martedì 5 gennaio 2010

Afghanistan: un 2010 peggiore del 2009

Qualche aggiornamento dal fronte afghano, dove le prospettive per il 2010 sono anche peggiori rispetto all'anno appena trascorso. Combattimenti, raid aerei, imboscate e rapimenti continuano più di prima.

E anche i soldati italiani hanno avuto il loro "ben daffare" durante i giorni di Natale a Bala Morghab, con combattimenti durati per 3 giorni interi.

E' di oggi poi l'incredibile nota di agenzia secondo cui - in base alle solite fonti di intelligence citate questa volta dal network Msnbc - il cosiddetto kamikaze che mercoledi scorso ha ucciso 7 agenti della CIA nell'avamposto di Khost sarebbe un medico giordano che faceva il doppio gioco per la fantomatica al Qaeda, tale Human Khalil Abu Milal al-Balawi di 36 anni, arrestato dall'intelligence di Amman oltre un anno fa.

La nota prosegue dicendo che "I giordani credevano di essere riusciti a riprogrammarlo tanto da cederlo agli Usa come agente da inviare in Afghanistan e Pakistan per farlo infiltrare in al Qaeda".
Incredibilmente ridicolo....

Insomma, l'ennesimo caso di disinformazia con cui ci si arrampica ancora una volta sugli specchi per giustificare l'esistenza di un'organizzazione fantasma, qual'è al Qaeda.

Comunque qui di seguito c'è anche un articolo che plausibilmente spiega come possono essere andate veramente le cose nell'azione militare che è costata la vita ai 7 agenti della CIA a Khost.


Niente di nuovo sul fronte afgano
di Stella Spinelli - Peacereporter - 4 Gennaio 2010

In Afghanistan, il nuovo anno si apre come si è chiuso il vecchio. Nessuna buona nuova, nessuna bella speranza. La guerra azzera tutto, e tutto distrugge. Morti, tanti tra i civili, qualcuno tra i militari; feriti, innumerevoli; e rapiti.

Gli ultimi della serie sono "due giornalisti francesi della Tv pubblica France 3, sequestrati mercoledì 30 dicembre assieme al loro autista da elementi anti-governativi", per usare le parole dello scarno comunicato con cui le autorità afgane hanno dato la notizia.

Una collega dei due giornalisti che hanno trascorso alcune settimane fra le truppe francesi per fare un reportage, ha spiegato che il rapimento è avvenuto sulla strada fra i villaggi di Tagab e Nijrab, nell'instabile provincia di Kapisa, dove si trova la base del contingente francese. La piccola provincia, a nord-ovest di Kabul, è contesa fra le milizie dell'ex signore della guerra ricercato dagli Usa Gulbuddin Hekmatyar e i talebani, di cui Hekmatyar è stato occasionale alleato.

Gli ultimi a morire, invece, sono stati quattro marines Usa, saltati questa mattina (lunedì 4 gennaio) su una mina artigianale mentre viaggiavano sul loro mezzo blindato, e un soldato britannico, morto invece ieri nella provincia meridionale di Helmand.

Cinque caduti che fanno salire a 1569 le perdite della Coalizione internazionale dall'inizio dell'invasione, nel novembre 2001. Di questi, 949 sono statunitensi e 246 britannici.

Questi i primi giorni del 2010. E sempre tragicamente si era chiuso il 2009, che verrà ricordato come l'anno con il più alto numero di morti fra le truppe straniere dall'inizio della guerra. Il 30 dicembre, quattro soldati e una giornalista, tutti canadesi, sono morti quando il veicolo su cui viaggiavano è saltato in aria nella provincia sud-est di Kandahar.

La donna, Michelle Lang, 34 anni, del Calgary Herald, era appena arrivata per il suo primo servizio dall'Afghanistan. I suoi connazionali le stavano mostrando, a bordo di un mezzo, i progetti di ricostruzione a cui sopraintendevano, quando il veicolo su cui viaggiavano è saltato in aria, mettendo a segno il peggiore incidente mortale degli ultimi due anni in cui vengano coinvolti dei canadesi. Ma non solo.

Il 30 dicembre, otto agenti della Cia e un afgano sono rimasti uccisi in un attentato suicida orchestrato dai talebani nella base militare Chapman, nella provincia orientale di Khost, roccaforte talebana.

