lunedì 14 settembre 2009

Sempre più in alto...

Anche qui si ricorda un personaggio che nel bene e nel male ha fatto la storia della televisione italiana.


Mike Bongiorno fa spot anche da morto
di Carla Benedetti - ww.ilprimoamore.com - 13 Settembre 2009

E' inutile chiedersi cosa abbia fatto di tanto importante per il paese e per la collettività Mike Buongiorno da meritarsi i Funerali di Stato, e da essere compianto nel Duomo di Milano dal primo ministro e da una folla commossa di italiani. Lo sappiamo già: non ha fatto assolutamente nulla.

Non è stato presidente della Repubblica, non ha ricoperto una delle massime cariche dello stato come Nilde Jotti, non ha inventato un sistema di telegrafia senza fili come Guglielmo Marconi, non ha combattuto la mafia come il generale Dalla Chiesa, non è morto eroicamente in Irak come Nicola Calipari, non ha prodotto opere d'arte memorabili come Giuseppe Verdi, Federico Fellini o Alberto Sordi. Non è stato vittima di attentati o calamità come i Caduti di Nassiriya, le vittime del terremoto d'Abruzzo o i morti dell'incidente ferroviario di Viareggio.

Ha solo lavorato per 50 anni in televisione facendo (bene o male non è qui in discussione) il suo mestiere di presentatore e poi di testimonial di noti marchi. Ha fatto, come tanti italiani longevi, il suo lavoro oltre l'età della pensione. Solo che lo ha fatto sugli schermi, così che il suo volto si è impresso tante volte sulle retine di tantissimi telespettatori. Per questo Mike Buongiorno viene definito un personaggio pubblico. Ma di pubblico c'è ben poco.

Se qualcosa di "pubblico" c'è nella figura del presentatore d'Italia, esso non ha a che fare in nessun modo con la cosa pubblica e tanto meno con il bene pubblico. Ciò che qui viene chiamato "pubblico" è solo una parvenza di pubblico, che in realtà è privato, anzi privatissimo.

Privato è il luogo in cui i telespettatori nelle loro case sono stati irradiati per più di una generazioone dalla sua immagine dentro allo schermo. Privati sono gli interessi che reggono tutto ciò che ha fatto e per cui ha lavorato in questi 50 anni, dalle tv private ai marchi di cui è stato testimonial. Al massimo gli si può concedere di aver fatto agli inizi della sua carriera, quando ancora non c'erano tv private, dei programmi molto seguiti di quiz per la televisione pubblica - ma certo siamo all'ultimo gradino del bene pubblico.

E il privato che il presentatore d'Italia ha servito per 50 anni è così potente che oggi se lo cucina anche da morto.

In tv è passato in questi giorni uno spot post-mortem di Infostrada, con le immagini del suo testimonial scomparso e la scritta "Grazie Mike!". E' passato velocemente, in mezzo agli altri spot. Una pubblicità che contiene un manifesto funebre. Un manifesto funebre che in realtà è una pubblicità. In ogni caso una "interpenetrazione" agghiacciante, un'intrusione disgustosa - per chi conservi un po' di sensibilità non ancora narcotizzata dalla logica televisivo-pubblicitaria.

Forse quei pochi secondi riescono a farci percepire chiaramente (quasi quanto il film "Videocracy") la vera natura di quel canale mediatico-pubblicitario che si sta mangiando la res pubblica. E cosa sia questa grande macchina di morte dal volto bonario, capace di mettere al lavoro persino l'estremo passaggio di un individuo.

Dopo di che, si può anche leggere il discorso di Berlusconi ai funerali del personaggio "pubblico" :

"… un paese ti ha riconosciuto con queste esequie di Stato il ruolo importante che hai svolto quando fosti la televisione e attraverso la televisione tu facesti nascere l'Italia, facesti unire tutti gli Italiani d'Italia. Hai interpretato un ruolo che resterà nella storia del nostro paese".

Speriamo invece di no. Che questa forza feroce, privatissima e macabra che oggi si auto-celebra nel nome e nelle spoglie di Mike, e che si spaccia per pubblica, non resti. E che qualcosa d'altro rinasca.


