venerdì 4 giugno 2010

Una manovra spericolata...

Qui di seguito qualche articolo sulla manovra finanziaria correttiva da 24 miliardi che in teoria dovrebbe rimettere in piedi un Paese ormai completamente allo sfascio dal punto di vista economico e sociale.

Ma anche i bambini sanno che sarà del tutto inutile.


Sulla manovra ecco chi ci rimette e chi si salva
di Stefano Feltri - http://antefatto.ilcannocchiale.it - 1 Giugno 2010

Alla fine il testo è molto diverso da quello annunciato

C’è voluta quasi una settimana, dal consiglio dei ministri di martedì scorso, ma alla fine il decreto legge della manovra finanziaria è stato firmato dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Ed è molto diverso da quello annunciato.

CHI CI RIMETTE. Manca ancora la relazione tecnica che chiarirà chi paga e quanto. Ma da un primo esame della manovra è chiaro che il grosso del risanamento, 24 miliardi di euro, peserà come previsto su statali ed enti locali.

Vengono congelati gli stipendi degli statali al livello del 2010 fino al 2013, con un taglio del cinque per cento per quelli superiori a 90 mila euro e del 10 per cento per quelli sopra i 150 mila. Viene confermata anche la chiusura delle finestre per i pensionamenti estivi del 2011.

Gli enti locali sono gli altri che pagano il prezzo più alto. Restano le province che dovevano essere abolite, ma Regioni e Comuni si vedranno ridurre parecchio i fondi a disposizione: tra 2011 e 2012 il sacrificio richiesto ammonta a circa 14,8 miliardi di euro. Oltre metà della manovra. Decadono anche con effetto retroattivo (e questo originerà infiniti ricorsi) anche molti rapporti di collaborazione e di consulenza con gli enti locali.

I tagli arrivano anche ai ministeri, nel 2011 si avrà un taglio complessivo di 2,4 miliardi di euro, di cui quasi un miliardo al solo ministero dello Sviluppo economico ora guidato ad interim da Silvio Berlusconi dopo le dimissioni di Claudio Scajola.

Arriva anche l’intervento sulle pensioni di invalidità, che valgono da sole un punto di Pil (cioè ben 16 miliardi di euro all’anno). La soglia di invalidità che legittima l’accesso al contributo dell’Inps viene elevata all’85 per cento dal 74 per cento e aumenteranno i controlli per smascherare i falsi invalidi.

CHI SI SALVA. I partiti che, nella bozza iniziale, dovevano vedersi dimezzati i rimborsi elettorali sconteranno un taglio soltanto del 10 per cento. Dopo le polemiche dei giorni scorsi, scompare la lista degli enti culturali “inutili” da abolire.

Il ministro dell’Economia applica, come fa spesso, i “tagli orizzontali” e dimezza le risorse rispetto a quelle del 2009, poi ci penserà il ministro della Cultura Sandro Bondi, di concerto con il Tesoro, a decidere chi salvare. Non si salvano invece una quindicina di enti come l’Istituto promozione industriale o l’Ente teatrale italiano.

Soppressa anche una delle voci economiche che talvolta ha formulato diagnosi della crisi in dissenso rispetto al ministero di Tremonti: l’Isae viene accorpato al ministero.

Ma si tratta di risparmi di spesa contenuti: la manovra prevede che tutti i dipendenti vengano riassorbiti dai ministeri di riferimento con lo stesso stipendio. Gli evasori non hanno molto da preoccuparsi dalla tracciabilità dei pagamenti: il limite per l’uso dei contanti è stato fissato a 5mila euro, ben superiore ai 100 euro che aveva provato a introdurre il governo Prodi.

CHI CI GUADAGNA. In mezzo a tante sforbiciate, si nota subito un incremento di spesa: 18,5 milioni che vanno a rimpinguare il fondo della presidenza del Consiglio per la celebrazione del 150mo anniversario dell’Unità d’Italia. Un avvenimento a cui il Quirinale tiene particolarmente. Ma gli interventi sostanziali sono quelli relativi al condono edilizio e alla fiscalità di vantaggio per il Mezzogiorno.

Non è indicato il gettito atteso, ma il condono, o sanatoria, è molto pi ampio del previsto. Vale non soltanto per i cosiddetti immobili “fantasma” (quelli sconosciuti al fisco) ma anche per gli “interventi edilizi che abbiano determinato una variazione di consistenza ovvero di destinazione non dichiarata al catasto”. Non soltanto per il passato, ma tutti quelli realizzati entro il 31 dicembre 2010. Un condono che quindi vale anche per l’avvenire. Secondo il Pd è “istigazione a delinquere”.

Secondo altri i costruttori hanno finalmente ottenuto il piano casa promesso da Berlusconi per due anni: sei mesi di tempo in cui si può fare di tutto – magari in nero per somme sotto i 5mila euro – e poi sanarlo nell’anno nuovo. Nel Sud nascono le zone “a zero Irap”, cioè senza l’imposta regionale che pesa sulle imprese, quelle a “burocrazia zero”, con un funzionario del governo che dovrebbe assicurare una riduzione degli oneri burocratici.

E soprattutto si concede alle imprese europee che vogliono investire nel Mezzogiorno la possibilità di scegliere il regime fiscale di un qualsiasi altro Paese europeo, per esempio l’Irlanda che attira da anni multinazionali con una flat tax.


Manovra, le menzogne del Governo
di Luciano Gallino - La Repubblica - 2 Giugno 2010

Se fossi un disoccupato, dinanzi agli ultimi dati sulla disoccupazione mi verrebbe da fare alcune domande. La prima: come potete voi, ministri e parlamentari, dirigenti ed esperti di economia, venirci a dire per mesi «l’economia va meglio, la ripresa è in corso, ma la disoccupazione è in aumento»?

