martedì 23 marzo 2010

USA: una riforma sanitaria con la R maiuscola?

Alla fine la tanto agognata riforma sanitaria voluta dal presidente USA Barack Obama è passata ieri alla Camera dei Rappresentanti con 219 voti a favore e 212 contrari - di cui 34 democratici, il che la dice lunga su quanto sia stato irto di ostacoli tutto il suo percorso legislativo.

Ostacoli che però non sono ancora finiti: almeno 11 Stati - tra cui Florida, Virginia e Alabama - vogliono infatti agire legalmente contro la legge.

Ma il testo approvato ieri è comunque diverso da quello originale che Obama aveva presentato mesi fa. E lo stesso Obama ha già detto che non si tratta di una riforma "radicale".

Siamo quindi di fronte a una vera riforma con la R maiuscola? I dubbi sono molti e giustificati.
Se ne parla più approfonditamente qui di seguito.


Ecco la Riforma Sanitaria
di Antonio Marafioti - Peacereporter - 22 Marzo 2010

Con 219 voti favorevoli conto 212 la Camera dei Rappresentanti approva la storica riforma che offrirà copertura sanitaria ad altri 32 milioni di cittadini. Ora si aspetta l'ok dei Senatori.

Nonostante la defezione di 34 membri del suo partito, che hanno votato in forza con l'opposizione repubblicana, Barack Obama è riuscito a vincere la partita più importante del suo programma politico: quella sulla riforma sanitaria nazionale.

Un passo storico, sostiene la stampa statunitense, che da Truman a Clinton ha visto fallire tutti i presidenti democratici.

Nella notte fra domenica e lunedì sono stati due i fattori vincenti che hanno premiato gli sforzi dell'ex senatore dell'Illinois. Da una parte c'è stato il lavoro di Nancy Pelosi, speaker della Camera e fedelissima del presidente, che è riuscita a gestire con polso di ferro le correnti indipendentiste fra i democratici.

Dall'altra c'è proprio il cambio di rotta, dell'ultimo minuto, di una di queste correnti. Precisamente quella dei cattolici antiabortisti capeggiati da Bart Stupak, deputato del Michigan.

Nel corso di un incontro lampo fra i vertici della Casa Bianca, la Pelosi e i democattolici, Obama è riuscito ad agguantare, a votazione già aperta, gli ultimi "si" per superare definitivamente lo scoglio della Camera bassa. Il verdetto finale è stato 219 "si" contro 212 "no" di tutto il fronte repubblicano più, appunto, 34 democratici.

Cosa cambia. Lo stesso Obama ha dichiarato, pochi istanti dopo il voto, che "questa non è una riforma radicale ma è una grande riforma". L'inquilino della Casa Bianca, che comunque raggiunge un ottimo traguardo, è pienamente consapevole che il muro della Sanità privata negli States è impossibile da abbattere.

Tuttavia, grazie alla nuova legge, la percentuale dei cittadini che saranno coperti da assicurazione medica passerà dall'attuale 83 al 95 percento entro il 2014. Sarà questa la data in cui il provvedimento, costato 940 miliardi di euro spalmati in 10 anni, entrerà a pieno regime.

Assicurazioni. Diventeranno obbligatorie per tutti, pena il pagamento di una multa, ad esclusione dei soggetti a basso reddito. Basta allo sciacallaggio ai danni dei meno abbienti. Le compagnie assicurative dovranno, a partire da quest'anno, attenersi dalle nuove disposizioni che proibiscono loro di negare la copertura sanitaria ai bambini affetti da patologie preesistenti al momento della sottoscrizione della polizza e di annullare gli accordi per gli adulti che si ammalano gravemente.

Novità anche sul fronte Medicaid, il programma federale di assicurazione statale per i poveri, che si espande fino a coprire gli individui con un reddito che raggiunge il 133 percento del livello di povertà federale stabilito in 29.327 dollari annui per una famiglia di quattro persone.

Dal 2014 scatterà, per la prima volta, la copertura per i single senza figli che rientrano nelle categorie protette dal Medicaid.

