
Qualche articolo su uno dei più antichi e comuni vizi della Chiesa cattolica: la pedofilia.
Prendeteli da piccolidi Vania Lucia Gaito - www.bispensiero.it - 20 Marzo 2010
Il 2010 non è cominciato sotto i migliori auspici,  per la chiesa tedesca. Dopo l'ondata di rivelazioni e rapporti che hanno  svelato una serie infinita di abusi sistematici in Irlanda, è la volta  della Germania. Un'ondata che, di giorno in giorno, assomiglia sempre di  più all'ingrossarsi di uno tzunami.
Una faccenda gravissima per le  tasche della Conferenza Episcopale Tedesca, una delle più "finanziate"  dalla generosità dei fedeli, generosità che rischia di venir meno ad  ogni rivelazione che si aggiunge a quelle, fin troppo scottanti, già  rese note ai media.
Lo scandalo parte da una scuola, una delle  più prestigiose della Germania, nella quale "si formano i leader". 
La  scuola si chiama Canisius College, si trova a Berlino, è gestita dai  gesuiti ed è effettivamente l'
alma mater di molti  politici, imprenditori e scenziati tedeschi.
Tra la fine di gennaio e  l'inizio di febbraio di quest'anno, nel più assordante silenzio dei  media italiani, una ventina di ex studenti della prestigiosa scuola 
hanno  rivelato di essere stati vittime di sistematici abusi sessuali da parte  dei sacerdoti dell'istituto.
I sacerdoti accusati sono due, 
Peter Riedel  e Wolfgang Stab, che hanno lasciato la scuola già da diversi  anni, per essere destinati ad altri incarichi. 
Stefan Dartmann,  a capo dell'ordine dei Gesuiti in Germania, ha ammesso che 
i  vertici dell'ordine avevano le prove degli abusi commessi dai due  sacerdoti, e tuttavia non avevano mai informato i genitori, gli studenti  o le autorità.
Semplicemente avevano trasferito, come sempre  accade, lasciando che i due sacerdoti continuassero ad abusare dei  bambini nelle loro nuove sedi in Germania, Messico, Cile e Spagna, dove  erano di volta in volta trasferiti.
Di fronte alle rivelazioni  delle vittime, i due sacerdoti hanno avuto reazioni  completamente  differenti. Peter Riedel, che nel 1986 fu aggredito con un coltello da  una delle sue vittime che in seguito si tolse la vita, non ha mai  ammesso gli abusi. Tuttavia le accuse contro di lui sono pesantissime.
Una delle vittime ha raccontato, tra l'altro, di un abuso avvenuto in  uno scantinato nel giardino della scuola: padre Riedel lo aveva portato  dentro e gli aveva ordinato di masturbarsi davanti a lui. "Chiunque  volesse andare avanti in quella scuola doveva passare attraverso un  simile degrado" ha affermato il testimone.
Del resto, già nel  1981 
l'allora rettore del Canisius, Karl Heinz Fischer, aveva  informato i vertici dell'ordine, delle accuse di abusi a carico di padre  Riedel. In particolare aveva informato Rolf Dieter Pfahl,  Padre Provinciale dei Gesuiti e, a sua volta, ex rettore del Canisius.  Padre Pfahl, aveva convocato Riedel e  poco dopo era arrivato il  trasferimento del sacerdote ad altro incarico.
L'altro prete,  padre Wolfgang Stab, che attualmente vive in Sudamerica dopo aver  lasciato il Canisius nel 1992, ha invece ammesso gli abusi. E non solo.  Ha affermato, infatti, di aver informato fin dal 1991 le autorità  cattoliche tedesche dei propri crimini: 19 anni di abusi sistematici su  bambini affidati alle sue cure.
Il 20 gennaio, in una lettera aperta  alle sue vittime, padre Stab ha chiesto loro perdono ed ha affermato di  aver informato il Vaticano, dicendo la nuda e cruda verità sui propri  trascorsi.
"Mi dispiace per quello che vi ho fatto" scrive Stab. "E,  se potete, vi chiedo di perdonarmi."
Ovviamente, i vertici dei  Gesuiti sembrano cadere dalle nuvole. Anche padre Rolf Dieter Pfahl, il  Padre Provinciale che aveva trasferito a suo tempo Riedel a causa delle  accuse contro di lui. In una dichiarazione al Berliner Morgenpost ha  sostenuto di non sapere nulla degli abusi: "Se avessi saputo, trent'anni  fa, avrei agito immediatamente!" E infatti agì: trasferì il prete in  un'altra zona.
Stefan Dartmann, a capo dei gesuiti in Germania, e  il direttore del Canisius, Padre Klaus Mertes, in una conferenza stampa  congiunta si sono scusati "per non aver reagito, all'epoca, nel modo  appropriato". Ma ormai lo scandalo era già dilagato. E come nel gioco  del domino, basta che caschi un pezzo perchè caschino tutti gli altri in  sequenza.
Le accuse e le testimonianze, e non solo nei confronti dei  sacerdoti del Canisius College, si sono moltiplicate in brevissimo  tempo, 
finchè la Conferenza Episcopale tedesca è stata costretta  a prendere provvedimenti, incaricando il vescovo di Treviri, monsignor  Stephan Ackermann, di aprire una sistematica inchiesta nei ranghi della  Chiesa stessa e delle scuole religiose per fare luce su ogni caso di  abuso e molestia sessuale.
E così, di accusa in accusa,  di rivelazione in rivelazione, si arriva a 
Ratisbona,  luogo già noto per essere stato, in passato, teatro di un discorso  papale tristemente famoso.
Il vescovo di Ratisbona, Gerhard Ludwig  Müller, ha ammesso infatti che sono stati commessi abusi sessuali  nell'ambiente del famosissimo coro di ragazzi di Ratisbona all'epoca in  cui esso era diretto dal fratello di Papa Benedetto XVI. Il vescovo lo  ha scritto in una lettera ai genitori pubblicata sul suo sito internet  in cui afferma che «siamo fortemente impegnati a chiarire tutti i  possibili casi».
Il portavoce del vescovo, Clemens Neck, ha poi  dichiarato alla France Presse di «avere informazioni su presunti abusi  commessi tra il 1958 e il 1973», sui quali «vogliamo si conduca  un'inchiesta trasparente».