Il bilancio dell'esplosione, nei pressi dei locali adibiti a palestra della base militare, è il più grave subito dagli 007 Usa da quando sono in Afghanistan. A farsi esplodere, un kamikaze che indossava una divisa dell'esercito afgano.

Ancora da chiarire, dunque, se si trattasse di un militare in servizio passato dalla parte dei talebani, anche se le tv americane lo hanno ribadito, dicendo che si è trattato proprio di un invitato dai talebani nella installazione militare fortificata come un possibile informatore. E che, nonostante le feree regole, non era stato perquisito, ma solo scortato fino alla palestra, dove ha azionato il corpetto esplosivo che indossava.

Ma il bilancio non si esaurisce qui, perché il medesimo giorno è avvenuto l'episodio più grave, che ha coinvolto esclusivamente dei civili. Un bombardamento Nato ha sterminato un gruppo di contadini che stava lavorando nei campi di Babaji, nei pressi di Lashkar-gah, in uno dei tanti villaggi della maledetta provincia di Helmand.

Otto i morti ufficiali, ossia quelli ammessi dagli Alleati, restii da sempre ad ammettere le "scomode" stragi di civili, che altro non sono se non gli "effetti collaterali" di una "guerra giusta". Ma i numeri lasciano il tempo che trovano, l'unica certezza è che non erano talebani, non erano insorti, non erano signori della guerra. Erano semplici lavoratori rurali intenti a irrigare la terra.

E se a questo triste bollettino di guerra, si aggiungono misteriosi episodi che vedono sofisticatissimi droni made in Usa, inviati per spiare e catturare importanti informazioni sul nemico, precipitare in zone delicatissime, il quadro è presto fatto. La guerra in Afghanistan sta vivendo una veloce escalation, la più grave dal 2001, dove i talebani stanno mettendo a segno una serie di successi che fanno traballare le forze alleate, nonostante la nuova strategia Obama.

Nel nono anno di una guerra iniziata con duemila uomini Usa, la Casa Bianca ha deciso di coinvolgere altri 30mila soldati che dovranno unirsi ai 7 mila uomini Nato. Ma l'intento di Washington pare andare oltre, dato che il dispiegamento dei soldati Usa potrebbe persino arrivare a centomila uomini nel tentativo di riprendere il controllo del paese.

Un fine che sembra sempre più complicato, anche per i loschi intrecci e giochi di potere interni all'amministrazione afgana. Il presidente Hamid Karzai ha infatti appena dovuto sostituire con un decreto il sindaco di Kabul, Mir Abdul Ahad Sahibi, condannato in primo grado a quattro anni di carcere per malversazione di fondi. Al suo posto è stato insediato Mohammed Yunus Noandesc, ex vice ministro dell'Acqua e dell'Energia. Ma Karzai ha ormai sempre meno forza.

Il Parlamento ha appena bocciato la lista dei ministri presentata dal presidente, sentenziando per il capo di stato afgano una sono una sconfitta politica. "Ciò prolunga una situazione nella quale non c'è un governo in grado di funzionare, una situazione che va avanti dalla scorsa estate.

E ciò è particolarmente preoccupante in un Paese in guerra - ha commentato il rappresentante speciale delle Nazioni Unite in Afghanistan, Kai Eide - dove ci sono moltissime sfide da affrontare e urgenti riforme da effettuare. In un momento in cui l'Afghanistan ha bisogno di un governo forte, ritengo che la maggior parte dei ministri bocciati non siano stati ritenuti in grado di rappresentare lo Stato con la necessaria decisione".

La situazione politica in Afghanistan è diventata sempre più precaria dal 20 agosto scorso, quando si votò per le elezioni presidenziali, vinte dal capo di stato uscente Hamid Karzai in un contesto di brogli conclamati. Tant'è che la sua vittoria fu ufficialmente proclamata solo all'inizio di novembre.

Un terreno, questo, sul quale i talebani non fanno che prosperare. "Più soldati Usa verranno, più ne moriranno", ha dichiarato un talebano non meglio identificato all'autorevole Bbc. Niente di nuovo, dunque, sul fronte afgano. La guerra continua e la fine non fa nemmeno capolino.