Da che mondo è mondo, i miei compagni ed io abbiamo imparato a scuola, e re-imparato lavorando - quando il lavoro ce l´avevamo - che l´economia ha una funzione vitale da svolgere: deve produrre ricchezza per il maggior numero di individui, offrire condizioni di impiego decenti, moltiplicare i posti di lavoro.

Deve, in sostanza, creare occupazione. Se invece di creare occupazione la distrugge, perché la vostra stupefacente frase significa in fondo questo, l´economia non va meglio. Va decisamente peggio. E voi dovreste smetterla di raccontarci il contrario.

Un´altra domanda che mi verrebbe da fare, nel caso in cui oltre a essere disoccupato avessi pure una figlia o un figlio nella medesima condizione, è se voi tutti, politici ecc., vi rendete conto di che cosa significa per un giovane non riuscire, per anni di seguito, a non trovare nemmeno il primo lavoro dopo la scuola, quello che non si scorda mai, la porta di ingresso nella vita. Magari pagato poco, ma ragionevolmente interessante, passabilmente stabile.

Non riuscire a trovare per tempi lunghissimi il primo lavoro non è soltanto una umiliazione. È un logoramento del carattere, un lento sprofondare nella convinzione che nella società non c´è più spazio per i nuovi arrivati, che per qualche oscura ragione si è venuti al mondo essendo già etichettati come esuberi.

Sappiamo che nel Mezzogiorno i giovani che escono dalle superiori si trovano troppo spesso dinanzi a un bivio semplice e netto: o si arruolano nella malavita organizzata, quale che sia la sua denominazione locale, o imboccano la strada della disoccupazione permanente. I pochi che non accettano di prendere nessuna delle due strade emigrano, al Nord o all´estero.

Vi rendete conto, tutti voi - è sempre il disoccupato che parla - che l´Italia intera sta diventando un paese che ai suoi giovani non sa offrire niente di meglio di quel bivio, o l´emigrazione come alternativa? Infine, se fossi un disoccupato chiederei come possa mai essere venuto in mente a tutti voi di elaborare una manovra finanziaria che non solo vale zero quanto a stimolo per l´economia, ma produrrà in breve altre centinaia di migliaia di miei simili, cioè di disoccupati.

È evidente che i massicci tagli alla scuola, alla sanità, alla pubblica amministrazione centrale e locale butteranno fuori dal mercato del lavoro moltissime persone.

Molte altre perderanno il lavoro poco dopo perché, come sta scritto nei manuali di economia delle medie, uno stipendio o un salario che gira ne crea uno o più in altri settori. Perciò uno stipendio in meno non è un risparmio benefico, come ci raccontate, bensì una contrazione di attività che si ripercuote negativamente su altri stipendi.

Se, come avverrà, i comuni riducono il numero delle maestre d´asilo a causa dei tagli inflitti ai loro bilanci, un certo numero di mamme che un lavoro ce l´ha dovrà lasciarlo per poter badare ai figli. Se province e regioni costruiscono meno scuole, strade e ponti non si risparmiano affatto soldi: si creano altri disoccupati.

Se nelle scuole ci saranno centomila insegnanti in meno, e meno ore di istruzione per tutti, questo non vuol dire risparmiare. Vuol dire costruire per il futuro un altro reparto della grande fabbrica di lavoratori disoccupati, sotto-occupati e malpagati in cui state trasformando l´Italia.

E per concludere: qualcuno vi ha mai informato che il piano di stimolo all´economia varato un anno fa dal governo Obama, comprendente discutibili salvataggi di istituti finanziari, ma anche notevoli investimenti, ha fatto sì crescere il debito pubblico, ma ha tenuto il tasso di disoccupazione 1,5-2 punti più in basso di quello che sarebbe stato senza di essi, evitando quasi sicuramente una catastrofe sociale?

Buttate lì le domande di cui sopra, se fossi un disoccupato chiederei una cortesia. Non venite a dirci, voi tutti politici e imprenditori, megaconsulenti e top manager, cose tipo «ce lo chiede l´Europa», «altri paesi hanno più disoccupati di noi», oppure «lo esige la globalizzazione».

Altri paesi avranno magari qualche decimo di punto di disoccupazione in più, ma hanno sussidi più alti e di maggior durata - il che permette al disoccupato di continuare a spendere. Hanno servizi alle famiglie tali da permettere alle donne di lavorare senza problemi.

E di certo non è l´Europa che ci chiede di pagare i salari più bassi di tutta la Ue a 15. Quanto alla globalizzazione, siete stati voi e i vostri colleghi europei a mettere in concorrenza i nostri salari e i nostri posti di lavoro con quelli della Cina e dell´India, del Messico e del Sud Africa.

Il peggioramento delle condizioni di lavoro che ne è seguito, di cui la disoccupazione è l´aspetto peggiore ma non il solo, gravano già sulle nostre vite. Risparmiateci per favore le spiegazioni che ritorcono su di noi, disoccupati presenti e futuri, la responsabilità dell´accaduto.



Tagli agli invalidi, aumenti alla Casta
di While - Byte Liberi - 3 Giugno 2010

Oggi voglio parlare di un argomento delicato e molto serio. Un argomento che pare sia passato con troppa leggerezza sulla stampa tradizionale. Si tratta di un particolare taglio dell’ultimissima manovra finanziaria di Tremonti.

