i figliocci del PCI, i D’Alema, i Veltroni, i Fassino, ecc. guardano al mito americano (che fu) e spesso nei loro discorsi che sanno di antico e cadaverico guardano estasiati agli USA e addirittura riprendono pari pari gli slogan dei politici statunitensi di turno, senza neppure tradurli all’italiano, tipo “yes, we can”.
I politici della presunta sinistra italiana non hanno capito assolutamente niente della realtà degli Stati Uniti. Il tramonto degli Stati Uniti è già iniziato e sicuramente ignorano anche la possibilità che possano arrivare ad un “default”, al fallimento e persino alla fine della stessa unione. Gli Stati Uniti potrebbero cessare di esistere come stato unitario e questi non si sono accorti di niente.
Un partito di sinistra (se fosse di sinistra) dovrebbe trattare temi economici in difesa dei cittadini, per il bene dei cittadini ed in particolare delle classi più povere, contro la destra conservatrice, che storicamente rappresenta gli interessi dell’oligarchia, delle classi dominanti, imprenditoriali e capitalistiche.
Non sarebbe compito dei politici di sinistra parlare della possibile truffa che sta architettando il signor Tremonti, ai danni degli ignari cittadini italiani? Invece ne parla principalmente una certa “destra” (2 ). Dove sono i sinistri politici italiani?
Il Signor Tremonti, il superministro dell’Economia, che si ritrova nella disperata situazione di trovare soldi liquidi per mandare avanti la “baracca italiana” ha pensato ad un tranello, una truffa bella e buona ai danni degli ignari cittadini italiani, orfani dell’informazione e della sinistra: emettere buoni del tesoro in dollari, a cinque anni; ovviamente con allettanti tassi di interesse, sicuramente ben superiori al misero 0,5%/1% che ripaga un buono in Euro.
Che cosa spera di ricavarne Tremonti?
Lui – ma non il popoli italiano, tenuto nella più completa ignoranza in materia, dai media e dai partiti, compresi quelli di sinistra – sa bene che il dollaro rischia una forte svalutazione.
Lui – ma non i Veltroni, i D’Alema, i Fassino, ecc. – conosce bene la situazione economica statunitense, con una disoccupazione crescente, una forte riduzione delle entrate fiscali, una bilancia commerciale sempre più negativa, un debito pubblico alle stelle ed un presidente, Barack Obama, spendaccione e guerrafondaio come nessun altro presidente USA. L’attuale presidente USA ha la necessità di grandi quantità di soldi, per finanziare le sue guerre in America Latina, in Asia e in Africa; soldi che appaiono magicamente, stampandoli!
E, infatti, il pacifista Obama in un solo anno alla guida degli USA è stato capace di incrementare il debito pubblico USA di 1.611 miliardi di dollari, in sostanza un terzo di tutto l’incremento che ha subito il debito pubblico statunitense durante gli otto anni di gestione del guerrafondaio Bush (3).
Lui, il Signor Tremonti - ma non i nostri sinistri politici – queste cose le conosce bene; anzi, sa che il pacifista Obama incrementando le spese ed estendendo le guerre al Pakistan, all’Iran, allo Yemen, al Corno d’Africa ed in America Latina, dove sono in atto ingenti spostamenti di truppe (circa 20.000 militari nell’occupazione di Haiti; migliaia nelle nuove basi in Colombia e nella Triplce Frontiera in America del Sud, in Honduras e tutto il centro America) avrà una crescente necessità di dollari, che appariranno magicamente facendoli fuoriuscire dal cilindro, ossia stampandoli, cosa che fa aumentare fortemente, da qua a cinque anni, il rischio di svalutazione.
E’ sbagliato dire che Tremonti starebbe pensando all'emissione di buoni del tesoro in dollari per finanziare le spese dello stato italiano perché spera che il dollaro possa svalutarsi, da qui a cinque anni, facendo fare un affare all’Italia, o meglio al politico di turno, ossia a lui stesso (che immaginiamo tra cinque anni sarà ancora al comando del ministero che dirige oggi, vista l’inconsistenza della classe politica che dovrebbe sostituirlo).
No, l’operazione non si baserebbe sulla speranza di veder svalutato il dollaro, da qui a cinque anni, ma su una certezza: il dollaro si svaluterà sicuramente; è solo questione di tempo e cinque anni sono un periodo sicuramente sufficiente per assistere alla sua svalutazione, e forse anche alla sua fine!