I responsabili dei presunti abusi sessuali  su alcuni bambini del coro del duomo di Ratisbona sarebbero due  religiosi, ambedue morti nel 1984, che per questo sarebbero stati anche  condannati a pene detentive.
Uno era un ex insegnante di religione e  vice direttore della scuola frequentata dai coristi che era stato  rimosso nel 1958 dall'incarico. Anche l'altro religioso era stato per  alcuni mesi direttore del collegio annesso al ginnasio del coro del  duomo, prima di essere condannato nel 1971.
La diocesi di Ratisbona  ha reso noto che istituirà una commissione d'inchiesta interna sul caso.  Ai giornalisti l'ex direttore del coro e fratello del Pontefice, 
Georg  Ratzinger, ha dichiarato di non essere mai venuto a conoscenza di alcun  episodio di abuso sessuale.
L'ondata di scandali  investe anche l'Olanda, dove sono state rese note 15 denunce contro  dieci sacerdoti del collegio salesiano Don Rua. Il vescovo di Rotterdam,  che presiede la Conferenza Episcopale olandese, ha aperto un'inchiesta.  A sua volta, anche il ministro della Giustizia olandese ha avviato  indagini sulla vicenda.
E tuttavia, tutti sono pronti a  dichiararsi ignari, tutti sono pronti a chiedere scusa e asserire di non  esser mai stati a conoscenza di nulla. Anche quelli che sapevano e  trasferivano, incuranti di esporre nuovi bambini ai rischi di abuso.
Del  resto, uno dei motti dei gesuiti recita "Prendeteli da piccoli e le  possibilità sono infinite".
Memoria fallacedi Vania Lucia Gaito - www.bispensiero.it - 26 Marzo 2010
Fa specie sentire il portavoce del Vaticano, 
padre  Federico Lombardi, parlare di tentativi accaniti di "coinvolgere  personalmente il Santo Padre nella questione degli abusi" e dello  scandalo della pedofilia.
Non me ne voglia, padre Lombardi, ma  non c'è bisogno di tentativi, i fatti parlano da soli, basta metterli in  fila. A cominciare dal principio, sgomberando il campo dalle  chiacchiere.
Il fatto che gli ecclesiastici abbiano  pruriti pedofili fin dalla notte dei tempi non c'è bisogno di  inventarselo, lo dice un papa, per la precisione Leone X, e lo  dice in un atto ben conosciuto, 
la Taxa Camerae, un  documento vergognoso che, ad onta del Vangelo che condanna la simonia  come peccato imperdonabile, promette il perdono in cambio di denaro.
I  primi due dei 35 articoli di cui si compone la Taxa Camarae riguardano  proprio gli ecclesiastici e i loro "peccati", in particolare il secondo  articolo:
"Se l’ecclesiastico, oltre al peccato di fornicazione  chiedesse d’essere assolto dal peccato contro natura o di bestialità,  dovrà pagare 219 libbre, 15 soldi. Ma se avesse commesso 
peccato  contro natura con bambini o bestie e non con una donna,  pagherà solamente 131 libbre, 15 soldi."
Correva l'anno 1517. Poco  meno di cinquecento anni fa. E la Chiesa già sapeva. Solo che fa più  comodo, adesso, contare sulla memoria fallace o sulla non conoscenza di  chi ascolta le chiacchiere dei vari portavoce.
Ho cominciato da troppo lontano? Veniamo ai giorni  nostri, allora.
Nel 1962 il cardinale Ottaviani redige un  documento noto come Crimen  Sollicitationis. Questo documento, prescrive ai vescovi  come comportarsi quando un sacerdote viene denunciato per pedofilia.
Nel  documento c'è scritto, in stampatello e ben evidente: "Servanda  diligenter in archivio secreto curiae pro norma interna. Non publicanda  nec ullis commentariis augenda", che vuol dire "
Da conservare  con cura negli archivi segreti della Curia come strettamente  confidenziale. Da non pubblicare, né da integrare con alcun commento"
Il  Crimen, in pratica, stabiliva una serie di norme da seguire nei casi di  pedofilia clericale. Il processo canonico al sacerdote accusato era un  processo diocesano, e a condurlo era il vescovo della diocesi cui il  sacerdote apparteneva. Il Crimen va analizzato e "studiato" con  cura, poichè è il vademecum che hanno seguito sempre i vescovi nei casi  di pedofilia clericale. E fin dal principio risulta chiaro che la  stessa esistenza del documento deve essere mantenuta segreta. Perchè?
Analizzando  il testo nel dettaglio se ne comprende perfettamente il motivo. I
ntanto  viene definito cosa intendere come peccato di provocazione:  "Il crimine di provocazione avviene quando un prete tenta un penitente,  chiunque esso sia, nell’atto della confessione, sia prima che  immediatamente dopo, sia nello svolgersi della confessione che col solo  pretesto della confessione, sia che avvenga al di fuori del momento  della confessione nel confessionale, che in altro posto solitamente  utilizzato per l’ascolto delle confessioni o in un posto usato per  simulare l’intento di ascoltare una confessione." Insomma, praticamente  sempre.
Un'altra prerogativa del Crimen è quella di  accomunare l'abusatore all'abusato: entrambi peccatori per aver  "fornicato", anche se l'abusato è stato circuito, plagiato, e, in molti  casi, violentato.
Nel testo, infatti, (art.73, pag.23 del  documento in latino) parlando di "crimine pessimo", intendendo l'abuso  di un bambino o gli atti sessuali con un animale (perchè la Chiesa  continua a paragonare, accomunare ed equiparare i bambini agli animali,  come ai tempi della Taxa Camerae, a meno che il bambino non sia ancora  nato e lì allora la sua vita diventa sacra e inviolabile), si legge che 
tale  peccato è commesso dal sacerdote "cum impuberibus", cioè "con" il  bambino, non "contro". Perchè, prima di tutto, viene la  condanna del sesso, anche quando è fatto contro la propria volontà; poi  tutto il resto.
Nei 74 articoli di cui è composto il  Crimen, si impartiscono direttive precise. Quella più pressante riguarda  sicuramente la segretezza, di cui tutto il documento è imbevuto.  Ma cosa prescrive il Crimen? Fondamentalmente questo: coprire, celare,  trasferire.
