venerdì 26 marzo 2010

Il vizietto della Chiesa

Qualche articolo su uno dei più antichi e comuni vizi della Chiesa cattolica: la pedofilia.


Prendeteli da piccoli
di Vania Lucia Gaito - www.bispensiero.it - 20 Marzo 2010

Il 2010 non è cominciato sotto i migliori auspici, per la chiesa tedesca. Dopo l'ondata di rivelazioni e rapporti che hanno svelato una serie infinita di abusi sistematici in Irlanda, è la volta della Germania. Un'ondata che, di giorno in giorno, assomiglia sempre di più all'ingrossarsi di uno tzunami.

Una faccenda gravissima per le tasche della Conferenza Episcopale Tedesca, una delle più "finanziate" dalla generosità dei fedeli, generosità che rischia di venir meno ad ogni rivelazione che si aggiunge a quelle, fin troppo scottanti, già rese note ai media.

Lo scandalo parte da una scuola, una delle più prestigiose della Germania, nella quale "si formano i leader". La scuola si chiama Canisius College, si trova a Berlino, è gestita dai gesuiti ed è effettivamente l'alma mater di molti politici, imprenditori e scenziati tedeschi.

Tra la fine di gennaio e l'inizio di febbraio di quest'anno, nel più assordante silenzio dei media italiani, una ventina di ex studenti della prestigiosa scuola hanno rivelato di essere stati vittime di sistematici abusi sessuali da parte dei sacerdoti dell'istituto.

I sacerdoti accusati sono due, Peter Riedel e Wolfgang Stab, che hanno lasciato la scuola già da diversi anni, per essere destinati ad altri incarichi. Stefan Dartmann, a capo dell'ordine dei Gesuiti in Germania, ha ammesso che i vertici dell'ordine avevano le prove degli abusi commessi dai due sacerdoti, e tuttavia non avevano mai informato i genitori, gli studenti o le autorità.

Semplicemente avevano trasferito, come sempre accade, lasciando che i due sacerdoti continuassero ad abusare dei bambini nelle loro nuove sedi in Germania, Messico, Cile e Spagna, dove erano di volta in volta trasferiti.

Di fronte alle rivelazioni delle vittime, i due sacerdoti hanno avuto reazioni completamente differenti. Peter Riedel, che nel 1986 fu aggredito con un coltello da una delle sue vittime che in seguito si tolse la vita, non ha mai ammesso gli abusi. Tuttavia le accuse contro di lui sono pesantissime.

Una delle vittime ha raccontato, tra l'altro, di un abuso avvenuto in uno scantinato nel giardino della scuola: padre Riedel lo aveva portato dentro e gli aveva ordinato di masturbarsi davanti a lui. "Chiunque volesse andare avanti in quella scuola doveva passare attraverso un simile degrado" ha affermato il testimone.

Del resto, già nel 1981 l'allora rettore del Canisius, Karl Heinz Fischer, aveva informato i vertici dell'ordine, delle accuse di abusi a carico di padre Riedel. In particolare aveva informato Rolf Dieter Pfahl, Padre Provinciale dei Gesuiti e, a sua volta, ex rettore del Canisius. Padre Pfahl, aveva convocato Riedel e poco dopo era arrivato il trasferimento del sacerdote ad altro incarico.

L'altro prete, padre Wolfgang Stab, che attualmente vive in Sudamerica dopo aver lasciato il Canisius nel 1992, ha invece ammesso gli abusi. E non solo. Ha affermato, infatti, di aver informato fin dal 1991 le autorità cattoliche tedesche dei propri crimini: 19 anni di abusi sistematici su bambini affidati alle sue cure.

Il 20 gennaio, in una lettera aperta alle sue vittime, padre Stab ha chiesto loro perdono ed ha affermato di aver informato il Vaticano, dicendo la nuda e cruda verità sui propri trascorsi.
"Mi dispiace per quello che vi ho fatto" scrive Stab. "E, se potete, vi chiedo di perdonarmi."

Ovviamente, i vertici dei Gesuiti sembrano cadere dalle nuvole. Anche padre Rolf Dieter Pfahl, il Padre Provinciale che aveva trasferito a suo tempo Riedel a causa delle accuse contro di lui. In una dichiarazione al Berliner Morgenpost ha sostenuto di non sapere nulla degli abusi: "Se avessi saputo, trent'anni fa, avrei agito immediatamente!" E infatti agì: trasferì il prete in un'altra zona.

Stefan Dartmann, a capo dei gesuiti in Germania, e il direttore del Canisius, Padre Klaus Mertes, in una conferenza stampa congiunta si sono scusati "per non aver reagito, all'epoca, nel modo appropriato". Ma ormai lo scandalo era già dilagato. E come nel gioco del domino, basta che caschi un pezzo perchè caschino tutti gli altri in sequenza.

Le accuse e le testimonianze, e non solo nei confronti dei sacerdoti del Canisius College, si sono moltiplicate in brevissimo tempo, finchè la Conferenza Episcopale tedesca è stata costretta a prendere provvedimenti, incaricando il vescovo di Treviri, monsignor Stephan Ackermann, di aprire una sistematica inchiesta nei ranghi della Chiesa stessa e delle scuole religiose per fare luce su ogni caso di abuso e molestia sessuale.

E così, di accusa in accusa, di rivelazione in rivelazione, si arriva a Ratisbona, luogo già noto per essere stato, in passato, teatro di un discorso papale tristemente famoso.

Il vescovo di Ratisbona, Gerhard Ludwig Müller, ha ammesso infatti che sono stati commessi abusi sessuali nell'ambiente del famosissimo coro di ragazzi di Ratisbona all'epoca in cui esso era diretto dal fratello di Papa Benedetto XVI. Il vescovo lo ha scritto in una lettera ai genitori pubblicata sul suo sito internet in cui afferma che «siamo fortemente impegnati a chiarire tutti i possibili casi».

Il portavoce del vescovo, Clemens Neck, ha poi dichiarato alla France Presse di «avere informazioni su presunti abusi commessi tra il 1958 e il 1973», sui quali «vogliamo si conduca un'inchiesta trasparente».

