giovedì 9 luglio 2009

Il solito inutile G8

Un altro inutile G8 si sta consumando in queste ore a L'Aquila; quindi tutto rimandato al prossimo G20 di Pittsburgh.

Ieri è stata la giornata del tour tra le macerie del terremoto, con Berlusconi in veste di guida turistica, e dell'approvazione della dichiarazione sull'economia - un insieme di vuote parole e vaghissimi impegni da prendere nel prossimo futuro.

Oggi invece dal G8 si passa al G14 e si parla di clima e povertà. L'accordo sul clima raggiunto ieri dagli 8 - limite dell'aumento a due gradi centigradi della temperatura globale rispetto all'era pre-industriale e riduzione tra il 50 e l'80% delle emissioni di gas inquinanti entro il 2050 - è già stato osteggiato dai Paesi emergenti, India e Cina in primis, e non soddisfa il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon.
Ma sarebbe stato approvato invece dai Paesi del Mef - Major Economies Forum, format allargato del G8 più G5 più Australia, Indonesia e Corea del sud; più la Danimarca nel ruolo di presidente della conferenza mondiale sul clima del prossimo dicembre.

In sintesi, le solite inutili parole piene di belle intenzioni e nessun fatto concreto, basta leggere qui di seguito i cosiddetti 6 impegni degli 8 leader e le risate fuoriescono spontanee.


I 6 impegni degli 8 leader

1) Noi, i leader del G8 riuniti a L'Aquila, esprimiamo la nostra sentita solidarietà alla popolazione dell'Abruzzo colpita dal tragico terremoto che ha scosso la regione il 6 aprile 2009, e a tutti coloro che nel mondo sono stati vittime dei disastri naturali.

2) Siamo determinati a garantire una crescita sostenibile e ad affrontare le sfide tra loro connesse della crisi economica, della povertà e del cambiamento climatico. Queste sfide richiedono un'azione immediata e una visione di lungo termine.

3) Guidati dai nostri comuni valori, ci faremo carico delle questioni globali e promuoveremo un'economia mondiale aperta, sostenibile e giusta. Per raggiungere questo fine, serve una leadership efficiente e responsabile. Siamo decisi ad assumerci tutte le nostre responsabilità, ci impegniamo a dare seguito alle nostre risoluzioni e ad adottare un sistema di controllo totale e onnicomprensivo entro il 2010 per monitorare i progressi e rafforzare l'efficacia delle nostre azioni.

4) Restiamo concentrati sulla crisi economica e finanziaria e sulle sue conseguenza umane e sociali. Continueremo a lavorare insieme per ristabilire la fiducia e per fondare la crescita su una base più solida, verde, inclusiva e sostenibile. Questo significherà rafforzare gli standard di integrità e trasparenza delle attività economiche.

5) Vogliamo assicurare la nostra prosperità presente e futura prendendo l'iniziativa nella lotta contro il cambiamento climatico. Siamo impegnati a raggiungere a Copenaghen un accordo globale e ambizioso. A questo proposito, chiediamo agli altri Paesi industrializzati e alle economie emergenti di unirsi a noi, sulla base del principio delle comuni ma differenziate responsabilità e delle rispettive capacità.

6) Rinnoviamo tutti i nostri impegni nei confronti dei poveri, soprattutto in Africa. Siamo determinati a prendere le misure necessarie per mitigare l'impatto della crisi sui Paesi in via di sviluppo, continuando ad aiutarli nello sforzo di raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio.



I punti principali del docu­mento economico del G8
a cura di Giovanni Stringa - Il Corriere della Sera - 9 Luglio 2009

La crisi e la ripresa
«Nonostante ci siano segni di sta­bilizzazione, compresa la ripresa dei mercati finanziari, la situazione re­sta incerta e permangano rischi si­gnificativi per la stabilità economica e finanziaria. Siamo impegnati a con­tinuare a fornire stimoli macroeco­nomici basati sulla stabilità dei prez­zi. Anche se alcune delle misure adottate hanno un impatto nel bre­ve termine sulle nostre finanze pub­bliche, siamo impegnati ad assicura­re la sostenibilità finanziaria a me­dio termine. Ci impegniamo ad adot­tare le azioni necessarie per assicura­re la solidità delle istituzioni rilevan­ti a livello sistemico. Abbiamo con­cordato sulla necessita di 'assorbi­re' le misure straordinarie una volta che la ripresa sarà assicurata. Le di­verse exit strategy varieranno a se­conda delle condizioni economiche e delle finanze pubbliche. Chiedia­mo un rafforzamento dell’Heiligen­damm Dialogue Process, il dialogo tra i Paesi del G8 e le più grandi eco­nomie emergenti (Cina, India, Brasi­le, Messico e Sud Africa) partito nel 2007».

I mercati finanziari

«Il risanamento del sistema finan­ziario, che include la stabilizzazio­ne dei mercati e la normalizzazione delle attività bancarie, è una priori­tà per assicurare una duratura ripre­sa economica. Oltre ad assicurare l’accesso alla liquidità, è cruciale af­frontare in modo decisivo il nodo degli attivi in sofferenza e ricapita­lizzare le istituzioni finanziarie in grado di resistere alla crisi. Chiedia­mo al Financial Stability Board di continuare a monitorare gli svilup­pi nei sistemi finanziari e aiutare a promuovere un approccio coordina­to per evitare distorsioni alla con­correnza e arbitraggi nella regola­mentazione ».