L'articolo 4 dice infatti che 
non c’è nulla che  impedisca ai vescovi "se per caso capiti loro di scoprire uno dei loro  sottoposti delinquere nell’amministrazione del sacramento della  Penitenza, di poter e dover diligentemente monitorare questa persona,  ammonirlo e correggerlo e, se il caso lo richiede, sollevarlo da alcune  incombenze.
Avranno anche la possibilità di trasferirlo, a meno  che l’Ordinario del posto non lo abbia proibito perché ha già accettato  la denuncia e ha cominciato l’indagine." Quindi, se si sa che il  sacerdote è un pedofilo ma non è stato aperto un processo canonico a suo  carico, non c'è nulla che impedisca al vescovo di trasferirlo.
E  se invece c'è una denuncia al vescovo? Prima di tutto, la segretezza.  Viene fatto giurare a tutti (esistono formule apposite, riportate nel  Crimen) di mantenere il segreto, sotto pena di scomunica.Devono mantenere il segreto i membri del tribunale diocesano che  "indagano" sulla denuncia, deve mantenere il segreto l'accusato e devono  mantenere il segreto anche gli accusatori e i testimoni, pena la  scomunica immediata, ipso facto e latae sententiae.
Sì, certo, anche la  vittima ed eventuali testimoni: "
Il giuramento di segretezza  deve essere in questi casi fatto fare anche all'accusatore o a quelli  che hanno denunciato il prete o ai testimoni." (Crimen  sollicitationis, art. 13, pag. 8 del testo in latino)
"Prometto, mi  obbligo e giuro che manterrò inviolabilmente il segreto su ogni e  qualsiasi notizia, di cui io sia messo al corrente nell'esercizio del  mio incarico, escluse solo quelle legittimamente pubblicate al termine e  durante il procedimento" recita la formula A del Crimen.
Tuttavia, 
all'articolo  11 viene specificato che tale silenzio deve essere perpetuo: "Nel  trattare queste cause la cosa che deve essere maggiormente curata e  rispettata è che esse devono avere corso segretissimo  e che siano sotto  il vincolo del silenzio perpetuo una volta che si siano chiuse e  mandate in esecuzione.Tutti coloro che entrino a far parte a  vario titolo del tribunale giudicante o che vengano a conoscenza dei  fatti per la propria posizione devono osservare il rispetto più assoluto  del segreto - che dev’essere considerato come segreto del Santo Uffizio  - su tutti i fatti e le persone, pena la scomunica ‘lata sententiae’  ‘ipso facto’ e senza nessuna menzione sulla motivazione della scomunica  che spetta al Supremo Pontefice, e sono obbligati a mantenere  l’inviolabilità del segreto senza eccezione nemmeno per la Sacrae  Poenitentiariae."
Tutto questo si è tradotto per decenni in una  prassi vergognosa che includeva il trasferimento dei preti pedofili di  parrocchia in parrocchia e la richiesta alle vittime di mantenere il  segreto, magari tacitandole con piccole somme, sapendo che in molti casi  le vittime venivano da ambienti già disagiati e mai avrebbero  affrontato la vergogna e le spese di una denuncia alle autorità civili.
Una  volta concluso il processo diocesano, se c'erano prove sufficienti a  condannare il prete pedofilo (e, caso strano, pare non si siano quasi  mai trovate), gli atti dovevano essere trasmessi, sempre in totale  segretezza, all'allora Santo Uffizio, poi divenuto Congregazione per la  Dottrina della Fede. In caso non ci fossero prove sufficienti, gli atti  dovevano invece essere distrutti.Ma come mai così poche  condanne da parte dei tribunali diocesani? Anche qui, il Crimen detta  prescrizioni precise. Innanzitutto, 
a decidere se la denuncia è  fondata o meno è l'ordinario diocesano, cioè il vescovo. Inoltre  il documento prescrive: "Se comunque ci sono indicazioni di un crimine  abbastanza serie  ma non ancora sufficenti a instituire un processo  accusatorio, 
specialmente quando solo una o due denunce sono  state fatte, o quando invece il processo è stato tenuto con  diligenza, ma non sono state portate prove, o queste non erano  sufficienti, o addirittura si sono trovate molte prove ma con procedure  incerte o con procedure carenti,
 l'accusato dovrebbe essere  ammonito paternamente, seriamente, o ancora più seriamente secondo i  diversi casi, secondo le norme del Canone 2307 [...] gli atti,  come sopra, dovrebbero essere tenuti negli archivi e nel frattempo  dovrebbe essere fatto un controllo morale sull'accusato."
Chi  decide se le prove sono consistenti e sufficienti? Sempre l'ordinario  diocesano.Il Crimen prescrive anche cosa fare  nel caso in cui il sacerdote sia stato ammonito ma il vescovo riceve  nuove denunce contro di lui: "Se, dopo la prima ammonizione,  arrivano contro lo stesso soggetto altre accuse riguardanti crimini di  provocazione precedenti l’ammonizione, l’Ordinario dovrebbe vedere,  secondo la propria coscienza e giudizio, se la prima ammonizione può  essere considerata sufficiente o se procedere a una nuova ammonizione  oppure ad eventuali misure successive."
Con queste premesse, è  ovvio che siano in pochissimi i sacerdoti condannati dai tribunali  diocesani: 
i vescovi si limitavano ad ammonire e trasferire,  molto spesso solo a trasferire. E la tutela dei bambini? Mai  presa in considerazione.
A fare un bilancio della situazione a  posteriori, 
il Crimen non è servito in alcun modo ad arginare il  problema della pedofilia clericale, è stato invece utile alla Chiesa a  "lavare i panni sporchi in famiglia".
Solo che, con l'andare  del tempo, i panni sporchi sono aumentati in maniera sproporzionata. La  politica dello struzzo non paga mai, e in questo caso si è dimostrata  letale. Negli anni, infatti, gli abusi non sono diminuiti, anzi, il  problema si è incancrenito e le vittime sono diventate migliaia.
Non  è neppure lontanamente credibile la professione di ignoranza fatta da  vescovi e prelati chiamati a rispondere nei tribunali penali, e non  diocesani, del loro operato. E sono sempre i fatti a smentirli.  Primo fra tutti l'esistenza di 
una congregazione religiosa  dedicata esclusivamente alla cura dei sacerdoti: i Servi del Paraclito.