I responsabili dei presunti abusi sessuali su alcuni bambini del coro del duomo di Ratisbona sarebbero due religiosi, ambedue morti nel 1984, che per questo sarebbero stati anche condannati a pene detentive.

Uno era un ex insegnante di religione e vice direttore della scuola frequentata dai coristi che era stato rimosso nel 1958 dall'incarico. Anche l'altro religioso era stato per alcuni mesi direttore del collegio annesso al ginnasio del coro del duomo, prima di essere condannato nel 1971.

La diocesi di Ratisbona ha reso noto che istituirà una commissione d'inchiesta interna sul caso. Ai giornalisti l'ex direttore del coro e fratello del Pontefice, Georg Ratzinger, ha dichiarato di non essere mai venuto a conoscenza di alcun episodio di abuso sessuale.

L'ondata di scandali investe anche l'Olanda, dove sono state rese note 15 denunce contro dieci sacerdoti del collegio salesiano Don Rua. Il vescovo di Rotterdam, che presiede la Conferenza Episcopale olandese, ha aperto un'inchiesta. A sua volta, anche il ministro della Giustizia olandese ha avviato indagini sulla vicenda.

E tuttavia, tutti sono pronti a dichiararsi ignari, tutti sono pronti a chiedere scusa e asserire di non esser mai stati a conoscenza di nulla. Anche quelli che sapevano e trasferivano, incuranti di esporre nuovi bambini ai rischi di abuso.

Del resto, uno dei motti dei gesuiti recita "Prendeteli da piccoli e le possibilità sono infinite".


Memoria fallace
di Vania Lucia Gaito - www.bispensiero.it - 26 Marzo 2010

Fa specie sentire il portavoce del Vaticano, padre Federico Lombardi, parlare di tentativi accaniti di "coinvolgere personalmente il Santo Padre nella questione degli abusi" e dello scandalo della pedofilia.

Non me ne voglia, padre Lombardi, ma non c'è bisogno di tentativi, i fatti parlano da soli, basta metterli in fila. A cominciare dal principio, sgomberando il campo dalle chiacchiere.

Il fatto che gli ecclesiastici abbiano pruriti pedofili fin dalla notte dei tempi non c'è bisogno di inventarselo, lo dice un papa, per la precisione Leone X, e lo dice in un atto ben conosciuto, la Taxa Camerae, un documento vergognoso che, ad onta del Vangelo che condanna la simonia come peccato imperdonabile, promette il perdono in cambio di denaro.

I primi due dei 35 articoli di cui si compone la Taxa Camarae riguardano proprio gli ecclesiastici e i loro "peccati", in particolare il secondo articolo:
"Se l’ecclesiastico, oltre al peccato di fornicazione chiedesse d’essere assolto dal peccato contro natura o di bestialità, dovrà pagare 219 libbre, 15 soldi. Ma se avesse commesso peccato contro natura con bambini o bestie e non con una donna, pagherà solamente 131 libbre, 15 soldi."
Correva l'anno 1517. Poco meno di cinquecento anni fa. E la Chiesa già sapeva. Solo che fa più comodo, adesso, contare sulla memoria fallace o sulla non conoscenza di chi ascolta le chiacchiere dei vari portavoce.

Ho cominciato da troppo lontano? Veniamo ai giorni nostri, allora.

Nel 1962 il cardinale Ottaviani redige un documento noto come Crimen Sollicitationis
. Questo documento, prescrive ai vescovi come comportarsi quando un sacerdote viene denunciato per pedofilia.

Nel documento c'è scritto, in stampatello e ben evidente: "Servanda diligenter in archivio secreto curiae pro norma interna. Non publicanda nec ullis commentariis augenda", che vuol dire "Da conservare con cura negli archivi segreti della Curia come strettamente confidenziale. Da non pubblicare, né da integrare con alcun commento"

Il Crimen, in pratica, stabiliva una serie di norme da seguire nei casi di pedofilia clericale. Il processo canonico al sacerdote accusato era un processo diocesano, e a condurlo era il vescovo della diocesi cui il sacerdote apparteneva. Il Crimen va analizzato e "studiato" con cura, poichè è il vademecum che hanno seguito sempre i vescovi nei casi di pedofilia clericale. E fin dal principio risulta chiaro che la stessa esistenza del documento deve essere mantenuta segreta. Perchè?

Analizzando il testo nel dettaglio se ne comprende perfettamente il motivo. Intanto viene definito cosa intendere come peccato di provocazione: "Il crimine di provocazione avviene quando un prete tenta un penitente, chiunque esso sia, nell’atto della confessione, sia prima che immediatamente dopo, sia nello svolgersi della confessione che col solo pretesto della confessione, sia che avvenga al di fuori del momento della confessione nel confessionale, che in altro posto solitamente utilizzato per l’ascolto delle confessioni o in un posto usato per simulare l’intento di ascoltare una confessione." Insomma, praticamente sempre.

Un'altra prerogativa del Crimen è quella di accomunare l'abusatore all'abusato: entrambi peccatori per aver "fornicato", anche se l'abusato è stato circuito, plagiato, e, in molti casi, violentato.

Nel testo, infatti, (art.73, pag.23 del documento in latino) parlando di "crimine pessimo", intendendo l'abuso di un bambino o gli atti sessuali con un animale (perchè la Chiesa continua a paragonare, accomunare ed equiparare i bambini agli animali, come ai tempi della Taxa Camerae, a meno che il bambino non sia ancora nato e lì allora la sua vita diventa sacra e inviolabile), si legge che tale peccato è commesso dal sacerdote "cum impuberibus", cioè "con" il bambino, non "contro". Perchè, prima di tutto, viene la condanna del sesso, anche quando è fatto contro la propria volontà; poi tutto il resto.

Nei 74 articoli di cui è composto il Crimen, si impartiscono direttive precise. Quella più pressante riguarda sicuramente la segretezza, di cui tutto il documento è imbevuto. Ma cosa prescrive il Crimen? Fondamentalmente questo: coprire, celare, trasferire.