L’occupazione

«Ci impegniamo a una realizzazio­ne risoluta e rapida del Lecce Fra­mework e a lavorare con i partner in­ternazionali con l’obiettivo di rag­giungere forum più ampi, come il G20 e anche oltre. Confermiamo il no­stro impegno a rafforzare le istituzio­ni finanziarie internazionali e le nor­me che regolano il settore. Stiamo esplorando nuove vie per aumentare in modo sostanziale la capacità del Fondo monetario di concedere credi­to con bassi vincoli, e incoraggiamo lo stesso Fondo a esplorare le oppor­tunità e gli spazi per maggiori eroga­zioni a bassi vincoli ai Paesi più pove­ri. Restiamo impegnati a riformare il Fondo, per esempio con la revisione delle quote. E’ necessaria una strate­gia che affronti i nodi di lungo termi­ne e porti l’economia globale a una crescita stabile, equilibrata e sosteni­bile. Una crescita stabile e sostenuta a lungo termine richiederà una fuoriu­scita morbida dagli squilibri esistenti nei saldi delle partite correnti nei vari Paesi. Riconosciamo l’importanza di lavorare insieme per assicurare gli ag­giustamenti necessari in linea con le strategie concordate a livello multila­terale, che includono il sostegno a una forte domanda interna nei Paesi con un avanzo delle partite correnti, e un aumento dei tassi di risparmio nei Paesi in deficit, attraverso politi­che macroeconomiche appropiate e strutturali. Ci impegniamo ad affron­tare la dimensione sociale della crisi, mettendo al centro la persona. L’im­patto della crisi sui mercati del lavoro può minare la stabilità sociale. Quin­di, buone politiche macroeconomi­che devono essere legate all’occupa­zione e alle politiche sociali che ridu­cono la disoccupazione, permettono un veloce reinserimento sul mercato del lavoro e combattono l’esclusione sociale. Appoggiamo le conclusioni del G8 Social Summit di Roma e della Conferenza sul lavoro di Londra».

Paradisi fiscali e corruzione

«Tutte le giurisdizioni devono at­tuare velocemente i propri impegni. Non possiamo continuare a tollerare più a lungo che ingenti capitali na­scosti evadano la tassazione. Dovreb­bero essere discusse e concordate una serie di contromisure efficaci per i Paesi che non rispettano gli standard internazionali in relazione alla trasparenza fiscale. Il Forum glo­bale dell’Ocse sulla trasparenza e lo scambio di informazioni deve realiz­zare un processo di verifica e control­lo sulle misure adottate dalle diverse giurisdizioni. Dovrebbero essere rivi­sti i criteri per definire i Paesi che non hanno ancora sostanzialmente adottato gli standard internazionali sulla trasparenza e lo scambio di in­formazioni fiscali, per assicurare un rispetto effettivo delle regole. Chie­diamo a tutti gli Stati di abbracciare le norme internazionali contro il rici­claggio di denaro sporco e il finanzia­mento delle attività terroristiche. Sia­mo determinati a intensificare le azioni contro la corruzione, che po­ne seri problemi alla stabilità e alla sicurezza delle società, mina le istitu­zioni e i valori della democrazia e mette a repentaglio lo sviluppo soste­nibile e la prosperità economica. Riaffermiamo i nostri impegni prece­denti e intensificheremo i nostri sfor­zi per combattere efficacemente la corruzione in tutti i Paesi. E’ necessa­rio rafforzare la cooperazione inter­nazionale per arrivare a risultati con­creti».

L’energia
«I nostri pacchetti di stimolo fisca­le puntano in modo crescente sulle misure che incoraggiano la creazio­ne di posti di lavoro legati al rispetto dell’ambiente, e una crescita sosteni­bile, pulita ed efficiente dal punto di vista energetico. I mercati dell’ener­gia e l’alta volatilità dei prezzi metto­no a rischio la capacità dell’industria di pianificare e realizzare investimen­ti. È nell’interesse sia dei produttori sia dei consumatori intensificare la trasparenza e rafforzare il dialogo per ridurre la volatilità eccessiva nel mercato. Invochiamo un miglior co­ordinamento tra le istituzioni inter­nazionali, e chiediamo di accelerare e rafforzare il dialogo strutturale di­scutendo i modi con cui ridurre l’ec­cessiva volatilità dei prezzi».

Il commercio internazionale

«Ci impegniamo a mantenere i mercati aperti e liberi e a respingere il protezionismo. Ci impegniamo a una conclusione rapida, ambiziosa, equilibrata e completa dei negoziati del Doha round sul commercio mon­diale. I 250 miliardi di dollari di so­stegno al finanziamento del com­mercio sono prontamente resi dispo­nibili attraverso le nostre agenzie di credito all’export e le agenzie di inve­stimenti e le Multilateral develop­ment banks. La crisi ha attaccato i flussi di capitali, inclusi gli investi­menti esteri diretti che rappresenta­no un importante fonte di finanzia­mento e un volano di crescita econo­mica e innovazione. Sottolineiamo il ruolo positivo degli investimenti di lungo termine e lavoreremo per invertire il recente declino negli in­vestimenti esteri diretti incoraggian­do un clima aperto e ricettivo spe­cialmente nei Paesi emergenti e in via di sviluppo»

La proprietà intellettuale
«L’innovazione e la conoscenza so­no fattori chiave per sostenere la ri­presa e spingere l’economia mondia­le a un livello di crescita più sosteni­bile. Vogliamo dare nuovi impulsi al­la ricerca, all’imprenditorialità, al ca­pitale umano, alle tecnologie verdi e agli investimenti in infrastrutture, in­cluse le reti dell’Information and communication technology. L’inno­vazione può essere promossa attra­verso un efficiente sistema di diritti sulla proprietà intellettuale. Sottoli­neiamo quindi l’importanza di un’ambiziosa e rafforzata cooperazio­ne internazionale per combattere la contraffazione e la pirateria».