Afghanistan, uccisi otto agenti Cia. Rapiti due militari francesi. Raid Nato: vittime civili
da www.ariannaeditrice.it - 31 Dicembre 2009
Tratto da www.corriere.it

Otto agenti Cia sono rimasti uccisi in Afghanistan a seguito di un attacco suicida. L'attentatore si è fatto esplodere all'ingresso di un avamposto nella provincia di Khost. Fonti afghane hanno detto che un kamikaze con un giubbotto imbottito di esplosivo è entrato nell'installazione e si è fatto saltare in aria. L'attentato alla base americana è stato rivendicato dai talebani.

Lo riferisce l'agenzia di stampa Pajhwok. «L'attacco mortale è stato condotto da un valoroso membro dell'esercito quando gli agenti erano occupati a raccogliere informazioni sui mujaheddin», ha affermato il portavoce Zabiullah Mujahid che ha dato il nome del militare, Samiullah. Questo spiegherebbe anche come l'attentatore sia potuto penetrare nella palestra della base superprotetta. Il ministero della Difesa afghano ha però smentito che il kamikaze fosse un ufficiale dell'esercito.

KANDAHAR - Nelle stesse ore l'esplosione di una bomba a Kandahar, rivendicata dai talebani, ha provocato la morte di quattro soldati canadesi e di una giornalista al seguito. A darne notizia è stato il ministero della Difesa di Ottawa, secondo cui nella stessa esplosione che ha investito un mezzo blindato a quattro chilometri a sud dalla città nel sud dell'Afghanistan sono rimasti feriti altri quattro militari e un civile.

La giornalista canadese rimasta uccisa è Michelle Lang, 34 anni: per conto del «Calgary Herald» era arrivata nel Paese a metà dicembre e avrebbe dovuto fermarsi per sei settimane. I talebani hanno decapitato sei presunte spie nella provincia dell'Oruzgan.

RAID NATO - Un bombardamento della Nato nella provincia di Helmand, nel sud dell'Afghanistan, ha invece causato diverse vittime civili. A denunciarlo è un portavoce del governatore provinciale. Il raid aereo era stato ordinato in risposta a un attacco contro una pattuglia dell'Isaf alle porte del capoluogo Lashkar Gah. Non è stato precisato quanti siano i morti e la Nato non ha voluto commentare la notizia.

RAPITI DUE FRANCESI E DUE INTERPRETI - Nella provincia di Kapisa sono stati rapiti due francesi (probabilmente soldati, secondo una fonte della polizia afghana) e due interpreti locali. Il rapimento è avvenuto nella tarda serata di mercoledì nel distretto di Tagab, non lontano da una base militare francese, nella zona di Imar Khel. La fonte si è detta convinta che dietro il rapimento ci siano i Talebani. Per ora non ci sono conferme da parte dell'Isaf, la forza Nato di cui fa parte anche il contingente francese.



Afghanistan, la battaglia censurata a metà
di Gianluca Di Feo - L'espresso - 4 Gennaio 2010

Sulla guerra affrontata dal contingente italiano in Afghanistan occidentale c'è una cortina di notizie frammentarie. Ma le battaglie dei giorni di Natale a Bala Morghab, dove c'è la base della brigata Sassari, rivelano che non c'è più distinzione tra la missione offensiva Usa e l'operazione di pace della Nato. Italiani e marines combattono insieme. Ma ciò che accade in Afghanistan viene taciuto al Parlamento e ai cittadini.

I disegni dei bambini di Bala Morghab sono identici a quelli che i loro padri facevano trent'anni fa: un cielo pieno di elicotteri da battaglia. Ma mentre i loro genitori ritraevano le sagome delle cannoniere volanti sovietiche, loro oggi tracciano con maestria il profilo dei Mangusta italiani armati di mitragliere.

E la familiarità dei bimbi con la presenza dei nostri elicotteri da combattimento è indicativa di quanto sia dura la guerra affrontata dal contingente italiano nell'Afghanistan occidentale.

Un conflitto su cui viene stesa una cortina di silenzio e di notizie frammentarie. Il 2 gennaio, per esempio, è stata diffusa una nota su un'offensiva dei guerriglieri contro la base della brigata Sassari a Bala Morghab.