Poco nota, se non agli "addetti ai lavori", la congregazione dei Servi  del Paraclito viene fondata nel 1942 dal sacerdote statunitense 
Gerald  Fitzgerald, a Jemez Springs  (Nuovo Messico), con lo scopo di  dedicarsi all'assistenza ai sacerdoti in particolare condizioni  giuridiche e morali.
Inizialmente, arrivavano a Jemez Springs  soprattutto sacerdoti con problemi di alcolismo, ma 
dal 1965 i  Servi del Paraclito cominciarono a trattare anche i sacerdoti pedofili.  Con scarsissimi, se non nulli, risultati.Lo stesso fondatore,  che dal principio si era opposto alla possibilità di accogliere preti  con tali problematiche, fin dagli anni cinquanta inviò numerose lettere a  vescovi, arcivescovi ed esponenti della Curia Romana in cui faceva  presente 
la necessità di allontanare dal sacerdozio i preti  coinvolti in casi di pedofilia. In 
una di queste  lettere, indirizzata al cofondatore della congregazione, scriveva:
"
Reverendissimo  e Carissimo Arcivescovo,Carissimo cofondatoreSpero che Sua  Eccellenza sia d'accordo e approvi quello che io considero una decisione  vitale, da parte nostra: per prevenire uno scandalo che potrebbe  danneggiare il buon nome di Via Coeli, non offriremo ospitalità ad  uomini che abbiano sedotto o tentato di sedurre, bambini o bambine.  Eccellenza, questi uomini sono diavoli e l'ira di Dio ricade su di essi  e, se io fossi un vescovo, tremerei se non facessi rapporto a  Roma per chiedere la loro forzata riduzione allo stato laicale. E' blasfemo lasciare che celebrino il Santo Sacrificio. Se i singoli  vescovi fanno pressione su di lei, Eccellenza, può dire loro che  l'esperienza ci ha insegnato che questi uomini sono troppo  pericolosi per i bambini della parrocchia e per il vicinato,  sicchè siamo giustificati nel nostro rifiuto di accoglierli qui. Sua  Eccellenza può inoltre dire, se lo desidera, che non intende interferire  con la regola che l'esperienza ha dettato.Proprio per  queste serpi ho sempre auspicato il ritiro su un'isola, ma  anche un'isola è troppo per queste vipere di cui il Gentile Maestro ha  detto che sarebbe stato meglio se non fossero mai nati; il che è un modo  indiretto di maledirli, non crede?
Quando vedrò il santo  padre, dirò a Sua Santità che devono essere ridotti ipso facto allo  stato laicale, immediatamente."Inutile dire come andò a  finire: la politica dello struzzo prevalse e la congregazione accolse i  preti pedofili per quello che, caritatevolmente, può essere definito un  tentativo di cura.
Un caso fra tutti può essere esemplificativo: padre  James Porter arrivò a Jemez Springs nel 1967, dopo essere stato  destituito da tre incarichi, ogni volta per problemi di pedofilia.
Eppure, padre John B. Feit, superiore dei Servi del Paraclito, scrisse  per lui accorate lettere di raccomandazione che gli fecero ottenere,  alla fine del "trattamento" una diocesi nel Minnesota, dove, appena  arrivato, ricominciò gli abusi.
In realtà, 
Jemez Springs  divenne nota come "il carcere dei preti" e funzionò come un "parcheggio"  per i sacerdoti su cui pendevano denunce di abusi. 
Nel  1994, la congregazione dovette chiudere l'esperimento di riabilitazione  dei preti pedofili: 17 preti furono coinvolti nel '91, in 140 cause per  abusi sessuali e la Curia pagò 50 milioni di dollari in accordi  stragiudiziali.
Identica politica fu seguita dalla  Chiesa ogni qualvolta fu messa di fronte alla problematica della  pedofilia clericale. 
Nel maggio 1985 a tutti i vescovi  statunitensi fu consegnato un documento noto come "Il manuale", redatto  da due preti e un avvocato: padre Michael Peterson, psichiatra della  clinica di S. Luke, il domenicano canonista padre Thomas Doyle e  l’avvocato Ray Mouton.
Il manuale analizza il problema della  pedofilia clericale e le conseguenze, economiche e morali, per la chiesa  cattolica. Fornisce direttive per affrontare il problema, ma viene  totalmente ignorato.
Il risultato anche in questo caso è evidente:  milioni di dollari in risarcimenti, diocesi in fallimento o prossime  alla bancarotta, un drastico calo di fedeli e soprattutto delle loro  generose donazioni.
Lo scandalo, venuto a galla negli Stati  Uniti, è solo l'inizio. Altrettanti scandali travolgono l'Australia, il  Sudamerica, il Messico, il Canada, l'Alaska, la Polonia, l'Irlanda, la  Spagna, l'Inghilterra, la Germania, l'Olanda e moltissimi paesi  africani.
Una vergogna dietro l'altra, si svelano i retroscena di  sacerdoti che hanno molestato, abusato, violentato decine di bambini,  alcuni piccolissimi.
Così, nel 2001, il cardinale 
Joseph  Ratzinger, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede dal  25 novembre 1981 fino alla sua nomina al soglio pontificio,  promulgò un epistola nota come 
De  Delictis Gravioribus o come Ad exsequandam.
In essa  richiamava il Crimen sollicitationis e avocava un diretto controllo, da  parte della Congregazione per la Dottrina della Fede, sui "crimini più  gravi", compresi gli abusi sui minori.
Per quella lettera,  il cardinale Ratzinger fu citato in  giudizio dall'avvocato Daniel Shea davanti al tribunale dalla Corte  distrettuale della contea di Harris (Texas), dove fu accusato di  "ostruzione alla giustizia".
Secondo l'accusa, infatti, il  documento della Congregazione avrebbe favorito la copertura di prelati  coinvolti nei casi di molestie sessuali ai danni di minori negli Stati  Uniti. Nel febbraio 2005 fu emanato dalla corte un ordine di  comparizione per il cardinale Joseph Ratzinger.
Il 19 aprile  2005, il cardinale Ratzinger fu eletto papa e i suoi  legali negli Stati Uniti si rivolsero al Dipartimento di Stato  chiedendo l'immunità  diplomatica per il loro assistito. L'Amministrazione  Bush acconsentì e Joseph  Ratzinger fu esonerato dal processo.Tuttavia, anche  non tenendo conto di questo "incidente di percorso", s
orgono  naturali molti interrogativi sull'operato di Ratzinger come Prefetto  della Congregazione per la Dottrina della Fede. E, altrettanto  naturali, sorgono molti dubbi sulla sua "presa di posizione" drastica e  rigorosa nei confronti della pedofilia clericale.
