giovedì 3 giugno 2010

Sull'atto di pirateria alla Freedom Flotilla Israele mette il copyright...

Una serie di articoli sull'assalto militare israeliano alla Freedom Flotilla in cui sono morte 9 persone, tutte di nazionalità turca tranne un cittadino Usa di origine turca.

Ankara ha oggi deciso di sospendere tutti gli accordi con Israele nel settore idrico e in quello energetico, mentre il Vaticano ha chiesto lo stop immediato dell'embargo nella striscia di Gaza e si è dichiarato anche favorevole a un'inchiesta indipendente sull'accaduto.
Ieri invece il Nicaragua ha rotto le relazioni diplomatiche con Israele.

E l'Italia?
Beh..il Belpaese ha reagito, come sempre, con la classica politica dei due forni o del colpo al cerchio e di uno alla botte.

Il governo italiano infatti, mentre dichiarava per bocca di Frattini che "Siamo stati i primi a portare aiuti umanitari a Gaza e continueremo a farlo", ieri ha votato contro la risoluzione del Consiglio dei diritti umani dell'Onu - approvata a Ginevra con 32 voti a favore su 47 - che chiedeva l'istituzione di una commissione d'inchiesta internazionale sull'assalto israeliano alla Freedom Flotilla.


Il discorso integrale di Recep Tayyip Erdogan sulla strage della Flotilla
di Recep Tayyip Erdogan* - Megachip - 3 Giugno 2010

Tradotto da Diego Traversa per www.palestinethinktank.com e www.gulagnik.wordpress.com

Oggi non voglio rivolgermi solo al mio amato popolo ma a tutta l’umanità.

Desidero appellarmi alla coscienza, ai cuori e alle menti di tutta l’umanità, vorrei condividere con coraggio le mie sensazioni.

Ieri, nel buio più profondo della notte, si sono verificati due sanguinosi attacchi.

Il primo è stato l’attentato terroristico contro le nostre truppe di stanza alla base navale Iskenderun. In questo malvagio e feroce attentato, sei dei nostri soldati sono morti, e ora sono diventati martiri. Sette sono rimasti feriti.

Il secondo, all’alba nelle acque del Mediterraneo, il cuore dell’umanità ha ricevuto una delle ferite più gravi che essa abbia mai conosciuto nella storia. Le navi cariche di aiuti, provenienti da cuori umanitari, queste navi che stavano facendo affluire aiuti sono state ostacolate con le armi, dalla violenza e dalla tirannide.

Coloro che con pietà, compassione ed umanità hanno rifornito queste navi, non sono riusciti a raggiungere la loro destinazione, perchè contro di loro si è dato sfogo ad una carneficina.

Ieri, dando inizio alle operazioni di mattina, elementi armati dell’Esercito israeliano hanno fermato gli aiuti umanitari, provenienti da più di 32 paesi ed inviati al popolo di Gaza, con 600 persone a bordo della Free Gaza Flotilla, in acque internazionali, ed in modo assolutamente illegale hanno attaccato spargendo il sangue di innocenti esseri umani.

Dopo questo violento attacco, sfociato in morti e feriti, gli israeliani hanno preso il controllo e sequestrate le navi cariche di aiuti umanitari. Di questo attacco bestiale contro quelle donne, quei giovani e quegli esponenti religiosi che la nave stava trasportando, esprimo ancora una volta la mia ferma e forte condanna.

L’ho dichiarato in Cile. Qui lo ribadisco un’altra volta. Il sanguinoso massacro commesso da Israele contro le navi che portavano aiuti umanitari a Gaza, è una strage che merita qualsiasi tipo di maledizione e condanna. Questa è chiaramente una violazione della legge internazionale, un attacco al cuore dell’umanità e alla pace mondiale, e dico al cuore dell’umanità perché su quelle navi vi erano persone di tutte le nazionalità e religioni.

Solo persone, che stavano portando aiuti umanitari a coloro che stanno subendo un embargo, la popolazione di Gaza. Le navi, prima che partissero, avevano apertamente dichiarato al mondo intero il loro carico, le loro intenzioni, la loro missione.

Come testimoni di questo soccorso evidentemente umanitario da parte del mondo e del nostro paese, anche 60 giornalisti sono saliti a bordo delle navi. In acque internazionali, in mare aperto, è avvenuto questo attacco armato contro 600 persone e 6 navi che stavano trasportando aiuti a persone oppresse, affamate e alle quali sono state distrutte le case—si tratta chiaramente di un attacco che va contro i principi basilari delle Nazioni Unite.

Le navi salpate, che sia dalla Turchia o da altri paesi, erano state completamente rifornite per realizzare un proposito umanitario, essendo cariche di soccorsi. Secondo regole di traffico navale, le navi erano state rigorosamente controllate. Inoltre, a bordo non vi erano altro che civili e volontari. Le navi battevano bandiera bianca. Nonostante tutte quelle condizioni, le navi hanno subito un’aggressione armata.

Come sapete, al momento eravamo in visita in America Latina come da programma. A causa di quest’orrendo attacco terroristico avvenuto in Hatay e dell’aggressione illegale di Israele contro le navi degli aiuti umanitari, abbiamo dovuto abbreviare la nostra agenda in Cile per tornare subito in patria. Abbiamo seguito attentamente gli eventi sin dall’inizio. Abbiamo adottato le misure necessarie, insieme ai nostri amici in Turchia.

Il Consiglio di Sicurezza ONU ha rilasciato una dichiarazione che condanna Israele. In questa si è richiamata l’attenzione sulla necessità di aprire un’inchiesta, di rilasciare immediatamente i civili e i feriti. Le partite della nostra squadra giovanile di calcio sono state annullate. Il Consiglio della NATO è stato convocato per un meeting straordinario.

Inoltre, l’Organizzazione della Conferenza Islamica, la Lega Araba, l’Unione Europea e tutti i rispettivi rappresentanti istituzionali sono stati contattati, le istituzioni internazionali sono state richiamate in servizio. L’Organizzazione della Conferenza Islamica terrà un incontro lunedì.

Prima di tutto, deve essere garantita la salute e la sicurezza del convoglio umanitario e dei nostri cittadini a bordo. Ci stiamo assicurando che tutto il necessario per curare i feriti venga garantito. Israele ha detto: “Permetteteci di inviarvi i feriti”. La risposta da parte nostra è stata che abbiamo la volontà ed il potere di venire a prendere i nostri feriti, e abbiamo rifiutato quest’offerta.

Due aerei di soccorso sono decollati per andare a riprendere i nostri feriti. Ed ora li prenderanno e li riporteranno a casa. Il Ministro della Sanità arriverà qui con un aereo civile. L’ambasciatore israeliano è stato convocato dal Ministero degli Esteri per pretendere l’immediata restituzione dei cittadini turchi e la liberazione delle imbarcazioni catturate.

Inoltre, è stato fatto ogni sforzo per assistere i feriti e portarli in Turchia, e da parte nostra è stato preso ogni provvedimento. Israele, impedendo alla comunità internazionale, sin dall’inizio dell’incidente, di avere informazioni, ora deve informare l’opinione pubblica mondiale in modo veritiero e non deve astenersi dal cooperare a livello internazionale. Israele deve capire la gravità della situazione e smettere di commettere simili e sbagliate azioni.

A questo punto il comportamento d’Israele è sotto gli occhi di tutti e l’opinione pubblica si sta facendo una sua idea. Coloro che hanno preso parte a questo sforzo sono in contatto e stanno agendo di comune accordo con quei paesi i cui cittadini hanno preso parte alla flotilla.

Ieri mattina, alle 6 e 30, il deputato Bulent Arınc, insieme ai rispettivi ministri e rappresentanti amministrativi, ha organizzato un meeting sul da farsi in cui abbiamo ponderato la questione sotto ogni punto di vista. Il nostro Ministero degli Esteri, i nostri servizi d’intelligence, le rispettive dirigenze e forze armate hanno seguito gli eventi molto attentamente.