Dunque, Tremonti ben sapendo che il dollaro da qui a cinque anni si svaluterà ha pensato bene di orchestrare questa manovra, che ben possiamo definire truffa. Ammettiamo che con tale operazione riesca a raccogliere 1.000 milioni di dollari, da restituire con un interesse ad esempio del 5%, che porta il debito complessivo a 1.050 milioni di dollari.
Oggi, al cambio di 1,41 dollari per Euro, si ritroverebbe ad incassare circa 710 milioni di euro. Se il dollaro, in questi cinque anni si dovesse svalutare ad esempio del 50%, passando dagli attuali 1,41 a 2,11, lo stato italiano si ritroverebbe a dover pagare, per i 1.050 milioni di dollari ricevuti cinque anni prima, meno di 500 milioni di Euro. Un bell’affare per lo stato, una vera e propria truffa per i cittadini!
Il dollaro è da considerarsi carta straccia e lo sta salvando solamente il fatto che è la moneta di riferimento per le transazioni economiche, soprattutto del petrolio. Di conseguenza tutti gli stati sono costretti ad avere scorte di dollari (le famose riserve internazionali).
L'area di utilizzo del dollaro, però, è destinata a ridursi; infatti, in Africa, in America Latina ed in Medio oriente stanno nascendo o si cominciano ad utilizzare monete alternative, regionali. La Cina, al momento il più grande detentore di dollari, si sta liberando delle sue riserve in dollari, acquistando oro o investendoli in altri paesi asiatici, in Africa e in America Latina.
Se il principale prodotto del mondo, il petrolio, riuscisse a svincolarsi del dollaro, ossia si potesse commercializzare anche in Euro o altra moneta, allora arriverebbe veramente la fine per il dollaro. Tutti gli stati, che detengono dollari sarebbero costretti a liberarsi per acquistare la nuova moneta necessaria per acquistare il petrolio. Questa enorme quantità di dollari in vendita farebbe crollare il suo valore.
Certamente le cose non succederanno da un momento all’altro, ma succederanno. Il dollaro è destinato ad essere sostituito perché il paese emissore è in crisi profonda e non da più le garanzie che offriva una volta.
Di seguito, proponiamo una tabella (4 ) con la quantità, in percentuale, delle varie monete utilizzate come riserva dai vari stati del mondo, negli ultimi dieci anni (dal 1999 al 2008).
Il Dollaro, pur continuando ad essere largamente la principale moneta di riserva (nel 2008, il 64% delle riserve internazionali era costituita da dollari), mostra lievi ma inequivocabili segni di flessione. Sarà, però nei prossimi anni che si accelererà la caduta.
Il ministro Tremonti se sta pensando a buoni del tesoro in dollari, è perché pensa che si svaluterà. E’ dunque una truffa, di cui però i partiti di sinistra, oggi stampella del capitale, si guardano bene dal parlare.
Note:
1) Una serie di articoli sul dollaro, la crisi economica, le guerre statunitensi e l’ascesa di nuovi protagonisti:
Paul Harris, Traduzione di Tito Pulsinelli, 28/02/2003, Che succederebbe se l’Opec passasse all’Euro?,
Url: http://www.lapatriagrande.net/04_opiniones/tito_pulsinelli/pulsinelle_finedelldollaro.htm
Attilio Folliero e Cecilia Laya, 09/02/2004, Il dollaro, l'eruo, il petrolio e l'invasione nordamericana, Url:
http://www.folliero.it/02_articoli_attilio_folliero/2002-2005/2004_02_09_dollaro_euro_petrolio_usa.htm#inizio;
Attilio Folliero, 10/03/2006, La próxima guerra. Irán en la mira,
Url: http://www.folliero.it/02_articoli_attilio_folliero/2006/2006_03_10_la_proxima_guerra.htm;
Attilio Folliero, 01/06/2006, Venezuela y Opep evaluan nuevas monedas para el intercambio del petroleo,
Url: http://www.folliero.it/02_articoli_attilio_folliero/2006/2006_06_01_venezuela_opep_abandono_dolar.htm
Attilio Folliero e Cecilia Laya, 22/10/2008, Il destino del dollaro e dell'economia capitalistica statunitense,
URL: http://www.folliero.it/02_articoli_attilio_folliero/2008/2008_10_22_destino_del_dollaro.htm;
Attilio Folliero, 21/02/2009, Las reservas internacionales para enfrentar la crisis económica,
Url: http://www.folliero.it/02_articoli_attilio_folliero/2009/2009_02_21_reservas_internacionales.htm;