L'attacco sarebbe stato lanciato in risposta a un'operazione scatenata dai fanti sardi il 27 dicembre. Le postazioni italiane avrebbero risposto con tutte le armi - inclusi i mortai pesanti da 120 millimetri - e ci sarebbero stati raid dei Mangusta e dei caccia americani. C'è però chi descrive un'operazione più lunga e devastante, cominciata il 21 dicembre.

E non si tratta di notizie ufficiose ma dell'unica fonte ufficiale: il bollettino dell'Us Air Force Central Comand che quotidianamente elenca le azioni dell'aviazione americana in Afghanistan (disponibile su www.centaf.af.mil).

Per loro Bala Morghab diventa "calda" già il 21 dicembre, quando descrivono una triplice manovra condotta da italiani, statunitensi ed esercito nazionale afgano: almeno due convogli che si muovono sotto la scorta aerea dei cacciabombardieri F15E.

I guerriglieri - talebani alleati spesso con criminali locali - ne bloccano uno con un ordigno, poi assaltano un check point dell'esercito afgano. Gli aerei americani intervengono spargendo razzi illuminanti, sufficienti a mettere in fuga gli assalitori.

Forse però quell'imboscata è solo un diversivo perché poco dopo scatta un terzo attacco, contro "un convoglio amico" verosimilmente italiano. Gli insurgents sparano con molte armi. E questa volta gli F15E sganciano bombe, "diverse bombe", che cancellano il "fuoco nemico".

Nessuna notizia sul numero di caduti. Ma l'Us Air Force ci informa che anche il 22 dicembre i caccia vengono chiamati a Bala Murghab per proteggere un altro "convoglio amico", probabilmente italiano. Il 23 sempre nella stessa località vengono attaccati i soldati dell'esercito afgano ma all'arrivo degli aerei gli aggressori fuggono.

Il giorno di Natale invece la battaglia si fa seria. Intervengono i B1 Lancer, i più grandi bombardieri americani, che compiono diversi raid con ordigni di precisione contro le postazioni da cui sparano i talebani. E' evidente che in zona c'è qualche grossa formazione di guerriglieri, organizzati e capaci di compiere azioni coordinate.

E hanno anche uomini infiltrati nei battaglioni governativi, come testimonia la sparatoria ingaggiata nelle stesse ore da un militare afgano che ha ucciso un americano e ferito due italiani.

Contro questo nucleo di "insurgents" il 27 dicembre si muove la Sassari, accolta - secondo il bollettino dell'Air Force - da un fitto tiro di mitragliatrici e razzi Rpg. I grandi B1 sganciano numerose bombe, aprendo la strada ai "dimonios" - il soprannome dei fanti sardi - verso i rifugi degli "insorti". Il giorno dopo la situazione diventa ancora più cruenta, a causa della reazione talebana.

Due squadriglie americane si danno il cambio nel cielo di Bala Morghab, alternando razzi innocui per spaventare i talebani a bombe micidiali per spazzarli via, in un carosello di raid che prosegue fino a sera.

La lunga battaglia di Natale chiude un anno di fuoco, mentre per il 2010 si prepara una nuova stagione di guerra. Con un elemento dominante: ormai le truppe italiane agiscono sempre insieme a quelle americane, le basi avanzate sono presidiate insieme e insieme i reparti vanno alla caccia dei talebani.

Non c'è più quella distinzione tra la missione offensiva statunitense di Enduring Freedom e l'operazione di pace della Nato: italiani e marines combattono insieme. Ma quello che accade nell'Afghanistan occidentale viene taciuto al Parlamento e ai cittadini.



La guerra segreta tra Obama e la CIA
di Gianluca Freda - http://blogghete.blog.dada.net - 3 Gennaio 2010

L’americana ABC News ha riferito ieri della morte di sette agenti della CIA dislocati in Afghanistan in quello che viene definito come uno dei più gravi attacchi suicidi mai compiuti contro l’agenzia di intelligence americana. “La Central Intelligence Agency”, scrive il sito della ABC, “piange la perdita di sette suoi funzionari in un attacco suicida in Afghanistan, uno dei colpi più duri mai subiti da un’agenzia che è sempre stata in prima linea nelle guerre americane”.

Con una certa enfasi retorica, la ABC prosegue: “La CIA ha abbassato a mezz’asta le bandiere nel suo Quartier Generale di Washington, ma non ha reso pubblici i nomi delle vittime, che sono morte avvolte dallo stesso anonimato in cui erano vissute”.