Il nostro Ministro degli Esteri e quello della Difesa, parlando al telefono con il Ministro della Difesa israeliano, hanno espresso con forza la nostra reazione e il nostro disappunto. Ed io, insieme ai miei ministri, valutando gli eventi tutta la notte, sono rimasto ininterrottamente in contatto con la Turchia. D’altra parte, ho stabilito contatti con la comunità internazionale e per ora questo modo di agire va avanti.

In tale contesto, ho disposto sul tavolo qualsiasi cosa sia necessaria per agire in tutte le dimensioni di questa situazione. Ho adottato urgentemente tutte le misure necessarie. Le Repubblica turca sta ricorrendo a tutte le possibilità, tra quelle messe a disposizione dalla legge internazionale e dalla diplomazia. E la Turchia continuerà a ricorrervi.

In quest’ottica, l’ambasciatore turco a Tel Aviv è stato richiamato. Tre operazioni militari congiunte che erano in agenda sono state annullate. Il nostro Ministro degli Esteri è andato a New York e il Consiglio di Sicurezza dell’ONU è stato convocato per una sessione urgente ed è stato assicurato che questo meeting straordinario ed urgente si terrà.

Il Consiglio di Sicurezza ONU ha rilasciato una dichiarazione che condanna Israele. In questa si è richiamata l’attenzione sulla necessità di aprire un’inchiesta, di rilasciareimmediatamente i civili e i feriti. Le partite della nostra squadra giovanile di calcio sono state annullate. Il Consiglio della NATO è stato convocato per un meeting straordinario.

Inoltre, l’Organizzazione della Conferenza Islamica, la Lega Araba, l’Unione Europea e tutti i rispettivi rappresentanti istituzionali sono stati contattati, le istituzioni internazionali sono state richiamate in servizio. L’Organizzazione della Conferenza Islamica terrà un incontro lunedì.

Inoltre, è stato fatto ogni sforzo per assistere i feriti e portarli in Turchia, e da parte nostra è stato preso ogni provvedimento. Israele, impedendo alla comunità internazionale, sin dall’inizio dell’incidente, di avere informazioni, ora deve informare l’opinione pubblica mondiale in modo veritiero e non deve astenersi dal cooperare a livello internazionale. Israele deve capire la gravità della situazione e smettere di commettere simili e sbagliate azioni.

A questo punto il comportamento d’Israele è sotto gli occhi di tutti e l’opinione pubblica si sta facendo una sua idea. Coloro che hanno preso parte a questo sforzo sono in contatto e stanno agendo di comune accordo con quei paesi i cui cittadini hanno preso parte alla flotilla.

Le navi battono bandiere turche, greche e delle isole Comore, ci sono persone provenienti da 32 paesi. Mi aspetto che anche quei paesi esprimano le necessarie rimostranze.

Pertanto, dico ancora una volta che Israele deve immediatamente togliere l’inumano embargo inflitto a Gaza. Israele non deve impedire che gli aiuti umanitari giungano a destinazione.

Cari compagni, come sapete noi portiamo avanti, in collaborazione con la Spagna, il lavoro dell’Alleanza delle Civiltà. Il nostro fine e la nostra missione è rafforzare la convinzione che diverse religioni, differenti culture e civiltà possano coesistere pacificamente una accanto all’altra. E’ una battaglia portata avanti affinché, piuttosto che odio ed ostilità, l’amore possa trionfare.

Purtroppo, devo dirlo, l’incidente accaduto ieri, dal punto di vista della civilizzazione e della cultura globale dell’umanità, ha segnato un punto nerissimo. Dal punto di vista della storia dell’umanità, questa vicenda è stata registrata come una grave vergogna.

Attaccare con armi navi cariche di aiuti umanitari, massacrare gente innocente, minacciare civili come fossero terroristi, è una grande sconfitta sotto questo aspetto. Un atto odiosamente feroce e vigliacco, frutto di sprezzante e sconsiderata presunzione. [20 secondi di applausi].

Lo sappiamo, la guerra come la pace ha le sue leggi. In guerra non si attaccano i bambini, in guerra non si attaccano le donne e gli anziani, in guerra non si attaccano i civili o gli esponenti religiosi, in guerra non si attaccano coloro che sventolano la bandiera bianca, non si attaccano dottori e soccorritori; non in tempo di guerra ma in tempo di pace, chi commette queste cose non solo viola la legge ma allo stesso tempo calpesta coi propri piedi l’umanità, non ne fa più parte.

Tiranni, malfattori e persino pirati hanno particolari sensibilità, seguono particolari codici morali. Coloro che non seguono una morale o un’etica, coloro che agiscono con nessuna sensibilità, definirli tiranni, malfattori o pirati sarebbe perfino un complimento.

Di fatto, assalendo un’imbarcazione con volontari provenienti da 32 paesi, Israele ha sfidato il mondo. La pace mondiale è stata ferita gravemente. Questo sfrontato, irresponsabile e sconsiderato governo che non riconosce alcuna legge e calpesta qualsiasi tipo di virtù umanitaria, questo attacco del governo Israeliano deve essere punito in qualunque modo.

Da un governo, che ha fatto del mentire la sua politica di stato e che non si vergogna per il crimine che commette, non ci si può aspettare che apra un’inchiesta e la comunità internazionale deve indagare su questo incidente in tutte le sue dimensioni e fornire un verdetto.

La Turchia non si accontenterà di restare a guardare di fronte a quanto accaduto. La Turchia non è uno stato giovane e senza radici. Non è uno stato tribale! Sarebbe meglio che nessuno tentasse di scherzare con questa nazione per metterne alla prova la sua pazienza. Per quanto preziosa possa essere l’amicizia della Turchia, non è nulla in confronto alla sua inimicizia.

Perdere i rapporti e l’amicizia della Turchia è di per sè un prezzo da pagare. Noi abbiamo sempre avuto una storica amicizia e collaborazione con il popolo israeliano ed ebraico.

Quindi penso veramente che quegli israeliani che hanno visto con le lacrime agli occhi questo attacco sanguinoso e che lo condannano severamente, comprendono molto bene che questo incidente non giova alla dignità umana, quanto sia un grande sbaglio e quanto rappresenti un colpo durissimo per l’amicizia dei due paesi.

La questione non riguarda il rapporto tra Turchia ed Israele. Il punto è l’attuale sregolatezza d’Israele e il riconoscere le pratiche disumane dell’attuale governo, il suo ricorrere alla violenza, allo spargimento di sangue, il suo mostrare atteggiamenti che minacciano la pace.

In Medioriente, la Turchia si è da sempre schierata con la pace. Ha contribuito alla stabilità e alla sicurezza della regione. Nel recente passato, anche la Turchia ha contribuito alla normalizzazione delle relazioni di Israele con la Palestina, la Siria ed il Libano.

Adesso Israele si mette in mostra prendendo il più importante difensore nella regione e ponendosi da avversario ad esso. Da adesso in poi, Israele deve abbandonare la sconsideratezza che mostra giustificando in nome della sicurezza l’ingiustizia commessa, bollando le critiche come antisemitismo.

Esiste un’idea israeliana in cui la violenza rappresenta la sua politica, Israele considera legittimo il poter opprimere, tirannizzare, martoriare e non esita a spargere sangue.

Adesso le azioni illegali d’Israele non possono più essere coperte, esser intenzionalmente rappresentate in modo erroneo e venir ignorate. E’ giunto il momento che la comunità internazionale dica BASTA!

Ho appena parlato con il Segretario Generale dell’ONU. Anche lui sta venendo a New York. E questa sera alle 20, il Presidente Obama ha detto che parlerà anche con lui. In questa sede dichiaro che parlerò con loro proprio di queste questioni.

Indubbiamente, i metodi aggressivi di Israele traggono origine dal potere che ricevono altrove. A questo punto, come Turchia la nostra precisione è chiara. E ieri dal Cile ho parlato con un rappresentante di uno stato membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, la signora Merkel.

