Se n'era già parlato tempo fa (qui e qui
Ma perchè proprio a Marjah?
Basta leggere qui di seguito...
L'oppio di Marjah
di Enrico Piovesana - Peacereporter - 18 Marzo 2010
Le autorità afgane consentiranno ai contadini di continuare a coltivare papaveri da oppio. Malali Joya: "Lo scopo dell'operazione a Marjah era riprendere il controllo delle principali piantagioni del paese"
L'operazione 'Moshtarak' - la più grande offensiva militare alleata dall'invasione dell'Afghanistan nel 2001 - ha consentito alle autorità afgane di riprendere il controllo della cittadina di Marjah e dell'intero distretto rurale di Nadalì, nella provincia meridionale di Helmand.
Gli emissari del governo Karzai, che sono tornati ad amministrare queste terre dopo oltre due anni di contropotere talebano, hanno promesso di riaprire le scuole, ristabilire le libertà civili della popolazione e di sradicare la coltivazione dei papaveri da oppio.
Marjah, la capitale dell'eroina. "Distruggeremo le piantagioni di papavero di Marjah e Nadalì, perché la produzione di oppio è illegale", ha dichiarato alla stampa Zalmai Afzali, portavoce del ministero Antidroga, suscitando le proteste della popolazione locale, la cui sussistenza dipende interamente dal 'tariàk', la preziosa resina marrone che si estrae dai papaveri.
Secondo l'ultimo rapporto del dipartimento antidroga delle Nazioni Unite (Unodc), la provincia di Helmand produce da sola quasi il 60 per cento di tutto l'oppio afgano (4 mila delle 6.900 tonnellate totali e 70 mila ettari di piantagioni su un totale nazionale di 123 mila), e il distretto di Helmand in cui maggiormente si concentra la produzione (e la raffinazione) è proprio quello di Marjah-Nadalì: zona non a caso nota come 'la capitale afgana dell'eroina'.
Ma anche capitale mondiale, visto che l'Afghhanistan produce il 90 per cento dell'eroina che circola sul pianeta.
Nessuno distruggerà le piantagioni. Ma nei giorni scorsi, un esponente del governo afgano, che ha chiesto di non rendere pubblico il suo nome, ha dichiarato a Irin News, l'agenzia giornalistica dell'Onu, che al di là delle dichiarazioni ufficiali, le autorità hanno informalmente concesso ai contadini del distretto di continuare a produrre oppio, per non alienarsi il sostegno della popolazione locale che, senza i guadagni dell'oppio, finirebbe sul lastrico. "Il governo – spiega la fonte – ha garantito che nessuna distruzione di piantagioni verrà effettuata a Marjah e Nadalì, almeno per quest'anno".
Una conferma esplicita viene dal nuovo governatore di Marjah: "Bisogna stare attenti con la questione dell'oppio: non lotteremo contro il narcotraffico distruggendo le piantagioni", ha dichiarato Haji Abdul Zahir all'inviato del Miami Herald, che a Marjah ha parlato anche con il maggiore dei Marines David Fennell: "Noi non siamo venuti qui per sradicare i papaveri".
Rimane da capire che fine farà il prossimo raccolto.
Il vero scopo dell'Operazione 'Moshtarak'. "L'unico vero scopo dell'operazione 'Moshtarak' - spiega a Peacereporter Safatullah Zahidi, un giornalista locale - era mettere le mani sulle piantagioni di papavero da oppio.
E quelle di Marjah e del suo distretto, Nadalì, sono le più grandi e produttive di tutto l'Afghanistan. Grazie all'operazione Moshatarak sono tornate sotto controllo del governo e degli americani, giusto in tempo per il raccolto di marzo. E ora faranno lo stesso con le piantagioni della seconda principale zona di produzione di oppio, quella di Kandahar".
Un'interpretazione dei fatti clamorosa, ignorata in Occidente ma largamente condivisa in Afghanistan. Anche da personaggi molto noti e autorevoli, come l'ex parlamentare democratica Malalai Joya, nota in tutto il mondo per il coraggio che ha sempre dimostrato nel denunciare i crimini e la corruzione dei governanti afgani finanziati e protetti dall'Occidente.
Malalai Joya: "Americani coinvolti nel narcobusiness''. "L'obiettivo di queste operazioni militari - ci spiega Malalai - non è quello di sconfiggere i talebani, che vengono regolarmente avvertiti prima in modo da poter fuggire altrove.
I talebani e i terroristi servono agli americani per mantenere il mio paese nell'insicurezza, così da avere un pretesto per rimanere in Afghanistan assicurandosi il controllo di questa regione strategica, vicina all'Iran, alla Cina e ai paesi dell'Asia centrale ricche di gas e petrolio, ma anche per continuare a fare affari con lo sporco business dell'oppio.