Attilio Folliero, 31/03/2009, La crisi economica attuale,
Url: http://www.folliero.it/02_articoli_attilio_folliero/2009/2009_03_31_crack_dow_jones.htm;
Attilio Folliero, 24/04/2009, Nuove monete e segnali di una fine del dollaro come moneta internazionale,
Url: http://www.folliero.it/02_articoli_attilio_folliero/2009/2009_04_24_nuove_monete.htm;
Tito Pulsinelli/Selvas, 06/05/2009, Fino a quando la Cina finanzierà gli USA? Selvas intervista Attilio Folliero,
Url: http://www.folliero.it/06_stampa_radio_tv_laya_folliero/stampa/2009_05_06_selvas_intervista_attilio_folliero_cina.htm;
Attilio Folliero, 23/05/2009, La Cina aumenta le riserve auree del 75%,
Url: http://www.folliero.it/02_articoli_attilio_folliero/2009/2009_05_23_riserve_auree_cina.htm;
Attilio Folliero, 16/06/2009, Verso un mondo con nuovi protagonisti (BRIC e OCS),
Url: http://www.folliero.it/02_articoli_attilio_folliero/2009/2009_06_16_bric.htm;
Attilio Folliero, 23/06/2009, Iran: tra crescita economica e rivoluzione dei colori,
Url: http://www.folliero.it/02_articoli_attilio_folliero/2009/2009_06_23_iran_musavi_rivoluzione_dei_colori.htm;
Tito Pulsinelli/Selvas, 19/07/2009, Il debito pubblico USA al massimo storico. Selvas intervista Attilio Folliero,
Url: http://www.folliero.it/06_stampa_radio_tv_laya_folliero/stampa/2009_07_19_selvas_intervista_attilio_folliero_debito_pubblico_usa.htm;
Attilio Folliero, 17/11/2009, Il debito pubblico USA oltre i 12.000 miliardi,
Url: http://www.folliero.it/02_articoli_attilio_folliero/2009/2009_11_17_debito_pubblico_usa_oltre_12000_miliardi_us$.htm;
Attilio Folliero, 14/01/2010, Bilancio economico 2009: s'inasprisce la crisi, volano le borse!,
Url: http://www.folliero.it/02_articoli_attilio_folliero/2010/2010_01_14_bilancio2009.htm;
Attilio Folliero e Cecilia Laya, 23/01/2010, La Cina prossimo leader dell'economia mondiale e la Russia leader in Europa,
Url: http://www.folliero.it/02_articoli_attilio_folliero/2010/2010_01_23_cina_russia_pwc.htm;
2) Ne parla ad esempio Valerio Lo Monaco de “La Voce del Ribelle”, url, www.ilribelle.com, sito diretto da Massimo Fini, Bond in dollari? Si, come no, articolo leggibile liberamente all'Url: http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=6706
3) Sulla crescita del debito pubblico Usa durante il primo anno di presidenza di Barack Obama vedasi Attilio Folliero, 14/01/2010, Bilancio economico 2009: s'inasprisce la crisi, volano le borse!,
Url: http://www.folliero.it/02_articoli_attilio_folliero/2010/2010_01_14_bilancio2009.htm
4) Tabella elaborata su dati di fonte wikipedia, Url: http://en.wikipedia.org/wiki/Reserve_currency
Il flop della Maddalena. Dal G8 all'abbandono di Paolo Berizzi e Fabio Tonacci - La Repubblica - 28 Gennaio 2010
Soffitti crollati, cavi a vista e infiltrazioni d'acqua
300 milioni buttati, zero posti di lavoro. Vuoti due hotel a cinque stelle, nessuno li vuole uno è costato 742 mila euro a stanza
C'era una volta l'isola che doveva essere e non è più. C'è ora la Maddalena usa e getta. Prima tirata a lucido in abito da festa e poi, dopo il G8 fantasma traslocato all'Aquila, lasciata sola con il suo sogno infranto e i suoi cocci da raccogliere.Trecentotrenta milioni investiti - presi in larga parte dal bilancio e dai contributi per la Regione Sardegna - e neanche un posto di lavoro. A casa, da tre giorni, anche i 23 guardiani maddalenini che sorvegliavano le belle e incompiute cattedrali sul mare. Dove adesso regnano l'abbandono, l'incuria e il degrado. Di chi è la colpa del flop?
LE GRANDI INCOMPIUTE
Sono le due mega-opere costruite nell'ex Arsenale e nell'ex ospedale militare: una, la grande area dove si sarebbe dovuto svolgere il vertice dei grandi del mondo - andata in gestione per 40 anni a prezzo di saldo alla Mita Resort di Emma Marcegaglia, l'unica che da questa storia ci ha davvero guadagnato e guadagnerà - ; l'altra, l'hotel cinque stelle plus, costato, solo quello, 75 milioni, 742 mila euro a stanza e però nessun imprenditore ne vuole sapere. Uno scenario desolante che Repubblica ha documentato con un video esclusivo e con una serie di immagini.