Ambiente e sviluppo

«Riaffermiamo l’impegno a ridur­re le emissioni inquinanti di almeno il 50% entro il 2050, di concerto con gli altri Stati. Crediamo per raggiun­gere questi obiettivi sia centrale il ruolo di mercati efficienti, compreso quello delle emissioni, con regole chiare e precise. Sul fronte degli aiuti ai Paesi più poveri, sulla base del Monterrey Consensus e della Confe­renza di Doha sui finanziamenti allo sviluppo, lavoreremo con i Paesi part­ner per massimizzare l’impatto di in­vestimenti, commercio, riduzione del debito, microcredito, rimesse e ri­sorse interne, con l’obiettivo di ridur­re gradualmente la dipendenza dagli aiuti esteri. Lavoreremo poi per ridur­re i costi medi del trasferimento delle rimesse degli immigrati dall’attuale 10 per cento al 5 in cinque anni».


Il manifesto delle intenzioni

di Massimo Giannini - La Repubblica - 9 Luglio 2009

"Abbiamo fatto un miracolo", dice Berlusconi al termine della prima giornata del G8 a L'Aquila. Ma se questo è vero dal punto di vista del format, lo è meno dal punto di vista dei contenuti. Il sedicente "accordo" raggiunto dai Grandi del Pianeta sul rilancio dell'economia e sulla ri-regulation della finanza ruota intorno a un impianto quasi moroteo: "Brevi cenni sull'universo". Un manifesto di intenzioni universalmente condivisibili, perché volutamente generiche. Come da copione.

Nessuno si aspettava nulla, da questo appuntamento mondiale che serviva molto più al capo del governo italiano che a tutti gli altri. E il nulla, puntualmente, è arrivato. Non tanto per l'inefficienza dell'ospitante (l'Italia), quanto per la dissonanza tra gli ospiti (Usa, Russia, Gran Bretagna, Francia e Germania) e per l'insufficienza dello strumento (il G8). La crescita doveva essere il piatto forte del summit. E il piatto è rimasto sostanzialmente vuoto. Gli Otto (a dispetto del miracolismo berlusconiano) non hanno moltiplicato pani e pesci. Nel documento finale l'analisi della congiuntura resta contraddittoria: ci sono "segnali di stabilizzazione", ma la situazione rimane "incerta" e permangono "rischi significativi per la stabilità economica e finanziaria".

"People first", questo sì. Priorità assoluta alle persone, a chi non ha lavoro, a chi lo ha perso. Ma sono parole. Nei fatti, nessun nuovo "stimolo", nessun altro "Piano Marshall", per sostenere economie da mesi allo stremo. Chi può, farà per conto suo. Qui ha pesato l'ortodossia teutonica di Angela Merkel. La sua Germania, forte di un rimbalzino del 4,4% negli ordinativi dell'industria a maggio, pretendeva un confronto immediato sull'"exit strategy" dalla recessione: basta aiuti governativi e spese pubbliche, che destabilizzano i bilanci e infiammano l'inflazione. La Cancelliera non ha ottenuto il rigore che voleva. Ma ha impedito che gli altri ottenessero il contrario.

La stessa cosa è accaduta nella discussione sul prezzo del petrolio, altro fattore endemico di destabilizzazione, visto che solo nell'ultimo anno ha oscillato tra i 32 e i 147 dollari al barile. Nicholas Sarkozy e Gordon Brown avrebbero voluto che il G8 fissasse un "prezzo giusto" intorno ai 70 dollari, per mettere la speculazione con le spalle al muro. Dmitrij Medvedev si è opposto, in nome di un libero mercato che evidentemente deve valere ovunque, meno che nei confini della madre Russia.

In compenso, i Grandi si batteranno per "sostenere la domanda", per "mantenere aperti i mercati" e per "respingere il protezionismo di ogni genere". Come, lo diranno in un'altra occasione. La stessa cosa vale per gli altri capitoli del pacchetto economico all'ordine del giorno. Due esempi. Il primo è lo scudo fiscale, cui l'Italia stava alacremente lavorando, prima di incappare nello stop nell'Unione europea: canale "utile" per far rientrare i capitali dall'estero. Come attivarlo, lo sapremo solo dopo aver definito "un quadro di discussione tra i Paesi interessati".

Il secondo esempio è la lotta all'evasione: "Non possiamo continuare a tollerare grossi ammontari di capitali nascosti per evadere il fisco", si legge nel documento finale. Dunque, lotta senza quartiere ai paradisi fiscali. Come, lo sapremo quando l'Ocse finirà il suo lavoro sulla black list. Nel frattempo, si procede in ordine sparso. Alcuni Paesi, che fanno più fatti che chiacchiere, hanno già firmato patti bilaterali per la cooperazione fiscale e il superamento del segreto bancario: Francia e Germania hanno fatto accordi con Svizzera, Austria e Lussemburgo. Altri Paesi, che preferiscono le chiacchiere ai fatti, stilano false "liste nere": l'Italia non ha ancora fatto accordi con nessuno.

L'ultimo capitolo, sul quale aveva scommesso tutte le sue carte Giulio Tremonti, riguarda le nuove regole della finanza. Il cosiddetto "Global Legal Standard". Anche qui, al netto della retorica trionfalistica della delegazione italiana, non c'è stata quella "accelerazione enorme" né quel "colpo di manovella" di cui parla il ministro dell'Economia. Né, in tutta onestà, ci poteva essere.