Oggi ho parlato con altri rappresentanti. Ho discusso con il nuovo Primo Ministro inglese, anche lui ha chiamato e anch’io gli parlerò, l’ho chiamato prima e abbiamo parlato, oggi discuteremo queste cose di nuovo. E parleremo anche con gli altri.

Non possiamo permettere che Israele gestica da solo quel che ha combinato. Non possiamo dire al governo israeliano di poter fare cosa vogliono. Tutto ha un prezzo. E questo governo dovrà pagarlo.

A causa di questo genere di pensiero che non rispetta la vita umana, del fatto che gli israeliani trovano impossibile rispettare alcun diritto e alcuna legge, noi non possiamo assumere un atteggiamento pacifico, cari amici. E’ impossibile accettare questo genere di pensiero che non tiene conto dell’essere umano e non rispetta i diritti umani.

Uno Stato che tiene conto della sicurezza dei propri cittadini non può conseguirla con azioni che portano odio e inimicizia dal mondo intero.

Un’amministrazione che non considera gli altri, eccetto i propri cittadini, come esseri umani non può essere interessata a ciò che viene definita pace.

Israele ha dissipato uno alla volta i propri schermi protettivi, perdendo uno dopo l’altro i propri alleati, isolandosi. L’amministrazione israeliana, provocando rancori e odio in Medioriente, sta facendo saltare in aria la pace della regione, poichè l’instabilità sta aumentando, il contenuto del vaso di Pandora dilaga come iodio.

La comunità internazionale deve immediatamente prendere provvedimenti.

Qui vogli appellarmi anche al popolo israeliano. Noi siamo sempre stati contro l’antisemitismo. Abbiamo alzato la nostra voce contro l’ingiustizia perpetrata contro il popolo ebraico.

Abbiamo contribuito affichè il popolo israeliano possa vivere in pace ed in sicurezza in Medioriente. Ora, come popolo israeliano, tocca a voi mostrare uguale atteggiamento umano e sensibile, dicendo “Basta commettere queste crudeltà”.

La politica di violenza mostrata dalla coalizione di governo, in violazione di ogni tipo di diritto e di legge, sta totalmente mettendo da parte gli interessi di Israele. Sta chiaramente mettendo a rishio la vostra pace e sicurezza. A causa dell’atteggiamento aggressivo del vostro governo, lo Stato d’Israele assume una posizione di pirateria, ricorrendo al banditismo.

Quei governanti sconsiderati, pensano di governare uno stato con le bugie, l’inganno, lo spargimento di sangue, con l’aggressività, la pirateria, il terrorismo, il massacro di persone innocenti. Ma quei politici sconsiderati prima di tutto danneggiano Israele ed il suo popolo.

Voi, prima di ogni altra cosa, dovete dire basta a tutto questo. A proposito, ringrazio la comunità ebraica turca che ha espresso la sua giusta e sincera reazione a questo accadimento. I nostri cittadini ebrei, quali membri del popolo turco, hanno difeso e continuano a difendere fino all’estremo la giusta posizione della Turchia.

Che qualcuno giudichi con odio i nostri cittadini ebrei o di trattarli in una maniera particolare non è accettabile, non può esserlo e mai dovrebbe esserlo.

Cari fretelli e sorelle, oggi è un nuovo giorno. Oggi è un nuovo inizio. Niente sarà più come prima, ciò appare ovvio. Uno Stato aggressivo che liberamente uccide e massacra, non può giustificarsi di fronte all’umanità senza provar rimorso, senza che sia chiamato a rispondere, non può essere accettato dalla comunità internazionale.

Quelle navi erano tutte navi di compassione. E il loro carico era il cuore dell’umanità. A 72 miglia dalle proprie acque, completamente in acque internazionali, Israele ha messo in atto un’operazione contro una nave, una nave di civili e non militare, non è nemmeno consentito fare una cosa del genere.

Fare un’operazione militare contro una nave civile, perfino l’arresto dei suoi passeggeri, è già di per sè un crimine. Attaccare persone innocenti, spargere sangue e massacrare è chiaramente un atto di terrorismo di stato.

Loro negano e dicono di esser stati attaccati, che gli hanno sparato contro. Siamo stufi delle vostre menzogne, siamo stufi. Siate sinceri, siate onesti.

Le navi catturate devono essere rilasciate immediatamente, insieme allo staff e ai volontari. Insieme agli attivisti e ai membri del Parlamento europeo, ai 60 giornalisti, insieme a quella donna che era a bordo con il figlioletto di 1 anno, il piccolo Kaan; nessuno ha il diritto di presentare queste navi come se avessero tutt’altre intenzioni, propositi o fini fuorchè consegnare aiuti umanitari. Questo attacco ha dimostrato ancora una volta la disumana oppressione e crudeltà che Israele infligge da anni ai Palestinesi e a Gaza.

L’ho detto precedentemente. I governanti israeliani, a cui abbiamo detto in faccia quanto bene sanno come uccidere, hanno mostrato ancora una volta al mondo quanto siano bravi a compiere massacri. Indulgenza, mettere le manette perfino ad innocenti persone gravemente ferite a cui hanno sparato.

Diamine! Come si può giustificare questo? Steso sulla barella, ferito, e voi gli mettete le manette! Si può spiegare questo con i diritti umani e i valori universali? Non è più possibile dire al mondo quanto queste fossero manifestazioni di umanità.

Tutte le persone, nel mondo, condannano questa evidente crudeltà, lo so. Ma condannare e basta non è più sufficiente, dobbiamo ottenere risultati. A tutti coloro che nel mondo hanno a cuore la giustizia, dovreste sapere che un giorno sarà la giustizia a trionfare e non il potere, è questo che voglio.

La Turchia sfrutterà tutte le opportunità che la legge internazionale consente. A questo punto ci muoveremo di comune accordo con la comunità internazionale.

Desidero che tutta l’umanità concentri la propria attenzione su questa questione. Con la sua politica dello spargimento di sangue, Israele non può legittimare con nessuna scusa questo omicidio illegale e sanguinoso, non può giustificarlo.

Israele non ha alcun valido motivo, nessuna scusa da offrire per lavare le sue mani insanguinate. La questione, il caso provocato dal sanguinoso attacco nel Mediterraneo, non è un problema tra due paesi ma un problema per il mondo intero.

Ritengo che nessun paese che tiene conto di valori umani e virtù, che nessuna istituzione internazionale resterà solo a guardare di fronte ad un delitto di simili dimensioni.

Da adesso in poi, chiunque chiuda i propri occhi di fronte alle sanguinose aggressioni israeliane, chiunque le ignori, farebbe bene a sapere di essere complice di questi crimini.

E’ chiaro che la questione non riguarda il diritto di difendersi dal terrorismo, non si tratta di lotta al terrorismo, la questione è che il tentativo di compiere un massacro contro una città, contro tutte le persone di una città in modo da sterminarle completamente, è stato dimostrato ancora una volta da questo ultimo incidente accaduto.

Voi scaricate bombe su queste persone, sperimentate il fosforo su di esse, bombardate ospedali, moschee, attaccate scuole, bombardate parchigiochi, prendete di mira perfino gli uffici ONU, e come se queste azioni illegali non bastassero, tagliete pure ogni tipo di rifornimenti a questa gente.

E dopo tutto questo, non tratterrete i soccorritori che hanno provato a consegnare cibo, medicine e materiali edili a questa gente, per sentire la vostra barbarie disumana.

Chiunque altro può perdonare ed indulgere a questa illegalità. Lo dico apertamente e lo sottolineo, Israele potrà anche sostenerlo ingannevolmente ma non dovrebbe commettere l’errore di paragonare la Turchia ad altri. Un simile errore avrà un alto prezzo da pagare.

Israele, che ha sparato su innocenza e pietà, con questo delitto commesso in mare aperto, ha scelto l’isolamento dal monto intero. Ha scelto di isolarsi.