Un viaggio dentro una delle più grosse "incompiute" nella storia delle opere pubbliche (progettata, appaltata, eseguita e consegnata in poco più di un anno). E sulla quale sono aperte due indagini.
Cosa ha lasciato in eredità alla Maddalena il G8 mancato? Quanto è costato? Chi ci ha speculato trasformando quello che doveva essere un volano per la stagnante economia dell'isola - già penalizzata da mezzo secolo di monocultura militare - in un affare per pochi? Quale futuro avranno le strutture tirate su in fretta e furia che ora languono nel silenzio generale e nell'imbarazzo di molti?
DOPO LA BEFFA I DANNI
Ci sono fantasmi che producono fantasmi. E i fantasmi costano. Anche solo per tenerli in vita. Era il 23 aprile 2009 quando Berlusconi annunciò lo spostamento del G8 nell'Abruzzo colpito dal terremoto. Nove mesi e 327 milioni dopo (tanto sono costati, stando ai dati della Protezione civile, i lavori alla Maddalena) la scena sull'isola "scippata" - come ripetono i 12mila abitanti e il sindaco Pd Angelo Comiti - è desolante.
Il problema non sono i cantieri ancora aperti (sul lato est dell'ex Arsenale) e le ruspe che lavorano per ampliare un'area che Berlusconi aveva candidato ad ospitare una decina di incontri internazionali (finora ci hanno fatto solo il vertice italo-spagnolo).
E nemmeno la nuova corsa contro il tempo per la Louis Vuitton Cup, a maggio, che tutti aspettano come un cerotto per curare le ferite. Il problema è che le strutture che dovevano accogliere Obama e gli altri sette capi di Stato versano, oggi, in condizioni penose. "Dopo il danno la beffa, e ora i danni", chiosa l'assessore provinciale all'ambiente Pierfranco Zanchetta.
TUTTO IN MALORA
Entri nella hall dell'albergo 2, quello che avrebbe ospitato Barack Obama e la delegazione americana. Cammini sul pavimento di marmo bianco intarsiato che i potenti della terra non hanno mai calpestato. Piove dentro. L'acqua scende dal tetto dove hanno costruito la piscina.
Il vento e le infiltrazioni hanno provocato danni: parti di soffitti crollati, tubi e cavi a vista perché i pannelli che li contenevano sono venuti giù. Dei tappeti disegnati da Antonio Marras - lo stilista sardo che ha curato tutti gli interni delle aree ospitalità dell'ex Arsenale militare - tra un po' si avrà traccia solo sull'ambizioso catalogo delle opere della struttura della missione G8 (affidata all'ingegner Mauro della Giovampaola).
Lo stesso vale per i quadri fotografici "navali" di Luca Cittadini. Pareti scrostate per l'umidità, calcinacci, attrezzi lasciati lì in attesa che qualcuno li riprenda in mano: così appare oggi la hall dell'hotel con vista sulla darsena che può ospitare 700 barche. "Lo stato di queste strutture è una delle tante vergogne e ora qualcuno dovrà risponderne" dice Pio Palazzolo, memoria storica dell'isola e già componente del Comitato paritetico per le servitù militari in Sardegna.
L'ARCHISTAR DELUSO
Accanto alla hall c'è un edificio che doveva essere un teatro. Le porte sono scardinate, così come quelle della "Casa sull'acqua" - o sala conferenze - la strabiliante scatola di vetro posata sul mare progettata dall'architetto Stefano Boeri. Il vero gioiello dell'ex Arsenale, costo, comprensivo dell'area delegati, 52 milioni e 100. "Gli edifici vanno usati, altrimenti deperiscono", ragiona Boeri.
Dice di aver lavorato - assieme a 1600 operai impiegati giorno e notte - "per garantire una doppia vita a queste strutture: per il G8 e per il dopo G8. Ma io non ci vado da un mese... Com'è la situazione adesso?". Magari quello che chiamano hotel Obama, al centro dell'Arsenale, in futuro ospiterà flussi ininterrotti di convegnisti e di ricconi che approderanno qui coi loro megayacht. Ora però ha un aspetto desolante.
Comunque lontano dall'aggettivo "affascinante" usato da Vasco De Cet, dirigente della Mita Resort. A piano terra la zona spa è completamente abbandonata: tutto, gli hammam, le saune, la grande vasca idromassaggio al centro della sala, parquet e vista mozzafiato sul mare, i lettini per i messaggi, quelli della zona relax, i bagni, gli spogliatoi, tutto è in balia del freddo e dell'umidità.