L'articolo 4 dice infatti che non c’è nulla che impedisca ai vescovi "se per caso capiti loro di scoprire uno dei loro sottoposti delinquere nell’amministrazione del sacramento della Penitenza, di poter e dover diligentemente monitorare questa persona, ammonirlo e correggerlo e, se il caso lo richiede, sollevarlo da alcune incombenze.

Avranno anche la possibilità di trasferirlo
, a meno che l’Ordinario del posto non lo abbia proibito perché ha già accettato la denuncia e ha cominciato l’indagine." Quindi, se si sa che il sacerdote è un pedofilo ma non è stato aperto un processo canonico a suo carico, non c'è nulla che impedisca al vescovo di trasferirlo.

E se invece c'è una denuncia al vescovo? Prima di tutto, la segretezza. Viene fatto giurare a tutti (esistono formule apposite, riportate nel Crimen) di mantenere il segreto, sotto pena di scomunica.

Devono mantenere il segreto i membri del tribunale diocesano che "indagano" sulla denuncia, deve mantenere il segreto l'accusato e devono mantenere il segreto anche gli accusatori e i testimoni, pena la scomunica immediata, ipso facto e latae sententiae.

Sì, certo, anche la vittima ed eventuali testimoni: "Il giuramento di segretezza deve essere in questi casi fatto fare anche all'accusatore o a quelli che hanno denunciato il prete o ai testimoni." (Crimen sollicitationis, art. 13, pag. 8 del testo in latino)

"Prometto, mi obbligo e giuro che manterrò inviolabilmente il segreto su ogni e qualsiasi notizia, di cui io sia messo al corrente nell'esercizio del mio incarico, escluse solo quelle legittimamente pubblicate al termine e durante il procedimento" recita la formula A del Crimen.

Tuttavia, all'articolo 11 viene specificato che tale silenzio deve essere perpetuo: "Nel trattare queste cause la cosa che deve essere maggiormente curata e rispettata è che esse devono avere corso segretissimo e che siano sotto il vincolo del silenzio perpetuo una volta che si siano chiuse e mandate in esecuzione.

Tutti coloro che entrino a far parte a vario titolo del tribunale giudicante o che vengano a conoscenza dei fatti per la propria posizione devono osservare il rispetto più assoluto del segreto - che dev’essere considerato come segreto del Santo Uffizio - su tutti i fatti e le persone, pena la scomunica ‘lata sententiae’ ‘ipso facto’ e senza nessuna menzione sulla motivazione della scomunica che spetta al Supremo Pontefice, e sono obbligati a mantenere l’inviolabilità del segreto senza eccezione nemmeno per la Sacrae Poenitentiariae."

Tutto questo si è tradotto per decenni in una prassi vergognosa che includeva il trasferimento dei preti pedofili di parrocchia in parrocchia e la richiesta alle vittime di mantenere il segreto, magari tacitandole con piccole somme, sapendo che in molti casi le vittime venivano da ambienti già disagiati e mai avrebbero affrontato la vergogna e le spese di una denuncia alle autorità civili.

Una volta concluso il processo diocesano, se c'erano prove sufficienti a condannare il prete pedofilo (e, caso strano, pare non si siano quasi mai trovate), gli atti dovevano essere trasmessi, sempre in totale segretezza, all'allora Santo Uffizio, poi divenuto Congregazione per la Dottrina della Fede. In caso non ci fossero prove sufficienti, gli atti dovevano invece essere distrutti.


Ma come mai così poche condanne da parte dei tribunali diocesani? Anche qui, il Crimen detta prescrizioni precise. Innanzitutto, a decidere se la denuncia è fondata o meno è l'ordinario diocesano, cioè il vescovo.

Inoltre il documento prescrive: "Se comunque ci sono indicazioni di un crimine abbastanza serie ma non ancora sufficenti a instituire un processo accusatorio, specialmente quando solo una o due denunce sono state fatte, o quando invece il processo è stato tenuto con diligenza, ma non sono state portate prove, o queste non erano sufficienti, o addirittura si sono trovate molte prove ma con procedure incerte o con procedure carenti, l'accusato dovrebbe essere ammonito paternamente, seriamente, o ancora più seriamente secondo i diversi casi, secondo le norme del Canone 2307 [...] gli atti, come sopra, dovrebbero essere tenuti negli archivi e nel frattempo dovrebbe essere fatto un controllo morale sull'accusato."

Chi decide se le prove sono consistenti e sufficienti? Sempre l'ordinario diocesano.


Il Crimen prescrive anche cosa fare nel caso in cui il sacerdote sia stato ammonito ma il vescovo riceve nuove denunce contro di lui: "Se, dopo la prima ammonizione, arrivano contro lo stesso soggetto altre accuse riguardanti crimini di provocazione precedenti l’ammonizione, l’Ordinario dovrebbe vedere, secondo la propria coscienza e giudizio, se la prima ammonizione può essere considerata sufficiente o se procedere a una nuova ammonizione oppure ad eventuali misure successive."

Con queste premesse, è ovvio che siano in pochissimi i sacerdoti condannati dai tribunali diocesani: i vescovi si limitavano ad ammonire e trasferire, molto spesso solo a trasferire. E la tutela dei bambini? Mai presa in considerazione.

A fare un bilancio della situazione a posteriori, il Crimen non è servito in alcun modo ad arginare il problema della pedofilia clericale, è stato invece utile alla Chiesa a "lavare i panni sporchi in famiglia".

Solo che, con l'andare del tempo, i panni sporchi sono aumentati in maniera sproporzionata. La politica dello struzzo non paga mai, e in questo caso si è dimostrata letale. Negli anni, infatti, gli abusi non sono diminuiti, anzi, il problema si è incancrenito e le vittime sono diventate migliaia.

Non è neppure lontanamente credibile la professione di ignoranza fatta da vescovi e prelati chiamati a rispondere nei tribunali penali, e non diocesani, del loro operato. E sono sempre i fatti a smentirli. Primo fra tutti l'esistenza di una congregazione religiosa dedicata esclusivamente alla cura dei sacerdoti: i Servi del Paraclito.