Che fosse  ben informato di quanto fosse grave e profonda la piaga degli abusi fra  il clero lo afferma lo stesso Ratzinger, nella memorabile nona stazione  della Via Crucis del 2005, quando sostituì Giovanni Paolo II ormai  morente: "Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro  che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui!"E  tuttavia, pur consapevole della "sporcizia", il Prefetto non si armò  mai di ramazza per far pulizia. Anzi, 
in molti casi "celebri" la  Congregazione fu assurdamente lenta e le vittime dovettero ricorrere ai  giornali per avere almeno una parvenza di giustizia. Il  caso più tristemente famoso è senza dubbio quello che riguarda 
il  fondatore dei Legionari di Cristo, Marcial Maciel Degollado.
Il Vaticano era a conoscenza di molte ombre sull'operato del sacerdote,  fin dal 1956, quando il cardinale Valeri lo trovò nella clinica romana  Salvator Mundi molto malridotto per l'abuso di morfina.
Tuttavia, i  procedimenti a carico del fondatore dei Legionari di Cristo non ebbero  mai alcun esito, neppure quando, nel 1978
 l´ex presidente dei  Legionari negli Stati Uniti, Juan Vaca, con un esposto a papa Giovanni  Paolo II, accusò Maciel di comportamenti peccaminosi con lui quand´era  ragazzo.
 Nel 1989 Vaca ripresenta a Roma le sue accuse.
Senza risposta, sebbene Ratzinger fosse già dal 1981 a capo dell'ex  Santo Uffizio. 
A febbraio del 1997 con una denuncia pubblica,  otto importanti ex Legionari accusano Maciel di aver abusato di loro  negli anni Cinquanta e Sessanta.
Nel 1998, il 17 ottobre,  due degli otto accusanti, Arturo Jurado Guzman e José Barba Martin,  accompagnati dall´avvocato Martha Wegan, incontrano in Vaticano il  sottosegretario della Congregazione vaticana per la dottrina della fede,  Gianfranco Girotti, e chiedono la formale apertura di un processo  canonico contro Maciel.
Il 31 luglio del 2000 Barba Martin, assieme  all’avvocato Wegan, incontra di nuovo in Vaticano monsignor Girotti. Ma  sempre senza alcun risultato.
Finchè, nel 2006, appena  cinquant'anni dopo le prime denunce, finalmente la Congregazione per la  Dottrina della Fede prende una risoluzione esemplare: invita padre  Maciel a ritirarsi ad una vita di preghiera e meditazione.Oggi, a distanza di pochi anni, continuano a spuntare scandali che  riguardano Maciel e i Legionari, come la presenza (accertata) di una  figlia in Spagna, frutto di una violenza ad una minorenne, diversi  presunti figli in Messico, dei quali, tra l'altro, non si sarebbe fatto  scrupolo di abusare. Insomma, il Vaticano ha aperto un'inchiesta. Molto  rassicurante.
Stessa sorte subita, più o meno, da procedimenti a  carico di sacerdoti italiani. Celebre il caso di 
don Cantini  in Toscana, per esempio. 
Stranamente, la Congregazione guidata  da Ratzinger ha sempre impiegato decenni ad indagare sui sacerdoti  pedofili, soprattutto quando si trattava di sacerdoti influenti, salvo  poi scoprire che, a causa del tempo trascorso, il delitto era caduto in  prescrizione.
Ad onor del vero, c'è da dire che in alcuni casi  sono anche state comminate condanne da far tremare i polsi: litanie alla  Madonna, rosari, perfino divieto di celebrare messa in pubblico. Se non  è "tolleranza zero" questa...
Poi viene fuori che 
il  fratello del papa distribuiva scapaccioni ai membri del coro da  lui diretto e che sapeva che il rettore dell'Internat, il convitto in  cui i coristi vivevano, li picchiava sistematicamente, con durezza e  spesso persino senza alcun motivo che potesse spingerlo a decidere una  punizione.
E tuttavia non aveva mai fatto nè detto nulla perchè,  essendo il convitto un'istituzione indipendente, non aveva il potere di  denunciarlo. 
Certo, perchè serve "essere autorizzati"  per denunciare violenze e abusi. Non basta l'amore per il  prossimo, quello per cui Cristo s'è fatto mettere in croce. Non basta il  senso di giustizia, non basta il desiderio di tutelare i bambini. 
Salvo  poi scusarsi, vent'anni, trent'anni dopo, e solo dopo che si è  sollevato lo scandalo. Questo desiderio di scusarsi come mai  non è mai stato avvertito prima che l'ex direttore del coro finisse  nell'occhio del ciclone e sulle pagine dei giornali?
Senza  parlare delle prese di posizione nettissime di papa Ratzinger.  Un esempio? Il suo ultimo viaggio negli Stati Uniti, nel corso del  quale, tra i festeggiamenti del suo compleanno con Bush alla Casa Bianca  e la visita a Ground Zero, il Papa ha sostenuto l'inconciliabilità tra  il sacerdozio e la pedofilia. Praticamente la scoperta dell'acqua calda.
Senza contare che in quella visita non era stato neppure previsto  un incontro con le vittime. 
Ratzinger fu spinto dall'opinione  pubblica e dai media americani ad un incontro estemporaneo con  quello che i giornali italiani hanno caritatevolmente definito "un  gruppo di vittime": cinque persone ricevute in piedi, meno di mezz'ora  in tutto, nella cappella privata della nunziatura apostolica di  Washington.
Contemporaneamente, però, 
ospiti del papa durante  quel viaggio sono stati tre vescovi celebri per aver coperto i preti  pedofili: il cardinale Egan e il cardinale Mahony, che sono stati gli  anfitrioni di Ratzinger durante i giorni trascorsi a New York, e il  cardinale Francis George, che ha accolto il papa a Washington. Dunque,  fuori dalle chiacchiere e dai proclami, i fatti, nudi e crudi, parlano  da soli.
E' questa la "tolleranza zero" di cui il Vaticano fa tanto  parlare?