C'è il vago impegno degli Otto ad applicare "norme e principi comuni di correttezza, integrità e trasparenza", e a "riformare la regolamentazione finanziaria, stabilendo norme più stringenti tra cui il controllo degli hedge funds e il tetto agli stipendi dei manager". Ma questo è tutto. Le bibliche "dodici tavole" di Giulio non sono diventate legge. Non piacevano né a Obama, né a Brown. Di nuovo, tutto è rinviato all'autunno, e al necessario coinvolgimento del "Financial Stability Board" presieduto da Mario Draghi (volutamente ma inopinatamente tagliato fuori dall'elaborazione del testo tremontiano).

Nel frattempo, ognuno si fa la sua ri-regulation. In America il Segretario al Tesoro Tim Geithner l'ha sottoposta tre settimane fa al Congresso. In Gran Bretagna il Cancelliere dello Scacchiere Alastair Darling l'ha presentata ieri a Westminster. E questo è tutto. Per vedere un po' di arrosto, dietro questo fumo, bisognerà aspettare settembre e il G20 di Pittsburgh.

Ma è un errore aver fatto di questo G8 l'ennesima occasione perduta. I destini dell'economia e della ripresa mondiale, per quanto allargati dalla globalizzazione, si giocano ancora in buona parte nel perimetro del G8. L'anno scorso la somma dei Prodotti lordi degli Otto Grandi ha raggiunto i 22 mila miliardi di dollari, mentre la somma dei Pil degli emergenti (Cina, India, Brasile e Messico) è poco meno di un terzo. Il totale dei consumi privati dei primi ha superato i 14 mila miliardi di dollari, mentre quello totalizzato dai secondi è stato sette volte minore. Il G8 servirebbe ancora. Purché si producesse in un utile conferimento di sovranità nazionali, e non si limitasse a un inutile spargimento di carte intestate.


Stampa estera, il premier sotto tiro e la CNN intervista la D'Addario
di Enrico Franceschini - La Repubblica - 9 Luglio 2009

Escort, minorenni e la vetrina del G8 a L'Aquila. La stampa mondiale continua a puntare i riflettori su Silvio Berlusconi. E i toni non lasciano spazio a indulgenze per il premier italiano, quotidianamente sulla graticola di giornali e tv di tutto il mondo.

Oltre al giudizio lapidario del New York Times ("Showmanship, perhaps; leadership, no". Capacità di fare spettacolo, forse; capacità di leadership, no.) nel media center dell'Aquila è forte il riflesso di questo interesse sul primo ministro italiano. Molte tv straniere contattano giornalisti italiani per chiedere loro interviste e commenti sull'inchiesta di Bari e sulle foto di Villa Certosa.

Di un G8 offuscato dagli scandali ha parlato l'emittente araba Al Jazeera. Mentre la Cnn, in un servizio dalla sede del G8, ha dato la parola a Patrizia D'Addario, la donna che ha passato una notte con Berlusconi a Palazzo Grazioli. Ammettendo di essere una escort, la D'Addario ha aggiunto: "Mi sento l'unica che dice delle cose che nessun'altra donna osa dire". La Cnn ha registrato la smentita di Berlusconi ("Tutta spazzatura"), ma ha anche ricordato i dubbi a livello internazionale sulla capacità del premier di guidare l'Italia.

Anche il Guardian registra le reazioni di Berlusconi ("Grande cantonata di un piccolo giornale") al suo articolo di martedì nel quale si parlava di "caos" nei preparativi del summit e dell'ipotesi di "espellere" l'Italia dal G8. Sul giornale britannico compare un editoriale che rilancia le perplessità sul premier italiano: "Se l'Italia vuole Berlusconi come primo ministro, dovrebbe il G8 volere l'Italia trai suoi membri?". L'editoriale ricorda che l'Italia è 76esima nell'indice della Heritage Foundation sulla libertà economica e 55esima nell'indice di Transparency International sulla corruzione. "I leader del G8 che oggi arrivano all'Aquila possono chiedersi se sono arrivati in un paese del primo mondo o del terzo", prosegue l'editoriale. Che conclude così: "Finché l'Italia non esigerà standard più seri dai suoi leader, forse non è il paese giusto per ospitare un serio summit internazionale".

Il Times, altro quotidiano londinese, pubblica una vignetta in cui Berlusconi tiene in mano un simbolo del G8: solo che il numero 8 è un reggiseno tenuto in verticale, e altri indumenti intimi femminili gli escono dalle tasche della giacca. Il giornale afferma che il "tallone d'Achille" di Berlusconi potrebbero essere le crescenti critiche del suo comportamento privato da parte della Chiesa cattolica.

Per lo spagnolo El Mundo sul vertice pesa "l'ombra degli scandali che fanno traballare" il premier italiano. La Frankfurter Allgemaine si chiede se Berlusconi riceverà un avviso di reato durante il summit, come accadde nel 1994. Per il Chicago Tribune tutta l'attenzione è concentrata sulle "accuse che hanno danneggiato Berlusconi". E per il Los Angeles Times, la vita privata del premier si mescola ai temi del vertice: "Le scosse di assestamento che era lecito attendersi all'Aquila potrebbero essere di altro tipo".

Il titolo più tagliente è del settimanale francese L'Express, che mette in copertina una foto del nostro premier presentandolo così: "Berlusconi, il buffone d'Europa, è un'anomalia". E Le Monde, invece, segnala i due rischi per Berlusconi dal vertice del G8: da una parte lo sciame sismico che potrebbe mandare all'aria l'organizzazione, dall'altra le questioni che riguardano la sua vita privata.