Omaggio a Mike Bongiorno
http://gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it - 8 Settembre 2009

Da: Umberto Eco, “Fenomenologia di Mike Bongiorno”, in Diario Minimo, 1961.

Il caso più vistoso di riduzione del superman all’everyman lo abbiamo in Italia nella figura di Mike Bongiorno e nella storia della sua fortuna.

Idolatrato da milioni di persone, quest’uomo deve il suo successo al fatto che in ogni atto e in ogni parola del personaggio cui dà vita davanti alle telecamere traspare una mediocrità assoluta unita (questa è l’unica virtù che egli possiede in grado eccedente) ad un fascino immediato e spontaneo spiegabile col fatto che in lui non si avverte nessuna costruzione o finzione scenica: sembra quasi che egli si venda per quello che è e che quello che è sia tale da non porre in stato di inferiorità nessuno spettatore, neppure il più sprovveduto. Lo spettatore vede glorificato e insignito ufficialmente di autorità nazionale il ritratto dei propri limiti.

Per capire questo straordinario potere di Mike Bongiorno occorrerà procedere a una analisi dei suoi comportamenti, ad una vera e propria “Fenomenologia di Mike Bongiorno”, dove, si intende, con questo nome è indicato non l’uomo, ma il personaggio.

Mike Bongiorno non è particolarmente bello, atletico, coraggioso, intelligente. Rappresenta, biologicamente parlando, un grado modesto di adattamento all’ambiente. L’amore isterico tributatogli dalle teen ager va attribuito in parte al complesso materno che egli è capace di risvegliare in una giovinetta, in parte alla prospettiva che egli lascia intravvedere di un amante ideale, sottomesso e fragile, dolce e cortese.

Mike Bongiorno non si vergogna di essere ignorante e non prova il bisogno di istruirsi. Entra a contatto con le più vertiginose zone dello scibile e ne esce vergine e intatto, confortando le altrui naturali tendenze all’apatia e alla pigrizia mentale. Pone gran cura nel non impressionare lo spettatore, non solo mostrandosi all’oscuro dei fatti, ma altresì decisamente intenzionato a non apprendere nulla.

In compenso Mike Bongiorno dimostra sincera e primitiva ammirazione per colui che sa. Di costui pone tuttavia in luce le qualità di applicazione manuale, la memoria, la metodologia ovvia ed elementare: si diventa colti leggendo molti libri e ritenendo quello che dicono. Non lo sfiora minimamente il sospetto di una funzione critica e creativa della cultura. Di essa ha un criterio meramente quantitativo. In tal senso (occorrendo, per essere colto, aver letto per molti anni molti libri) è naturale che l’uomo non predestinato rinunci a ogni tentativo.

Mike Bongiorno professa una stima e una fiducia illimitata verso l’esperto; un professore è un dotto; rappresenta la cultura autorizzata. È il tecnico del ramo. Gli si demanda la questione, per competenza.

L’ammirazione per la cultura tuttavia sopraggiunge quando, in base alla cultura, si viene a guadagnar denaro. Allora si scopre che la cultura serve a qualcosa. L’uomo mediocre rifiuta di imparare ma si propone di far studiare il figlio.

Mike Bongiorno ha una nozione piccolo borghese del denaro e del suo valore («Pensi, ha guadagnato già centomila lire: è una bella sommetta!»).

Mike Bongiorno anticipa quindi, sul concorrente, le impietose riflessioni che lo spettatore sarà portato a fare: «Chissà come sarà contento di tutti quei soldi, lei che è sempre vissuto con uno stipendio modesto! Ha mai avuto tanti soldi così tra le mani?».

Mike Bongiorno, come i bambini, conosce le persone per categorie e le appella con comica deferenza (il bambino dice: «Scusi, signora guardia…») usando tuttavia sempre la qualifica più volgare e corrente, spesso dispregiativa: «Signor spazzino, signor contadino».

Mike Bongiorno accetta tutti i miti della società in cui vive: alla signora Balbiano d’Aramengo bacia la mano e dice che lo fa perché si tratta di una contessa (sic).

Oltre ai miti accetta della società le convenzioni. È paterno e condiscendente con gli umili, deferente con le persone socialmente qualificate.