Verrà, infine, ritardata al 2018 la tassazione dei Cadillac Plans, i piani assicurativi ad alto costo. Tra otto anni tutti gli individui con un reddito superiore ai 200mila dollari pagheranno un'imposta di 10.200 dollari, portata a 27.500 dollari per le famiglie in cui i coniugi hanno entrate superiori ai 250mila dollari.

Lavoratori e Anziani. Passa la previsione, nata in Senato, che stabilisce che le imprese non saranno obbligate a offrire copertura sanitaria ai dipendenti. Tuttavia viene conteplata una tassa a carico del datore di lavoro quando sarà lo Stato a finanziare le assicurazioni dei suoi impiegati. Saranno interessate dal provvedimento tutte quelle aziende con minimo cinquanta lavoratori e i costi previsti ammontano a 2mila dollari per dipendente.

Nel calcolo, fatto sull'intera forza lavoro dell'azienda, saranno compresi anche gli impiegati part-time che peseranno la metà di un dipendente a tempo indeterminato. Per gli anziani è stata prevista un'agevolazione nel Medicare per l'acquisto dei farmaci.

Una volta superata la cifra di 2.830 dollari verrà stanziato, per quest'anno, un bonus di 250 dollari che, a partire dal 2011, si trasformerà in uno sconto del 50 percento sul totale dei medicinali acquistati.

Dal 2020 la sovvenzione del programma federale coprirà il 75 percento delle spese sui farmaci che rimarrà a carico dei cittadini per il restante 25 percento.

Aborto. Il punto più ideologico dell'intera questione e che ha costituito, fino a pochi istanti prima del voto, il nodo gordiano della manovra. Alla fine l'establishment di Washington è riuscito a mantenere la voce all'interno del disegno di legge votato lo scorso Natale dal Senato, specificando, però, che le operazioni per l'interruzione volontaria della gravidanza non peseranno sulle tasche dei contribuenti.

Il contraente che vorrà ricevere assistenza sanitaria per un intervento abortivo dovrà pagare di tarsca propria un premio speciale che le assicurazioni saranno costrette a inserire nelle proprie polizze.

Ogni Stato della federazione sarà libero di vietare, tramite propria legislazione, questa pratica di autofinanziamento dell'interruzione della gravidanza ove questa non riguardi casi di stupro, incesto e pericolo di vita della madre.


Riforma Sanitaria: questione di lobby
di Antonio Marafioti - Peacereporter - 19 Marzo 2010

James Thurber, uno dei più importanti esperti internazionali di Pubblic Affair, spiega come i gruppi d'interesse hanno bloccato finora la Riforma sanitaria negli Stati Uniti

Questa domenica la riforma sanitaria nazionale, il sogno del presidente Barack Obama, potrebbe essere liberata dall'ostruzionismo repubblicano in Senato. Ma dietro l'approvazione della manovra, pensata per 31 milioni di cittadini statunitensi e in ostaggio dei legislatori ormai da parecchi mesi, ci sono interessi che vanno ben oltre la politica. James Thurber (in foto), professore di Pubblic Affairs all'American University di Washington, è uno dei più importanti esperti internazionali di lobby.

Nella sua lunga carriera ha lavorato con diversi parlamentari e a stretto contatto con i presidenti Clinton e Obama. Peacereporter l'ha incontrato a Milano per chiedergli quali fattori hanno impedito al quarantaquattresimo presidente degli Stati Uniti d'America di chiudere la partita più importante del proprio programma politico.

Nonostante l'arduo lavoro parlamentare la Riforma sanitaria continua a rimanere bloccata tra Senato e Congresso. Perché?

Perché il Senato ha bisogno di 60 voti per superare quello che viene chiamato ostruzionismo o discussione illimitata. Dopo l'elezione di Brown (Scott, repubblicano che il 4 febbraio scorso ha preso il posto del defunto Ted Kennedy ndr) nel Massachusetts, i democratici sono fermi a 59 voti, ma anche con 59 voti ci sono frange all'interno del partito democratico che non sono d'accordo con Obama.

La ragione ultima di questo dissenso risiede nelle pressioni esercitate dalle potenti lobby. Pensi alle compagnie di assicurazione sanitaria, alle aziende farmaceutiche e alla stessa classe medica. È la forza di questi gruppi di interesse, unita alla non coesione all'interno dei democratici, a bloccare realmente la riforma.