Poi c'è la "stecca", un edificio basso e lungo e stretto, tipo striscia. Dovevano essere piccoli appartamenti. Ma i pavimenti non ci sono ancora, un colpo di maestrale ha scoperchiato una parte del tetto e chissà con l'aria che tira che fine faranno gli intarsi in finto marmo - in realtà polistirolo - che decorano gli angoli delle pareti esterne.
CATTEDRALE NEL DESERTO
A che cosa servirà questo paradiso di cemento, pietra e vetro costruito alla velocità della luce? Centocinquantamila metri quadrati e un futuro incerto: la Louis Vuitton Cup a primavera, e poi? "Io spero che diventi un polo nautico e multifunzionale, così com'era stato pensato", dice ancora Boeri, "ottimista" ma forse non fino in fondo.
Il vero problema, però, l'opera che davvero preoccupa di più, è l'ex ospedale militare. Sedicimila e 800 metri quadri trasformati in un hotel di lusso. Facciata bianca che corre lungo la strada, con il mare di fronte ma non accessibile perché nessuno ha pensato di fare un accesso all'acqua cristallina, una banchina, una spiaggia. Un'opera da 75 milioni, 101 camere costate ognuna 742 mila euro. Spettrale.
Una scatola vuota - questa sì riscaldata tutto il giorno e illuminata di notte con livide luci violette che sbattono sulla facciata. Nessuno lo vuole l'hotel. Il bando di gara, il 23 settembre 2009, è andato deserto. "A quale imprenditore conviene prendersi una struttura così, con questi costi e con tutte le pecche che presenta? Bertolaso promise che sarebbe stata fatta una nuova gara - stringe le spalle l'assessore Zanchetta - e che c'era una catena alberghiera interessata. Ma, ad oggi, tutto tace".
Intanto è cresciuta l'erba davanti alla facciata che a prima vista ricorda un po' la Casa bianca. C'è un guardiano. Potrebbe restare lì a lungo. Se e fino a quando qualcosa si muoverà. Chi ha il dovere politico di prendere in mano il "pacco" dell'hotel e levare le castagne dal fuoco? "La proprietà è ancora della Marina militare (a differenza dell'ex Arsenale già ceduto alla Regione) - informa il sindaco Comiti - Potrebbero anche decidere di riprendersela loro e farci qualcosa. A meno che a breve diventi anche questo della Regione".
CONTI ALLE STELLE
I costi. Tutto iniziò il 28 maggio 2008 e tutto finì, con la bella favola spezzata, il 31 maggio 2009. "Volevamo rilanciare quest'isola, farla decollare come una Davos mediterranea - dice l'ex presidente della Regione Renato Soru - e invece, se va bene, ci ritroveremo con un grande villaggio turistico avulso dalla città". E se invece andasse male, visto che l'aria non sembra delle più elettrizzanti? "Non ci voglio nemmeno pensare. Siamo sardi e non permetteremo che queste opere, costate uno sproposito, molte anche inutili, rimangano lì a marcire dopo che il governo ha avuto la non brillante idea di dirci che eravamo su Scherzi a parte".
Il non-G8 alla Maddalena è costato 327 milioni (il conto finale era 377 ma 50 sono stati risparmiati dopo il trasferimento all'Aquila). 209 milioni sono stati spesi per demolire, bonificare (era pieno d'amianto, 22 milioni solo per questo) e ristrutturare l'Arsenale. Dice Soru: "Il colmo è che sono costruzioni compiute e inutilizzate. Nella fretta è stato speso più del necessario, e nella fretta è stato svenduto - praticamente regalandolo alla Mita Resort - l'Arsenale. La Regione, proprietaria della struttura, è stata tagliata fuori, e oggi è totalmente immobile".
CHI CI HA GUADAGNATO
La Mita Resort, dunque. Alla società di Emma Marcegaglia è andata di lusso. La base di gara per l'assegnazione della gestione dell'Arsenale prevedeva una quota minima una tantum di 40 milioni (da versare sul conto del soggetto attuatore, responsabile per conto di Bertolaso per contratti e pagamento dei lavori) e la proposta di un canone annuale di concessione destinato alla Regione Sardegna.