Lo ripeto ancora una volta. Se tutti rimangono zitti, se tutti chiudono gli occhi, se tutti voltano le spalle, noi, come Turchia, non volteremo le spalle alla Palestina, ai palestinesi e a Gaza. Noi non chiuderemo i nostri occhi! Non smetteremo di piangere per la Palestina!!!

Miei cari fratelli e sorelle, la nostra nazione deve essere risoluta. La nostra gente deve avere la dignità che si conviene alla Turchia. La porteremo nei nostri cuori. Tutti insieme cureremo le ferite dei nostri feriti.

Apprendiamo con soddisfazione che in ogni angolo di Turchia la nostra gente sta seguendo la vicenda attentamente e con grande sensibilità, sta mostrando le sue reazioni democraticamente e legalmente. E’ opportuno che la nostra gente si esprima.

Credo che tutti i nostri cittadini manterranno la loro determinazione, e agiranno con dignità e buon senso. Tutti dovrebbero saperlo ed starne certi, le navi cariche di amore e d’amicizia provenienti dal cuore dell’umanità, un giorno supereranno ogni ostacolo e barriera, giungendo a destinazione.

A coloro che sostengono questa disumana ed illegale operazione;

Tanto voi sostenete l’illegalità, quanto noi sosteniamo le leggi.

Tanto voi sostenete le operazioni sanguinose, l’aggressività, il terrore, altrettanto faremo noi con la giustizia.

Tanto voi siete contro i civili, gli oppressi di Gaza e la Palestina, quanto noi stiamo a loro vicini, sostenendo i civili, gli innocenti, i palestinesi e la gente di Gaza.

Siamo onorati di avere questo status che la storia ci conferisce, ne andiamo fieri, e inoltre, d’ora in poi, continueremo ad agire seguendo la missione che la nostra storia, la nostra civiltà e la tradizione del nostro Stato ci hanno conferito.

* primo Ministro della Repubblica Turca. Discorso del 1° giugno 2010.


Haneen Zoubi smentisce Israele sull'attacco alla Freedom Flottilla
di Andrea Carancini - http://andreacarancini.blogspot.com - 3 Giugno 2010

Un membro arabo del parlamento israeliano, che era a bordo della flottiglia internazionale attaccata lunedì mentre cercava di portare aiuti umanitari a Gaza, ha accusato Israele di aver voluto uccidere in modo deliberato i pacifisti per scoraggiare futuri convogli.

Haneen Zoubi ha detto che le navi israeliane hanno circondato la nave ammiraglia della flottiglia, la Mavi Marmara, e hanno aperto il fuoco qualche minuto prima che i commando scendessero con una doppia corda da un elicottero direttamente su di loro.

I passeggeri terrorizzati sono stati cacciati via dal ponte con getti d’acqua. Ella ha detto di non essere a conoscenza di nessun atto di provocazione o resistenza da parte dei passeggeri, che erano tutti disarmati.

Ella ha aggiunto che nel giro di pochi minuti dall’inizio del raid, sono stati portati tre corpi nella sala principale del ponte di coperta dove lei e la maggior parte degli altri passaggeri erano stati rinchiusi. Due avevano ferite da proiettili alla testa, per cui ha pensato che fossero state esecuzioni.

Altri due passeggeri sono morti dissanguati lentamente nella sala dopo che i soldati israeliani avevano ignorato i messaggi in ebraico da lei esternati alla finestra, in cui chiedeva soccorsi medici per salvarli. Ella ha detto di aver visto altri sette passeggeri feriti seriamente.

“Israele ha avuto dei giorni per pianificare quest’operazione militare”, ha detto in una conferenza stampa a Nazareth. “Volevano molti morti per terrorizzarci e per mandare il messaggio che in futuro nessun convoglio dovrà cercare di rompere l’assedio di Gaza”.

Rilasciata martedì dalla polizia, a quanto pare a causa della sua immunità parlamentare, ha detto di voler parlare chiaro mentre la maggior parte delle centinaia degli altri pacifisti sono o detenuti da Israele per essere espulsi o sotto arresto.

Altri tre leader della importante minoranza degli arabi palestinesi di Israele, incluso Sheikh Raed Salah, un leader spirituale, sono stati arrestati quando le loro navi hanno attraccato nel porto meridionale di Ashdot. I legali hanno detto che in base alla legge israeliana essi possono essere detenuti e interrogati fino a 30 giorni senza essere accusati [formalmente].

Contraddicendo le affermazioni degli israeliani, la signora Zoubi ha detto che una ricerca effettuata dai soldati dopo che avevano preso il controllo della Marmara non ha portato alla luce nessun tipo di arma.

È essenziale, ha aggiunto, che il mondo esiga un’indagine indipendente delle Nazioni Unite per scoprire quello che è successo sulla nave, invece di permettere che Israele “sbianchetti” i fatti con una sua indagine militare interna.

La signora Zoubi ha parlato mentre i palestinesi sia all’interno di Israele che nei territori occupati osservavano uno sciopero generale chiesto dai propri leader.

Una dichiarazione del High Follow-up Committee, il principale organo politico dei cittadini palestinesi di Israele, ha descritto il raid sulla flottiglia come “terrorismo di stato”.

Le dimostrazioni e i cortei nella maggior parte delle città e paesi palestinesi d’Israele si sono svolti tranquillamente. Gli analisti locali hanno descritto lo stato d’animo come incollerito ma controllato, se non altro a causa del clima apertamente ostile creato verso i cittadini palestinesi dall’epoca della repressione delle loro proteste durante l’attacco israeliano a Gaza 18 mesi fa.

Tuttavia, si dice che la polizia sia stata messa in stato di particolare allarme, con migliaia di funzionari supplementari inviati al nord, dove vive la maggior parte dei cittadini palestinesi.

Molti palestinesi hanno dimostrato martedì fuori del consolato turco di Gerusalemme Est per mostrare il proprio sostegno ad Ankara, che ha duramente criticato il comportamento israeliano. Si dice che due dimostranti siano stati arrestati dalla polizia.

In Cisgiordania, molti palestinesi hanno osservato il primo dei tre giorni di lutto decretati da Mahmoud Abbas, il presidente palestinese, per l’uccisione dei pacifisti.

Anche prima dell’attacco alla flottiglia, la minoranza palestinese del paese, un quinto della popolazione, era preparata alla reazione violenta del governo e dell’opinione pubblica ebraica per la partecipazione dei suoi leader alla flottiglia. Quando le navi sono salpate, Ynet, il più popolare sito web di news israeliano, ha chiesto se la signora Zoubi è un “deputato al servizio di Hamas”.

Ma di fronte alle gravi conseguenze diplomatiche dell’uccisione dei pacifisti da parte di Israele, i leader palestinesi d’Israele hanno avvertito che nei prossimi giorni saranno probabilmente sottoposti a critiche anche più aspre.

Martedì, i partiti della destra hanno lanciato il loro primo attacco contro la signora Zoubi chiedendo la revoca della sua immunità e la sua espulsione dal parlamento. Danny Danon, membro del partito Likud del primo ministro Benjamin Netanyahu, ha chiesto che venga “processata per tradimento”.

Nella sua dichiarazione sull’attacco, la signora Zoubi ha detto che alle 4 del mattino di lunedì aveva visto almeno 14 imbarcazioni israeliane circondare la loro nave a 130 chilometri dalla costa, in acque internazionali.

Ella ha detto che i passeggeri sono stati presi dal panico per l’impatto del commando piombato sul ponte. “Non credevo che saremmo sopravvissuti per più di cinque minuti”, ha detto.

Taleb al Sana, un altro deputato arabo, ha sostenuto la tesi della signora Zoubi che le affermazioni israeliane secondo cui i commando hanno sparato solo alle gambe sono false. “Ho visitato i feriti all’ospedale e sono tutti stati feriti alla testa e al corpo”, ha detto.

Adalah, un centro di assistenza legale della minoranza araba d’Israele, ha detto che nove legali hanno avuto martedì pomeriggio un accesso limitato alle centinaia di pacifisti detenuti a Beersheva e che hanno cercato di raccogliere testimonianze in “circostanze ambientali molto difficili”.