Con la scusa dei falsi invalidi, questo governo ha varato l’ennesima porcata. La decisione di innalzare la soglia per la pensione di invalidità dal 74% all’85%, avrà come conseguenza l’esclusione da tale beneficio delle seguenti categorie di pazienti: sindrome di Down; amputati di braccio e di spalla; amputati dei due piedi, sordomuti, psicosi ossessive, tubercolosi polmonare, sindrome schizofrenica e molte altre ancora. Basta consultare una delle tante tabelle di invalidità per capire a che punto è arrivato questo governo per risparmiare due soldi.

Ora c’è da chiedersi: in che modo l’innalzamento della soglia possa contrastare i falsi invalidi? Un falso invalido può benissimo continuare ad esserlo all’85, al 90, al 100%. Sembra proprio che questo governo non conosca altro modo di lavorare: Baroni nelle Università? Tagli indiscriminati. Falsi invalidi? Tagli indiscriminati. Potremmo mettere uno stupidissimo computer al posto di questi inetti.

La cosa che fa ancora più incazzare però è che si è preferito tagliare sugli invalidi pur di non toccare la casta. Le province in Italia sono 110 e costano 13 miliardi di euro l’anno, metà di tutta la manovra economica.

Ma ovviamente non si toccano; cadrebbero troppi feudi di voti su cui regnano questi politicanti da strapazzo che, per rimanere in tema “soldi da risparmiare”, hanno da poco deciso di farsi il ristorante con vista panoramica sul tetto della Galleria Sordi a Roma: vicino, comodo e molto economico.

Infatti, grazie ai contribuenti, i nostri dipendenti potranno fare dei ricchi aperitivi a solo 1,5€: l’invidia di ogni studente squattrinato (FONTE). Del resto, dopo il ridicolo taglio ai loro stipendi che, secondo il Corriere, ha colpito solo 9 persone, questi poveretti dovranno pur mangiare a poco prezzo…

L’Italia per l’invalidità (comprese le pensioni di reversibilità) spende l’1,5% del proprio PIL. La Germania spende il 2%, la Francia l’1,8, il Portogallo il 2,3, la Polonia l’1,7, il Regno Unito il 2,4.

La media nell’Europa dei 15 è il 2,1%. Spendono meno dell’Italia la Grecia, la Bulgaria, l’Estonia e la Romania (Fonte: “Relazione Generale sulla Situazione Economica del Paese – 2009″, a cura del Ministero dell’Economia – Volume I, pp. 72-73)


Considerazioni sulla manovra finanziaria 2010
di Andrea Mensa - www.comedonchisciotte.org - 4 Giugno 2010

- Pensioni pubblico e privato:
riduzione delle finestre pensionistiche in un'unica finestra a 12 mesi dal raggiungimento dei requisiti per i lavoratori dipendenti e 18 mesi per i lavoratori autonomi;

questo provvedimento fa risparmiare una media di 6 mesi di pensioni dei dipendenti e 9 mesi di pensioni dei lavoratori autonomi.

La ragione per cui tali lavoratori devono “pagare” quei mesi di pensione non corrisposta, con una perequazione casuale dovuta solo al mese in cui matura il diritto, con la parola “diritto” proprio non si concilia. Diciamo che è un prelievo casuale nelle tasche di qualcuno, più o meno pesante a seconda del mese in cui matura la pensione.

- TFR pubblico impiego: rateizzazione buoni uscita (in due rate da 90 a 150 mila euro, in 3 rate oltre 150 mila euro);

l’unica cosa non chiara è dopo quanto tempo arriveranno tali “rate”.
Notare che la cosa che fa questa azione è semplicemente di ritardare dei pagamenti, senza ovviamente predisporre fondi per farlo.
Della serie, pagare quanto dovuto oggi diventerà un problema dei prossimi governi.

- Età pensionabile delle donne nel pubblico impiego: aumentata a 65 anni a partire da gennaio 2016;

questo si spiega da solo. Da rilevare che questo aumento di età non ricalca alcun criterio legato alla persona (es. vita media, durata massima media della vita, ecc..) ma solo il criterio del risparmio, ovviamente a carico dei più deboli.

- Turn over pubbliche amministrazioni: sospensione sino al 2013;

incapaci di determinare in quali uffici, quali mansioni, una riorganizzazione può dare un risparmio di personale, si ricorre al taglio statistico. A chi capita capita, ovvero quegli uffici o mansioni che hanno rinnovato il loro personale recentemente, non ne soffriranno, chi invece ha dato lavoro ai più anziani, verrà falcidiato. È un nuovo criterio di scelta, per il quale potremo continuare a vedere uffici sfaccendati e uffici insolventi le loro funzioni.

- Contratti pubblico impiego: blocco fino a tutto il 2012 di tutti i contratti;

anche qui taglio con la scure e indiscriminato. C’è da domandarsi solo a cosa servono tanti dirigenti, quando non gli si concede di dirigere la cosa principale, ovvero il compenso rapportato al carico e difficoltà di lavoro.

- Stipendi pubblico impiego: congelamento sino a tutto il 2013 con retribuzione di riferimento 2010;

fa coppia con quello sopra.

- Pensioni d'invalidità: percentuale d'invalidità elevata all'85% dal 74% e maggiori controlli sui falsi invalidi;

praticamente solo ai moribondi. C’è qualcuno che si rende conto avere un NON invalidità del 15% ?
si muove magari solo una gamba, oppure una mano e l’avambraccio ma sordo, cieco,e senza denti.
E cosa sarebbero i nuovi “controlli sui falsi invalidi”? se uno è un “falso invalido” già può essere anche denunciato per truffa, se non lo è non servono ulteriori controlli. Questo è veramente fumo negli occhi.