The Berlman show
di Carlo Bertani - http://carlobertani.blogspot.com/ - 8 Luglio 2009

L’isola della Maddalena, con tutto il battage di strutture militari che contiene, non è stata ritenuta sufficientemente sicura per proteggere i “grandi” della Terra nell’occasione del G8: probabilmente, la minaccia di migliaia di no-global che l’assalivano in massa – sbarcando dai loro canotti – ha fatto scuotere la testa ad ammiragli e generali, preoccupati di non riuscire a reggere l’onda d’urto. Dopo il “Vallo Atlantico nel 1944”, il “Vallo della Sardegna” poteva cedere anch’esso.

Così, tutti in una città che ha appena subito un devastante terremoto: auguri signor Obama, auguri signora Merkel. Se, la notte, il comodino dovesse traballare, non preoccupatevi: fino alla magnitudo 4,5 non è previsto lo sgombero, dormite tranquilli e sicuri, siete in Italia (!).

Vi sarete chiesti il perché della stranezza, ma conoscete poco l’Italia, perciò è meglio spiegare quello che – siamo certi – non avete ben compreso.
Dovete sapere che, in questo Paese, ogni giorno dell’anno – da decenni – va in onda su tutti i canali televisivi il “Berlman Show”, ossia la rappresentazione dell’Italia vista da un solo punto d’osservazione, quello del Primo Ministro, Silvio Berlusconi.

In questa soap opera istituzionale, gli italiani sono un popolo felice e tranquillo, che non ha preoccupazioni per il lavoro, per la salute, l’istruzione, il welfare. Lo Stato – ossia Silvio Berlusconi in persona – si preoccupa di tutto e per tutti: dopo burrascose notti trascorse nell’harem, Berlusc-al-Sharif – il nostro Califfo nazionale – si sporge dalla finestra, osserva l’Italia e detta il copione della prossima puntata.

A Milano – dove ci sono le sue, personali televisioni – ed a Roma, dove c’è la televisione di Stato che controlla come Primo Ministro, i suoi mercenari prendono diligentemente nota, telefonano agli attori e preparano le scene che gli italiani vedranno il giorno seguente.
So che, da voi, una cosa del genere non sarebbe nemmeno immaginabile: difatti, nella sua classifica, Freedom House inserisce l’Italia – per libertà d’informazione – più o meno dalla parti del Benin o di qualche sperduta Repubblica delle Banane.

Pensate che, in Italia, non si parla mai del nostro principale problema: un terzo dell’Italia è governato dai clan delle Mafie, che oramai non gestiscono solo le attività criminali (droga, armi, ecc), bensì s’inseriscono negli appalti pubblici, come ha ben spiegato Roberto Saviano nel best seller Gomorra. Per averlo spiegato, ha dovuto fuggire e vivere nascosto.

L’Italia – il Paese del Sole – non ha praticamente centrali solari e – mentre nei vostri Paesi fioriscono le iniziative che riguardano le nuove energie rinnovabili – qui da noi costruiranno (dopo il 2020!) quattro centrali nucleari: con il prezzo dell’Uranio in continuo, iperbolico aumento, saranno probabilmente le ultime centrali del Pianeta.

Per farvi capire come il “Berlman Show” si occupi proprio di tutto, vorremmo spiegarvi qualcosa che riguarda ciò che avrete senz’altro letto sui vostri giornali: la nota vicenda di Noemi, la ragazza minorenne che frequentava le “feste” di Silvio Berlusconi.
Pochi giorni dopo lo scoop, fu pubblicata un’intervista ad un ragazzo napoletano – Domenico Cozzolino – il quale raccontava d’essere stato il fidanzato della ragazza per lungo tempo. In qualche modo, il ragazzo voleva far intendere che Noemi Letizia era una ragazza normale con una vita normale.

Poco dopo, però (in Italia, si dice che “Le bugie hanno le gambe corte”), scoprirono che questo ragazzo era un attore che lavorava in una fiction delle TV del signor Berlusconi (“Uomini e donne”), gestita da una conduttrice – tale Maria de Filippi – a sua volta moglie di un giornalista che gestisce il più noto talk show delle TV di Berlusconi, Maurizio Costanzo. Tutto costruito in famiglia.

Quando la moglie di Berlusconi – Veronica Lario – chiese il divorzio, immediatamente una ex parlamentare del partito del premier Berlusconi – Daniela Santanché – concesse un’intervista al settimanale di gossip “Chi” – di proprietà, anch’esso, del presidente del Consiglio – nella quale affermava che, da tempo, la moglie di Berlusconi aveva una relazione con una guardia del corpo. La quale, ha smentito con sdegno, sfidando chiunque a provare il contrario ma, oramai, il messaggio era stato immesso nel circuito dei media.

Avrete senz’altro visto il bellissimo “The Truman Show” con Jim Carrey, laddove la vita felice di un americano medio veniva creata ad arte per proporla come un modello per gli americani.
Qui in Italia, nel “Berlman Show”, ogni giorno vengono create decine, centinaia di nuove immagini che sono immesse nel circuito dei media, per ipnotizzare gli italiani e far loro credere che tutto va bene: una nazione di lobotomizzati.