I peccati di Murphydi Vania Lucia Gaito - http://viaggionelsilenzio.ilcannocchiale.it - 25 Marzo 2010
Il 28 agosto 1998, il vescovo Richard  Skiba, celebrando un  funerale, disse: "Ho una teoria sul giudizio  finale che aspetta ciascuno di  noi... solo una teoria, ma che mi da'  molto conforto e molta speranza.
Io non credo che il giudizio finale  avvenga quando tutti i nostri  segreti peccati sono rivelati al mondo  intero. Infatti, sarebbe un po'  arrogante pensare che il mondo intero  sia interessato a conoscere i peccati  segreti di ognuno."
Il  funerale era quello di 
padre  Lawrence C. Murphy, abusatore di  oltre 200 bambini sordomuti, coperto dalla  Chiesa fino al  giorno della sua morte.
Si  sbagliava, il vescovo Skiba: i segreti  peccati di Murphy avrebbero dovuto essere  rivelati, almeno perchè il  mondo potesse difendersi da lui.
Ma quell'omelia era  l'ultimo, pietoso  tentativo di copertura, una copertura durata decenni, messa in  pratica a  tutti i livelli, fino a quelli più alti, che avevano consentito a   Murphy di vivere indisturbato, protetto dalla tonaca e dal Vaticano,  nonostante  avesse rovinato almeno 200 giovani vite...
Ordinato  sacerdote nel 1950,
 Lawrence Murphy fu  assegnato alla St. John School,  una scuola per bambini sordi,  con la mansione di cappellano prima e di direttore  poi. Una vecchia  foto ritrae un gruppo di ragazzi, la squadra di  pallacanestro della  scuola, alcuni in piedi, altri accovacciati, e in mezzo a  loro un uomo  con una lunga tonaca nera e un pallone in mano.
Cinque di quegli  undici  ragazzi nella foto erano vittime del sacerdote ritratto insieme a loro.   Eppure nessuno lo avrebbe mai sospettato, nessun genitore ebbe mai  neppure un  dubbio.
Padre Murphy sembrava un uomo eccezionale:  non era  molto alto, ma aveva un sorriso capace di sciogliere anche il  ghiaccio, aveva  preso a cuore il benessere dei bambini sordi e si  faceva in quattro,  organizzando raccolte di fondi, conferenze, eventi  benefici, accettando  contributi alla scuola per migliaia di dollari,  allenando personalmente la  squadra di pallacanestro.
Nelle sue mani  l'istituto si era trasformato: al  vecchio edifico del secolo precedente  s'era aggiunta una nuova ala, poi una  piscina, poi una palestra, poi  un campo da basket. I
 genitori dei  bambini lo adoravano, e  descrivevano la messa celebrata da padre Murphy come un  grande evento  spirituale.Il suo lato oscuro forse non sarebbe mai   stato conosciuto se tre delle sue vittime, dopo aver lasciato la scuola,  non si  fossero raccontate l'un l'altro quello che avevano subito. 
Era  il 1974.
Un anno prima un ragazzo della St. John era andato al  dipartimento di polizia e  aveva accusato Murphy di abusi, ma Murphy,  insieme ad un altro insegnante della  scuola, si era presentato alla  polizia sostenendo che il ragazzo fosse  mentalmente disturbato, e il  caso era stato archiviato.Del resto,  padre Murphy era un  pilastro della comunità, amatissimo, e aveva perfino  ricevuto, pochi  mesi prima, la American Legion Award per il suo impegno a favore  del  benessere dei bambini. Come non credergli?
"Eppure io sapevo che  continuava a molestare i bambini" afferma Bolger,  una delle sue  vittime. Così, contattò altri ex allievi della scuola, e scoprì  che  altri erano stati abusati. Tuttavia, quando denunciarono il  sacerdote  alle autorità, 
scoprirono che il reato era caduto in  prescrizione.  Murphy negò tutte le accuse e, di nuovo, le indagini si  bloccarono. Le vittime si  rivolsero così  all'arcidiocesi di Milwaukee, retta dal vescovo Cousins.   Vennero raccolte una ventina di testimonianze giurate e furono  consegnate al  vescovo. Cousins chiese di incontrare alcuni degli  accusatori e l'incontro fu  fissato per il 9 maggio 1974. C'era anche  padre Murphy.
"Ci sedemmo su cinque o sei sedie vicine  all'arcivescovo" ricorda Conway.  "Padre Murphy era seduto accanto a me.  C'erano una dozzina di persone in tutto,  nella stanza. Alcuni  lavoravano al St. John. Padre Murphy fu quasi timido,  durante  quell'incontro. Non disse una parola. E non alzò gli occhi da  terra"
L'arcivescovo  spiegò ai presenti che da  anni la diocesi era a conoscenza del  problema degli abusi, affermò di capire le  motivazioni di tutti coloro  che chiedevano che padre Murphy fosse rimosso dalla  scuola, e tuttavia  padre Murphy era troppo importante per la scuola e non  potevano  rimuoverlo. Potevano però evitare che avesse contatti con i   bambini.
In fondo, Murphy aveva fatto molto per la comunità dei sordi.  Un  discorso, insomma, che lasciava tutte le cose com'erano e fece andar  via le  vittime piene di disgusto.
"Guidando verso casa,  continuavo  a piangere e piangere. Ero sconvolto dal dolore" racconta Budzinski,   una delle vittime presenti all'incontro.
Invece, il 18 maggio 1974, il  Catholic  Herald Citizen annunciò che padre Murphy aveva lasciato  l'incarico di direttore  della scuola e tutti gli incarichi sia di  insegnamento che pastorali per  occuparsi di altri doveri sempre  relativi al St. John. Tuttavia, pochi mesi  dopo, lo stesso giornale  diede la notizia delle dimissioni di Murphy a  causa di problemi di  salute.
L'anno  seguente, Murphy fu nuovamente portato in  tribunale con l'accusa di abusi  sessuali. Il vescovo Cousins testimoniò  di fronte alla corte giurando che nel  corso delle indagini che la  diocesi aveva svolto non era mai emerso nulla a  carico del sacerdote,  che era un uomo onesto e si era sempre sacrificato per la  scuola. Anche  la nuova denuncia fu lasciata cadere.