Poco nota, se non agli "addetti ai lavori", la congregazione dei Servi del Paraclito viene fondata nel 1942 dal sacerdote statunitense Gerald Fitzgerald, a Jemez Springs (Nuovo Messico), con lo scopo di dedicarsi all'assistenza ai sacerdoti in particolare condizioni giuridiche e morali.

Inizialmente, arrivavano a Jemez Springs soprattutto sacerdoti con problemi di alcolismo, ma dal 1965 i Servi del Paraclito cominciarono a trattare anche i sacerdoti pedofili. Con scarsissimi, se non nulli, risultati.

Lo stesso fondatore, che dal principio si era opposto alla possibilità di accogliere preti con tali problematiche, fin dagli anni cinquanta inviò numerose lettere a vescovi, arcivescovi ed esponenti della Curia Romana in cui faceva presente la necessità di allontanare dal sacerdozio i preti coinvolti in casi di pedofilia. In una di queste lettere, indirizzata al cofondatore della congregazione, scriveva:

"Reverendissimo e Carissimo Arcivescovo,
Carissimo cofondatore

Spero che Sua Eccellenza sia d'accordo e approvi quello che io considero una decisione vitale, da parte nostra: per prevenire uno scandalo che potrebbe danneggiare il buon nome di Via Coeli, non offriremo ospitalità ad uomini che abbiano sedotto o tentato di sedurre, bambini o bambine.

Eccellenza, questi uomini sono diavoli e l'ira di Dio ricade su di essi e, se io fossi un vescovo, tremerei se non facessi rapporto a Roma per chiedere la loro forzata riduzione allo stato laicale.

E' blasfemo lasciare che celebrino il Santo Sacrificio. Se i singoli vescovi fanno pressione su di lei, Eccellenza, può dire loro che l'esperienza ci ha insegnato che questi uomini sono troppo pericolosi per i bambini della parrocchia e per il vicinato, sicchè siamo giustificati nel nostro rifiuto di accoglierli qui. Sua Eccellenza può inoltre dire, se lo desidera, che non intende interferire con la regola che l'esperienza ha dettato.

Proprio per queste serpi ho sempre auspicato il ritiro su un'isola, ma anche un'isola è troppo per queste vipere di cui il Gentile Maestro ha detto che sarebbe stato meglio se non fossero mai nati; il che è un modo indiretto di maledirli, non crede?

Quando vedrò il santo padre, dirò a Sua Santità che devono essere ridotti ipso facto allo stato laicale, immediatamente
."

Inutile dire come andò a finire: la politica dello struzzo prevalse e la congregazione accolse i preti pedofili per quello che, caritatevolmente, può essere definito un tentativo di cura.

Un caso fra tutti può essere esemplificativo: padre James Porter arrivò a Jemez Springs nel 1967, dopo essere stato destituito da tre incarichi, ogni volta per problemi di pedofilia.

Eppure, padre John B. Feit, superiore dei Servi del Paraclito, scrisse per lui accorate lettere di raccomandazione che gli fecero ottenere, alla fine del "trattamento" una diocesi nel Minnesota, dove, appena arrivato, ricominciò gli abusi.

In realtà, Jemez Springs divenne nota come "il carcere dei preti" e funzionò come un "parcheggio" per i sacerdoti su cui pendevano denunce di abusi. Nel 1994, la congregazione dovette chiudere l'esperimento di riabilitazione dei preti pedofili: 17 preti furono coinvolti nel '91, in 140 cause per abusi sessuali e la Curia pagò 50 milioni di dollari in accordi stragiudiziali.

Identica politica fu seguita dalla Chiesa ogni qualvolta fu messa di fronte alla problematica della pedofilia clericale. Nel maggio 1985 a tutti i vescovi statunitensi fu consegnato un documento noto come "Il manuale", redatto da due preti e un avvocato: padre Michael Peterson, psichiatra della clinica di S. Luke, il domenicano canonista padre Thomas Doyle e l’avvocato Ray Mouton.

Il manuale analizza il problema della pedofilia clericale e le conseguenze, economiche e morali, per la chiesa cattolica. Fornisce direttive per affrontare il problema, ma viene totalmente ignorato.

Il risultato anche in questo caso è evidente: milioni di dollari in risarcimenti, diocesi in fallimento o prossime alla bancarotta, un drastico calo di fedeli e soprattutto delle loro generose donazioni.

Lo scandalo, venuto a galla negli Stati Uniti, è solo l'inizio. Altrettanti scandali travolgono l'Australia, il Sudamerica, il Messico, il Canada, l'Alaska, la Polonia, l'Irlanda, la Spagna, l'Inghilterra, la Germania, l'Olanda e moltissimi paesi africani.

Una vergogna dietro l'altra, si svelano i retroscena di sacerdoti che hanno molestato, abusato, violentato decine di bambini, alcuni piccolissimi.

Così, nel 2001, il cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede dal 25 novembre 1981 fino alla sua nomina al soglio pontificio, promulgò un epistola nota come De Delictis Gravioribus o come Ad exsequandam.

In essa richiamava il Crimen sollicitationis e avocava un diretto controllo, da parte della Congregazione per la Dottrina della Fede, sui "crimini più gravi", compresi gli abusi sui minori.

Per quella lettera, il cardinale Ratzinger fu citato in giudizio dall'avvocato Daniel Shea davanti al tribunale dalla Corte distrettuale della contea di Harris (Texas), dove fu accusato di "ostruzione alla giustizia".

Secondo l'accusa, infatti, il documento della Congregazione avrebbe favorito la copertura di prelati coinvolti nei casi di molestie sessuali ai danni di minori negli Stati Uniti. Nel febbraio 2005 fu emanato dalla corte un ordine di comparizione per il cardinale Joseph Ratzinger.