Nel frattempo, l’economia sta crollando: tutti i parametri economici indicano che l’Italia sta andando a fondo, ma pochi italiani riescono a rendersene conto, perché il “Berlman Show” imperversa. Raccontano che il welfare italiano è il migliore d’Europa – e intanto la gente è sempre più povera – e che L’Aquila sarà ricostruita, ma non dicono quando: nel 2032, così hanno dovuto ammettere nella legge per la ricostruzione, perché la loro sciagurata politica economica non trova i soldi per ricostruire. Saranno trovati mediante delle nuove lotterie(!): non è una barzelletta, è tutto scritto nel decreto ufficiale del Governo Italiano!

Per reggere un simile gioco, il premier deve concedere a coloro che fanno parte dello show posti importanti: se cercherete Michela Vittoria Brambilla su Youtube, la troverete mentre fa la giornalista nei locali hard della notte spagnola. Oggi, questa persona, è il Ministro Italiano per il Turismo, uno dei più importanti ministeri per l’Italia, nazione turistica.

Vi chiederete perché l’opposizione, in Parlamento, non denunci queste menzogne: a volte lo fa, ma non può fare nulla contro uno show mediatico che imperversa 365 giorni l’anno, da sei emittenti televisive nazionali più quelle minori. I media, sono totalmente nelle mani del premier.

La necessità di spostare il G8 dalla bellissima isola della Maddalena, in Sardegna, ad una città (L’Aquila) – che corre il rischio di altri terremoti devastanti – è una sola: siccome vi sono, per necessità di ordine pubblico, migliaia di militari nella zona, questo garantisce al gestore del “Berlman Show” che nessuno riuscirà ad avvicinarsi, che nessuno potrà inviare all’estero le immagini delle proteste, che ci saranno sicuramente e saranno tante.

L’Italia, come nazione europea, è oramai solo più una colossale finzione, un grande reality show a cielo aperto, come in nessun altro luogo al mondo: forse, voi che venite in Italia in vacanza, non ve ne rendete conto, ma qui si vive oramai una strisciante dittatura, regolata dai media del Presidente del Consiglio. Più semplicemente, una dittatura mascherata.

Grazie per la vostra attenzione


Berlusconi nei guai con la malavita organizzata - ore contate
di Rita Pennarola - www.lavocedellevoci.it - 7 Luglio 2009

L'inchiesta di Bari su squillo e coca party potrebbe nascondere una ben piu' grave verita': il premier, accerchiato dalle pressioni della malavita organizzata, deve uscire di scena. L'inchiesta di Napoli sui collegamenti dei Letizia va avanti, ma intanto tutto lascia intendere che il capo del governo abbia ormai politicamente le ore contate.

Domanda: perche' una forza politica largamente maggioritaria, sia per consensi che per popolarita', dovrebbe essere costretta a sbarazzarsi del leader carismatico che l'ha condotta al governo del Paese, conquistando per giunta decine di amministrazioni locali sparse da nord a sud del territorio? Tutti pronti a fare harakiri in nome di non si sa quale processo di moralizzazione interna, mandando all'aria le posizioni piu' ambite di governo? O moralisti parrucconi che hanno scoperto la loro vocazione puritana proprio quando sono arrivati all'apice di ogni immaginabile aspirazione politica?

L'attacco a Silvio Berlusconi, quella bombetta a grappolo a base di escort da quattro soldi che esplode all'indomani del caso Letizia-camorra, potrebbe avere numerosi mandanti, com'e' stato detto. Un dato, pero', appare subito fuor di dubbio: fra loro ci sono uomini della sua stessa maggioranza.

E non suona certo come una novita' che ad allearsi con questa fazione sia quella parte da sempre sotto traccia del Partito democratico che faceva e fa capo a Massimo D'Alema, per anni, fin dai tempi della Bicamerale, compartecipe del patto occulto sull'intangibilita' del conflitto d'interessi proprio con lo stesso Cavaliere. Ed oggi fautore del partito invisibile che, giorno dopo giorno, lo ha messo al muro e lo sta fucilando. Perche' Silvio Berlusconi - questo ormai e' chiaro - sul piano politico ha davvero le ore contate.

Resta il quesito principe: cui prodest? Torna cosi' in campo quel convitato di pietra che, solo, puo' offrire un quadro in cui tutto torna e trova una spiegazione logica: i Casalesi.

LE INDAGINI DELLA DDA

Bocche cucite, al Palazzo di Giustizia di Napoli. Dopo la notizia - data in esclusiva nello scorso numero di giugno dalla Voce delle Voci - sulle indagini in corso per accertare eventuali collegamenti fra Benedetto Letizia detto Elio, protagonista del Noemigate, e il clan Letizia di Casal di Principe, a distanza di un mese il silenzio e' di piombo. Nessuna smentita, richiesta di rettifica o azione giudiziaria e' giunta alla Voce (ne' all'Unita', che aveva ripreso l'inchiesta) dai familiari della ragazza ne' dai suoi legali. Analogamente niente e' trapelato dalla Procura, dove secondo voci di corridoio le indagini sulla presunta parentela - e relativi sviluppi - sarebbero tuttora in corso e coperte dal massimo riserbo investigativo. «Difficile - spiegano in ambienti giudiziari napoletani - che non sia stato emesso un comunicato di smentita nel caso in cui le indagini non avessero dato alcun esito. Piu' probabile, invece, che si stia dando corso all'accertamento di ulteriori, complessi elementi lungo quel filone».

Vale la pena allora di riepilogare in estrema sintesi il quadro che era emerso dall'inchiesta della Voce di giugno.