Oppio che, trasformato in eroina, frutta enormi guadagni sia al governo afgano che alle forze americane, che portano la droga fuori dall'Afghanistan con i voli militari che decollano dalle basi aeree di Kandahar e di Bagram.
Quest'ultima offensiva in Helmand, che tra l'altro - sottolinea la Joya - ha causato molte più vittime civili di quelle pubblicamente dichiarate, è l'ennesima conferma di ciò: l'obiettivo non era colpire i talebani, che hanno avuto tutto il tempo di scappare, ma semplicemente riprendere il controllo della principale zona di produzione di oppio di tutto il paese".
Narcotrafficanti sotto contratto NATO?
di Enrico Piovesana - Peacereporter - 24 Marzo 2010
Impresa privata tedesco-albanese che da anni fornisce servizi logistici alle basi Isaf in Afghanistan, sospettata di traffico internazionale di eroina
In Germania è scoppiato uno scandalo - subito silenziato - che rafforza i sempre più diffusi sospetti sul coinvolgimento delle forze d'occupazione occidentali in Afghanistan nel traffico internazionale di eroina - di cui questo paese è diventato, dopo l'invasione del 2001, il principale produttore globale.
Ecolog, servizi alle basi Nato e traffico di eroina. Un servizio mandato in onda a fine febbraio dalla radio-televisione pubblica tedesca Norddeutsche Rundfunk (Ndr) ha rivelato che la Nato e il ministero della Difesa di Berlino stanno investigando sulle presunte attività illecite della Ecolog: multinazionale tedesca di proprietà di una potente famiglia albanese macedone - i Destani, di Tetovo - che dal 2003 opera in Afghanistan sotto contratto Nato, fornendo servizi logistici alle basi militari Isaf dei diversi contingenti nazionali (compreso quello italiano) e all'aeroporto militare di Kabul.
E che, secondo recenti informative segrete e rapporti confidenziali ricevuti dalla stessa Nato, sarebbe coinvolta nel contrabbando internazionale di eroina dall'Afghanistan.
"C'è il rischio che sia stata contrabbandata droga, quindi valuteremo se la Ecolog è ancora un partner affidabile per noi", ha dichiarato alla Ndr il generale tedesco Egon Ramms, a capo della Nato Joint Force Command di Brussum, in Olanda.
"Siamo al corrente della questione e stiamo investigando con le autorità competenti", ha confermato un portavoce della Difesa tedesca ai microfoni dell'emittente pubblica.
Dietro l'impresa, il clan albanese-macedone dei Destani. Il servizio della Ndr spiega che già nel 2006 e poi nel 2008, dipendenti della la Ecolog sono finiti sotto inchiesta in Germania con l'accusa di traffico di eroina - centinaia di chili - dall'Afghanistan e di riciclaggio di denaro sporco.
E che nel 2002, quando la Ecolog operava in Kosovo al servizio delle basi del contingente tedesco della Kfor, i servizi segreti di Berlino avevano informato i vertici Nato che il clan Destani, strettamente legato ai gruppi armati indipendentisti albanesi (Uck e Kla), controllava ogni sorta di attività e traffico illegale attraverso il confine macedone-kosovaro: dalla droga, alle armi, al traffico di esseri umani.
La Ecolog, che ha la sua sede principale a Düsseldorf (con filiali in Macedonia, Turchia, Emirati Arabi, Kuwait, Stati Uniti e Cina) è stata fondata nel 1998, ed è oggi amministrata, dal giovane Nazif Destani, figlio del capofamiglia Lazim, già condannato a Monaco di Baviera nel 1994 per dettenzione illegali di armi e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Il 90 per cento dei quasi quattromila dipendenti della Ecolog sono albanesi macedoni.
La Ecolog smentisce e fa rimuovere il servizio giornalistico. L'esplosivo servizio della Ndr è stato subito ripreso e amplificato dai mass media tedeschi: dall'emittente nazionale Deutsche Welle al settimanale Der Spiegel.
La reazione della Ecolog è stata immediata e durissima. Thomas Wachowitz, braccio destro di Nafiz Destani, ha bollato come "assurde" e "completamente infondate" le accuse contenute nel servizio, in quanto basate su una "confusione di nomi", e ha chiesto l'intervento della magistratura.
Il 4 marzo, il tribunale federale di Amburgo ha accolto l'esposto della Ecolog, emettendo un'ingiunzione che, senza entrare nel merito del contenuto del servizio giornalistico, impedisce all'emittente Ndr di "sollevare ulteriori sospetti" sull'azienda. La Ndr, dal canto suo, ha dichiarato di ritenere false le argomentazioni della Ecolog e ha annunciato un ricorso contro l'ingiunzione.