Può spiegarci come le lobby assicurative e della sanità riescono a fermare il piano del presidente Obama?

Stanno usando il denaro per la pubblicità in televisione e sulla carta stampata, stanno lavorando all'interno di tutti i collegi elettorali per il Congresso al fine di opporsi alla riforma. Il fatto è che non esiste uniformità: alcune lobby sono a favore della nuova legge, ma quelle che sono contrarie hanno raccolto e speso più soldi quest'anno di quanto ne abbiano mai avuti in passato.

I democratici hanno ritirato la public option - l'assicurazione pubblica -. È cosi difficile per lo Stato competere in questo campo?

La definizione "public option" è un classico caso dei riformulazione. In realtà non è una opzione pubblica come vorrebbero farla apparire i repubblicani. È piuttosto una sorta di cooperativa nella quale si riuniscono coloro che tentano di acquistare l'assicurazione sanitaria ad un tasso inferiore. E non sarà gestita dal governo federale ma da consorzi estranei all'amministrazione e molto più simili a organizzazioni no-profit.

Obama sostiene che non ci sono freni alle speculazioni delle assicurazioni. Esiste un allarme sciacallaggio?

Assolutamente si. Il settore sanitario, le compagnie assicurative e i loro dirigenti stanno facendo centinaia di milioni di dollari negando le indennità e aumentando il costo della copertura assicurativa. Discorso differente va fatto per gli ospedali e la classe medica che spesso stentano a sopravvivere perché, in alcuni casi, le compagnie assicurative aumentano i profitti sulle loro spalle.

L'opposizione ha ribadito che c'è la necessistà di aumentare i tassi di pagamento Medicaid per i medici e gli ospedali. Ma la riforma ha lo scopo primario di offrire cure gratuite a 31 milioni di statunitensi. Come si spiega questa miopia politica?

La situazione non è semplicemente democratici contro repubblicani. Entrambi, per esempio, vorrebbero aumentare i fondi da destinare ai medici. Il blocco della riforma è piuttosto dato dal fatto che l'opposizione si oppone anche alla copertura sanitaria per 31 milioni di persone e propone un piano alternativo dove la cifra diminuisce a 3 milioni. Ciò accade essenzialmente a causa di differenze filosofiche sul ruolo dello Stato. Alla domanda: lo Stato deve aiutare le persone? I democratici rispondono "sì" e repubblicani "no".

La Casa Bianca ha prima minacciato di andare avanti con i soli voti dei democratici e poi ha chiamato tutti i legislatori al dialogo. Obama vincerà correndo solo o aprendosi all'opposizione?

Tecnicamente sta avvenendo che il presidente si vede costretto a dover aggirare l'ostruzionismo mediante l'uso della "Reconciliation". Obama chiederà la votazione sulla legge come modifica del bilancio, senza possibilità di emendamenti, e quindi gli saranno necessari solo 51 voti. Per questo ha deciso di correre solo e cercare di costruire una coalizione, con l'appoggio di uno o due repubblicani, su un progetto di legge diverso. Vincerà? Credo che nemmeno lui lo sappia a questo punto. Ma questa è l'unica strada che può seguire visto e considerato che gli è impossibile ottenere 60 voti.

Secondo le ultime rilevazioni statistiche il consenso generale verso l'amministrazione è il più basso di sempre, 44 percento degli elettori. In cosa sta sbagliando il presidente?

Sta dilapidando rapidamente il capitale politico guadagnato durante le elezioni ed è per questo che l'opposizione è in grado di bloccarlo usando semplicemente la strategia del "no". Penso che gli americani non comprendano davvero cosa contempli il disegno di legge sull'assistenza sanitaria. E Obama si pone nei loro confronti come un professore che è li per dare lezioni e questo approccio politico non è molto popolare.

Egli sta tentando di persuadere la gente su quale problema c'è e quale soluzione dovrebbe esserci, ma non sta riuscendo a farlo. La mia opinione personale su di lui è ancora buona ma i repubblicani stanno usando ogni argomento possibile per farlo apparire come un re che decide per tutti piuttosto che come qualcuno che fa veramente quello che vuole la gente. Gli unici consensi bipartisan li ottiene sul dispiegamento di truppe in Afghanistan, ma, anche in questo caso, quando conquista i repubblicani perde invece le correnti più progressiste del suo partito.