Il 19 aprile 2005, il cardinale Ratzinger fu eletto papa e i suoi legali negli Stati Uniti si rivolsero al Dipartimento di Stato chiedendo l'immunità diplomatica per il loro assistito. L'Amministrazione Bush acconsentì e Joseph Ratzinger fu esonerato dal processo.

Tuttavia, anche non tenendo conto di questo "incidente di percorso", sorgono naturali molti interrogativi sull'operato di Ratzinger come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. E, altrettanto naturali, sorgono molti dubbi sulla sua "presa di posizione" drastica e rigorosa nei confronti della pedofilia clericale.

Che fosse ben informato di quanto fosse grave e profonda la piaga degli abusi fra il clero lo afferma lo stesso Ratzinger, nella memorabile nona stazione della Via Crucis del 2005, quando sostituì Giovanni Paolo II ormai morente: "Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui!"


E tuttavia, pur consapevole della "sporcizia", il Prefetto non si armò mai di ramazza per far pulizia. Anzi, in molti casi "celebri" la Congregazione fu assurdamente lenta e le vittime dovettero ricorrere ai giornali per avere almeno una parvenza di giustizia.
Il caso più tristemente famoso è senza dubbio quello che riguarda il fondatore dei Legionari di Cristo, Marcial Maciel Degollado.

Il Vaticano era a conoscenza di molte ombre sull'operato del sacerdote, fin dal 1956, quando il cardinale Valeri lo trovò nella clinica romana Salvator Mundi molto malridotto per l'abuso di morfina.

Tuttavia, i procedimenti a carico del fondatore dei Legionari di Cristo non ebbero mai alcun esito, neppure quando, nel 1978 l´ex presidente dei Legionari negli Stati Uniti, Juan Vaca, con un esposto a papa Giovanni Paolo II, accusò Maciel di comportamenti peccaminosi con lui quand´era ragazzo. Nel 1989 Vaca ripresenta a Roma le sue accuse.

Senza risposta, sebbene Ratzinger fosse già dal 1981 a capo dell'ex Santo Uffizio. A febbraio del 1997 con una denuncia pubblica, otto importanti ex Legionari accusano Maciel di aver abusato di loro negli anni Cinquanta e Sessanta.

Nel 1998, il 17 ottobre, due degli otto accusanti, Arturo Jurado Guzman e José Barba Martin, accompagnati dall´avvocato Martha Wegan, incontrano in Vaticano il sottosegretario della Congregazione vaticana per la dottrina della fede, Gianfranco Girotti, e chiedono la formale apertura di un processo canonico contro Maciel.

Il 31 luglio del 2000 Barba Martin, assieme all’avvocato Wegan, incontra di nuovo in Vaticano monsignor Girotti. Ma sempre senza alcun risultato.

Finchè, nel 2006, appena cinquant'anni dopo le prime denunce, finalmente la Congregazione per la Dottrina della Fede prende una risoluzione esemplare: invita padre Maciel a ritirarsi ad una vita di preghiera e meditazione.


Oggi, a distanza di pochi anni, continuano a spuntare scandali che riguardano Maciel e i Legionari, come la presenza (accertata) di una figlia in Spagna, frutto di una violenza ad una minorenne, diversi presunti figli in Messico, dei quali, tra l'altro, non si sarebbe fatto scrupolo di abusare. Insomma, il Vaticano ha aperto un'inchiesta. Molto rassicurante.

Stessa sorte subita, più o meno, da procedimenti a carico di sacerdoti italiani. Celebre il caso di don Cantini in Toscana, per esempio. Stranamente, la Congregazione guidata da Ratzinger ha sempre impiegato decenni ad indagare sui sacerdoti pedofili, soprattutto quando si trattava di sacerdoti influenti, salvo poi scoprire che, a causa del tempo trascorso, il delitto era caduto in prescrizione.

Ad onor del vero, c'è da dire che in alcuni casi sono anche state comminate condanne da far tremare i polsi: litanie alla Madonna, rosari, perfino divieto di celebrare messa in pubblico. Se non è "tolleranza zero" questa...

Poi viene fuori che il fratello del papa distribuiva scapaccioni ai membri del coro da lui diretto e che sapeva che il rettore dell'Internat, il convitto in cui i coristi vivevano, li picchiava sistematicamente, con durezza e spesso persino senza alcun motivo che potesse spingerlo a decidere una punizione.

E tuttavia non aveva mai fatto nè detto nulla perchè, essendo il convitto un'istituzione indipendente, non aveva il potere di denunciarlo
. Certo, perchè serve "essere autorizzati" per denunciare violenze e abusi. Non basta l'amore per il prossimo, quello per cui Cristo s'è fatto mettere in croce. Non basta il senso di giustizia, non basta il desiderio di tutelare i bambini.

Salvo poi scusarsi, vent'anni, trent'anni dopo, e solo dopo che si è sollevato lo scandalo
. Questo desiderio di scusarsi come mai non è mai stato avvertito prima che l'ex direttore del coro finisse nell'occhio del ciclone e sulle pagine dei giornali?

Senza parlare delle prese di posizione nettissime di papa Ratzinger. Un esempio? Il suo ultimo viaggio negli Stati Uniti, nel corso del quale, tra i festeggiamenti del suo compleanno con Bush alla Casa Bianca e la visita a Ground Zero, il Papa ha sostenuto l'inconciliabilità tra il sacerdozio e la pedofilia. Praticamente la scoperta dell'acqua calda.

Senza contare che in quella visita non era stato neppure previsto un incontro con le vittime. Ratzinger fu spinto dall'opinione pubblica e dai media americani ad un incontro estemporaneo con quello che i giornali italiani hanno caritatevolmente definito "un gruppo di vittime": cinque persone ricevute in piedi, meno di mezz'ora in tutto, nella cappella privata della nunziatura apostolica di Washington.

Contemporaneamente, però, ospiti del papa durante quel viaggio sono stati tre vescovi celebri per aver coperto i preti pedofili: il cardinale Egan e il cardinale Mahony, che sono stati gli anfitrioni di Ratzinger durante i giorni trascorsi a New York, e il cardinale Francis George, che ha accolto il papa a Washington.

