domenica 6 giugno 2010

Eurottura

Altre "belle" notizie si si stanno accavallando negli ultimi giorni.

Ieri l'Euro è sceso sotto quota 1,20 contro il dollaro, toccando il livello più basso mai raggiunto da 4 anni.

L'Ungheria sembra correre un rischio default sulla scia greca, ma Draghi subito si è precipitato a rassicurare che le banche italiane non corrono rischi sistemici dalla crisi ungherese - anche se a fine giugno 2008 le banche italiane erano creditrici nei confronti dell'Ungheria per 29 miliardi di dollari, di cui Unicredit per 4,6 - accennando poi alla solita bufala della riforma globale del sistema bancario che nessuno vuole assolutamente implementare.

Che palle...


Vendi tutto
di Eugenio Benetazzo - www.eugeniobenetazzo.com - 5 Giugno 2010

Alla fine hanno gettato la maschera, le chiacchere stanno a zero: l'Unione Europea e la moneta unica sono un progetto fallimentare, ancora non fallito solo per adesso. Da Novembre 2009 a Maggio 2010 la posta sul tavolo è passata dai ridicoli 10 miliardi di euro per aiutare la Grecia ai 750 miliardi per salvare il salvabile.

E lo stillicidio continua: adesso tocca alla Spagna che perde la tripla A. Per chi non avesse ancora capito sta per arrivare un conto salatissimo, altro che politica di austerity dei conti pubblici stile lacrime e sangue! Direi molto, ma molto peggio.

Comiciamo con lo svegliare il risparmiatore italiano che confida eternamente sulla sicurezza dei titoli di stato, al momento se c'è un paese al mondo che ha la possibilità di bissare il default dell’Argentina a distanza di dieci anni, lo troviamo proprio dentro ai confini europei.

Eh sì, perché ormai tutta l’attenzione mediatica è incentrata sulla inquietante architettura debitoria che hanno tutti gli stati europei, nella fattispecie preoccupano gli intrecci debitori sulle detenzioni dei titoli di stato che i paesi virtuosi hanno nei confronti dei paesi periferici.

Sostanzialmnete il debito dei paesi strutturalmente deficitari è in mano ai paesi virtuosi: quindi la vita di questi ultimi è strettamente collegata a quella dei paesi al momento in difficoltà. Il destino del debito dei PIGS (Portogallo, Italia, Grecia e Spagna: preferisco l’Italia all’Irlanda) rappresenta il destino dell’Euro e dell’Europa.

Quello che sta accadendo il tutto il mondo è proprio una perdita di credibilità dell’euro in considerazione delle incapacità che avranno i paesi europei nel futuro per onorare questi debiti. E questa incapacità è dettata oltre che da evidenti deficienze strutturali (forse insuperabili) anche da oggettive problematiche legate allo sviluppo dei trend demografici della popolazione europea: è un po come avere una trave nel culo e voler andare a fare un giro in bicicletta.

Direi che è abbastanza arduo oppure molto doloroso. Giorno dopo giorno la verità viene centellinata goccia a goccia per evitare fenomeni tipo le bank runs o la fuga dai titoli di stato, qualunque essi siano. Il debito infatti, prima o poi, qualcuno lo dovrà rimborsare.

Quelli che scrivono che non vi è da preoccuparsi o che attraverso finanziarie che non avranno impatto sulle tasche dei contribuenti mi sembrano opinionisti improvvisati che filosofeggiano in un campo di letame.

Altro che manovre lacrime e sangue: in Europa è ormai in atto un progressivo impoverimento, il quale ha già raggiunto e superato in alcuni stati il punto di non ritorno. Quanto stiamo vivendo è il frutto della convergenza molto spiacevole di due gradienti evolutive: da una parte il processo di apertura ad Oriente senza alcun tipo di controllo o limite (che ha portato a regalare posti di lavoro una volta europei agli orientali) e dall’altra, il progressivo invecchiamento della popolazione europea, con l’Italia e la Spagna che fanno da apripista.