Il punto della discordia principale rimane la copertura assicurativa pubblica dell'aborto. I democratici non intendono rinunciarvi e i repubblicani la reputano inammissibilie. Come si può comporre la frattura?

Quando qualcuno crede che abortire equivalga a uccidere una persona diventa molto difficile per lui giungere a un compromesso. Per questo motivo si sta cercando di tenere questa materia fuori dal disegno di legge. Obama continua a stare molto attento al messaggio politico sostenendo che pur rispettando il diritto alla vita, sia necessario tutelare a livello statale anche le donne che vogliono interrompere la gravidanza. Bilanciare le due istanze è ancora impossibile e, se si riuscirà ad apportare emendamenti in Senato, non sarà facile farlo al Congresso perché è più controllato.

Lobby, scontri politici e franchi tiratori. Il presidente riuscirà a far approvare la legge?

Sinceramente non lo so, ma penso che stia facendo la cosa giusta ricorrendo alla riconciliazione perché se la legge non dovesse passare sarà estremamente difficile per lui vincere la sfida. Dopo novembre è probabile che egli perda la maggioranza alla Camera e, anche se continuerà ad avere i numeri in Senato, questa situazione di stallo potrebbe protrarsi per altri due anni.

Questo è il momento cruciale della sua amministrazione e dovrà andare avanti e senza avere un ampio sostegno. Rahm Emanuel, il capo dello staff della Casa Bianca, gli sta consigliando di continuare come in un gioco d'azzardo. Perché se si perde è male ma se si retrocede è anche peggio.


Obama, una riforma sanitaria con il trucco
di Filippo Ghira - www.rinascita.eu - 23 Marzo 2010

Ignorando le proteste della destra repubblicana, che ha parlato di un provvedimento degno di un Paese socialista come Cuba, un’accusa sanguinosa in un Paese come gli Usa, la Camera dei Rappresentanti ha approvato con una maggioranza risicata la contestata riforma della Sanità voluta da Barack Obama.

I repubblicani hanno votato compatti per il no e a loro si è unita una non indifferente schiera di deputati democratici tanto, che il voto ha registrato una maggioranza di appena 219 sì contro 212, il quorum richiesto era di 216, a fronte di 4 assenti. Per Obama si tratta di una vittoria politica dalla quale però il suo partito esce sconfitto e diviso se si pensa che alla Camera ci sono 233 democratici contro 202 repubblicani.

Il presidente ha usato toni enfatici e kennediani per esaltare il voto affermando che gli Usa sono ancora “un popolo capace di fare grandi cose ed affrontare le grandi sfide”. Il voto rappresenterebbe così la realizzazione di un sogno dei tanti che si sono battuti per sostenerlo.

L’inquilino della Casa Bianca, passato dal “we can” al “we did”, dal “possiamo farlo” a “lo abbiamo fatto”, e si è detto certo che la riforma non dividerà gli americani ed una volta che si saranno affievoliti i toni accesi che la avevano accompagnato, resterà in piedi sarà un sistema sanitario che riunisce in sé le idee di entrambi i partiti.

In realtà gli Usa appaiono molto divisi e i repubblicani hanno parlato di “socializzazione delle cure mediche” paventando una bancarotta dei conti pubblici tra qualche anno.

In buona sostanza, la riforma è risultata molto affievolita nei suoi contenuti rispetto alle intenzioni iniziali quando si parlava di creare un sistema sanitario statale, la cosiddetta “opzione pubblica”, tale da tutelare tutti i cittadini ed in grado di essere concorrenziale con quello privato.

E questo, grazie ad una assicurazione di Stato disponibile a tutti e a costi contenuti. Il provvedimento, ha quindi ammesso Obama, non risolverà tutto ciò che riguarda la sanità ma permette di muoversi nella giusta direzione. Non è una riforma radicale ma è una riforma importante “per il cambiamento”.