Dunque, fuori dalle chiacchiere e dai proclami, i fatti, nudi e crudi, parlano da soli.
E' questa la "tolleranza zero" di cui il Vaticano fa tanto parlare?


I peccati di Murphy
di Vania Lucia Gaito - http://viaggionelsilenzio.ilcannocchiale.it - 25 Marzo 2010

Il 28 agosto 1998, il vescovo Richard Skiba, celebrando un funerale, disse: "Ho una teoria sul giudizio finale che aspetta ciascuno di noi... solo una teoria, ma che mi da' molto conforto e molta speranza.

Io non credo che il giudizio finale avvenga quando tutti i nostri segreti peccati sono rivelati al mondo intero. Infatti, sarebbe un po' arrogante pensare che il mondo intero sia interessato a conoscere i peccati segreti di ognuno."

Il funerale era quello di padre Lawrence C. Murphy, abusatore di oltre 200 bambini sordomuti, coperto dalla Chiesa fino al giorno della sua morte.
Si sbagliava, il vescovo Skiba: i segreti peccati di Murphy avrebbero dovuto essere rivelati, almeno perchè il mondo potesse difendersi da lui.

Ma quell'omelia era l'ultimo, pietoso tentativo di copertura, una copertura durata decenni, messa in pratica a tutti i livelli, fino a quelli più alti, che avevano consentito a Murphy di vivere indisturbato, protetto dalla tonaca e dal Vaticano, nonostante avesse rovinato almeno 200 giovani vite...

Ordinato sacerdote nel 1950, Lawrence Murphy fu assegnato alla St. John School, una scuola per bambini sordi, con la mansione di cappellano prima e di direttore poi. Una vecchia foto ritrae un gruppo di ragazzi, la squadra di pallacanestro della scuola, alcuni in piedi, altri accovacciati, e in mezzo a loro un uomo con una lunga tonaca nera e un pallone in mano.

Cinque di quegli undici ragazzi nella foto erano vittime del sacerdote ritratto insieme a loro. Eppure nessuno lo avrebbe mai sospettato, nessun genitore ebbe mai neppure un dubbio.

Padre Murphy sembrava un uomo eccezionale: non era molto alto, ma aveva un sorriso capace di sciogliere anche il ghiaccio, aveva preso a cuore il benessere dei bambini sordi e si faceva in quattro, organizzando raccolte di fondi, conferenze, eventi benefici, accettando contributi alla scuola per migliaia di dollari, allenando personalmente la squadra di pallacanestro.

Nelle sue mani l'istituto si era trasformato: al vecchio edifico del secolo precedente s'era aggiunta una nuova ala, poi una piscina, poi una palestra, poi un campo da basket. I genitori dei bambini lo adoravano, e descrivevano la messa celebrata da padre Murphy come un grande evento spirituale.

Il suo lato oscuro forse non sarebbe mai stato conosciuto se tre delle sue vittime, dopo aver lasciato la scuola, non si fossero raccontate l'un l'altro quello che avevano subito. Era il 1974.

Un anno prima un ragazzo della St. John era andato al dipartimento di polizia e aveva accusato Murphy di abusi, ma Murphy, insieme ad un altro insegnante della scuola, si era presentato alla polizia sostenendo che il ragazzo fosse mentalmente disturbato, e il caso era stato archiviato.


Del resto, padre Murphy era un pilastro della comunità, amatissimo, e aveva perfino ricevuto, pochi mesi prima, la American Legion Award per il suo impegno a favore del benessere dei bambini. Come non credergli?

"Eppure io sapevo che continuava a molestare i bambini" afferma Bolger, una delle sue vittime. Così, contattò altri ex allievi della scuola, e scoprì che altri erano stati abusati. Tuttavia, quando denunciarono il sacerdote alle autorità, scoprirono che il reato era caduto in prescrizione. Murphy negò tutte le accuse e, di nuovo, le indagini si bloccarono.

Le vittime si rivolsero così all'arcidiocesi di Milwaukee, retta dal vescovo Cousins. Vennero raccolte una ventina di testimonianze giurate e furono consegnate al vescovo. Cousins chiese di incontrare alcuni degli accusatori e l'incontro fu fissato per il 9 maggio 1974. C'era anche padre Murphy.

"Ci sedemmo su cinque o sei sedie vicine all'arcivescovo" ricorda Conway. "Padre Murphy era seduto accanto a me. C'erano una dozzina di persone in tutto, nella stanza. Alcuni lavoravano al St. John. Padre Murphy fu quasi timido, durante quell'incontro. Non disse una parola. E non alzò gli occhi da terra"

L'arcivescovo spiegò ai presenti che da anni la diocesi era a conoscenza del problema degli abusi, affermò di capire le motivazioni di tutti coloro che chiedevano che padre Murphy fosse rimosso dalla scuola, e tuttavia padre Murphy era troppo importante per la scuola e non potevano rimuoverlo
. Potevano però evitare che avesse contatti con i bambini.

In fondo, Murphy aveva fatto molto per la comunità dei sordi. Un discorso, insomma, che lasciava tutte le cose com'erano e fece andar via le vittime piene di disgusto.
"Guidando verso casa, continuavo a piangere e piangere. Ero sconvolto dal dolore" racconta Budzinski, una delle vittime presenti all'incontro.

Invece, il 18 maggio 1974, il Catholic Herald Citizen annunciò che padre Murphy aveva lasciato l'incarico di direttore della scuola e tutti gli incarichi sia di insegnamento che pastorali per occuparsi di altri doveri sempre relativi al St. John. Tuttavia, pochi mesi dopo, lo stesso giornale diede la notizia delle dimissioni di Murphy a causa di problemi di salute.

L'anno seguente, Murphy fu nuovamente portato in tribunale con l'accusa di abusi sessuali. Il vescovo Cousins testimoniò di fronte alla corte giurando che nel corso delle indagini che la diocesi aveva svolto non era mai emerso nulla a carico del sacerdote, che era un uomo onesto e si era sempre sacrificato per la scuola. Anche la nuova denuncia fu lasciata cadere.