Elargendo denaro, è istintivamente portato a pensare, senza esprimerlo chiaramente, più in termini di elemosina che di guadagno. Mostra di credere che, nella dialettica delle classi, l’unico mezzo di ascesa sia rappresentato dalla provvidenza (che può occasionalmente assumere il volto della Televisione).

Mike Bongiorno parla un basic italian. Il suo discorso realizza il massimo di semplicità. Abolisce i congiuntivi, le proposizioni subordinate, riesce quasi a tendere invisibile la dimensione sintassi. Evita i pronomi, ripetendo sempre per esteso il soggetto, impiega un numero stragrande di punti fermi. Non si avventura mai in incisi o parentesi, non usa espressioni ellittiche, non allude, utilizza solo metafore ormai assorbite dal lessico comune. Il suo linguaggio è rigorosamente referenziale e farebbe la gioia di un neopositivista. Non è necessario fare alcuno sforzo per capirlo. Qualsiasi spettatore avverte che, all’occasione, egli potrebbe essere più facondo di lui.

Non accetta l’idea che a una domanda possa esserci più di una risposta. Guarda con sospetto alle varianti. Nabucco e Nabuccodonosor non sono la stessa cosa; egli reagisce di fronte ai dati come un cervello elettronico, perché è fermamente convinto che A è uguale ad A e che tertium non datur. Aristotelico per difetto, la sua pedagogia è di conseguenza conservatrice, paternalistica, immobilistica.

Mike Bongiorno è privo di senso dell’umorismo. Ride perché è contento della realtà, non perché sia capace di deformare la realtà. Gli sfugge la natura del paradosso; come gli viene proposto, lo ripete con aria divertita e scuote il capo, sottintendendo che l’interlocutore sia simpaticamente anormale; rifiuta di sospettare che dietro il paradosso si nasconda una verità, comunque non lo considera come veicolo autorizzato di opinione.

Evita la polemica, anche su argomenti leciti. Non manca di informarsi sulle stranezze dello scibile (una nuova corrente di pittura, una disciplina astrusa… «Mi dica un po’, si fa tanto parlare oggi di questo futurismo. Ma cos’è di preciso questo futurismo?»). Ricevuta la spiegazione non tenta di approfondire la questione, ma lascia avvertire anzi il suo educato dissenso di benpensante. Rispetta comunque l’opinione dell’altro, non per proposito ideologico, ma per disinteresse.

Di tutte le domande possibili su di un argomento sceglie quella che verrebbe per prima in mente a chiunque e che una metà degli spettatori scarterebbe subito perché troppo banale: «Cosa vuol rappresentare quel quadro?». «Come mai si è scelto un hobby così diverso dal suo lavoro?». «Com’è che viene in mente di occuparsi di filosofia?».

Porta i clichés alle estreme conseguenze. Una ragazza educata dalle suore è virtuosa, una ragazza con le calze colorate e la coda di cavallo è “bruciata”. Chiede alla prima se lei, che è una ragazza così per bene, desidererebbe di­ventare come l’altra; fattogli notare che la contrapposizione è offensiva, consola la seconda ragazza mettendo in risalto la sua superiorità fisica e umiliando l’educanda. In questo vertiginoso gioco di gaffes non tenta neppure di usare perifrasi: la perifrasi è già una agudeza, e le agudezas ap­partengono a un ciclo vichiano cui Bongiorno è estraneo. Per lui, lo si è detto, ogni cosa ha un nome e uno solo, l’artificio retorico è una sofisticazione.

In fondo la gaffe nasce sempre da un atto di sincerità non mascherata; quando la sincerità è voluta non si ha gaffe ma sfida e provo­cazione; la gaffe (in cui Bongiorno eccelle, a detta dei critici e del pubblico) nasce proprio quando si è sinceri per sbaglio e per sconsideratezza. Quanto più è mediocre, l’uomo mediocre è maldestro. Mike Bongiorno lo conforta portando la gaffe a dignità di figura retorica, nell’ambito di una etichetta omologata dall’ente trasmittente e dalla nazione in ascolto.