La legge prevede l’assistenza sanitaria per 32 milioni di americani che finora ne erano privi. Può sembrare una svolta progressista ma in realtà il trucco esiste ed è evidente.

Tutti questi milioni di cittadini dovranno infatti sottoscrivere una polizza assicurativa medica, un obbligo che porterà non pochi miliardi di dollari nelle casse delle compagnie già protagoniste delle massicce speculazioni che, unite a quelle delle banche, avevano innescato la crisi finanziaria del 2008.

Sono quindi le stesse assicurazioni finite sul lastrico, e che sono state salvate dai fondi pubblici versati da Bush e Obama, che oggi da dietro le quinte guidano la danza contro una riforma che pure le arricchirà non poco.

Tali proteste dipendono dal fatto che lo Stato, almeno a parole e a mo’ di contentino, ha varato misure punitive, che in realtà sono una semplice questione di decenza. Si è impegnato ad obbligare le assicurazioni ad abbassare il costo delle polizze e verserà un contributo pubblico alle famiglie che nonostante tutto non se le possono permettere.

Per rimarcare l’impronta “sociale” del suo provvedimento, Obama ha pure previsto che le compagnie assicurative non potranno rescindere una polizza quando il paziente si ammala e non potranno rifiutarsi di assicurare un bambino attaccandosi alla scusa che ci sono malattie preesistenti.

Questa era e resta a ancora oggi una pratica molto diffusa grazie alla quale le compagnie hanno risparmiato miliardi di dollari e che veniva considerata particolarmente odiosa dai cittadini.

Le compagnie non potranno più imporre tetti massimi ai rimborsi, una pratica ancora più odiosa delle precedenti perché riguarda i malati affetti da patologie grave come i tumori, che rappresentano la più alta causa di mortalità negli Usa.

Infine, in nome del principio “aiutare i bamboccioni”, è stato previsto che le famiglie potranno conservare nella copertura dell’assicurazione sanitaria i figli fino all’età di 26 anni.

Una misura contestata se si considera che gli Usa sono il Paese del “self made man” e del “rimboccatevi le maniche” ma che tiene conto del fatto che molti giovani, a causa della crisi non riescono ad ottenere un contratto di lavoro che è pur sempre legato ad un’assicurazione obbligatoria. Un vincolo che, se violato, d’ora in poi sarà sanzionato con multe pesanti.

La questione centrale della realtà Usa resta comunque che, a differenza dei Paesi europei, non esiste un sistema sanitario pubblico al quale tutti possono accedere. Certo il governo finanzia programmi di assistenza per i poveri (Medicaid) e per gli anziani (Medicare) ma nella patria dell’individualismo è diffuso il principio, caro alle classi medio-alte, che sia il singolo individuo a dovervi provvedere.

La legge prevede un aumento delle tasse per i redditi superiori a 200 mila dollari annui ed anche un inasprimento fiscale per le case farmaceutiche proprio per finanziare i costi del nuovo sistema sanitario che necessiterà di 900 miliardi in 10 anni. Molto meno, si deve ricordare, dei soldi versati agli speculatori.

La legge, nei suoi aspetti salienti, entrerà in vigore solo nel 2014. Da tale data il Medicaid garantirà cure gratuite a 16 milioni di cittadini fino al tetto di 29.000 dollari di reddito annuo lordo calcolati su una famiglia media di quattro persone.

Gli altri 16 milioni dovranno comprarsi una polizza assicurativa all’interno di nuova Borsa sorvegliata dallo Stato, e potranno ricevere aiuti pubblici per un massimo di 6.000 dollari.

La svolta che ha permesso ad Obama di raggiungere il quorum necessario si è avuto domenica quando il presidente ha vinto le rimostranze del democratico Bart Stupak deputato antiabortista del Michigan, che non voleva che la legge prevedesse finanziamenti pubblici per l’interruzione di gravidanza. Obama ha quindi emanato un “ordine esecutivo” che rafforza il divieto di usare i fondi federali per gli aborti se non in casi estremi, come il pericolo di vita per la donna.

Resta il fatto che, come concessione alle lobby dei cristiani evangelici e integralisti, la legge preveda la possibilità di ricorrere alle assicurazioni per le interruzioni di gravidanza. Ma le donne interessate dovranno pagare una polizza a parte oltre a quella per la copertura normale.



