mercoledì 6 gennaio 2010

Somalia: offensiva finale nel derby tra islamisti

In Somalia s'intensificano sempre più gli scontri armati tra il gruppo islamista dei Giovani Mujahidin - o al Shabab - e quello sempre islamista ma più moderato di Ahlu Sunna, legato al governo federale di transizione.

Gli Shabab comunque già controllano gran parte del sud del Paese e sarebbero in grado di dar vita a uno stato islamico se la loro manovra a tenaglia andasse in porto, costringendo così alla resa il governo di transizione federale.

Intanto oggi i responsabili del Programma alimentare mondiale (Pam) hanno annunciato di aver sospeso la distribuzione di cibo a circa un milione di persone nel sud della Somalia, per via delle minacce di violenza subite dal proprio staff e per gli attacchi e le operazioni militari che hanno reso "virtualmente impossibile" continuare a distribuire cibo nella regione meridionale.


La battaglia di Dhuusa Marreeb
di Nicola Sessa - Peacereporter - 4 Gennaio 2010

Incertezze sull'ultima battaglia tra al-Shabaab e Ahlu Sunna.

Dhuusa Marreeb, città di 40 mila abitanti a nord di Mogadiscio, ricopre un ruolo di primaria importanza nella strategia per il dominio del nord del paese.

Prima sotto il controllo dei guerriglieri di al-Shabaab, poi nelle mani delle milizie moderate Ahlu-Sunnah e da domenica ancora una volta i kalashnikov della "Gioventù islamica", al-Shabaab, sarebbero tornati a dettare legge. "Sarebbero", perché le voci si rincorrono senza sosta e tutt'ora, al 4 di gennaio, non è chiaro chi sia a controllare effettivamente la città situata 560 chilometri a nord della capitale.

Secondo alcune agenzie, la città sarebbe caduta nelle mani di al-Shabaab, mentre secondo la Irin, ripresa dalla Reuters, la situazione sarebbe sotto controllo e come riferito da un giornalista presente nella capitale regionale del Galgadud, le milizie radicali sarebbero poco fuori da Dhuusa Marreeb. La battaglia che si è consumata tra sabato e domenica è stata tra le più cruente degli ultimi mesi. Il bilancio attuale parla di una cinquantina di vittime e almeno un centinaio di feriti.

Ma, come sostengono alcune fonti locali, il bilancio sarebbe molto più pesante. Stavolta il tributo maggiore è stato pagato proprio dai guerriglieri legati ad al-Qaeda. Le due fazioni sono in lotta da molto tempo, da quando i sufiti di Ahlu-Sunna, alleati del Governo Federale di Transizione, nel dicembre del 2008 hanno deciso di opporsi all'avanzata degli islamisti radicali.

Sempre in fuga. Quello che è certo, invece, è il grande numero di rifugiati che sono scappati dalla città verso i villaggi che la circondano. Si parla di circa 7 mila famiglie, cioè circa 30 mila persone. E bisogna ricordare che l'80 per cento della popolazione è costituita da rifugiati (in maggioranza provenienti da Mogadiscio), costretti ancora una volta a cercare riparo altrove dalla furia della armi.

Le condizioni di queste persone sono disperate. Sheikh Abdirahman Gedoqorow, un influente leader della città punta il dito contro le organizzazioni umanitarie: "Nessuno aiuta i profughi", martoriati dalla guerra e dalla siccità. C'è bisogno di acqua, di cibo e di rifugi idonei. Gedoqorow ritiene che le agenzie internazionali non si facciano vive perché temono per l'incolumità dei loro operatori, "ma - dice - nonostante le voci, la situazione è sotto controllo e la città è sicura". La paura, tuttavia, che gli uomini di al-Shabaab possano fare ritorno è sempre presente.

I problemi di Amisom. Gli attacchi degli integralisti, dei propugnatori della Sharia, sono aumentati in maniera esponenziale da quando l'esercito etiope, sostenitore del Governo di Transizione, si è ritirato dal paese. La Amison, (African Union Mission in Somalia), che avrebbe dovuto farsi carico della sicurezza del paese e spingere al-Shabaab fuori da Mogadiscio, sta fallendo i suoi obiettivi.

Attualmente i ribelli controllano 16 distretti della capitale, mentre l'Amison si limita a presidiare l'area del porto e i due distretti della Medina, della città vecchia. Ma, lamentano i vertici, le truppe sono poche. Era previsto, sin dal marzo 2007, che la missione fosse composta da 8 mila uomini, ma ancora adesso il comandante Nathan Mugisha può contare su soli 4 mila uomini.