Un modello economico (il nostro), basato su un protezionismo sociale sfrenato, purtroppo non ha futuro: il ridimensionamento del gettito fiscale dovuto ad una mutazione del tessuto produttivo e della disocupazione giovanile sta diventando una bomba con la miccia accesa.

Vi è di più: le attuali generazioni di pensionati, a cominciare da quelli italiani, non si rendono conto di quello che sta accadendo, hanno visto in passato la giostra della cuccagna che ha sempre elargito regali a tutti e ora borbottano spazientiti perché non riescono più a conseguire le rendite finanziarie di un tempo o perché non riescono ad affittare l’appartamento che hanno ai prezzi di cinque anni fa.

Purtroppo nella maggior parte dei casi abbiamo a che fare con persone stupide, ignoranti ed avide. Di certo la loro generazione al momento non può essere chiamata in causa per risolvere proprio quello che ha creato. I ragazzi di oggi che sono interinali a singhiozzo devono beffardamente ringraziare i loro nonni o i loro genitori per quello che sta accadendo o per il lavoro che non hanno.

Purtroppo non può avere futuro un paese in cui sono (per adesso) i nonni a prendersi cura dei nipoti, e non il contrario. Il peggio deve ancora arrivare: l’unica incertezza è il quando.


L'Euro impossibile
di Samir Amin - Il Manifesto - 5 Giugno 2010

La creazione della moneta unica non è servita a creare un'Europa politica. Che o sarà di sinistra o non sarà. Ma la sinistra dovrebbe decostruire gli attuali trattati e creare un blocco sociale alternativo. La crisi apre spazi per un «serpente monetario europeo».

Non c'è moneta senza stato. Nel capitalismo stato e moneta costituiscono, insieme, il mezzo di gestione dell'interesse generale del capitale, trascendendo gli interessi particolari dei segmenti di capitale in concorrenza tra loro.

Il dogmatismo in corso, che immagina un capitalismo gestito dal mercato, addirittura senza stato (ridotto alle sue funzioni minime di guardiano dell'ordine), non riposa né su una lettura seria della storia del capitalismo reale, né su una teoria con pretese "scientifiche", capace di dimostrare che la gestione attraverso il mercato produce un qualsiasi equilibrio.

Ma l'euro è stato creato in assenza di uno stato europeo, in sostituzione degli stati nazionali, le cui funzioni essenziali di gestori degli interessi generali del capitale erano esse stesse in via di abolizione. Il dogma di una moneta indipendente dallo stato esprime questa assurdità.

L'Europa politica non esiste. A dispetto dell'immaginario ingenuo che invita a superare il principio di sovranità, gli stati nazionali restano la sola istituzione legittima. Non c'è una maturità politica che farebbe accettare dal popolo di una qualsiasi delle nazioni storiche che costituiscono l'Europa il risultato di un "voto europeo". Questo può essere auspicabile, ma resta il fatto che bisognerà aspettare ancora a lungo perché emerga una legittimità europea.

Anche l'Europa economica e sociale non esiste. Un'Europa di 25 o 30 stati resta una regione profondamente ineguale per quanto riguarda lo sviluppo capitalistico. I gruppi oligopolistici che controllano ormai l'insieme dell'economia (e, al di là di essa, la politica corrente e la cultura politica) della regione sono dei gruppi che hanno una "nazionalità" determinata da quella dei loro principali dirigenti. Sono principalmente britannici, tedeschi, francesi, accessoriamente olandesi, svedesi, spagnoli o italiani.

L'Europa del'est e, in parte, quella del sud, rispetto all'Europa del nord-ovest e del centro sono in un rapporto analogo a quello che determina nelle Americhe la relazione tra l'America latina e gli Stati uniti.

Viste queste condizioni, l'Europa non è altro che un mercato comune, o unico, esso stesso parte del mercato globale del capitalismo tardivo degli oligopoli generalizzati, mondializzati e finanziarizzati.