- Acconto Irpef: differimento degli acconti per gli anni 2011 e 2012;

già sono una norma, che potrebbe essere tollerata ed avere un minimo di valore giuridico, se eventuali rimborsi avvenissero nel giro di qualche mese, ma dover anticipare tasse su redditi che FORSE si avranno solo l’anno prossimo ma che se non si avranno verranno rimborsati dopo anni, è decisamente un obbrobrio.

- Autostrade: introduzione dei pedaggi su raccordi autostradali;

dopo che tali raccordi li abbiamo pagati con le tasse passate, ora continueremo a pagare per usarli.
Della serie “prelievo infinito”.

- Deficit di bilancio comune di Roma: tassa di soggiorno su alberghi, pensioni e ostelli romani;

visto che non si ha il coraggio di ridurre i vantaggi per gli enti ecclesiastici, allora si colpisce tutti.

- Fisco: condono edilizio e sanatoria case fantasma;

evidentemente il fisco e il catasto non sanno cosa sono le fotografie aeree.
Pertanto meglio sanare con importi ridicoli piuttosto che far pagare il dovuto, multe comprese. Gentile concessione ai delinquenti.

- Fisco: tracciabilità dei pagamenti sopra i 5 mila euro e intensificazione delle misure fiscali;

già, perché un pagamento da 100.000€ non è frazionabile in 20 pagamenti da 5.000€, vero ?
o si traccia tutto, o non serve a niente. Tracciato tutto, basta stabilire la soglia di analisi, partendo dall’alto verso il basso, ed estrarre, in segreto, le fasce desiderate. Pertanto anche questo solo fumo negli occhi.

- Costi pubblica amministrazione: taglio agli stipendi di dirigenti, manager e magistrati (dal 5% al 10%);

anche qui, la solita incapacità di valutare per cui si colpisce tutti.

- Costi apparato amministrativo: tagli a comuni e regioni;

e qui c’è da domandarsi la Lega, col suo federalismo, come la mette.
Visto che questi tagli sono una delle pietre portanti (per entità) della manovra, sostenere che così non si mette le mani in tasca ai cittadini è una vergognosa menzogna.
Perché riducendo o annullando i servizi sociali, a pagare sono quelli che ne usufruivano, ovvero i più poveri.

Senza contare che così si diminuisce ulteriormente la possibilità di far “politica” localmente.
Senza soldi non c’è niente né da scegliere né da decidere.

- Costi politica: tagli del 10% ai costi della politica (parlamento, ministri, auto blu, amministrazioni locali);

Bene, tagliamo a loro che sono proprio quelli cui, se gli togli qualcosa da una parte, lo arraffano dall’altra.
E chi controlla che non si aumentino le entrate “illegali” ? vietando intercettazioni ? o indagini giornalistiche che sovente arrivano prima della magistratura ?

Ovviamente l’unica cosa che avrebbe consentito di prendere due piccioni con una fava, ovvero una tantum piuttosto pesante su redditi alti (sopra i 200.000€/anno) sulle rendite da capitale e sui capitali stessi, tanto da ridurre la disponibilità a fare i perversi giochi finanziari, nemmeno l’ombra.
Complimenti.

Pensioni

Quando si fanno le proiezioni per prevedere quale sarà negli anni a venire il costo delle pensioni si omette un particolare di fondamentale importanza.
Ovviamente, per tale scopo, vale molto di più il fattore “aspettativa di vita” di quello “vita media”.

Il secondo comprendendo anche la mortalità infantile, è pesantemente cambiato proprio grazie alle nuove cure legate alle malattie infantili, che ne hanno fatto crollare le percentuali rispetto al passato. Quindi già questo ha innalzato il computo della “vita media” ma l’errore maggiore lo si sta commettendo sulla “aspettativa di vita”.

A parte il fatto che si considera troppo poco il fattore “quale vita” oltre ad una certa età, che , se è vero che la durata aumenta, la qualità tra Alzhaimer e altre menomazioni pesanti, che rendono la persona difficile da accudire, e quindi anche molto più costosa, che se unito al problema della sistemazione degli anziani, a quasi totale carico delle famiglie rende il problema veramente pesante seppur distribuito in modo difforme.

Della serie “a chi tocca tocca” che esula da qualsiasi principio di equità nei costi e sacrifici.
Ma l’errore grosso è calcolare tale “aspettativa di vita” sui dati raccolti alla data.

Oggi gli anziani sono quelli nati nell’anteguerra. Niente penicillina, antibiotici, sulfamidici.
Niente prevenzione ma solo “selezione naturale”.

Su famiglie di 10 figli ne sopravvivevano, soprattutto nelle campagne, 3 o 4, i più forti, i più adatti a sopportare una vita dura poco nutriti e sfruttati per le mansioni di casa sin da tenera età.
Ma questi sopravvissuti sono diventati forti, resistenti, e quindi ci ritroviamo 80enni e anche 90enni, ancora perfettamente efficienti.

Il discorso si stravolge nel dopoguerra, grazie a medicinali, cure, una possibilità di vita migliore, maggiore nutrimento, ecc… e la mortalità infantile crolla.
E contemporaneamente crolla la natalità, e si passa dai 10 figli a 2, 3, i quali sopravvivono quasi tutti.

Queste sono le persone che oggi hanno tra i 60 e 65 anni.
Ma sono anche persone che hanno già visto morire dei loro compagni a 35, 40 anni, e sempre più mano a mano che il tempo passava.

Se è vero che le cure riescono a rimediare molti mali, è anche vero che a questa età arrivano persone col cuore già rattoppato, prostata , fegato e stomaco sui quali già si è intervenuto, e non sempre in modo appropriato.