I suoi legali e altre associazioni dei diritti umani hanno anche cercato di rintracciare chi era stato ferito e dove erano stati curati.

“La nostra opinione è che Israele stia cercando di proposito di ostacolare questo lavoro e di attuare un blackout informativo”, ha detto Gaby Rubin, una portavoce di Adalah.

[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: http://weeklyintercept.blogspot.com/2010/06/israeli-knesset-member-rejects-navy.html



Crociera col morto. Il "giallo" della Flottiglia
di Daniele Scalea - www.eurasia-rivista.org - 3 Giugno 2010

Solitamente crediamo che le vicende reali siano meno complesse ed intricate dei romanzi gialli di Agatha Christie. Ciò, almeno ad un’analisi superficiale, è vero. Ma spesso gli eventi reali nascondono retroscena e significati nascosti.

Magari si sa chi è l’assassino, e non serve così nessun Poirot o Miss Marple che lo scopra, ma non sempre sono chiare tutte le motivazioni che animano gli attori sulla scena.

E così eventi come la strage della Freedom Flotilla possono essere descritti ed analizzati quasi fossero dei gialli usciti dalla fervida fantasia d’uno scrittore, e non tragici eventi che coinvolgono persone reali.

L’antefatto

Nel 2006 il movimento Hamas vinse le prime elezioni democratiche dell’Autorità Nazionale Palestinese, l’embrione di Stato arabo – atteso ormai da oltre sessant’anni – concepito con gl’illusori accordi di pace degli anni ‘90. Spalleggiato da Israele e dai paesi occidentali, il partito rivale al-Fatah rifiutò l’esito elettorale ed i Territori palestinesi scivolarono in un’autentica guerra civile, seppure a bassa intensità.

Dal 2007 al-Fatah controlla la Cisgiordania, grazie all’aiuto delle truppe israeliane, mentre Hamas ha preso il sopravvento nella Striscia di Gaza, unilateralmente evacuata dai sionisti nel 2005.

Da allora Israele, che è ancora riconosciuta internazionalmente quale potenza occupante della Striscia (al momento dell’evacuazione non ha infatti compiuto alcun passaggio di potere), la stringe in una morsa per cercare di soffocare la crescita di Hamas: l’assedio è in atto dal mare e, grazie al contributo dell’Egitto, anche da terra, tanto che numerosi paesi ed organizzazioni internazionali parlano da anni di grave emergenza umanitaria (ciò non sorprende, dal momento che stiamo parlando d’un territorio di 360 km2 – poco più di un decimo della Valle d’Aosta – abitata da un milione e mezzo di anime – una densità superata solo dalle città-Stato come Monaco o Singapore). Periodicamente le truppe israeliane, assiepate lungo il confine, compiono incursioni all’interno della Striscia.

È in occasione di tale guerriglia di confine che Hamas ha catturato il celeberrimo caporale Gilad Shalit, e che gl’Israeliani hanno fatto prigionieri parecchi dei 7.000 palestinesi detenuti nelle carceri dello Stato ebraico (diverse centinaia di questi sono minorenni). I media generalmente parlano di “sequestro” del caporale Shalit e, quando raramente ne accennano, di “arresto” dei palestinesi.

Se è possibile accettare l’idea che Shalit sia stato “sequestrato” (assumendo la prospettiva di quei paesi che considerano Hamas un movimento terrorista, e dunque un’organizzazione criminale), non è in nessun caso giustificabile considerare i prigionieri palestinesi alla stregua di criminali comuni arrestati dalle autorità.

I palestinesi nei Territori – mai formalmente annessi da Israele, che anzi con gli Accordi di Oslo ne ha riconosciuto la parziale sovranità all’ANP – non hanno cittadinanza israeliana, non si trovano in territorio israeliano e sono sottoposti alla giurisdizione militare, ossia alla legge marziale imposta dalla potenza occupante. I palestinesi incarcerati dai sionisti, per tanto, si dovrebbero definire “deportati” o “internati”.

La più importante delle succitate operazioni militari, tanto da essere identificata come una vera e propria guerra, fu quella a cavallo tra 2008 e 2009. A giugno 2008 era stata concordata una tregua semestrale tra Israele e Hamas, in virtù della quale il lancio di razzi palestinesi in territorio israeliano fu pressoché azzerato (dai 400-500 dei mesi precedenti, alla decina dei primi mesi di tregua fino ai 2 di ottobre); dal canto suo Israele diminuì il numero delle incursioni, pur non annullandole del tutto.

Non di meno, Tel Aviv continuò a mantenere il blocco economico sulla Striscia ed a condurre azioni militari contro Hamas in Cisgiordania: il movimento palestinese giudicò perciò impossibile rinnovare la tregua sulle stesse basi.

Il 4 novembre, benché la tregua fosse ancora in vigore, le truppe sioniste lanciarono una massiccia incursione militare all’interno della Striscia (ufficialmente per bloccare una galleria sotterranea che permetteva d’eludere il blocco), uccidendo alcuni palestinesi. Hamas denunciò la violazione della tregua e, per rappresaglia, riprese il lancio di razzi. Tel Aviv rispose a sua volta con un’azione militare in grande stile, che provocò migliaia di vittime nella Striscia.

Da allora tra Gaza e Israele continua uno stato di conflittualità a bassa intensità (con rari attacchi palestinesi e sporadiche incursioni israeliane), ma permane il blocco economico della Striscia attuato da Tel Aviv e dal Cairo.

Il delitto

È stato per portare momentaneo sollievo alla popolazione stretta in tale assedio economico che è nata la “Flottiglia della Libertà”: un insieme di otto imbarcazioni, per lo più battenti bandiera turca o greca, allestite da varie organizzazioni umanitarie (la più importante l’anatolica Insani Yardim Vafki, IHH) e con a bordo numerose personalità del mondo politico e culturale, ma soprattutto ingenti quantità di beni da portare alla popolazione di Gaza, tra cui medicinali, libri e materiale edile (che il blocco sionista non lascia passare).

Le otto imbarcazioni si sono riunite a Cipro: le locali autorità hanno impedito a quanti volevano imbarcarsi direttamente dall’isola (tra cui l’ex senatore italiano Fernando Rossi) d’unirsi a quelli che già si trovavano sulle navi, due delle quali sono rimaste bloccate per problemi tecnici. Le altre sei sono partite il 30 maggio alla volta di Gaza, ma dopo poche ore intercettate in acque internazionali dalla marina israeliana.

L’arrembaggio d’un commando sionista alla nave ammiraglia della Flottiglia, la turca Mavi Marmara (vecchia imbarcazione di linea, con circa 600 passeggeri a bordo), è finita in una strage, con 19 morti (9 secondo Tel Aviv) e parecchie decine di feriti: tutti i morti e quasi tutti i feriti sono passeggeri della nave abbordata.

La Flottiglia coi relativi passeggeri sono stati sequestrati dalle forze armate sioniste, interrogati con metodi violenti che rasentano la tortura, e da poco espulsi dal paese (tra loro anche l’italiana Angela Lano, direttrice dell’agenzia Infopal).

Una trama da svelare

Immediatamente si sono scontrate due versioni opposte degli eventi. Secondo gli attivisti attaccati, il commando incursore avrebbe deliberatamente sparato su persone inermi. Tel Aviv afferma invece che i soldati avrebbero agito per “autodifesa”, attaccati dai passeggeri della nave. Inizialmente si è parlato di mazze e coltelli, in seguito persino di armi da fuoco.

Quest’ultima eventualità non è al momento suffragata da prove, ed anzi smentita dalle autorità turche, che affermano d’aver sottoposto tutti i passeggeri, al momento dell’imbarco, a controlli coi raggi X. Inoltre, pare poco probabile e sicuramente insensato che qualcuno dei passeggeri abbia cercato uno scontro a fuoco con soldati professionisti di reparti scelti.