Dal 1974 al  1994, Murphy collaborò con una  delle parrocchie della diocesi,  Sant'Anna, ma negli annuari dicesani non fu mai  specificato che tipo di  incarico ricoprisse. Si ritirò nel 1994 e morì quattro  anni dopo.
Ma  cosa era accaduto nelle segrete stanze  della diocesi, come mai padre  Murphy lasciò l'incarico col pretesto della salute  cagionevole e  soprattutto, che fine fecero le accuse contro di lui e le  testimonianze  scritte affidate al vescovo Cousins?
Un  memorandum datato 11  settembre 1974 spiega alcune cose: la situazione è  diventata scottante,  è meglio allontanare il sacerdote. Sul giornale diocesano e  sul  Catholic Herald Citizen verrà pubblicata la notizia delle dimissioni di   Murphy a causa della cattiva salute, e il prete sarà trasferito alla  diocesi di  Superior.
Non è dato sapere se il vescovo di  Superior  fosse informato dei trascorsi del sacerdote, ma dopo qualche anno dal   trasferimento, il 9 luglio 1980, il vescovo ausiliario della diocesi di  Superior  scrive al vicario diocesano della diocesi di Milwaukee:
"Non molto tempo fa, in una  conversazione con padre  Murphy, è divenuto chiaro che è interessato a  chiarire il suo status e la sua  relazione con la diocesi di Milwaukee. E'  molto desideroso di ottenere  un incontro, ovunque e in qualunque  momento, per mettere il suo talento e il suo  apostolato al servizio  della comunità dei sordi. E' molto desideroso di  tornare  nell'Arcidiocesi di Milwaukee, a riprendere il suo ministero nella   comunità dei sordi adulti. Spera anche di avere altre possibilità, se   necessario.
In una recente conversazione con  l'arcivescovo  Weakland, ho avuto l'impressione che non sia ravvisabile in questo   momento un ritorno a Milwaukee di padre Murphy, per ripredere il suo  lavoro con  i sordi. Mi chiedo se posso imporre alla tua gentilezza e ai  tuoi uffici di  perorare questa causa con me. Io credo che  padre Murphy abbia un grande  dono da offrire, specialmente  nell'apostolato con i  non-udenti."
 Al vescovo Cousins  era succeduto il  vescovo Weakland nella guida della diocesi di Milwaukee e,  appena  insediato, il nuovo ordinario si era trovato per le mani due patate   bollenti, quella di Murphy e quella di un altro sacerdote pedofilo. Le  vittime  di padre Murphy non si erano mai rassegnate a "dimenticare e  perdonare" e  continuavano ad arrivare denunce, col pericolo che ad ogni  momento scoppiasse  uno scandalo.
Così, l'arcivescovo  scrive al  cardinale Ratzinger, Prefetto della Congregazione per la  Dottrina della  Fede:
 "Sua Eminenza,
le scrivo per   informarla di due situazioni nelle quali due preti di questa  arcidiocesi sono  stati accusati di adescamento di un penitente al fine  di commettere peccato  contro il sesto comandamento del Decalogo (c.  1387). I casi sono completamente  scollegati e sono accaduti in due  diversi periodi di tempo, ma solo di recente  sono venuti alla luce. Ho  bisogno quindi del suo parere sulla procedura da  seguire.
Poco  prima che cominciasse il mio periodo  sabbatico, il 1 gennaio 1996,  ordinai al mio vicecancelliere, il reverendo James  E. Connell, di  indagare sulle accuse fatte ai due sacerdoti. Al mio ritorno, il  1  luglio, padre Connell mi ha informato che in entrambi i casi le   testimonianze giurate sostengono le accuse summenzionate.  Padre Connell  crede che le testimonianze siano state rese in buona fede  e devono essere tenute  in seria considerazione, e io sono d'accordo  con lui.
Il  primo caso riguarda il reverendo Lawrence C. Murphy,  prima cappellano e poi  direttore della Scuola per Sordi St. John, a  Milwaukee, fra il 1950 e il 1974.  Secondo le persone che hanno reso la  testimonianza giurata, padre Murphy usava  il confessionale per  sollecitare atti peccaminosi contro il sesto comandamento  del Decalogo,  molti studenti furono adescati in questo modo e siamo sul punto di   ricevere ulteriori testimonianze da altre persone.
Sebbene le prove  contro padre Murphy siano state esaminate anche dal mio  predecessore,  poichè facevano parte di un processo civile, poi archiviato,  contro il  sacerdote, è questa la prima volta che vengo a conoscenza di abusi dal   confessionale. Credo che la comunità dei sordomuti tenda a tenere per sè  i  propri problemi e certe faccende imbarazzanti, e questo spiega la  riluttanza  delle vittime a denunciare l'accaduto.
Padre Murphy è   stato ordinato prete nel maggio del 1950, la sua assenza dura dal  settembre del  1974 e non è mai vissuto nel territorio dell'arcidiocesi  di Milwaukee da quando  sono arcivescovo. Appena ricevetti l'incarico,  mi fu reso noto che l'assenza di  padre Murphy era dovuta a faccende  sessuali, ma meno di un anno fa ho saputo che  l'adescamento dal  confessionale rientrasse nella questione. E' stato allora che  ho  chiesto a padre Connell di condurre un'indagine.
La  mia attuale  preoccupazione non è solo per la giustizia, è necessario soprattutto   che la Chiesa dia una risposta alla comunità dei sordomuti di questa  diocesi, in  modo da placare la loro rabbia e ristabilire la loro  fiducia nel ministero  ecclesiastico.[...]
Ho discusso i  particolari del  caso col mio canonista e ci chiediamo se un processo  canonico sia appropriato,  considerando il tempo trascorso, o se questa  particolare materia sia riservata  alla Congregazione per la Dottrina  della Fede  [...]"
 Nel dicembre del 1996,   l'arcidiocesi di Milwaukee inizia un processo diocesano contro padre   Murphy, in attesa di una risposta dalla Congregazione o da Ratzinger.   Ma la risposta non arriva, e allora l'arcivescovo Weakland scrive al   cardinale Gilberto Agustoni, Prefetto del Supremo Tribunale della  Signatura  Apostolica.
Gli racconta di aver scritto a Ratzinger e di non  aver  ricevuto risposta, gli esprime il caso e affida la lettera al  cardinale Agostini  Cacciavillan, Nunzio Apostolico.