Da questo punto di vista l'Europa è la regione più mondializzata del sistema globale. Da questa realtà, rafforzata dall'impossibile varo dell'Europa politica, discende una differenza sia nei livelli dei salari reali e nei sistemi di solidarietà sociale che nel sistema fiscale, che non può venire abolita nel quadro delle istituzioni europee di oggi.

La creazione dell'euro ha quindi messo il carro davanti ai buoi. I politici che hanno preso questa decisione, del resto, hanno ammesso che questa operazione avrebbe costretto l'Europa a inventare uno stato transnazionale. Una confessione che rimetteva quindi i buoi davanti al carro. Questo miracolo non si è realizzato, e tutto lascia credere che non avrà luogo. (...)

Un sistema assurdo del genere avrebbe potuto dare l'apparenza di funzionare senza gravi sobbalzi solo fino a quando la congiuntura generale fosse rimasta facile e favorevole. Quello che è successo era quindi prevedibile: appena una "crisi" (benché all'inizio avesse un'apparenza finanziaria) colpisce il sistema, la gestione dell'euro si rivela impossibile, incapace di trovare risposte coerenti ed efficaci.

La crisi in corso è destinata a durare, addirittura ad approfondirsi. I suoi effetti sono diversi - e sovente ineguali - da un paese europeo all'altro. Per questo motivo, le risposte sociali e politiche alle sfide che questi effetti presentano per le classi popolari, le classi medie, i sistemi di potere politico, sono e saranno diversi da un paese a un altro.

La gestione di questi conflitti, destinati ad espandersi, è impossibile in assenza di uno stato europeo, reale e legittimo; e lo strumento monetario di gestione non esiste. Le risposte delle istituzioni europee (inclusa la Bce) alla "crisi" (greca, per cominciare) sono di fatto assurde e destinate al fallimento.

Queste risposte si riassumono in un solo termine - austerità dappertutto, per tutti - e sono analoghe alle risposte date dai governi in carica nel 1929-1930. Allo stesso modo in cui le risposte degli anni '30 hanno aggravato la crisi reale, quelle preconizzate oggi da Bruxelles produrranno lo stesso risultato.

Nel corso degli anni '90 sarebbe stato ancora possibile definire delle linee di azione nel quadro della realizzazione di un «serpente monetario europeo». Ogni nazione europea, rimasta di fatto sovrana, avrebbe quindi gestito la propria economia e la propria moneta secondo le proprie possibilità e i propri bisogni, anche limitati dall'apertura commerciale (il mercato comune).

L'interdipendenza sarebbe stata istituzionalizzata dal serpente monetario: le monete nazionali sarebbero state cambiate a tasso fisso (o relativamente fisso), rivisto ogni tanto grazie ad aggiustamenti negoziati (svalutazioni o rivalutazioni).

Si sarebbe così aperta una prospettiva - lunga - di "irrigidimento del serpente" (in vista forse dell'adozione di una moneta comune). Il progresso verso questa direzione sarebbe stato misurato dalla convergenza - lenta, progressiva - della produttività, dei salari reali e delle conquiste sociali.

In altri termini, il serpente avrebbe facilitato una possibile progressione attraverso una convergenza verso l'alto. Questo processo avrebbe richiesto politiche nazionali differenziate, con un obiettivo comune, dandosi i mezzi per realizzarle. Tra essi, il controllo dei flussi finanziari, che implica il rifiuto dell'assurda integrazione finanziaria deregolata e senza frontiere.

La crisi dell'euro in corso potrebbe offrire l'occasione per abbandonare un sistema assurdo di gestione di questa moneta illusoria e realizzare un serpente monetario europeo in consonanza con le possibilità reali dei paesi coinvolti.

La Grecia e la Spagna potrebbero avviare il movimento, decidendo di uscire (provvisoriamente) dall'euro; di svalutare; di instaurare il controllo dei cambi, almeno per ciò che riguarda i flussi finanziari.