Israele ha finora diffuso immagini delle presunte “armi” trovate sulla Mavi Marmara: coltelli da cucina, chiavi inglesi, pertiche, catene. Nulla che sorprenda ritrovare su una nave passeggeri che sta compiendo un viaggio di più giorni e trasporta materiali vari da consegnare a destinazione. Appare improbabile che qualche temerario abbia provato a sfidare soldati armati di mitragliatore con coltelli da cucina.

È possibile che qualcuno abbia provato a resistere armandosi d’una spranga, ma ciò non giustificherebbe comunque la reazione delle truppe sioniste: la polizia di qualsiasi paese del mondo è addestrata ad affrontare con mezzi non letali i facinorosi che oppongano resistenza con bastoni o affini, senza bisogno di sparare in piena notte in un’imbarcazione affollata di gente.

I media turchi sostengono addirittura che i soldati israeliani avrebbero eseguito alcuni omicidi a sangue freddo in base ad una lista di personalità ricevuta prima dell’attacco: anche questo è inverificabile, ma rimane una certezza, e cioè che le truppe sioniste hanno fatto come minimo un uso sproporzionato della forza. Chiediamoci ora il perché.

Una prima possibilità è che i soldati israeliani abbiano perso il controllo della situazione, e soprattutto di se stessi. Di fronte ad una qualche resistenza alla loro azione illegittima – dal momento che è stata condotta in acque internazionali – hanno reagito aprendo il fuoco sui passeggeri della nave e facendo una strage.

Per forze armate forgiate da decenni d’occupazione e controguerriglia in Palestina, disabituate a distinguere tra combattenti e civili, dimentiche delle leggi belliche ed ignare del diritto internazionale, avvezze al massacro di civili, sarebbe possibile se non probabile usare il pugno più duro di quel che servirebbe.

Ma parrebbe troppo dilettantesco per un’unità di élite com’è la Shayetet 13 incapparre in un incidente tanto grossolano, trasformando l’arrembaggio ad una nave di pacifisti in una strage di massa. Si è inclini a pensare che il pugno duro sia stato preventivato, che l’uccisione d’alcuni passeggeri fosse voluta o, quanto meno, non disdegnata. Ma da chi?

Secondo Janiki Cingoli, direttore del CIPMO, gli apparati di sicurezza israeliani si muoverebbero ormai da soli, ed il governo sarebbe incapace di controllarli. È fuor di dubbio che in Israele i militari abbiano un enorme potere ed una forte indipendenza dal controllo politico; ma è difficile credere che agiscano in assoluta autonomia, senza il consenso di almeno una parte del governo.

Probabilmente la stessa parte che, in coincidenza con la visita del presidente statunitense Joe Biden in Israele, fece in modo di mettere in serio imbarazzo lui e il primo ministro sionista Netanyahu dando il via libera alla costruzione d’edifici residenziali per coloni nella Gerusalemme Est occupata.

C’è in Israele una parte consistente e soprattutto in grande crescita di ultra-nazionalisti, generalmente estremisti religiosi, che si sentono limitati dalle critiche degli alleati ed amici occidentali, e preferirebbero un Israele più isolato internazionalmente ma che abbia mano libera per una “soluzione finale” della questione palestinese, delle dispute di confine, del programma nucleare iraniano, della sistemazione della regione.

Un’estrema destra di stampo religioso che vorrebbe rompere con USA e Unione Europea, abbandonare ogni residua timidezza e far valere la propria supremazia militare e nucleare nel Vicino Oriente per ridisegnarlo a proprio piacimento.

Questa è una possibile chiave di lettura, imperniata sulla politica interna d’Israele. Ma più probabile è che, al posto di tale motivazione o in aggiunta ad essa, ci sia la volontà da parte del ceto dirigente israeliano (o di una parte di esso) di lanciare un messaggio al mondo intero.

Provocazione è la parola chiave.

“Provocazione” è stata, secondo le autorità sioniste, quella della Flottiglia della Libertà. Tutti gli estremisti d’ogni tempo e colore amano giustificare le proprie azioni denunciando una presunta “provocazione” da parte dell’avversario. Negli anni ‘70 molti crani furono rotti per punire quelle ch’erano percepite come “provocazioni”.

Questo perché l’estremista è per sua natura iper-sensibile, paranoico, intollerante: tutto o quasi è per lui “provocazione”. “Provocatore” è l’avversario se tenta di esternare le proprie idee; “provocazione” può essere la semplice presenza fisica di colui che si odia.

Il sionismo, soprattutto nella sua nuova declinazione religiosa, è un’ideologia radicale (costruire una nazione che prima non c’era, nel paese dove c’è un altro popolo, è senza dubbio un progetto radicale ed estremista, a prescindere dal giudizio positivo o negativo che di esso si voglia dare); il sionismo è paranoico, perché vede nemici ovunque (il presunto odio eterno che i goym avrebbero verso gli Ebrei); il sionismo è intollerante perché non mostra pietà per chi vi si oppone (secondo il rabbino Ytzhak Shapira, è doveroso uccidere qualsiasi non ebreo ostacoli Israele); il sionismo è estremista perché attratto dalle visioni apocalittiche (secondo lo storico israeliano Martin Van Creveld, se Israele dovesse collassare è probabile che proverebbe a trascinare con sé il mondo intero usando le proprie testate atomiche, che assommano ad alcune centinaia).

Malgrado ciò, tuttavia, e senza voler in alcun modo giustificare il massacro d’attivisti innocenti, Israele non è completamente nel torto quando ravvisa una “provocazione” nel progetto della Flottiglia. Per comprenderne la natura, bisogna concentrarsi sul ruolo dello Stato che se ne è fatto tutore: la Turchia.

Stando a George Friedman, Ankara avrebbe volutamente cercato l’incidente affinché Israele si mettesse in cattiva luce davanti al mondo. Sembra tutto troppo machiavellico. Più credibile è che i Turchi pensassero che, grazie all’egida data all’iniziativa, questa potesse “bucare” il blocco navale israeliano.

Si sarebbe trattato di un evento dall’alto valore non solo umanitario ma anche simbolico, a favore del ruolo della Turchia come potenza regionale protettrice dei musulmani. Il fatto che Ankara si immischiasse nella questione palestinese è stato percepito dai sionisti come una “provocazione” cui rispondere nella maniera più brutale possibile.

Se al pari di Thierry Meyssan e seguendo la ricostruzione fin qui fatta, si riconosce che la strage della Flottiglia è stata deliberatamente provocata da Israele, bisogna concludere che anche Tel Aviv volesse con ciò lanciare la propria “provocazione”. La trama di questo giallo è stata scritta nel sangue, sangue che i sionisti hanno voluto sbattere in faccia al mondo per lanciare il loro messaggio, ed osservare la reazione.

Gli USA, malgrado le recenti tensioni col governo israeliano e l’umiliazione fatta patire a Biden durante la sua visita nello Stato ebraico, al dunque hanno mostrato di non potere o non volere prescindere dall’allineamento a Tel Aviv, coprendone le malefatte in sede di Consiglio di Sicurezza dell’ONU.

L’Europa ha fatto le sue rimostranze di facciata, simili a quelle che accompagnarono l’aggressione a Gaza nel 2008-2009: “distinguo” che vorrebbero salvare la nomea di “potenza benigna” che l’UE ha o crede d’avere nel mondo, senza però realmente ostacolare la politica d’Israele.

Non c’è da sorprendersi che pochi paesi abbiano mostrato una reale insofferenza verso l’azione sionista, e cioè quelli in cui la Flottiglia aveva degli appoggi “altolocati” (vedi la Grecia).

In tutti gli altri paesi – vedi ad esempio l’Italia – i partecipanti alla Flottiglia sono anche dissidenti del proprio governo, il quale difficilmente sarebbe realmente dispiaciuto se succedesse loro qualcosa.

Indicativo che le dichiarazioni provenienti dalle varie cancellerie europee siano in linea con quelle della Farnesina, da alcuni anni autentica succursale del Misrad HaHutz, la quale per distinguersi s’è limitata a qualche frase sconcertante di un oscuro sottosegretario.