Sanità: davvero una riforma?
di Michele Paris - Altrenotizie - 23 Marzo 2010

Dopo mesi di dure battaglie ed estenuanti trattative, di speranze e delusioni, il punto centrale del programma politico dell’amministrazione Obama è giunto in qualche modo in porto.

Ad esultare per il voto definitivo della riforma sanitaria negli Stati Uniti, dopo l’approvazione di misura della Camera dei Rappresentanti nella notte tra domenica e lunedì, non saranno però tanto i cittadini americani, quanto un presidente e una maggioranza democratica che nelle prossime scadenze elettorali - rispettivamente nel 2012 e il prossimo novembre - avranno finalmente un risultato concreto da infilare nel proprio curriculum.

Ma soprattutto, a beneficiare dei cambiamenti saranno le compagnie di assicurazioni private, le industrie farmaceutiche e gli ospedali che nel prossimo decennio incasseranno centinaia di miliardi di dollari sotto forma di sussidi federali passati a quei 32 milioni di americani a cui verrà estesa la copertura sanitaria.

La riforma fortemente voluta dalla Casa Bianca, infatti, non farà nulla per implementare oltreoceano un sistema sanitario pubblico universale come quello europeo o canadese. Oltre al fatto che da qui a dieci anni più di venti milioni di persone rimarranno ancora esclusi da qualsiasi genere di copertura (di cui un terzo saranno immigrati illegali), il nuovo sistema si baserà pressoché interamente sul mercato delle polizze private.

I popolari programmi pubblici Medicare e Medicaid, rispettivamente per anziani e indigenti, pur rimanendo in vigore e in parte allargati, verranno colpiti da una serie di pesanti tagli che ne mineranno seriamente l’efficacia e finiranno per consolidare una sanità a doppio binario a seconda del reddito dei pazienti.

L’iter legislativo di una riforma che rimarrà comunque un episodio fondamentale nella storia dell’amministrazione Obama, ha avuto un andamento ben diverso da quello che i leader democratici e lo stesso presidente si immaginavano fino a pochi mesi fa.

Dopo l’approvazione di due provvedimenti distinti sul finire dello scorso anno da parte della Camera dei Rappresentanti e del Senato, erano iniziati i lavori per giungere ad un pacchetto unico da sottoporre nuovamente al voto dei due rami del Congresso.

Il clamoroso successo repubblicano in una speciale elezione in Massachusetts a metà gennaio, per scegliere il successore al Senato che era stato del defunto Ted Kennedy, aveva però improvvisamente cancellato la supermaggioranza democratica di 60 seggi nella Camera alta, necessaria a superare l’ostruzionismo dell’opposizione, bloccando il percorso della riforma.

Esposta alla totale opposizione repubblicana, la riforma appariva ormai sull’orlo del fallimento. Assorbito il trauma, Obama e la “speaker” della Camera, Nancy Pelosi, sono tuttavia riusciti a resuscitare il provvedimento e a lanciarlo verso la definitiva approvazione.

La Camera bassa del Congresso, così, ha licenziato - con una maggioranza di 219 a 212 - l’identico testo a cui il Senato aveva dato l’OK alla vigilia di Natale. Contestualmente, i deputati americani hanno poi adottato una serie di modifiche allo stesso testo che nei prossimi giorni saranno inviate al Senato per l’approvazione tramite una speciale procedura (“reconciliation”) che richiede una maggioranza semplice di 51 voti a favore.

Quest’ultima manovra si è resa necessaria poiché un numero consistente di deputati democratici aveva mostrato forti resistenze alla versione del Senato. Anche con le modifiche adottate, il passaggio della riforma alla Camera è stato però possibile solo in seguito a fortissime pressioni esercitate sui rappresentati di maggioranza più recalcitranti (34 deputati democratici alla fine hanno comunque votato contro) da parte della Casa Bianca e dai vertici del Partito Democratico.