L’episodio, al di là della consueta retorica dei mezzi d’informazione di regime, sembra celare una realtà ben più agghiacciante e pare rappresentare una tappa ulteriore di una vera e propria “guerra segreta” in corso tra l’amministrazione americana e la Central Intelligence Agency, divenuta ormai un’entità così potente da governare in proprio i destini della nazione e deciderne, attraverso operazioni mirate compiute in ogni parte del mondo, la politica interna ed internazionale.

Pochi giorni fa, il presidente afghano Hamid Karzai aveva inoltrato una formale protesta contro gli Stati Uniti per l’uccisione di 10 civili, otto dei quali erano bambini in età scolare, avvenuta sabato 26 dicembre nella provincia afgana di Kunar, vicino al confine col Pakistan.

Si tratta di una zona in cui prevale l’etnia pashtun e nella quale – per usare le parole di Webster G. Tarpley - le attività della CIA sono da tempo incentrate su uno “sforzo deliberato teso a perseguitare, attaccare ripetutamente, antagonizzare, assaltare, reprimere ed uccidere i pashtun”, allo scopo di indirizzare la loro rabbia contro il governo del Pakistan, che gli USA stanno tentando di destabilizzare, non potendo permettersi di attaccarlo direttamente, con l’obiettivo di “far sprofondare quel paese nel caos della guerra civile, nella balcanizzazione, nella frammentazione e nella confusione totale”.

Questa volta sembra però che gli operativi della CIA abbiano davvero esagerato nelle loro sanguinose operazioni di “provocazione”. Anche se Karzai, nella sua protesta rivolta agli USA, aveva parlato in modo piuttosto generico di vittime provocate da “operazioni delle forze internazionali”, le uccisioni in questo caso non sono state causate dal solito bombardamento indiscriminato contro fantomatiche forze talebane.

Secondo le testimonianze, alcuni individui definiti come “stranieri” sono penetrati la sera del 26 dicembre in una casa di due stanze della provincia di Kunar, hanno trascinato fuori 10 persone del tutto disarmate, tra cui 8 bambini, e le hanno uccise con colpi d’arma da fuoco alla testa.

In giro sul web potete trovare le foto delle vittime, che qui evito accuratamente di pubblicare. La NATO si è difesa, sostenendo che gli autori della strage erano americani non appartenenti alle forze militari che avevano sparato per autodifesa dopo essere stati presi di mira dagli abitanti del villaggio.

Ma in seguito alle proteste di Karzai e del Consiglio Nazionale di Sicurezza dell’Afghanistan – che hanno a loro volta fatto seguito ad una manifestazione di 1.500 persone che protestavano contro la strage e accusavano Karzai di complicità con gli USA – l’amministrazione americana, che non può permettersi in questo momento di indebolire ulteriormente il suo già debolissimo e detestato quisling afghano, è stata costretta a prendere severi provvedimenti.

Secondo il sito Whatdoesitmean, che cita fonti militari russe, il presidente Obama, in un atto senza precedenti, avrebbe firmato un ordine per l’“immediata” esecuzione degli agenti della CIA responsabili del massacro.

Truppe speciali americane avrebbero circondato l’installazione della CIA sita a Khowst, nella provincia di Paktia, prendendo in custodia e poi giustiziando i mercenari responsabili degli omicidi. Si sarebbe poi inventata la copertura dell’attacco suicida per fornire una raffazzonata spiegazione al pubblico occidentale. In effetti non è facile spiegare in che modo un attentatore suicida, imbottito di esplosivo, potrebbe mai superare i controlli per entrare in un centro della CIA e farsi saltare in aria “in una palestra” interna all’installazione.

Nella spiegazione fornita da funzionari dell’intelligence si afferma che l’attentatore sarebbe stato un “possibile informatore” portato all’interno del centro per essere interrogato e per questo motivo non sottoposto agli screening ordinari, ma si tratta di una delucidazione che suona altamente contraddittoria ed improbabile.

Se davvero l’ordine di giustiziare uomini della CIA fosse partito dal presidente americano, è ovvio che ci troveremmo di fronte ad una fase drammatica nell’escalation del confronto che contrappone da mesi l’agenzia d’intelligence e l’amministrazione USA.