Neppure i paesi arabi sembrano andare oltre le pubbliche dimostrazioni di sdegno, che celano un’inattività diplomatica paragonabile a quella osservata durante la guerra a Gaza – quando la stessa convocazione di un inconcludente vertice della Lega Araba richiese più giorni.

L’Egitto ha riaperto il Valico di Rafah, ma la sensazione è che il presidente Mubarak abbia con ciò voluto rispondere alla pressione del suo popolo, e che quando la tempesta sarà passata riprenderà a bloccare la Striscia di concerto con Israele.

Tutte queste reazioni erano abbastanza scontate. Tel Aviv, con la sua provocazione, ha voluto mettere alla prova prima di tutto la sua antagonista in questa faccenda: la Turchia. Il primo ministro Erdoğan aveva patrocinato l’iniziativa umanitaria per riaffermare il ruolo del suo paese nella regione: la brutale reazione israeliana vuole suonare come un’umiliazione a Ankara davanti al mondo intero.

I sionisti hanno compiuto un atto di pirateria, assalendo in acque internazionali una nave turca in missione sponsorizzata dal governo, massacrando numerosi membri dell’equipaggio, deportando e brutalizzando gli altri prima di espellerli dal paese.

Con ciò ha voluto dimostrare la propria forza: dimostrare che la sua superiorità militare e nucleare, coniugata con l’efficace azione delle lobbies sioniste sparse per il mondo (che lo garantiscono da un totale isolamento internazionale), permette a Israele di muoversi come vuole.

I Turchi non possono reagire alla violenza con la violenza, non perché le loro forze armate convenzionali siano molto più deboli di quelle israeliane (in realtà il divario non è così netto), bensì perché Ankara non dispone di armi atomiche, mentre Tel Aviv ne ha a disposizione un paio di centinaia.

E toccare Israele senza disporre d’una sufficiente deterrenza nucleare fa paura a tutti, perché lo Stato ebraico sembra ormai aver metabolizzato il dettame di Moshe Dayan: «Israele dev’essere come un cane rabbioso, troppo pericoloso da importunare».

Quella che prima era una strategia deliberata, una “maschera” che i sionisti decisero d’indossare davanti al mondo, ora sta diventando l’identità stessa della nazione, è penetrata nell’intimo di un popolo sempre più orientato all’estremismo religioso ed alle soluzioni apocalittiche.

Un finale ancora da scrivere

Ha ragione Simon Thurlow a sostenere che l’incidente della Flottiglia favorirà l’AKP sul piano interno, perché il turco è un popolo fiero e fortemente nazionalista, che con tutta probabilità reagirà all’aggressione schierandosi a fianco del proprio governo. Purché il governo si dimostri però forte. Se Erdoğan darà segnali di debolezza, la sua gente perderà fiducia in lui.

Il Primo Ministro dovrà poi giustificare la nuova linea di politica estera, sempre più contrapposta a Israele, davanti alle Forze Armate che, com’è noto, almeno negli alti gradi non simpatizzano per lui. Erdoğan ha ammonito Israele che non conviene farsi nemici la Turchia, ma ciò che ha voluto affermare Tel Aviv col suo gesto brutale è proprio l’opposto: che a Ankara non conviene avere lo Stato ebraico per nemico.

Israele ha provato ad umiliare Erdoğan davanti al suo popolo, ma pure a screditarlo nella regione.

Ankara cerca di porsi come nuova potenza guida dei paesi musulmani nel Vicino Oriente, ma nessuno è disposto ad accettare un protettore che non sia forte a sufficienza. Tel Aviv ha voluto rimarcare la propria superiorità sulla Turchia affinché gli Stati arabi non cedessero alle lusinghe “neo-ottomane” di Ankara.

A questo punto, però, la palla è nel campo turco. Adesso tocca a Erdoğan abbozzare una reazione alla provocazione israeliana, una reazione che gioco forza deve escludere l’opzione militare ma dev’essere sufficientemente ferma e dura.

Se la troverà, allora potrebbe ribaltare a proprio favore la situazione, conquistando ancor più i cuori della propria gente e la fiducia degli altri Stati nella regione. Se non vi riuscirà, le tensioni interne all’élite anatolica ne risulteranno acuite, e l’ascesa della Turchia come potenza regionale sarà, se non abortita, sensibilmente rallentata.


Il senso d'Israele per l'impunità
di Erminia Calabrese - Peacereporter - 3 Giugno 2010

Intervista a Mohammed Burini, direttore di al-Jazeera, sulla situazione internazionale dopo l'assalto di Gaza

Dopo l'attacco alla flottiglia di aiuti umanitari per Gaza, Israele è più isolato che mai. Mentre gli Stati Uniti cercano di bilanciare la situazione, Turchia ed Egitto congelano i loro rapporti con lo stato ebraico. Mohammad Burini, direttore del canale satellitare al-Jazeera commenta l'attacco israeliano in acque internazionali.

Il sanguinoso blitz contro la flottiglia di aiuti in navigazione verso la Striscia di Gaza riuscirà a migliorare in qualche modo la situazione del blocco che Israele impone ai palestinesi?
Sì, penso che quest'orribile vicenda avrà un effetto sul blocco di Gaza. In questo momento Israele è, su scala internazionale, in una situazione molto critica. Grazie ai media internazionali l'opinione pubblica sta vedendo con i propri occhi quello che Israele è capace di fare. Israele non è più una vittima sia agli occhi della comunità internazionale sia presso l'opinione pubblica. La percezione di Israele adesso è cambiata. I fatti rendono evidente che sono i palestinesi le vittime del terrorismo dello Stato di Israele.

Che cosa pensa della decisione dell'Egitto di aprire il valico di Rafah?
L'Egitto deve rompere il blocco di Gaza. E' un suo dovere. Questo blocco è inumano. Un milione e mezzo di palestinesi soffre della mancanza di cibo, di medicine, di elettricità. Il Presidente Mubarak e il suo governo devono aprire il valico di Rafah e porre fine a questo blocco barbaro. Il presidente Mubarak dovrebbe capire che quello che succede a Gaza è una tragedia umana. E' un crimine contro l'umanità e contro le leggi internazionali. Il governo di Gaza è stato scelto dai palestinesi con regolari elezioni e come tale deve essere accettato.

Si è creata una nuova crisi tra Israele e Turchia , due partner strategici?
Sicuramente c'è una grande crisi tra questi due attori. Il premier turco Erdogan, ieri, nel suo discorso è stato molto chiaro. Si è trattato di un crimine assurdo che Erdogan e il presidente turco non perdoneranno. E' normale la rabbia della Turchia dinanzi ad un attacco che ha visto morire civili la cui sola colpa era di volere dare una mano ad altri civili.

Una nuova flottiglia sta raggiungendo Gaza, come pensa che Israele reagirà questa volta?
Se Israele commette un altro errore di questo genere allora penso che le conseguenze saranno molto pericolose per lo stato ebraico. Israele dovrebbe a questo punto capire che non può continuare a violare le leggi internazionali che permettono ai civili di aiutare altri civili, che permettono alle organizzazioni non governative (Ong) di aiutare civili in difficoltà. Israele non può più commettere crimini contro i palestinesi, non può più pretendere di avere un'impunità senza limiti dinanzi alla comunità internazionale. Israele dovrebbe stare attento alla rabbia dei palestinesi , da anni ne occupa la terra facendogli subire ogni sorta di sopruso.Tutto questo non può più funzionare in questo nuovo clima internazionale. Tutto questo dovrebbe avere una fine.

Il Consiglio dell' Onu chiede una missione di inchiesta internazionale sul blitz israeliano contro la flottiglia di pacifisti. Crede che questa inchiesta sarà davvero internazionale o puramente israeliana?
Ogni volta che Israele commette un crimine subito dopo si scatenano le richieste di inchieste. Le inchieste condotte da Israele servono solo a giustificare gli atti dei suoi soldati, servono ad assolvere i colpevoli per poi presentarli come vittime. Quando sono stati puniti i responsabili israeliani? Purtroppo mai. Non credo che questa inchiesta possa essere più seria delle altre altrimenti sarebbe la stessa leadership, militare e politica, a dover essere punita. Quello che è successo è stato un massacro. Quello che è successo è stato un crimine in acque internazionali, lo ripeto.