Ad assicurare i voti necessari al passaggio della riforma è stata infine una trattativa dell’ultimo minuto con i democratici antiabortisti, guidati dal deputato del Michigan Bart Stupak. Contrari al linguaggio - a loro parere troppo poco restrittivo sul finanziamento federale dell’aborto contenuto nel testo del Senato - i parlamentari “pro-life” hanno ottenuto la promessa di Obama di firmare un decreto presidenziale che impedirà ai beneficiari di sussidi governativi (cioè le donne con i redditi più bassi) di acquistare polizze private che offriranno l’interruzione di gravidanza.

La riforma Obama costerà 938 miliardi di dollari nei prossimi dieci anni, ma determinerà una riduzione del deficit federale di 143 miliardi grazie ai tagli previsti per il programma Medicare e a nuove tasse sui piani di copertura sanitaria più costosi e sui redditi più elevati.

Scongiurato l’incubo delle compagnie di assicurazione - un piano di copertura pubblico gestito dal governo federale - la metà circa dei 32 milioni di americani attualmente scoperti otterrà una polizza tramite il programma pubblico Medicaid, mentre il resto finirà nel mercato privato.

Uno dei pochi aspetti positivi della riforma è che essa impedirà alle compagnie private, a partire dal 2014, di negare la copertura sanitaria a pazienti con condizioni di malattia pre-esistenti. Tale divieto sarà invece già operativo tra qualche mese per quanto riguarda i bambini, così come quello che proibirà alle stesse compagnie assicurative di cancellare una polizza ad un cliente nel momento in cui si ammala.

L’acquisto di una polizza sarà poi obbligatorio per quasi tutti gli americani, pena il pagamento di una penale il cui importo aumenterà con il trascorrere degli anni. L’obbligo di acquisto è stato molto discusso negli USA e si è reso necessario per consentire alle assicurazioni private di contare su maggiori entrate per bilanciare i maggiori esborsi da sostenere dovendo garantire la copertura anche a soggetti “a rischio”.

Anche le aziende più grandi saranno tenute ad offrire un piano di copertura ai loro dipendenti se non vorranno pagare una sanzione, che appare in ogni caso irrisoria. Per quelle più piccole sono previsti invece crediti d’imposta per favorire la stipula di nuove polizze.

Per quanti non otterranno la copertura sanitaria tramite il proprio datore di lavoro e per i malati cronici, sempre dal 2014 saranno disponibili altre polizze private acquistabili in un mercato regolato a livello federale ma stabilito da ogni singolo stato americano (“insurance exchanges”).

Per quanto riguarda la copertura finanziaria del provvedimento, dal 2013, singoli e famiglie con redditi elevati verranno gravati da una modesta tassa sui loro redditi finanziari. Per le polizze più costose, i cosiddetti “Cadillac plans”, al di sopra di una certa soglia scatterà poi una pesante tassa, fortemente contestata dai sindacati perché andrà a colpire soprattutto i lavoratori specializzati.

La firma di Obama sulla riforma, in attesa delle modifiche che il Senato dovrà approvare, arriverà già nella giornata di martedì, assieme al prevedibile inizio di una campagna di entrambi gli schieramenti per mettere in evidenza, da un lato, i presunti benefici del provvedimento per gli americani e, dall’altro, i danni che invece causerà soprattutto alle finanze federali.

I repubblicani, infatti, hanno già fatto sapere che utilizzeranno il voto sulla riforma sanitaria per attaccare i candidati democratici più vulnerabili nelle elezioni di medio termine per il Congresso.

Ben lontana dal rappresentare quella vittoria nei confronti dei grandi interessi proclamata da Obama subito dopo il voto o dal reggere un confronto con l’approvazione delle leggi sulla sicurezza sociale (nel 1935) e del programma federale Medicare (nel 1965) - ottenuti rispettivamente grazie a mobilitazioni di massa dei lavoratori e nell’ambito della lotta per i diritti civili - questa riforma è stata imposta in realtà dalla classe politica democratica e dai grandi interessi economici preoccupati principalmente per la crescita incontrollata della spesa sanitaria.

In un clima politico avvelenato da laceranti divisioni di parte e, soprattutto, dominato dall’influenza delle lobby dei grandi interessi privati, tuttavia, la riforma approvata domenica appare forse come il risultato massimo a cui il presidente Obama poteva realisticamente ambire.