Togliere tonsille e adenoidi, se è vero che ha diminuito la tendenza alle infezioni orali, è anche vero che ha abolito un filtro, una barriera naturale a virus e bacilli. Invece di evidenziare il problema della respirabilità dell’aria, soprattutto nei grossi centri, si è preferito togliere le difese predisposte dalla natura contro di esse. L’appendice si irrita, si infiamma ? invece di modificare la dieta, o cercare di capire cosa si trangugia di dannoso, si asporta.

Criteri medici criminali di questo tipo hanno così prodotto una generazione di “rattoppati” che hanno già subito 1, 2, 3 interventi al cuore, allo stomaco , ecc…

Ora, vogliamo paragonare l’aspettativa di vita di questi “rattoppati” con quella dei sopravvissuti a quella “selezione naturale” operata nell’anteguerra ? e tutto ciò senza considerare i costi umani ed economici che persone fisicamente insufficienti gravano sulle famiglie, lasciate a gestirsi i problemi senza aiuti né riconoscimenti, anzi, alzando le invalidità all’85%.

Ecco come, agire oggi sulle pensioni, senza tenere conto di questa importante mutazione delle condizioni fisiche è non solo scorretto, ma criminale.


Manovrando
di Bruno Tinti - http://antefatto.ilcannocchiale.it - 4 Giugno 2010

Serviva una finanziaria razionale: nel campo dei risparmi di spesa con l'abolizione delle Province, nel campo fiscale con una seria lotta all'evasione. E infine nel campo delle riforme istituzionali, per avere certezza nei rapporti civili e adeguata repressione dei reati.

Così le case illegali saranno legalizzate e questo renderà 390 milioni in 3 anni. Abolire le Province avrebbe reso un po’ più di 10 miliardi di euro (in un anno, conti Eurispes). Le due cose messe insieme inducono a qualche riflessione.

Le Province: è un caso classico di interesse privato in atti d’ufficio. Sono enti inutili, lo dicono tutti da decenni; e ciò nondimeno non sono aboliti. Il fatto è che le Province una loro utilità ce l’hanno.

Assicurano posti politici (Presidenze, Giunte, Consigli etc.) e assumono clienti di politici; in tutti e due i casi distribuiscono soldi; il che genera fedeltà e consensi equamente distribuiti su tutti i partiti.

Da ciò deriva che la decisione di non abolirle costituisce un atto istituzionale che non fa l’interesse dello Stato e fa invece l’interesse dei politici che questo atto deliberano. Come dicevo, un caso classico di interesse privato in atti d’ufficio. Il condono edilizio.

Sembra che le case illegali siano state identificate con moderna tecnologia; si sa quante sono e dove sono. Bisogna solo applicare la legge e procedere ai sequestri; poi si decide se abbatterle (perché sono uno scempio territoriale) oppure se acquisirle al patrimonio comunale per scopi istituzionali (case a riscatto, scuole, uffici pubblici etc).

Non solo ma, una volta accertato chi le occupa (basta una disposizione inviata alle competenti compagnie della GdF o anche alle stazioni dei Cc) bisogna solo andarli a prendere e ficcargli le sanzioni penali e soprattutto pecuniarie che si meritano.

In questo modo non solo si fanno soldi (certo più dei 390 milioni previsti), ma si scoraggia la gente da questa pratica illegale che deturpa il territorio italiano ed è monumento vivo e perenne (come si scrive sulle lapidi mortuarie) all’incapacità dello Stato di assicurare il rispetto della legalità.

E invece? Ennesima pubblica dimostrazione che il delitto paga: le case resteranno a chi le ha costruite in violazione di legge, che pagherà somme molto inferiori a quelle che avrebbe dovuto pagare se le costruzioni fossero state regolari e comunque molto inferiori alle sanzioni penali e amministrative previste; e, soprattutto, tutti i futuri delinquenti edilizi, dal piccolo operaio alla grande società che fa scempio di parchi nazionali, si metteranno alacremente all’opera per costruire nuove case illegali, nella nemmeno tanto trepidante attesa della prossima necessità di cassa del governo.

Ma cosa dovrebbero fare questi poveri politici? Una manovra finanziaria razionale.

Nel campo fiscale, lotta all’evasione mediante il ripristino del delitto di falso in bilancio, la riforma della legge penale tributaria e la semplificazione dei controlli fiscali; adeguata tassazione della rendita finanziaria; totale deducibilità delle spese per ogni cittadino e conseguenti controlli incrociati informatizzati.

Nel campo dei risparmi di spesa: abolizione delle Province, riduzione al 50 % del finanziamento ai partiti, riduzione con aliquote progressive di tutti gli stipendi e di tutte le pensioni, nel settore pubblico e in quello privato. Nel campo delle riforme istituzionali: riforma della Giustizia che consenta certezza nei rapporti civili e adeguata repressione dei reati; e pare superfluo dire che non una delle leggi emanate o progettate da governi di ogni colore ha mai avuto nulla a che fare con questi obiettivi.

Naturalmente fare questo fa perdere consenso; quindi alle prossime elezioni tutti a casa. Ma, nel frattempo, i soldi comincerebbero ad arrivare. E questa classe politica potrebbe giustificare finalmente la propria esistenza.


E gli evasori ballano ancora
di Luca Piana - L'espresso - 3 Giugno 2010

L'inattesa svolta del governo Berlusconi contro gli evasori fiscali è nata durante un incontro a porte chiuse nel palazzo del Tesoro, in via XX Settembre a Roma.

Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti, era da poco rientrato dal vertice europeo del 10 maggio e stava illustrando a Confindustria e sindacati (Cgil esclusa) le linee guida della manovra finanziaria da 24 miliardi di euro imposta da Bruxelles per ridurre il debito pubblico. Si parlava di congelamento degli stipendi pubblici quando il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, ha preso la parola: «Guardi che la precondizione è che lei faccia qualcosa contro l'evasione».

Il ministro ha provato a rispondere che si stava già muovendo e che avrebbe rafforzato il cosiddetto redditometro, lo strumento che dovrebbe stanare i nullatenenti che viaggiano in Cayenne.

Bonanni, racconta a "L'espresso" uno dei presenti, non ha abboccato all'amo: «Per noi è dirimente la tracciabilità dei pagamenti. Il governo Prodi aveva previsto la tracciabilità dei pagamenti oltre i 100 euro, voi l'avete cancellata. Ora dovete dare un segnale», ha insistito. Da lì, la lotta all'evasione è comparsa nei programmi del governo, prezzo da pagare per ottenere i tagli ai dipendenti pubblici.

Pochi, nei sedici anni della loro stretta alleanza, si sarebbero aspettati di ascoltare - com'è avvenuto il 26 maggio - Silvio Berlusconi e Tremonti rammaricarsi per livelli di evasione fiscale ormai «inaccettabili», parlando insieme dal podio di Palazzo Chigi, di fronte alle telecamere.

Il premier, che come titolare della Fininvest è stato accusato di aver creato ingenti fondi neri all'estero, delle critiche al fisco ha sempre fatto un cavallo di battaglia: «È giusto non pagare tasse considerate esose», ripeteva ancora nel 2006. E Tremonti ha costruito la propria fortuna politica anche sulla difesa degli interessi dei lavoratori autonomi e delle partite Iva, dove maggiore è l'evasione, preferendo lodarne «la vitalità».

LA MARCIA INDIETRO. La svolta è arrivata con l'ultima manovra finanziaria, che reintroduce - anche se in maniera annacquata - le misure anti-evasori dell'ultimo governo Prodi, che Tremonti aveva cancellato con un decreto firmato il 18 giugno del 2008, dieci giorni dopo essere tornato al ministero.

Due i provvedimenti principali. Primo: i pagamenti in contanti ai professionisti - avvocati, notai, commercialisti, medici - non potranno superare la soglia dei 5 mila euro, oltre la quale si dovranno usare bancomat, carte o assegni, che lasciano una traccia contabile. Secondo: le fatture superiori a 3 mila euro dovranno essere trasmesse telematicamente al Fisco, che le potrà utilizzare per eventuali approfondimenti.

Tremonti assicura che dalla stretta arriverà un gettito miliardario, ma non sono mancati giudizi critici o in chiaroscuro. L'ex ministro Vincenzo Visco ha osservato come i limiti introdotti ai suoi tempi fossero più stringenti: «La terapia d'urto non c'è, il governo tutela gli interessi dei suoi elettori». Una parcella legale da 7 mila euro, in effetti, potrà essere banalmente suddivisa in diverse fatture, distribuite lungo il mandato e tutte sotto i 3 mila euro: l'anticipo, il contributo per le spese, il saldo. E i controlli saranno elusi.

Il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, ha osservato invece che la lotta all'evasione, nel medio termine, deve porsi obiettivi più ambiziosi: non solo contribuire a contenere il deficit pubblico, ma anche ridurre le tasse a chi le paga.

Inoltre, il legame fra la punizione ai disonesti e il premio per gli onesti andrebbe «reso visibile», fattore che manca nella manovra. Draghi ha ipotizzato traguardi impegnativi: solo sull'Iva, ha detto, non vengono pagate tasse per 30 miliardi l'anno. Recuperarli basterebbe, in teoria, per dimezzare in pochi anni l'enorme debito pubblico italiano.

GUARDA tutti i grafici

LA BATTAGLIA DELL'IVA
. Forse non è casuale che il governatore abbia messo nel mirino l'imposta sui consumi, uno dei simboli della dilagante evasione. Per capire quanto la questione sia delicata occorre fare un passo indietro.

Da quando è tornato al ministero, Tremonti ha concentrato l'attività dell'Agenzia delle Entrate, l'ente che vigila sui furbetti del fisco, prima sulle grandi imprese, poi sulle medie, assoggettate a una verifica continua chiamata tutoraggio. I numeri della strategia sono messi a nudo in un documento interno dello scorso febbraio, che "L'espresso" ha potuto leggere.

Nel 2010 sono previsti ben 1.458 accertamenti per le imprese sopra i cento milioni di ricavi; 10.974 per quelle di medie dimensioni, con un fatturato compreso fra i 5 e i 100 milioni; 223.377 per le ditte più piccole e i professionisti.

Se a prima vista quest'ultimo numero sembra alto, nei fatti non è granché, se si considera che i controlli si rivolgono a una platea di 6 milioni di persone. In pratica, se con il tutoraggio i grandi sono sempre sotto esame, la massa dei piccoli corre pericoli una volta ogni molti anni.

E quando l'ispezione arriva, c'è il salvagente degli strumenti voluti da Tremonti (l'adesione ai verbali di constatazione e agli inviti), che garantiscono sanzioni (il 12,5 per cento dell'evasione accertata) dimezzate rispetto a prima.

Il documento dell'Agenzia mostra altri due fatti interessanti.

Il primo è che, a febbraio, erano previsti per l'intero 2010 solo 27.036 controlli attraverso il redditometro, lo strumento sul quale Tremonti dichiara ora di puntare forte.