I marines statunitensi e le truppe britanniche che si sono insediate nel distretto di Nad Alì e nella città di Marjah dopo l’imponente offensiva di febbraio – la più grande dall’invasione dell’Afghanistan nel 2001 – non contrasteranno la produzione di oppio e, anzi, impediranno alle autorità di Kabul di distruggere le piantagioni di papaveri nella regione appena conquistata.
Dopo diverse indiscrezioni in proposito, la conferma è giunta dai reportage da Marjah del New York Times e del Miami Herald.
“Noi non siamo venuti qui per sradicare i papaveri”, ha dichiarato il maggiore dei marines David Fennell al Miami Herald. Mentre il comandante Jeffrey Eggers, membro del gruppo di consulenza strategica del generale McChrystal, ha confermato al New York Times che “Marjah è un caso speciale. Noi non calpestiamo i mezzi di sostentamento di coloro che stiamo cercando di battere”.
La controversa decisione del comando Usa di non distruggere le piantagioni di papaveri dell’Helmand appena conquistata (l’Onu stima che la provincia da sola produca quasi il 60% dell’oppio afgano) non è piaciuta ad alcuni ufficiali afgani, che vorrebbero dare un segnale forte agli agricoltori che sostengono il narcotraffico. “Sono i talibani a trarre profitto dall’oppio – ha dichiarato Zulmai Afzali, portavoce del ministero Antinarcotici di Kabul – in questo modo finanziamo il nostro nemico”.
Era stato lo stesso Afzali, pochi giorni prima, ad assicurare alla stampa che le autorità afgane avrebbero “distrutto le piantagioni di papavero di Marjah e Nadalì, perché la produzione di oppio è illegale”.
Tuttavia, già allora, era arrivata una prima smentita attraverso un esponente anonimo del governo di Kabul. La fonte aveva dichiarato a Irin News, l’agenzia giornalistica dell’Onu, che, al di là delle dichiarazioni ufficiali, “il governo ha garantito (agli agricoltori ndr) che nessuna distruzione di piantagioni verrà effettuata a Marjah e Nadalì, almeno per quest’anno”.
Secondo quanto riportato dall’agenzia Reuters, che cita la testimonianza di un coltivatore, l’obiettivo sarebbe di attendere l’imminente raccolto per comprare l’oppio direttamente dai coltivatori e distruggerlo.
In questo modo si priverebbero i talebani della principale fonte di finanziamento senza mettere in difficoltà gli agricoltori ai quali verrebbero poi offerte colture alternative.
Tuttavia, oltre al dichiarato tentativo di conquistare “i cuori e le menti” della popolazione locale – il Nyt scrive che oltre il 60% dei contadini della regione vive grazie all’oppio – in molti in Afghanistan sospettano che il vero scopo dell’operazione Mushtarak (e di quella in corso nella vicina provincia di Kandahar) sia stato proprio quello di permettere alle corrotte forze di sicurezza afgane di avere il controllo delle piantagioni di oppio in tempo per il raccolto.
“L’unico vero scopo dell’operazione Mushtarak – ha dichiarato a Peacereporter il giornalista locale Safatullah Zahidi – era mettere le mani sulle piantagioni di papavero da oppio. E quelle di Marjah e del suo distretto, Nadalì, sono le più grandi e produttive di tutto l’Afghanistan.
Grazie all’operazione Mushtarak sono tornate sotto controllo del governo e degli americani giusto in tempo per il raccolto di marzo. E ora faranno lo stesso con le piantagioni della seconda principale zona di produzione di oppio, quella di Kandahar”.
Un’interpretazione condivisa anche dall’ex parlamentare Malalai Joya, che spiega: “L’obiettivo di queste operazioni militari non è quello di sconfiggere i talibani, che vengono regolarmente avvertiti prima in modo da poter fuggire altrove.
I talibani e i terroristi servono agli americani per mantenere il mio Paese nell’insicurezza, così da avere un pretesto per rimanere in Afghanistan assicurandosi il controllo di questa regione strategica, vicina all’Iran, alla Cina e ai Paesi dell’Asia centrale ricchi di gas e petrolio, ma anche per continuare a fare affari con lo sporco business dell’oppio.
Oppio che, trasformato in eroina, frutta enormi guadagni sia al governo afgano che alle forze americane, che portano la droga fuori dall’Afghanistan con i voli militari che decollano dalle basi aeree di Kandahar e di Bagram”.
“Quest’ultima offensiva in Helmand, che tra l’altro – sottolinea la Joya – ha causato molte più vittime civili di quelle pubblicamente dichiarate, è l’ennesima conferma di ciò: l’obiettivo non era colpire i talibani, che hanno avuto tutto il tempo di scappare, ma semplicemente riprendere il controllo della principale zona di produzione di oppio di tutto il Paese”.