Le tensioni erano già state rese evidenti dal prolungato braccio di ferro tenutosi nei mesi scorsi tra il direttore della CIA, Leon Panetta, e il direttore dell’Intelligence Nazionale, Dennis C. Blair, vicino ad Obama, che aveva apertamente criticato i metodi utilizzati dalla CIA nel gestire le operazioni segrete, particolarmente in territorio afghano.

A fine agosto la Casa Bianca aveva annunciato l’istituzione di un nuovo corpo antiterrorismo, che si sarebbe occupato degli interrogatori dei sospetti per riferirne direttamente all’amministrazione americana.

La creazione di questa unità operativa doveva servire a strappare le attività di raccolta informazioni alle mani brutali e imbarazzanti della CIA, dopo i numerosi scandali scoppiati a causa di violenze perpetrate contro i prigionieri, da Abu Ghraib in poi.

Di fronte a questa sfida, Panetta aveva minacciato di rassegnare le dimissioni. Alla fine, il tentativo di indebolire Panetta era fallito e Obama aveva dovuto rinunciare alla prospettiva di conferire a Blair un maggior controllo sulle attività di intelligence, attraverso un’ordinanza riservata con cui veniva ribadito il ruolo dominante della CIA nella gestione operativa, anche se si sottolineava “l’obbligo dell’agenzia di lavorare in stretto contatto con Blair nelle operazioni più importanti”.

A fine 2009 si è verificato un altro incidente significativo: il 28 dicembre (proprio nel periodo in cui Obama si sarebbe deciso a firmare l’“ordine di esecuzione” per i mercenari della CIA di Khowst) il presidente era stato costretto ad abbandonare in fretta e furia una partita di golf nella sua tenuta di vacanza di Kailua, alle Hawaii. Le agenzie di stampa hanno riportato in seguito che la fuga concitata sarebbe stata dovuta ad un improvviso malore del figlio di un amico di Obama.

Tuttavia, il sito Whatdoesitmean sostiene che le misure di sicurezza sarebbero scattate dopo che un aereo AWACS di sorveglianza aveva segnalato che un jet privato, di proprietà della Hunt Oil Company, era entrato nello spazio aereo di sicurezza riservato alla protezione della località in cui Obama si trovava in vacanza. Temendo un attacco terroristico, Obama sarebbe stato frettolosamente accompagnato in un luogo più sicuro.

La Hunt Oil Company è una compagnia petrolifera legata alla CIA. Nel 1984 aveva scoperto un vasto giacimento petrolifero nello Yemen, inaugurando poi nel 1986 una raffineria nella città di Maarib alla presenza dell’allora vice-presidente George H. W. Bush.

Secondo il sito Sourcewatch “tra il 27 e il 28 novembre del 2006, un aereo civile intestato alla Hunt Consolidated, Inc., compì due visite presso Camp Peary, campo di addestramento della CIA.

Prima di arrivare a Camp Peary aveva compiuto una sosta notturna all’aeroporto Dulles di Washington. Fece anche una breve fermata all’aeroporto Dulles dopo la sua visita a Camp Peary. Il numero di registrazione del velivolo era N46F”.

N46F è lo stesso numero di registrazione dell’aereo della Hunt che avrebbe violato lo spazio aereo di Kailua il 28 dicembre. Inoltre, riporta ancora Sourcewatch, “non è questa l’unica connessione della compagnia con le attività di spionaggio: il suo amministratore delegato, Ray L. Hunt, è un [ormai ex] membro del Comitato di Consulenza sull’Intelligence Straniera del Presidente”, nominato da George W. Bush nell’ottobre 2001.

Il fatto che l’aereo di una compagnia petrolifera, legata alla CIA e con interessi petroliferi nello Yemen, compaia nello spazio aereo presidenziale nel momento in cui tanto l’operato della CIA quanto lo Yemen si trovano nelle priorità immediate dell’amministrazione USA, non può non rappresentare un segnale inquietante, che ha il sapore di un avvertimento o di un’aperta minaccia.

Se i rapporti tra la principale agenzia d’intelligence americana e l’amministrazione USA si ricomporranno in seguito a questi minacciosi segnali o sfoceranno in guerra aperta è qualcosa che non tarderemo molto a sapere. Fin dall’epoca di Kennedy, la CIA non ha mai perdonato i presidenti americani che hanno provato ad indebolirla.