Siamo alla fine del 2008 quando l'allora diciassettenne Noemi Letizia appare per la prima volta ad un ricevimento ufficiale organizzato dal premier a Villa Madama. A Natale e' alla festa del Milan con sua madre, Anna Palumbo, al tavolo di uno storico big dell'entourage presidenziale, Fedele Confalonieri. La giovane, insieme ad altre ragazze, trascorrera' poi le feste di Capodanno a Villa Certosa. A rivelarlo, una fonte non proprio adamantina: l'ex fidanzato Gino Flaminio da San Givanni a Teduccio, un passato di guai con la giustizia.

Non si sapra' piu' nulla di lei fino al 26 aprile 2009, sera fatidica del suo diciottesimo compleanno, quando Silvio Berlusconi in persona arriva a Casoria nella ruspante Villa Santa Chiara, sede dei festeggiamenti e, prima del brindisi con la festeggiata, i camerieri e il parentado, si apparta per una buona mezz'ora in una saletta riservata con Benedetto Letizia. La notizia esplode sui giornali di mezzo mondo e si rincorrono le indiscrezioni piccanti. Noemi sara' sua figlia? O un'amante giovane dell'uomo piu' potente d'Italia? Fin qui il gossip. Unica Voce fuori dal coro, la nostra. Che rivela l'esistenza di un'indagine della Dda sul filone camorra.

MESI DI FUOCO

Che cosa stava accadendo in quegli stessi mesi, fra Napoli e Caserta?
La guerra di camorra era esplosa il 18 maggio 2008 con l'omicidio di Domenico Noviello a Baia Verde, un villaggio turistico di Castelvolturno. Noviello, titolare di un'autoscuola, era un testimone di giustizia: aveva contribuito a far condannare casalesi di spicco come i fratelli Alessandro e Francesco Cirillo.

Il 1 giugno sotto i colpi dei killer finisce Michele Orsi, l'imprenditore coinvolto nei traffici di rifiuti che aveva deciso di collaborare con gli inquirenti. Sempre a giugno si conclude in appello il processo Spartacus a carico della cosca di Casale, con numerose condanne all'ergastolo per uomini del gruppo Bidognetti. Nel corso di un'udienza, allo scrittore Roberto Saviano erano state rivolte minacce di morte attraverso la lettura di un brano da parte di un avvocato dei boss, Michele Santonastaso. Un'accelerazione imprevista. Quasi una sfida. Un modo eclatante di attirare l'attenzione che non aveva precedenti nel modo di agire della cosca, ormai disposta ad uscire allo scoperto pur di difendere i suoi affari miliardari.

A ottobre un pentito rivela che ci sarebbe un piano del clan per uccidere Saviano entro Natale. Negli stessi giorni le indagini portano alla luce alcuni legami d'affari fra i corleonesi del superlatitante Matteo Messina Denaro e il clan dei casalesi. La guerra, a questo punto, si fa aperta. In gioco ci sono partite come i lucrosi traffici di rifiuti, in Italia, e, all'estero, le attivita' di riciclaggio che, nella sola Spagna, vedono i Casalesi e i loro piu' stretti alleati, gli Scissionisti di Secondigliano, impegnati fra l'altro a edificare villaggi turistici in mezza Costa del Sol.

E' a quel punto che il Viminale sferra un attacco senza precedenti. Il ministro leghista Roberto Maroni, incurante della presenza nel suo stesso governo di uomini come il sottosegretario all'Economia Nicola Cosentino da Casal di Principe indicato dal pentito Gaetano Vassallo come referente dei clan, in quattro-cinque mesi riesce a portare a segno risultati che i governi della repubblica in oltre sessant'anni non erano riusciti nemmeno a immaginare.

La miccia scoppia dopo la strage del 18 settembre 2008, quando a Castelvolturno i Casalesi uccidono sei immigrati e il titolare di una sala giochi. Il 30 settembre scatta la prima maxioperazione: 127 ordini di custodia cautelare e sequestro di beni per 100 milioni di euro. In manette il gruppo di fuoco del clan, Alessandro Cirillo, Oreste Spagnuolo e Giovanni Letizia. Spagnuolo, che sara' fra i primi a pentirsi, sta dando un importante contributo alle indagini.

Nuovo blitz l'11 ottobre: la Dda partenopea arresta sette dei dieci ricercati del clan Bidognetti. Fra il 7 e il 22 novembre nella rete finiscono altri esponenti fra cui Gianluca Bidognetti, figlio del superboss Francesco (Cicciotto e' Mezzanotte). Il 14 gennaio 2009 termina la fuga del boss stragista Giuseppe Setola. Nuove operazioni fra marzo e aprile sgominano fazioni del clan operanti anche a Milano, Modena e Reggio Emilia. L'attacco al cuore dei Casalesi culmina il 29 aprile con l'operazione Principe, nell'ambito della quale viene arrestato Michele Bidognetti, fratello del capoclan, e vengono sequestrati beni del valore di 5 milioni di euro. E il 18 maggio a finire dietro le sbarre e' anche Franco Letizia (il suo arresto segue di poco quello del padre Armando Letizia), reggente del gruppo criminale.

Non meno stringente il pressing ai danni degli scissionisti di Secondigliano: il 12 febbraio di quest'anno gli inquirenti catturano un personaggio chiave del traffico di stupefacenti sull'asse Spagna-Scampia: il transessuale Ketty, al secolo Ugo Gabriele. A maggio la polizia arresta a Marbella il boss Raffaele Amato e, a Mugnano di Napoli, il pregiudicato Antonio Bastone, latitante dal 2006.