Dal 1974 al 1994, Murphy collaborò con una delle parrocchie della diocesi, Sant'Anna, ma negli annuari dicesani non fu mai specificato che tipo di incarico ricoprisse. Si ritirò nel 1994 e morì quattro anni dopo.

Ma cosa era accaduto nelle segrete stanze della diocesi, come mai padre Murphy lasciò l'incarico col pretesto della salute cagionevole e soprattutto, che fine fecero le accuse contro di lui e le testimonianze scritte affidate al vescovo Cousins?

Un memorandum datato 11 settembre 1974 spiega alcune cose: la situazione è diventata scottante, è meglio allontanare il sacerdote. Sul giornale diocesano e sul Catholic Herald Citizen verrà pubblicata la notizia delle dimissioni di Murphy a causa della cattiva salute, e il prete sarà trasferito alla diocesi di Superior.

Non è dato sapere se il vescovo di Superior fosse informato dei trascorsi del sacerdote, ma dopo qualche anno dal trasferimento, il 9 luglio 1980, il vescovo ausiliario della diocesi di Superior scrive al vicario diocesano della diocesi di Milwaukee:
"Non molto tempo fa, in una conversazione con padre Murphy, è divenuto chiaro che è interessato a chiarire il suo status e la sua relazione con la diocesi di Milwaukee. E' molto desideroso di ottenere un incontro, ovunque e in qualunque momento, per mettere il suo talento e il suo apostolato al servizio della comunità dei sordi. E' molto desideroso di tornare nell'Arcidiocesi di Milwaukee, a riprendere il suo ministero nella comunità dei sordi adulti. Spera anche di avere altre possibilità, se necessario.
In una recente conversazione con l'arcivescovo Weakland, ho avuto l'impressione che non sia ravvisabile in questo momento un ritorno a Milwaukee di padre Murphy, per ripredere il suo lavoro con i sordi. Mi chiedo se posso imporre alla tua gentilezza e ai tuoi uffici di perorare questa causa con me. Io credo che padre Murphy abbia un grande dono da offrire, specialmente nell'apostolato con i non-udenti."

Al vescovo Cousins era succeduto il vescovo Weakland nella guida della diocesi di Milwaukee e, appena insediato, il nuovo ordinario si era trovato per le mani due patate bollenti, quella di Murphy e quella di un altro sacerdote pedofilo. Le vittime di padre Murphy non si erano mai rassegnate a "dimenticare e perdonare" e continuavano ad arrivare denunce, col pericolo che ad ogni momento scoppiasse uno scandalo.

Così, l'arcivescovo scrive al cardinale Ratzinger, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede:

"Sua Eminenza,
le scrivo per informarla di due situazioni nelle quali due preti di questa arcidiocesi sono stati accusati di adescamento di un penitente al fine di commettere peccato contro il sesto comandamento del Decalogo (c. 1387). I casi sono completamente scollegati e sono accaduti in due diversi periodi di tempo, ma solo di recente sono venuti alla luce. Ho bisogno quindi del suo parere sulla procedura da seguire.
Poco prima che cominciasse il mio periodo sabbatico, il 1 gennaio 1996, ordinai al mio vicecancelliere, il reverendo James E. Connell, di indagare sulle accuse fatte ai due sacerdoti. Al mio ritorno, il 1 luglio, padre Connell mi ha informato che in entrambi i casi le testimonianze giurate sostengono le accuse summenzionate. Padre Connell crede che le testimonianze siano state rese in buona fede e devono essere tenute in seria considerazione, e io sono d'accordo con lui.
Il primo caso riguarda il reverendo Lawrence C. Murphy, prima cappellano e poi direttore della Scuola per Sordi St. John, a Milwaukee, fra il 1950 e il 1974. Secondo le persone che hanno reso la testimonianza giurata, padre Murphy usava il confessionale per sollecitare atti peccaminosi contro il sesto comandamento del Decalogo, molti studenti furono adescati in questo modo e siamo sul punto di ricevere ulteriori testimonianze da altre persone.
Sebbene le prove contro padre Murphy siano state esaminate anche dal mio predecessore, poichè facevano parte di un processo civile, poi archiviato, contro il sacerdote, è questa la prima volta che vengo a conoscenza di abusi dal confessionale. Credo che la comunità dei sordomuti tenda a tenere per sè i propri problemi e certe faccende imbarazzanti, e questo spiega la riluttanza delle vittime a denunciare l'accaduto.
Padre Murphy è stato ordinato prete nel maggio del 1950, la sua assenza dura dal settembre del 1974 e non è mai vissuto nel territorio dell'arcidiocesi di Milwaukee da quando sono arcivescovo. Appena ricevetti l'incarico, mi fu reso noto che l'assenza di padre Murphy era dovuta a faccende sessuali, ma meno di un anno fa ho saputo che l'adescamento dal confessionale rientrasse nella questione. E' stato allora che ho chiesto a padre Connell di condurre un'indagine.
La mia attuale preoccupazione non è solo per la giustizia, è necessario soprattutto che la Chiesa dia una risposta alla comunità dei sordomuti di questa diocesi, in modo da placare la loro rabbia e ristabilire la loro fiducia nel ministero ecclesiastico.[...]
Ho discusso i particolari del caso col mio canonista e ci chiediamo se un processo canonico sia appropriato, considerando il tempo trascorso, o se questa particolare materia sia riservata alla Congregazione per la Dottrina della Fede [...]"

Nel dicembre del 1996, l'arcidiocesi di Milwaukee inizia un processo diocesano contro padre Murphy, in attesa di una risposta dalla Congregazione o da Ratzinger. Ma la risposta non arriva, e allora l'arcivescovo Weakland scrive al cardinale Gilberto Agustoni, Prefetto del Supremo Tribunale della Signatura Apostolica.

Gli racconta di aver scritto a Ratzinger e di non aver ricevuto risposta, gli esprime il caso e affida la lettera al cardinale Agostini Cacciavillan, Nunzio Apostolico.