Questi paesi sarebbero allora in posizone di forza per negoziare davvero lo scaglionamento del debito, dopo un auditing, respingendo i debiti associati ad operazioni di corruzione o di speculazione (alle quali hanno partecipato gli oligopoli stranieri, traendone grossi utili). Sono persuaso che questo esempio farebbe scuola.

Sfortunatamente, la probabilità di un'uscita dalla crisi attraverso questo metodo è quasi nulla. Difatti, la scelta della gestione dell'euro "indipendente dagli stati" e il rispetto della sacrosanta "legge dei mercati finanziari" non sono i prodotti di un pensiero teorico assurdo. Ma convengono perfettamente al mantenimento degli oligopoli ai posti di comando.

Sono dei mattoni della costruzione europea nel suo insieme, essa stessa concepita esclusivamente e integralmente per rendere impossibile la rimessa in causa del potere economico e politico esercitato da questi oligopoli e che va a loro esclusivo vantaggio. (...) Un'uscita dalla crisi sarebbe possibile solo nel caso in cui una sinistra radicale osasse prendere l'iniziativa politica di costituire dei blocchi storici alternativi "anti-oligarchici".

L'Europa sarà di sinistra o non sarà. L'allineamento delle sinistre elettorali europee all'idea che «l'Europa com'è è meglio che nessuna Europa» non permette di uscire dall'impasse, che richiederebbe la decostruzione delle istituzioni e dei trattati europei. In mancanza di ciò, il sistema dell'euro, e dietro di esso quello dell'Europa come è oggi, affonderanno in un caos dagli sviluppi imprevedibili.

A questo punto, è possibile immaginare tutti gli "scenari" possibili, ivi compreso quello che ora si pretende evitare, cioè la rinascita di progetti di estrema destra. In queste condizioni, per gli Stati uniti la sopravvivenza di un'Unione europea completamente impotente o la sua implosione non cambia molto.

L'idea di un'Europa unita e potente, che costringesse Washington a tener conto dei propri punti di vista e interessi, resta solo un'illusione.



Inganno e depressione indotta
Marco Della Luna - http://nuke.lia-online.org - 17 Maggio 2010

La crisi è alle spalle - Non ci saranno nuovi sacrifici - Qualcuno ha pagato il mio appartamento a mia insaputa - Al Salaria Sport Village mi curavano l'ernia del disco.

Hanno mentito e mentono ancora. Hanno Mentito quando dichiararono che l’Euro avrebbe protetto il potere d’acquisto, e all’opposto lo ridusse del 40%. Era così sicuro e conveniente – dicevano – che non solo era superflua una consultazione popolare, ma anzi la gente doveva assolutamente pagare tasse aggiuntive per meritare il privilegio di entrare nell’Euro, nella Moneta Unica.

Mentirono sulla quantità di tasse da pagare per entrare nell’Euro: prima erano 5.000 miliardi di Lire, poi 10.000, poi 20.000. A un certo punto ci dissero che finalmente eravamo nell’Euro, nella Moneta Unica. Ma anche qui mentivano, e ora ce ne stiamo accorgendo: l’Euro non è una moneta unica.

E’ una cosa molto diversa: è un insieme di parità fisse di cambio tra le varie monete partecipanti. E’ come il vecchio Sistema Monetario Europeo, saltato nei primi anni ’90, solo che ha introdotto banconote e spiccioli comuni, per corroborare l’illusione che sia una moneta unica.

Non è una moneta unica perché l’Euro viene prodotto dalla BCE e “venduto” ai singoli paesi contro titoli del debito pubblico dei singoli paesi. Ogni paese emette e vende i suoi propri titoli. Ogni paese, ogni debito pubblico, ha il suo rating e paga il suo tasso di interesse: più i suoi conti sono affidabili, meno paga. E le differenze possono essere elevate.

Inoltre, le agenzie di rating possono giocare, e hanno giocato, a dividere l’Eurozona ribassando artatamente il rating di questo o quel paese finanziariamente in difficoltà. Si può arrivare a una situazione in cui la BCE dichiari che i titoli di un dato paese dell’Eurozona non siano più utilizzabili per acquistare Euro.