Si è presentata solo la Mita Resort: 41 milioni una tantum e canone da 600 mila euro l'anno alla Regione spalmato su 40 anni (50 mila euro al mese). In tutto 68 milioni. Niente male come affitto per 30 anni più 10 (indennizzo post-trasferimento all'Aquila). Che cosa ci faranno ancora all'Arsenale non è dato sapere (a parte la Louis Vuitton). "Questa struttura a regime potrà ospitare più di 5mila persone, sarà uno snodo cruciale per la nautica da diporto", promette il manager Vasco De Cet.
DUBBI DA CHIARIRE
C'è ancora molto da capire qui alla Maddalena. Come è andata davvero l'assegnazione degli appalti? Il carabinieri del Ros, su ordine della procura di Firenze, hanno avviato un'indagine ancora aperta. Un altro problema sono i soldi stanziati per lavori che non sono stati ancora eseguiti. Sugli isolotti di Razzoli e Santa Maria, che fanno parte dell'arcipelago-parco naturale, ci sono due fari della prima metà dell'800 che dovevano essere recuperati. Novecentomila euro di spesa ma i fari sono ancora lì come prima. Una storia su cui sta indagando la Guardia di Finanza di Olbia-Tempio Pausania.
ACCAMPATI IN TENDA
Chiarissima è invece la situazione per i maddalenini che speravano, con le opere del G8, di trovare un lavoro. A fronte del maxi-investimento, oggi, non c'è nemmeno un assunto. Gli unici che avevano avuto uno stipendio (molto precario) erano i 23 guardiani della Nautilus, una subappaltata per la sorveglianza dell'Arsenale. Domenica notte sono stati liquidati con una stretta di mano da De Cet della Mita Resort.
Che faranno, adesso? Sono ancora accampati fuori dai cancelli, al freddo e con le tende sollevate dalle raffiche di vento. Dicono che non se ne andranno. Ma il piatto resterà vuoto. "Con opere da 330 milioni, in proporzione, si dovevano creare almeno 500 posti di lavoro. E invece niente". Luigi Plastina, guardiano licenziato, dorme da una settimana in tenda con la moglie, un forno da campeggio e l'acqua sotto i piedi. "Questo è il mio G8".
Una nuova strategia della tensione?
di Giorgio Bongiovanni - antimafiaduemila.com - 25 Gennaio 2010
Che significato potrebbe avere oggi un attentato contro uno dei magistrati impegnati nelle delicate indagini sulle stragi e sulla trattativa che, piaccia o non piaccia, coinvolgono il Presidente del Consiglio o quanto meno il suo braccio destro, Marcello Dell’Utri?
Come dovremmo leggerlo? In quale contesto dovremmo inserirlo?
La storia, più o meno recente, ci ha insegnato che eventi drammatici di questo genere hanno più di una finalità e che sono stati determinanti per le stabilizzazioni, le destabilizzazioni e la creazione di nuovi equilibri. Vanno quindi collocati nell’andamento generale del sistema Paese e anche del ben più vasto sistema Mondo.
Se da una parte è vero che il tempo concede il giusto distacco per le valutazioni e altrettanto certo che l’esperienza dovrebbe servire a prevenire e, per quanto possibile, evitare che certi traumi si ripercuotano nuovamente sulla coscienza collettiva, seppur in gran parte dormiente.
Quindi oggi eliminare Antonio Ingroia, sulla cui incolumità ridacchiavano allegramente gli avvoltoi che occupano il Senato, o Sergio Lari, o Domenico Gozzo, o Nino Di Matteo perché no persino il testimone chiave Massimo Ciancimino, quali scenari delineerebbe?
L’Italia è in questo momento provata da una forte crisi economica, continui scioperi e proteste dimostrano che la crisi non è affatto finita e che la ripresa, se è vero che ci sarà, è ancora lontana. La disoccupazione crescente inasprisce il clima generale e il malessere diffuso è impregnato di incertezze e paura del futuro.
Lo scontro politico non è fra maggioranza e opposizione, quasi del tutto inesistente e in balia dei plurimi ricatti trasversali, ma tra un potere arrogante e arroccato su se stesso e una società civile indignata che fatica a trovare una convincente rappresentanza in parlamento, una parte di magistratura assiepata a difesa della Costituzione e qualche isolata voce del giornalismo e degli intellettuali.
Il conflitto, poi, non riguarda le necessità del Paese o le riforme, ma la lotta per garantire i privilegi di casta, soprattutto del Presidente del Consiglio, e il tentativo di cittadini consapevoli che vedono sfilarsi di mano i propri diritti di dignità ed uguaglianza.