Il secondo è che dal lessico dell'Agenzia è scomparso il termine «ricevuta fiscale», i cui controlli sono stati assorbiti da quelli - già deboli - sugli studi di settore. Messaggio chiaro: limitare i fastidi alle categorie numerose, commercianti in testa.

I VERI RISULTATI. Attilio Befera, numero uno dell'Agenzia, ha spesso detto di preferire controlli selettivi a quelli di massa. Dalla sua, esibisce i risultati: l'Agenzia nel 2009 ha incassato 9,1 miliardi, rispetto ai 6,9 del 2008.

L'ammontare, pur considerevole, è però influenzato da voci che, viste meglio, hanno poco a che fare con la ferocia degli ispettori: il rimborso degli aiuti di Stato alle municipalizzate di luce e gas (577 milioni), bocciati dalla Ue ma a lungo difesi dal governo; il deludente tentativo di riscuotere le rate mai pagate delle mini-sanzioni previste da chi ha beneficiato dei condoni tremontiani (300 milioni, su un buco totale di 5,1 miliardi).

Ora, con il parziale dietrofront sul tracciamento, è Tremonti a rimangiarsi la teoria dei controlli selettivi. Il problema, però, è a monte, riguarda l'enorme mole di contribuenti che non pagano il dovuto.

Alessandro Santoro, autore del libro "Evasione fiscale. Quanto, come e perché", ha calcolato che il gettito Iva non varia in modo conforme all'andamento della base imponibile (vedi grafico a pagina 54). L'onestà dei contribuenti muta e, dal 2008, ha azzerato i progressi fatti dal 1996: «L'ipotesi di un incremento della propensione all'evasione in questi due anni è più che plausibile », ha scritto su "lavoce.info".

I POVERI TI PAGANO LO YACHT. Un esempio di come l'Iva negli anni abbia subito colpi tremendi viene dal mondo degli yacht. La questione si apre a fine 2000, quando una norma della sciagurata finanziaria varata dal governo Amato permette di ridurre l'Iva sui leasing pagati dalle barche usate, in teoria, in acque extra-europee. L'allora direttore dell'Agenzia, Massimo Romano, cerca di limitare i danni ma il suo sostituto Raffaele Ferrara - nominato da Tremonti - nel giugno 2002 firma una nuova, generosa direttiva.

In pratica, se per gli yacht più lunghi di 24 metri paghi l'Iva solo sul 30 per cento del valore, per le piccole barche la paghi tutta. Il risultato, per il ministro che si crede Robin Hood, è paradossale: più la barca è milionaria, meno Iva paghi, sulla base del dubbio presupposto che un panfilo lo compri per navigare oltre Gibilterra, non per farti vedere a Portofino. Nel 2007, con il ritorno di Romano Prodi, partono i controlli, che pescano alcuni furbetti con contratti di leasing fittizi. Il danno, però, è fatto.

Roberto Convenevole, capo dell'ufficio studi dell'Agenzia prossimo a lasciare l'incarico, ha pubblicato una dura riflessione sulle agevolazioni concesse in questi anni (La materia oscura dell'Iva, su www.ilmiolibro.it).

Un caso sono le cosiddette compensazioni. Nate nel '98 per permettere di annullare i debiti fiscali con i crediti, sono rimaste a lungo senza controlli. Tanto che il loro valore è esploso in dieci anni a 19 miliardi.

I CONDONI E IL SOCIO DI GIULIO. L'altro argomento che rischia di minare la lotta sono gli effetti dei condoni varati negli anni da Tremonti. Le cronache seguono con attenzione le vicende degli elenchi di sospetti evasori - dalla lista di Vaduz a quella Pessina, dai clienti Getraco all'affare Falciani - caduti nelle mani del Fisco, spesso per merito della magistratura. Il problema è che spesso, quando i magistrati avrebbero potuto mettere le mani sul bottino, si sono trovati di fronte felici utilizzatori dello scudo fiscale.

Gli evasori, in effetti, sono gente dura. Lo mostra il caso finora ignoto di un imprenditore della lista Pessina, convocato dai magistrati milanesi Gaetano Ruta e Laura Pedio per aver fatto lo scudo dopo che erano già partite le indagini penali. «Lo scudo era comunque possibile. E poi, eventualmente, non c'è truffa ai danni dello Stato ma al massimo il reato di uso illecito dello scudo», hanno sostenuto i suoi legali.

Già, perché lo scudo prevede un reato tutto suo, punito con la reclusione da tre mesi a un anno, molto meno della pena - da uno a cinque anni - prevista per la truffa aggravata. Dalla loro, i magistrati hanno un precedente: il famoso scudo retrodatato dei due manager dell'Unipol, Giovanni Consorte e Ivano Sacchetti.

I due, per questo, hanno patteggiato e con loro lo ha fatto il loro commercialista Claudio Zulli, storico collaboratore bresciano dello studio privato fondato da Tremonti: dopo aver risarcito 118 mila euro, ha versato allo stato una pena pecuniaria di altri 7.190 euro. Quella volta i magistrati hanno avuto fortuna, perché gli stessi indagati hanno accettato di patteggiare il reato più grave, la truffa. Non sempre, però, la giustizia trionfa.

ha collaborato Michele Di Branco


I pirati dell'IVA
di Ferruccio Sansa - http://antefatto.ilcannocchiale.it - 4 Giugno 2010

L’esercito dei mega yacht intestati a società create nei paradisi fiscali: evasione su champagne e caviale

“Maxi yacht con la bandiera italiana? Se ne vede uno, ci faccia la foto”, scherza l’esperto dello studio tributario Alfani & Borchi di Empoli. Ma non è lontano dal vero: basta andare nei porticcioli della Liguria per rendersene conto. A Rapallo circa il 30% dei giganti oltre i 24 metri di lunghezza batte bandiera di un paradiso fiscale (soprattutto Cayman, Virgin Island, Guernesey).