Affinché più paesi facciano una moneta unica, comune, è necessario che emettano titoli del debito pubblico comuni, ossia che unifichino i loro rispettivi debiti pubblici. Che paghino un unico tasso di interesse. Il che ovviamente non è avvenuto e non può avvenire: Germania e Francia non unificheranno mai i loro debiti pubblici con quelli di Italia, Spagna, Portogallo, Grecia.

Quello che è avvenuto e che era prevedibile e inevitabile, e da alcuni è stato voluto, è che costringere sistemi economici poco efficienti a servirsi della medesima moneta dei sistemi economici più efficienti con cui avevano rapporti di concorrenza e/o di scambio commerciale, ha causato il declino e lo smantellamento dei sistemi economici inefficienti: Grecia, Meridione, Portogallo… Tanto più che, al contempo, arrivava l’attacco competitivo nei nuovi paesi comunitari est-europei nonché della Cina, dell’India, del Pakistan, del Marocco…

Tra aree economiche aventi livelli di efficienza e di indebitamento molto distanti tra loro, non ci può essere una moneta comune. Ma non può nemmeno sopravvivere una parità comune, senza ammazzare le aree deboli. A meno che queste non prendano il potere politico sull’Unione e non sfruttino colonialmente quelle forti. Quindi l’Euro salterà, in un modo o nell’altro.

Intanto i banchieri portano avanti la loro politica e i loro affari. Ricordate quando le banche, la BCE, erogavano prestiti facili e a minimi tassi? E poi, quando famiglie e imprese si furono indebitate, strinsero i cordoni con Basilea I e Basilea II, mandando a rotoli l’economia? Causando una marea di insolvenze?

E, quando i costi maggiori finanziari prodotti da questa stretta creditizia, cioè monetaria, e le insolvente, pure da essa prodotte, si tradussero in un generale rincaro dei prezzi, gridarono all’inflazione monetaria, e strinsero ancora di più i cordoni della liquidità, e alzarono ripetutamente i tassi, fino a ottenere il crollo dei mercati finanziari e dell’economia reale nel 2008?

Vi ricordate che, allora, diciamo a fine luglio, dall’oggi al domani, contraddicendosi spudoratamente, “scoprirono” che c’era un drammatico bisogno di liquidità, e buttarono i tassi a zero?

E usarono i governi per far rifinanziare banche e simili coi denari pubblici, cioè con pubblico indebitamento, togliendo i soldi all’economia reale e ai redditi e alla spesa pubblica?

E avete notato come, con quei rifinanziamenti, le banche hanno imbastito tra loro un frenetico scambio di titoli finanziari per far risalire artificiosamente i mercati, inducendo risparmiatori fondi previdenziali e di investimento a metterci i loro soldi per rifarsi delle perdite del 2007-2008? E come hanno riportato i bonus dei loro CEO a livelli superiori al crollo delle borse?

Adesso la cosa si ripete: nuovo sacco dei redditi e dei risparmi per trasferire ricchezza al sistema bancario, anziché far pagare le banche autrici e beneficiarie di truffe e speculazioni distruttive.

L’inflazione rialza la testa e la BCE assicura che non tollererà che ciò avvenga. Ossia preannuncia e pregiustifica rialzi dei tassi. Ma sa benissimo che, oggi come prima del 2008, non c’è alcuna inflazione monetaria, proprio perché, al contrario di quanto assume (in ovvia mala fede) la BCE, l’economia reale sta morendo di scarsità di denaro disponibile.

Quella falsamente presentata come inflazione da eccesso di moneta, in realtà è l’aumento dei costi finanziari (e conseguentemente dei prezzi di beni e servizi) dovuto appunto alla stretta creditizia di Basilea I, II e III , alla pratica sistematica dell’usura da parte delle banche di credito col tacito consenso delle banche centrali, all’aumento dei costi unitari industriali dovuto a diseconomie di scala (a loro volta dovute alla minor produzione e alla concorrenza cinese).