Perché, secondo lei, Israele ha scelto questo tipo di blitz sanguinoso per fermare le navi cariche di aiuti umanitari?
Israele con questo raid ha voluto punire i pacifisti perché colpevoli di aver tentato di dare un aiuto ai civili palestinesi. Ha voluto dare una lezione a loro e agli altri. Ha voluto dare un esempio atto a fermare qualsiasi iniziativa volta a portare aiuti a Gaza. Penso che questa sia una delle principali ragioni di questo blitz, infondere terrore è la loro specialità.

Crede che il governo israeliano sopravviverà?
Penso che l'attuale governo israeliano sia il governo più estremista della storia di Israele assieme al governo di Sharon. Sopravvivrà proprio perché c'è un aumento dell'estremismo nella società israeliana negli ultimi decenni La gente accetta questo governo, è la gente che lo ha scelto. Questo governo sopravviverà ma nello stesso tempo sarà in conflitto con la comunità internazionale e con i palestinesi

Come crede che il presidente palestinese Abbas potrà giustificare, dinanzi all'opinione pubblica palestinese, una ripresa dei contatti con Israele?
Il presidente Abbas non potrà mai giustificare davanti ai palestinesi una ripresa dei contatti con gli israeliani. Fino a quando Israele non vorrà veramente la pace, fino a quando Israele non smetterà di uccidere bambini palestinesi e non libererà i prigionieri palestinesi, il presidente Mahmoud Abbas non potrà fare niente. Lui è debole non può difendere la gente né se stesso.

Crede che in qualche modo questo episodio possa spingere come nel 2006 il movimento sciita libanese Hezbollah ad agire?
No, non credo. Hezbollah è un piccolo gruppo che ha come scopo la difesa del Libano, non penso che possa entrare in una battaglia con Israele. Il suo interesse è difendere il Libano.


Israele. Stato confusionale
di Zvi Schuldiner - Il Manifesto - 3 Giugno 2010

L'attacco israeliano contro la «Freedom flotilla» ha scatenato una grave crisi in Israele e ha gettato un fascio di luce sul brutale assedio della Striscia, che dura dal 2005 (quando al potere non c'era ancora Hamas) e non solo dai massacri di «Piombo fuso» dell'inverno 2008.

Il premier Benjamin Netanyahu e il ministro della difesa Ehud Barak (nella foto) sono i responsabili diretti della decisione che ha portato all'attacco alla nave turca Marmara e come tali si sentono sotto assedio.

Entrambi. La moderata critica del presidente Obama si è aggiunta alle forti condanne e ammonimenti internazionali a Israele. Non è solo «l'estremismo islamico di Erdogan», il premier turco, a minacciare i rapporti i buoni con la Turchia, è l'Europa, il Canada, l'Irlanda che annunciano serie conseguenze nel caso la nave irlandese attesa a Gaza nelle prossime ore venga attaccata.

Israele è in piena schizofrenia: da un lato è chiaro a tutti che i nostri valorosi soldati sono stati aggrediti da una temibile coalizione di miliziani di Al Qaeda, di terroristi di Hamas, di estremisti turchi truccati da pacifisti; dall'altro la sensazione generale è quella, fin da subito, di un fiasco totale. L'assedio diplomatico di Israele è drammatico e si comincia a sentirne gli effetti anche sul piano economico.

Un sondaggio per conto del giornale di destra Maariv rivela che il 49% della popolazione è favorevole a una commissione speciale d'inchiesta e il 62% crede che si sarebbero dovuti usare altri mezzi per fermare le navi.

Il settimanale Usa The Nation ha riferito che fra i pacifisti imbarcati sulla flottiglia c'era anche Edward Peck. Questo signore non è un americano qualunque, ma un ex-diplomatico di carriera che fu il vice-direttore della Task Force on Terrorism della Casa bianca ai tempi del presidente Reagan!

Sua moglie ha ricevuto da Israele un messaggio che garantiva la sua prossima liberazione ma di certo la sua presenza, come quella di molti altri «terroristi» e «estremisti» dello stesso tipo, non farà felici gli agit-prop al servizio della versione ufficiale israeliana.

L'ex ministro degli esteri e attuale leader dell'«opposizione», Tsipi Livni del Kadima, già precisa che i soldati nessuno li mette in discussione. Ossia insinua che presto comincerà il dibattito sulla responsabilità politica dell'attacco o «dell'opzione scelta che ha messo a rischio la loro vita».

Anche peggio: voci parlano di un esponente di alto rango che avrebbe criticato l'opzione scelta. Le malelingue dicono che si tratta del vice-premier Moshe Yaalon, l'ex-comandante dell'esercito. Se si tratta di lui, la sua critica sarebbe l'emblema dell'opportunismo di uno che, criticando Barak, aspira a prenderne il posto.

Ma il problema per Yaalon non è facile perché criticare Barak significa criticare Netanyahu. E non solo perché mentre Netanyahu, impegnato in visita ufficiale all'estero, non c'era, il suo sostituto ad interim era... lo stesso Yaalon.

L'ambasciatore Peck, parlamentari europei, una sopravvissuta ebrea dell'olocausto accompagnavano i «mercenari» - vari passeggeri avevano molto denaro con sé, secondo le versioni israeliane, e questo prova che erano «mercenari» - i miliziani di Al Qaeda, ecc. Che fare oltre a diffondere versioni infantili che nessuno prende sul serio?

All'inizio, pavlovianamente, tutti i «criminali» sono stati trasferiti in una prigione del sud di Israele. Quando alcuni avvocati e gruppi per i diritti umani, martedì, si sono presentati alla Corte suprema esigendo la liberazione di tutti gli arrestati, la procura ha immediatamente reagito sostenendo che questo costituiva una minaccia per la sicurezza dello Stato.

Poche ore più tardi, l'enormità della bufera diplomatica ha insufflato una boccata d'aria fresca nei cervelli ottenebrati dei leader israeliani, che hanno cominciato a capire come la cosa più pratica da fare fosse la liberazione di tutti quelli che non risultassero direttamente colpevoli degli «attacchi» ai soldati d'Israele.

Varie centinaia degli arrestati sono stati portati all'aeroporto ma la destra esige che la Corte impedisca la liberazione di quanti sono colpevoli di atti così terribili contro il nostro paese e i suoi valorosi soldati.

In parlamento, una patriottica deputata del Likud, Miri Regev, ex-portavoce dell'esercito, ha investito la deputata araba Hanin Zoabi, che era a bordo della Marmara - urlandole: «Vai a Gaza, traditrice!»; nelle strade centinaia di manifestanti di sinistra sostengono la flottiglia e condannano il governo in diverse città del paese e s'imbattono in furibondi patrioti che hanno a loro volta organizzato varie manifestazioni di «appoggio morale ai nostri soldati che hanno rischiato la loro vita in difesa della patria».

E come se non bastasse tutto ciò e l'assedio diplomatico, è evidente che in questo round Hamas porta a casa un punto importante: adesso si comincia a discutere, anche in Israele, la sterile strategia dell'assedio politico imposto alla popolazione palestinese di Gaza.

L'assedio è cominciato prima che Hamas prendesse il potere nella striscia nel 2006; è parte integrante dei mezzi usati dal governo israeliano per evitare negoziati di pace seri; rivela che il ritiro unilaterale da Gaza nel 2005 era null'altro che uno stratagemma di Sharon che ormai non funziona più.

La «Freedom flotilla» e Israele annunciano al mondo qualcosa che il mondo aveva dimenticato: il milione e mezzo di palestinesi sotto assedio sono le vittime delle incessante occupazione di Gaza - anche dopo il ritiro israeliano - che deve finire.