Nella Marina dell’aeroporto di Genova, attracco nuovo di zecca dedicato ai maxi yacht, siamo all’80%. Fino a dieci anni fa qui si respirava un’aria popolare: la Lega Navale con il bar che vendeva focacce, barche con famiglie vocianti, gli operai che a fine turno pescavano dalla diga del porto.

Oggi invece ecco gallerie d’arte e negozi che vendono moschettoni lucidi come gioielli. E a sventolare sui ponti sono le bandiere dei paradisi fiscali. Il motivo è semplice: le tasse spariscono come d’incanto. Addio Iva, tanto per dire. Spremendo il fisco fino all’osso, i “virtuosi” arrivano a scaricare perfino champagne e caviale. Soldi che andrebbero in tasse e che invece finiscono in crociere: secondo le stime mezzo miliardo all’anno.

Tutto legale, almeno sulla carta. Basta costituire alle Cayman una società specializzata nell’affitto delle imbarcazioni e poi intestarle lo yacht. Così fanno centinaia di Paperoni italiani. “Se vuole solo la bandiera delle Cayman, bastano 2.000 euro, ma non serve a niente.

Meglio costituire una società e poi intestarle la barca. Con 10.000 euro si può fare”, spiegano dallo studio tributario, esperto in pratiche di questo tipo. Il cronista lo ha contattato: “Devo comprare uno yacht di trenta metri e intestarlo a una società delle Cayman”.

Niente di illegale, i tributaristi lo chiariscono subito: “Noi ci teniamo a muoverci nella legge”. È responsabilità dell’armatore se poi la barca viene davvero utilizzata per il noleggio o se invece si tratta di un trucco per evadere. È scritto nero su bianco nel codice della Nautica da diporto: le imbarcazioni proprietà di un società di noleggio hanno agevolazioni fiscali su tutto.

L’essenziale è creare una società. In Italia o, meglio, in un paradiso fiscale, perché nel nostro Paese la Finanza può andare a rovistare nei conti, mentre quello che succede alle Cayman è un mistero inespugnabile.

Fuga alle Cayman, quindi: “Riparo maxi yacht da anni. Sono tutti intestati a società, ne avrò visto al massimo un paio di proprietà di persone fisiche”, sussurra Attilio che passa le giornate sugli yacht.

Ormai esiste un prezzario ufficioso per quantificare i vantaggi: “All’acquisto si risparmia l’Iva, 2 milioni ogni 12 (e le navi più grandi arrivano a cento milioni, ndr)”, garantisce Alfani & Borchi. È solo l’inizio: “Ogni anno il risparmio è di almeno 150-200 mila euro”. Che possono salire a mezzo milione per un sessanta metri. “Le spese di manutenzione possono essere scaricate. Ancora: è previsto un bel taglio sui carburanti”.

Niente Iva e accisa che affliggono i comuni mortali, un litro di gasolio costa la metà. Che vuol dire una fortuna per bestioni che divorano 120 mila litri. Un pieno da 130 mila euro ne costa 60 mila. Non è finita: “Niente Iva sull’acquisto del posto barca (fino a un milione di euro), agevolazioni sull’assicurazione”.

E infine: “I contratti dell’equipaggio sono regolati dalla legge delle Cayman”. Per l’armatore un bel vantaggio, meno per i marinai. Secondo l’Ucina, nel 2009 i cantieri italiani hanno ricevuto 523 ordini per yacht di oltre 24 metri. “La nostra è la prima industria del mondo”, fa notare il ramo di Confindustria che si occupa di nautica.

Vero, le agevolazioni fiscali sono nate proprio per sviluppare questa industria. E anche comuni e regioni hanno puntato tutto sull’industria del mare. In Liguria in pochi anni si è arrivati a 29 mila posti barca (uno ogni 47 abitanti), di cui ben 210 per i giganti di oltre 24 metri.

Un’industria che garantisce migliaia di posti di lavoro nei cantieri e nell’indotto. Nessuno, però, ha quantificato il rovescio della medaglia, per esempio l’impatto del cemento sulle coste. Ma il nodo è un altro: il denaro sottratto al fisco. Secondo gli esperti della Guardia di Finanza, siamo appunto intorno al mezzo miliardo l’anno.

Alfredo, un pensionato che da trent’anni tiene la barca di otto metri alla Lega Navale dell’aeroporto di Genova, storce il naso: “Va bene, la nautica va incentivata. E’ vero anche che i porticcioli adesso sembrano salotti… però a me girano le balle. Con quello che certa gente risparmia per un pieno io mi comprerei la barca nuova. Devo farmi anch’io una società alle Cayman?”, chiede.

In teoria potrebbe, in pratica le bandiere dei paradisi fiscali sventolano soltanto sui ponti degli yacht oltre i 15 metri. Tutto legale. Se davvero le imbarcazioni fossero poi affittate.

Invece, secondo gli investigatori, le società che realmente svolgono il noleggio sono una minoranza. A Genova la Guardia di Finanza in un anno ha sequestrato tre mega yacht. Ed è solo l’inizio, potrebbe diventare un nuovo caso giudiziario: scafi puliti.



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E ora un breve e divertente filmato con protagonista un malato di mente che spesso s'intrufola telefonicamente nelle dirette televisive spacciandosi per Presidente del Consiglio degli italioti.