Gli episodi gravissimi di intolleranza e razzismo in terra di ‘ndrangheta legati allo sfruttamento barbaro e primordiale di poveri disgraziati, ridotti in miseria dalla grande chimera dello sviluppo senza limiti della minoranza opulenta del Pianeta, chiarifica lo stato di impoverimento umano e culturale verso cui sta precipitando anche il più semplice sentimento di compassione e solidarietà. Il primo mondo, ricco ed egoista, chiude le porte all’enorme massa di poveri e poverissimi che ci svergognano tutti, come razza, agli occhi della storia.
Pagano prima e più di tutti le conseguenze del lento e inesorabile crollare del grande impero degli Stati Uniti che affogato nei debiti si dimena tra l’immagine di un presidente a misura dei sogni dei popoli e la realtà dello spietato mercanteggiare degli interessi di lobby, famiglie e potentati che sulla cartina del mondo tirano i dadi.
Fantomatica guerra al terrore, dispiegamento di forze armate nel centro nevralgico della lotta per le risorse e per la supremazia e il terreno che scivola sotto i piedi di fronte all’incedere inquietante di Russia e Cina che, molto più abbienti, non intendono stare a guardare.
All’America in ginocchio la politica di Berlusconi non piace. Soprattutto per quella sua amicizia così stretta con Putin, il nuovo vero potente che avanza. E nemmeno l’Europa, Inghilterra in testa, si diverte più alle gag del ducetto megalomane che fa delle regole democratiche carta straccia. Pur tuttavia il nostro paese è sempre un avamposto strategico soprattutto nell’evenienza di scenari di guerra e avere un referente poco fedele e/o poco credibile in patria e fuori non è certo un vantaggio.
I famigerati poteri forti potrebbero già ravvisare l’esigenza di un cambio della guardia, la necessità di una “terza repubblica” e cosa di meglio di un lavoretto sporco affidato all’alleata di antica memoria, Cosa Nostra?
La mafia oggi sbaragliata sul cui nuovo equilibrio incombe la cugina americana, cosa avrebbe in fondo da perdere? Tradita e abbandonata nella sua componente conosciuta ed esposta potrebbe rendere servigio, come consuetudine, e trattare il suo nuovo volto, per ora sconosciuto e insospettabile, con una nuova classe politica.
Assassinare chi su di lui indaga o testimonia equivarrebbe a decretare per Berlusconi e i suoi la fine, così come l’omicidio Lima e la morte di Falcone costarono ad Andreotti la Presidenza della Repubblica.
Matteo Messina Denaro sembra ancora essere in grado di contrattare ma se non lo fosse la radicata borghesia mafiosa che gestisce le immense ricchezze accumulate negli anni lo è, eccome, pronta ad affidare lo scettro a qualche picciotto scaltro guidato nell’ombra dagli irriducibili ritornati in libertà, a pena scontata.
Riina e Provenzano? Forse non darebbero il loro consenso, ma indubbiamente, vecchi e ammalati, nell’isolamento delle loro celle, si godrebbero il tramonto.
Noi, pur detestando la politica del presidente del consiglio Berlusconi, respingiamo con forza l’idea che possa essere destituito dalla sua carica a suon di bombe; vorremmo che venisse sconfitto democraticamente, con legittime elezioni. Prego quindi, voi che mi leggete, se vorrete criticare anche aspramente queste mie modeste analisi, di farlo nel merito con logica uguale e contraria a quella con cui le ho esposte.
La portaerei Cavour verso Haiti: una decisione incomprensibile
da Antimafiaduemila.com - 27 Gennaio 2010
Appello della Tavola della pace e della Rete Italiana Disarmo
Il Ministro della Difesa e il Parlamento chiariscano subito obiettivi, modalità, tempi e costi della missione.
Mentre ad Haiti si continua a morire per la mancanza di medici ed equipaggiamenti e la macchina mondiale dei soccorsi è in grave ritardo, il governo italiano ha deciso di inviare oltreoceano la nave portaerei Cavour salpata martedì 19 gennaio dal molo di Fincantieri al Muggiano (La Spezia).
Una decisione incomprensibile che suscita numerosi interrogativi. Era proprio necessario mandare una nostra portaerei così lontano? Oppure dovevamo intervenire in altro modo, con altri mezzi?
Inviare ad Haiti la nostra più grande nave militare, la più imponente macchina di guerra galleggiante di cui disponiamo, non è una cosa da poco eppure l’intera operazione è circondata da scarsissime informazioni.
Trattandosi di un’operazione di notevole rilevanza nazionale e internazionale, ci saremmo aspettati una precisa informazione sia sull’effettiva necessità dell’impiego della portaerei e sulle modalità e tempistica della missione: affermare che lo scopo della missione è quello di “fornire una base d’appoggio per le squadre di operatori italiani e di altri Paesi partner presenti” ci appare infatti alquanto riduttivo.