Il cardinale  Agustoni  risponde: la Signatura non ha competenza sul caso, inoltra  tutto alla  Congregazione di Ratzinger. E arriva anche la   risposta dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, firmata dal  cardinale  Tarcisio Bertone:
 "Nella sua lettera del 11  dicembre 1996, ha chiesto  quale fosse la procedura da seguire nei casi  di Lawrence C. Murphy e Michael T.  Neuberger, sacerdoti della diocesi  accusati del crimine di adescamento dal  confessionale.
La  Congregazione chiede di  istruire i rispettivi processi in accordo con  l'allegato "Instructio de modo  procedendii in causis sollicitationis"  [il Crimen sollicitationis  n.d.r.] con particolare riferimento  agli articoli 5 e 55. Benchè le  norme di quel documento siano in  vigore, devono essere lette alla luce  del nuovo diritto canonico,  soprattutto rispetto ai rimandi al  canone."
 Il cardinale Bertone  chiedeva  quindi di istruire i processi come previsto dal Crimen, quindi  segretezza  assoluta. Tuttavia c'era un conflitto, poichè padre Murphy   apparteneva diocesi Milwaukee ma risiedeva nella diocesi di Superior e  il  vescovo Fliss avocò il procedimento.
Il 12  gennaio 1998  padre Murphy scrisse a Ratzinger:
 "Sono un prete della  arcidiocesi di Milwaukee, vivo  nella diocesi di Superior nel Wisconsin.  Le scrivo per un procedimento a mio  carico portato avanti dalla  diocesi di Superior e iniziato nella diocesi di  Milwaukee. E' un  procedimento che chiede la mia dimissione dallo stato  clericale, usando  le norme istituite dalla Congregazione per la Dottrina della  Fede nel  1962, intitolate "De modo procedendii in causis  sollicitationis".
Il  mio caso può essere riassunto  così: nel 1974 mi dimisi dalla Scuola  per Sordi St. John, St. Francis,  Wisconsin, nell'arcidiocesi di  Milwaukee, a causa di accuse di cattiva condotta  sessuale.  L'arcivescovo Cousins, all'epoca arcivescovo di Milwaukee, fu  d'accordo  nel farmi risiedere presso la casa estiva della mia famiglia, presso   la diocesi di Superior. Sono vissuto lì finora.
Il mio  ministero non  è mai stato limitato, ma non ho più ricevuto incarichi pastorali.  A  causa della mia abilità nel "linguaggio dei segni", comunque, di tanto  in  tanto venivo chiamato ad aiutare in questo campo. E, poichè il mio  ministero non  è mai stato limitato, venivo anche chiamato ad assistere  il parroco locale.  Contro di me non ci sono state ulteriori accuse fin  da quando ho lasciato la  scuola St. John nel 1974.
Circa cinque anni  fa, comunque,  alcuni ex studenti della St. John contattarono la  diocesi di Milwaukee,  rilanciando accuse contro di me. Non c'erano  prove di una mia cattiva condotta  recente, ma erano accuse per offese  perpetrate tra il 1963 e il 1969. Alcune  delle prove riguardano  adescamenti dal confessionale.
Dopo queste accuse, secondo le  norme del 1962, l'arcidiocesi di Milwaukee  cominciò un procedimento  penale contro di me, per dimettermi dallo stato  clericale. Quando il  mio avvocato, il rev. Patrick R. Lagges, dell'arcidiocesi  di Chicago,  sottolineò che era intervenuta la prescrizione, l'arcidiocesi di   Milwaukee tentò di istruire un processo basato sull'adescamento dal   confessionale.
Il mio avvocato sottolineò che tale  processo doveva  essere istituito dalla diocesi di Superior, nella quale vivo,  quindi  l'arcidiocesi di Milwaukee chiese alla diocesi di Superior di cominciare   un processo secondo le norme del 1962 pubblicate dalla Congregazione  per la  Dottrina della Fede. Un decreto del 6 gennaio 1998 mi informava  di questo fatto.  La diocesi di Superior sta usando il personale  dell'arcidiocesi di Milwaukee per  portare avanti il caso.
Mi  appello alla  Congregazione per la Dottrina della Fede per questa  ragione: chiedo che la  Congregazione dichiari l'invalidità del decreto  di citazione della diocesi di  Superior. Le accuse contro di me  risalgono ad azioni commesse più di  venticinque anni fa. E' contro le  norme del 1962, che stabiliscono che qualsiasi  azione debba essere  intrapresa entro un mese dalle accuse di  adescamento.
 Ho settantadue anni,  Eminenza, e  non sono in buona salute. Ho di recente avuto un  nuovo attacco che mi  ha lasciato indebolito. Ho seguito le direttive  sia del vescovo Cousins sia del  vescovo Weakland. Sono pentito per le  trasgressioni del passato, e sono vissuto  in pace nel nord del  Wisconsin per venticinque anni. Semplicemente, voglio  vivere il tempo  che mi resta nella dignità del sacerdozio. Chiedo il suo  intervento per  questo."
  Il cardinale Bertone scrisse quindi alla diocesi di Superior:
 "Tenendo in considerazione quanto  espresso da padre Murphy nella sua lettera, e prima di decidere circa un  procedimento giudiziario per stabilire le responsabilità canoniche del  prete accusato, questa congregazione invita Sua Eccellenza alla cautela  su quanto il canone 1341 propone come misure pastorali destinate ad  ottenere la riparazione dello scandalo e il ripristino della giustizia."
 Il  30 maggio 1998, nella sede della  Congregazione per la Dottrina della Fede, si  incontrano il cardinale  Bertone, monsignor Girotti, Don Antonio Manna  dell'Ufficio  Disciplinare, padre Antonio Ramos con monsignor  Weakland, arcivescovo  di Milwaukee, il suo vescovo ausiliare, monsignor  Skiba, e monsignor  Fliss, vescovo di Superior.
 Ecco l'estratto della riunione spedito  dalla Congregazione per la  Dottrina della Fede al vescovo Fliss.
 
  
   
Duecento bambini abusati contano molto  meno di un sacerdote. Un ammonimento e il  divieto di celebrare messa  nella diocesi di Milwaukee possono bastare, suvvia. E  i portavoce si  stracciano le vesti tentando ancora di raccontarci la favola dei   complotti anticlericali.
 Io sono senza parole. Loro sono senza   vergogna.