Mike Bongiorno gioisce sinceramente col vincitore perché onora il successo. Cortesemente disinteressato al perdente, si commuove se questi versa in gravi condizioni e si fa promotore di una gara di beneficenza, finita la quale si manifesta pago e ne convince il pubblico; indi trasvola ad altre cure confortato sull’esistenza del migliore dei mondi possibili. Egli ignora la dimensione tragica della vita.

Mike Bongiorno convince dunque il pubblico, con un esempio vivente e trionfante, del valore della mediocrità. Non provoca complessi di inferiorità pur offrendosi come idolo, e il pubblico lo ripaga, grato, amandolo. Egli rappresenta un ideale che nessuno deve sforzarsi di raggiungere perché chiunque si trova già al suo livello.

Nessuna religione è mai stata così indulgente coi suoi fedeli. In lui si annulla la tensione tra essere e dover essere. Egli dice ai suoi adoratori: voi siete Dio, restate immoti.


Coccodrillo per Michele Bongiorno
di Giuseppe Genna - www.carmillaonline.com - 8 Settembre 2009

Amico personale di Meucci, Morse e Bell. Confidente di Ramsete III. Grande estimatore del brodo primordiale (la sua ricetta preferita). Ma soprattutto: unico e autentico padre della Patria.

Il coraggioso ex partigiano Michele Bongiorno, spesso ingiustamente scambiato per un banale saluto immotivamente colmo di entusiasmo, è scomparso oggi alla veneranda età che si stabilirà dopo l'esame al carbonio 14, ma non si sa dove si sia rifugiato, non è la prima volta che scompare e poi riappare. Era la sua tecnica prediletta anche in guerra: azioni violentissime contro gli invasori tedeschi, ritirate fulminee - rapido, efficace, letale. Una strategia che aveva dato, per la prima volta nella sua storia (di Michele, cioè), una lingua unica alla nazione.

Piange Umberto Eco, ma smette appena soffritta la cipolla. Di Eco si ricorda la celeberrima Fenomenologia-ia-ia-ia-a-a, spesso citata dall'agile Aldo Grasso, uno dei più prestigiosi storici della resistenza elettrica.

Michele Bongiorno, padre di circa 60 milioni di figli, tra cui tutti noi, si è spesso vantato, quando appariva prima di scomparire come oggi, di non avere mai letto un libro, e di questo gli siamo grati, poiché quel libro era Venuto al mondo di Margaret Mazzantini.
Con lui scompare un intero mondo: quello del Cenozoico.

Il suo fraterno amico Fiorello, lo ricorda così: "Lo amavo già dai tempi in cui ero una crema di formaggio in un bicchierino di plastica bianco e azzurro". Così invece lo tributa il fraterno amico Fazio: "Alla Banca d'Italia era sempre il benvenuto" ha dichiarato Antonio. Il fraterno amico Baudo non ha rilasciato alcuna dichiarazione, impegnato a stringersi i gioielli.

Michele Bongiorno, già celebrato ogni 25 aprile all'Altare della Patria, accompagnato da Corona di rito, nonostante Fabrizio scalciasse, entra nel Pantheon dei più grandi piloti di mongolfiera della storia del Gran Sasso. Capacissimo di parlare americano, ha pronunciato sul letto grande l'ultima parola, colma di speranza: "Sky".

Il premier e cavaliere dianetico, corresponsabile della sua scomparsa per non avergli fatto una telefonata, si dissocia dalla stessa (la telefonata). Ornitologo celeberrimo, Michele Bongiorno aveva la capacità di assorbire un tale quantitativo di raggi U.V.A da costituire una speranza contro il buco dell'ozono, che del resto aveva aperto lui con il suo pallone aerostatico.

La Redazione tutta si duole di non esserlo stata di qualcuno dei suoi programmi, riassumibili in uno solo: vivere per sempre. Nonostante la promessa gli fosse stata fatta direttamente dal cavaliere e dal cavallo e dalla staffa, non è stato possibile realizzare tale programma, il quale è stato prontamente interrotto.

Possiamo soltanto esprimere un augurio: che negli universi paralleli e quantici in cui stai scappando, il partigiano Johnny non ti raggiunga, Michele!