Gli interrogativi sono tanti.
1. Sulla effettiva necessità della portaerei Cavour e l’approvazione della sua missione. Chiediamo, nello specifico, di sapere da quale organismo sia pervenuta all’Italia la richiesta di inviare una portaerei. E, in mancanza di tale richiesta specifica, perchè e da chi sia stato deciso l’impiego di una portaerei militare invece che di altri supporti militari o della Protezione Civile atti allo scopo. Finora il Ministro della Difesa, La Russa ha parlato solo di “operazione congiunta con il Ministero della Difesa brasiliano” senza specificare la necessità e l’origine di tale richiesta.
2. Sulle modalità d’impiego e la tempistica dell’operazione. Le dichiarazioni alla stampa del Ministro della Difesa in merito sono state alquanto vaghe: il Ministro La Russa ha parlato di “missione di aiuto a tutta la popolazione, ma in particolare i bambini orfani che sono tanti e che vanno supportati. Mi piacerebbe riempire la nave di questi bambini e - nel rispetto del diritto internazionale - portarli in Italia magari per dei progetti di affidamento” (Adnkronos 16 gennaio). Nessuna dichiarazione in merito alle effettive modalità operative e alla tempistica della missione.
3. Sui costi e il loro sostegno. Su questi punti il Ministro La Russa, interrogato dalla stampa, è stato più eloquente ma non esaustivo. E soprattutto ha svolto alcune dichiarazioni alquanto singolari sulle quali chiediamo siano necessari specifici chiarimenti.
Ci riferiamo - nello specifico - alle dichiarazioni rilasciate dal Ministro al Muggiano (La Spezia) dopo il saluto al contingente militare nelle quali ha dichiarato che “la missione ad Haiti si può svolgere grazie anche alla collaborazione di aziende che hanno contribuito a sostenere i costi alleviando anzi quasi annullando la necessità di risorse aggiuntive” (dichiarazione video ripresa da CDS disponibile sul sito www.cittadellaspezia.com/videogallery/Ministro-La-Russa-ai-microfoni-2-190.aspx).
Nel merito - ha aggiunto il Ministro - “Le aziende saranno in grado di coprire il 90% dei costi dell’operazione e si tratta di società come Finmeccanica, Fincantieri, Eni, molte di queste che lavorano con il militare e che hanno realizzato questa nave” (Agi, 19 gennaio). Si tratta di costi “di 200 mila euro al giorno quando l’unità è in navigazione, molto meno quando è ferma in porto”.
Il Capo di Stato Maggiore della Marina, Paolo La Rosa, ha aggiunto che “i costi dipenderanno dai tempi che via via verranno presi. Il 40% delle spese, comunque, riguarda il carburante”.
La rilevanza dell’argomento non è secondaria sia per la spesa sia, soprattutto, per la modalità: la copertura dei costi della missione da parte delle aziende.
Nello specifico chiediamo:
quali e quante sono le aziende che hanno ufficialmente formalizzato la disponibilità alla copertura dei costi della missione? Al riguardo rileviamo ad oggi non vi è comunicazione nel merito né alla stampa né sui siti delle aziende menzionate dal Ministro (Finmeccanica, Fincantieri, Eni).
A cosa si riferisce il Ministro quando parla di “coprire i costi”? Solo alle spese per la navigazione della portaerei? Per il materiale inviato? Per il contingente inviato? E le altre spese in che modo saranno coperte e da chi?
In merito a tutto questo chiediamo che venga prevista un dettagliato resoconto sia al Parlamento che alla cittadinanza.
Perchè e da chi è stata approvata la modalità di copertura dei costi da parte delle aziende? E’ stata fatta una qualche forma di bando pubblico o sarà fatto? E quali aziende potranno aderirvi? Solo quelle “che lavorano con il militare e che hanno realizzato la nave”?
La sponsorizzazione privata di una “missione umanitaria” promossa dal Ministero della Difesa che coinvolge mezzi e personale militare è una assoluta novità che necessita la massima trasparenza.
E’ possibile gestire una simile operazione senza un’adeguata comunicazione al Parlamento e alla cittadinanza?
Chiediamo al Ministro della Difesa e al Parlamento di fare immediata chiarezza sull’intera vicenda. Ad Haiti si continua a morire. E noi dobbiamo essere rapidi, concreti ed efficaci. Non possiamo immaginare che il governo italiano agisca in questa tragedia con altri fini.
Francesco Vignarca, Rete Italiana per il Disarmo Flavio Lotti, Coordinatore nazionale della Tavola della pace