Gli sforzi di Uganda e Burundi che hanno più volte offerto di aumentare il numero degli effettivi vengono visti, nell'ottica dei complicati equilibri politici del continente africano, come un tentativo di trasformare la missione Amisom in un affare privato tra i due paesi.

Altra questione è quella dell'allargamento del mandato della missione che il Consiglio di Sicurezza Onu dovrebbe concedere alle truppe dell'Unione Africana per una maggiore operatività sul campo.

Gli ultimi eventi, l'escalation di Usa e Gb contro al-Qaeda in Yemen e le voci secondo cui i ribelli della penisola araba fornirebbero armi ai "fratelli" di al-Shabaab potrebbero costituire una spinta in favore delle richieste del generale Mugisha.


Somalia, tre giorni di scontri. Gli Shabab lanciano l'offensiva finale
di Daniele Mastrogiacomo - La Repubblica - 4 Gennaio 2010

Brucia il Corno d'Africa. Spinte da successi che sembrano legati da una precisa strategia militare, le milizie filo al Qaeda degli al Shabab conquistano ancora una volta la città di Dhuusa Mareeb, 500 chilometri a nord di Mogadiscio.

Per tre giorni si sono scontrati con i guerriglieri di Ahlu Sunna, un gruppo islamico moderato che si ispira a principi sufisti, tendenzialmente pacifico, che due mesi fa ha deciso di imbracciare le armi e di opporsi all'avanzata del gruppo radicale degli "studenti".

La battaglia, una delle più violente e sanguinose degli ultimi sei mesi, ha lasciato sul terreno 47 morti e oltre cento feriti. Le notizie sono scarne e contraddittorie. Ma diverse fonti confermano che dopo un continuo capovilgimento di fronti, i miliziani degli al Shabab sono riusciti a prendere nuovamente possesso della cittadina e adesso pattugliano le strade praticamente deserte in mezzo alle case e alle costruzioni distrutte dai colpi di obici e razzi Rpg.

Dhuusa Mareeb è considerata un crocevia strategico per l'avanzata verso il Puntland, la regione semiautonoma del Corno d'Africa che adesso teme di essere assediata. Il gruppo di Ahlu Sunna è alleato del Governo di transizione federale (Ftg) guidato dal leader moderato delle vecchie Corti islamiche - per un anno padrone della Somalia ma poi sbaragliate dall'esercito etiopico - Sheick Sharif Sceick Ahmed. Il loro intervento è riuscito a contenere l'avanzata dei radicali islamici. Ma solo per un paio di settimane. La superiorità militare e organizzativa degli al Shabab alla fine è prevalsa.

Decine di migliaia di civili sono costretti a fuggire da un territorio all'altro, spesso senza cibo e soprattutto medicine. Ali Yasin Gedi, portavoce del gruppo dei diritti umani Elam, conferma l'esodo massiccio anche da Dhuusa Mareeb. I pochi rimasti non possono far altro che accettare passivamente la presenza dei miliziani radicali che impongono da subito l'applicazione rigida della sharia.

In molti centri della Somalia si amputano mani e piedi ai presunti ladri e più volte si sono lapidate le coppie accusate di adulterio. Squadre della polizia religiosa girano a bordo di potenti jeep e verificano che gli uomini indossano vestiti tradizionali, abbiano la barba lunga e i capelli corti. Sembra di vivere l'Afghanistan ai tempi dei Taliban.

Nel sud, nella città di Buaale, gruppi armati hanno fatto irruzione negli uffici del Pam, il programma alimentare mondiale, e li hanno saccheggiati. Oltre alle derrate di cibo e medicine, sono stati portati via pc, computer, materiale tecnico e i 50 mila dollari che si trovavano in una cassaforte. I caschi blu dell'Amisom, la missione dell'Unione africana, sono la unica forza di contrapposizione.

L'offensiva del gruppo legato ad al Qaeda ha costretto le Nazioni unite a cambiare le regole d'ingaggio. Ora anche i peacekeeping possono difendersi usando armi leggere e pesanti. In otto mesi ci sono stati 50 morti. Ma nonostante la presenza di 2700 soldati dell'Uganda e di altri 2550 del Burundi ( i soli paesi che hanno risposto alla richiesta d'aiuto della Ua), la situazione sul terreno sembra ormai precipitare. I paesi limitrofi sono in allarme, si rafforzano i controlli alle frontiere.

L'Eritrea, sospettata di finanziare e spesso addestrare le milizie radicali degli studenti, alza la voce e accusa l'Etiopia di aver violato i suoi confini. La tensione alimenta vecchie rivendicazioni e accende conflitti mai sopiti. Molti analisti ritengono che l'avanzata degli al Shabab verso nord e verso est preluda ad un attacco generalizzato che farebbe cadere anche il restante 20 per cento del paese nella mani dei filo al Qaeda.