Ma anche al fatto che banchieri e governanti hanno dirottato le risorse monetarie dai consumi, dai redditi, dagli investimenti al sostegno delle banche e della speculazione finanziaria, demonetizzando l’economia produttiva a favore di quella speculativa, e diffondendo insolvenze, fallimenti, licenziamenti.

Ora, con le manovre di aggiustamento dei conti, con nuove tasse, con ulteriori tagli dei redditi e della spesa pubblica, e insieme col rialzo dei tassi, è chiaro che puntano deliberatamente a produrre una depressione economica di prim’ordine e di lunga durata (una manovra che io interpreto, nel mio recente Oligarchia per Popoli Superflui, come finalizzata a salvare la Terra dall’inquinamento industriale e civile, dall’esaurimento delle materie prime, dalla sovrappopolazione).

Ci sono precedenti: come provato dal prof. Richard Werner nei suoi saggi Princes of the Yen e New Paradigm in Macroeconomics, una cosa analoga il sistema bancario internazionale ha già fatto nel 1991 al Giappone, per tagliare le gambe alla sua economia mediante una brusca ed economicamente ingiustificabile stretta monetaria, che bloccò l’espansione industriale e commerciale di quel paese, e ancora oggi lo mantiene nella stagnazione.

E così facendo consentì l’ascesa dell’astro cinese, designato a comperare l’incessante emissione di t-bonds degli USA – USA che erano all’inizio di una lunga e costosissima serie di campagne belliche.

Quale che sia il fine reale della manovra bancaria per mandare l’Occidente in depressione economica, la realtà di tale manovra è tangibile, comprovata. E i politici, i governi, i parlamenti assecondano tale disegno depressivo.

Se si volessero realmente opporre, i governi potrebbero facilmente farlo con operazioni sotto copertura nei confronti della grande finanza e delle sue agenzie di rating, analoghe a quelle che conducono nei confronti del terrorismo non finanziario.

In Italia e in altri paesi ci stupiamo che la classe dirigente (politici, grand commis), rubano, o mangiano, o arraffino, in modo non accidentale, non isolato, ma sistemico. Ma che altro potrebbe fare, se non questo, una classe dirigente che, nel sistema effettivo dei poteri, è sottoposta al potere finanziario, che è il braccio esecutivo e la maschera sporca di questi interessi, e che in questo ruolo saccheggia e boicotta i popoli che sulla carta dovrebbe rappresentare e amministrare? E’ inevitabile che arraffi in proprio, oltre a saccheggiare per essi.

In Italia, con la tangentopoli bis, stanno sviando l’opinione pubblica dal male grande al male piccolo ma più accettabile all’opinione pubblica, che quindi viene condizionata a vedere il problema come di una classe dirigente diffusamente corrotta: un problema da risolvere con indagini e sanzioni e più richiami a valori etici.

I popoli, le masse, non sono, proprio perché numerosi, in grado di imparare, di capire, di evitare. Agiscono secondo emozioni, abitudini, imitazione. Altrimenti non sarebbero caduti nella trappola dei prestiti facili né in quella della crisi alle spalle.

E non sono nemmeno in grado di coordinarsi, altrimenti avremmo già avuto una rivoluzione violenta negli USA come in Grecia, in Italia etc., contro questi parlamenti e questi governi che depredano le loro popolazioni su mandato dei banchieri, mentendo e ingannando sistematicamente in materia economica.

Ma queste rivoluzioni sarebbero del tutto inutili, perché non vi è alternativa, nei nostri tempi, al governare i popoli attraverso lo strumento monetario e bancario, e agli strumenti più specificamente manipolatori.

Quindi, se non scoppia la rivoluzione, non perdiamo nulla, tranne il sanguinoso spettacolo del popolo che sfoga la sua indignazione sulle piazze, facendo in pezzi ministri, onorevoli e senatori, boiardi di Stato e tutti gli altri da cui crede di essere stata ridotta in miseria.