Il cardinale Agustoni risponde: la Signatura non ha competenza sul caso, inoltra tutto alla Congregazione di Ratzinger. E arriva anche la risposta dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, firmata dal cardinale Tarcisio Bertone:

"Nella sua lettera del 11 dicembre 1996, ha chiesto quale fosse la procedura da seguire nei casi di Lawrence C. Murphy e Michael T. Neuberger, sacerdoti della diocesi accusati del crimine di adescamento dal confessionale.
La Congregazione chiede di istruire i rispettivi processi in accordo con l'allegato "Instructio de modo procedendii in causis sollicitationis" [il Crimen sollicitationis n.d.r.] con particolare riferimento agli articoli 5 e 55. Benchè le norme di quel documento siano in vigore, devono essere lette alla luce del nuovo diritto canonico, soprattutto rispetto ai rimandi al canone."

Il cardinale Bertone chiedeva quindi di istruire i processi come previsto dal Crimen, quindi segretezza assoluta. Tuttavia c'era un conflitto, poichè padre Murphy apparteneva diocesi Milwaukee ma risiedeva nella diocesi di Superior e il vescovo Fliss avocò il procedimento.

Il 12 gennaio 1998 padre Murphy scrisse a Ratzinger:

"Sono un prete della arcidiocesi di Milwaukee, vivo nella diocesi di Superior nel Wisconsin. Le scrivo per un procedimento a mio carico portato avanti dalla diocesi di Superior e iniziato nella diocesi di Milwaukee. E' un procedimento che chiede la mia dimissione dallo stato clericale, usando le norme istituite dalla Congregazione per la Dottrina della Fede nel 1962, intitolate "De modo procedendii in causis sollicitationis".
Il mio caso può essere riassunto così: nel 1974 mi dimisi dalla Scuola per Sordi St. John, St. Francis, Wisconsin, nell'arcidiocesi di Milwaukee, a causa di accuse di cattiva condotta sessuale. L'arcivescovo Cousins, all'epoca arcivescovo di Milwaukee, fu d'accordo nel farmi risiedere presso la casa estiva della mia famiglia, presso la diocesi di Superior. Sono vissuto lì finora.
Il mio ministero non è mai stato limitato, ma non ho più ricevuto incarichi pastorali. A causa della mia abilità nel "linguaggio dei segni", comunque, di tanto in tanto venivo chiamato ad aiutare in questo campo. E, poichè il mio ministero non è mai stato limitato, venivo anche chiamato ad assistere il parroco locale. Contro di me non ci sono state ulteriori accuse fin da quando ho lasciato la scuola St. John nel 1974.
Circa cinque anni fa, comunque, alcuni ex studenti della St. John contattarono la diocesi di Milwaukee, rilanciando accuse contro di me. Non c'erano prove di una mia cattiva condotta recente, ma erano accuse per offese perpetrate tra il 1963 e il 1969. Alcune delle prove riguardano adescamenti dal confessionale.

Dopo queste accuse, secondo le norme del 1962, l'arcidiocesi di Milwaukee cominciò un procedimento penale contro di me, per dimettermi dallo stato clericale. Quando il mio avvocato, il rev. Patrick R. Lagges, dell'arcidiocesi di Chicago, sottolineò che era intervenuta la prescrizione, l'arcidiocesi di Milwaukee tentò di istruire un processo basato sull'adescamento dal confessionale.
Il mio avvocato sottolineò che tale processo doveva essere istituito dalla diocesi di Superior, nella quale vivo, quindi l'arcidiocesi di Milwaukee chiese alla diocesi di Superior di cominciare un processo secondo le norme del 1962 pubblicate dalla Congregazione per la Dottrina della Fede. Un decreto del 6 gennaio 1998 mi informava di questo fatto. La diocesi di Superior sta usando il personale dell'arcidiocesi di Milwaukee per portare avanti il caso.

Mi appello alla Congregazione per la Dottrina della Fede per questa ragione: chiedo che la Congregazione dichiari l'invalidità del decreto di citazione della diocesi di Superior. Le accuse contro di me risalgono ad azioni commesse più di venticinque anni fa. E' contro le norme del 1962, che stabiliscono che qualsiasi azione debba essere intrapresa entro un mese dalle accuse di adescamento.
Ho settantadue anni, Eminenza, e non sono in buona salute. Ho di recente avuto un nuovo attacco che mi ha lasciato indebolito. Ho seguito le direttive sia del vescovo Cousins sia del vescovo Weakland. Sono pentito per le trasgressioni del passato, e sono vissuto in pace nel nord del Wisconsin per venticinque anni. Semplicemente, voglio vivere il tempo che mi resta nella dignità del sacerdozio. Chiedo il suo intervento per questo."

Il cardinale Bertone scrisse quindi alla diocesi di Superior:

"Tenendo in considerazione quanto espresso da padre Murphy nella sua lettera, e prima di decidere circa un procedimento giudiziario per stabilire le responsabilità canoniche del prete accusato, questa congregazione invita Sua Eccellenza alla cautela su quanto il canone 1341 propone come misure pastorali destinate ad ottenere la riparazione dello scandalo e il ripristino della giustizia."

Il 30 maggio 1998, nella sede della Congregazione per la Dottrina della Fede, si incontrano il cardinale Bertone, monsignor Girotti, Don Antonio Manna dell'Ufficio Disciplinare, padre Antonio Ramos con monsignor Weakland, arcivescovo di Milwaukee, il suo vescovo ausiliare, monsignor Skiba, e monsignor Fliss, vescovo di Superior.

Ecco l'estratto della riunione spedito dalla Congregazione per la Dottrina della Fede al vescovo Fliss.


Duecento bambini abusati contano molto meno di un sacerdote. Un ammonimento e il divieto di celebrare messa nella diocesi di Milwaukee possono bastare, suvvia. E i portavoce si stracciano le vesti tentando ancora di raccontarci la favola dei complotti anticlericali.

Io sono senza parole. Loro sono senza vergogna.