Il rapporto annuale delle Fiamme Gialle, reso noto nei giorni scorsi, in proposito parla chiaro: «L'attivita' volta all'aggressione dei patrimoni accumulati dai clan camorristici - in particolare dei Casalesi - ha consentito di sequestrare beni e capitali di provenienza illecita per oltre 139 milioni di euro e di proporre, per l'applicazione delle misure di prevenzione patrimoniale, beni e disponibilita' finanziarie per un valore complessivo prudenzialmente valutato in oltre 231 milioni di euro». «Un dato - viene ancora sottolineato - decuplicato rispetto a quello del corrispondente periodo del 2008». Ed e' lo stesso ministro Maroni a parlare di un “modello Caserta”, «che vogliamo mantenere ed estendere, concentrando l'attenzione sull'aggressione ai patrimoni mafiosi».

BERLUSCONI ZITTO

Si e' mai visto un capo del governo che, a fronte di risultati cosi' rilevanti nel contrasto alla malavita organizzata, non abbia mai espresso, nel corso dei mesi, operazione dopo operazione, almeno un cenno ufficiale di plauso o soddisfazione, anche al solo scopo di gonfiare il petto per le brillanti prestazioni di un ministro del suo governo?
Niente. Silenzio assoluto del premier, prima, durante e dopo il caso Noemi.

Ed oggi, ferme restando le indagini top secret su Benedetto Letizia, quel silenzio si trasforma in un ulteriore, decisivo elemento per comprendere la guerra sottobanco dichiarata al premier. Prima dalla camorra. E poi, proprio per questo, dalla parte non compromessa del suo esecutivo. Secondo la ricostruzione avanzata il mese scorso dalla Voce - e finora mai smentita - quella maledetta domenica sera del 26 aprile Berlusconi, dopo aver cercato con ogni mezzo di sottrarsi, fu costretto a mostrarsi nella sala cerimonie di Casoria per dare un segnale eloquente a chi di dovere. Un ricatto, una minaccia grave pendevano sul suo capo ad opera di boss capaci di passare da affari milionari in mezzo mondo ad attentati sanguinari rivolti alle singole persone. L'attrezzatura non manca.

Sulle ragioni di quel ricatto si possono avanzare numerose ipotesi. A cominciare - come abbiamo fatto nell'inchiesta della Voce di giugno - da quello schiaffo in piena faccia agli affari dei clan che il tandem Berlusconi-Guido Bertolaso ha inferto con l'apertura dell'inceneritore di Acerra, destinato a mandare letteralmente “in fumo” traffici da milioni e milioni di euro cash gestiti fino ad allora dagli Scissionisti coi Casalesi.

E tutto questo, benche' a liberare Napoli da tonnellate di pattume in meno di due settimane fossero state anche imprese in odor di camorra (e' accertato che il settore, nel capoluogo partenopeo e provincia, e' gestito dai clan in regime di monopolio).
Alla luce dell'inchiesta aperta dalla Procura di Bari sui giri di “squillo” e starlette che avrebbero frequentato Palazzo Grazioli e Villa Certosa grazie alle mirabolanti iniziative dell'imprenditore Gianpaolo Tarantini, potrebbero ora aprirsi scenari paralleli.

NOEMI ANCH'IO!

Quale che sia stata la molla che aveva obbligato Berlusconi alla “discesa di Casoria”, la popolarita' che da allora ha circondato Noemi Letizia (con il conseguente valore aggiunto sul suo nome in caso di apparizioni televisive, serate, vendita di servizi fotografici, etc.) non poteva non fare gola ad altre, ben piu' spregiudicate frequentatrici delle magioni presidenziali. Soprattutto se si tratta di persone senza scrupoli, avvezze a trarre benefici dalle loro prestazioni anche attraverso l'uso di registratori nascosti, arma suprema per i ricatti.

La costola dell'inchiesta barese condotta dal pm Giuseppe Scelsi sulla presunta induzione alla prostituzione (di persone, peraltro, che paiono essere tutt'altro che estranee a quella attivita') trova il suo momento clou con l'arrivo spontaneo in Procura della escort Partizia D'Addario. La quale, in un primo momento, si mostra come una donna irreprensibile irretita dai lupi mannari.

Poi viene fuori il suo passato. Quello vero. Ed emerge, fra l'altro, l'inquietante amicizia con Marisa Scopece, la giovane prostituta d'alto bordo brutalmente assassinata e data alle fiamme nelle campagne baresi, a settembre 2007. Pare che avesse deciso di parlare, di fare i nomi dei personaggi altolocati ai quali si accompagnava. In quell'occasione gli inquirenti risalirono alla D'Addario grazie ai tabulati telefonici della donna uccisa. Ai pubblici ministeri lei confermo' il legame con Marisa e la comune amicizia con «molte altre persone».

Da Patrizia “Brummel” D'Addario in poi, e dalla sua consegna “spontanea” della audiocassette sulle feste presidenziali, scatta la ressa di pseudo-veline pronte a raccontare di aver preso parte ai bagordi in casa del premier. Un diluvio di “rivelazioni” gossippare. «Un exploit - fa notare un esperto di intelligence - molto simile a quelli che i manipolatori degli effetti mediatici fanno scattare per coprire altre verita', per mettere la sordina a fenomeni ben piu' gravi, che cosi' sfuggono al controllo dell'opinione pubblica».

Al momento non e' chiaro se lo “spontaneismo” della D'Addario sia stato dettato da ambizioni personali, o invece pilotato da qualcuno che doveva infliggere il colpo di grazia a Berlusconi, per allontanare dai vertici dello Stato un uomo invischiato in manovre camorristiche tali da mettere in pericolo la sicurezza del Paese. Ad onta dell'affollamento di sempre nuove ragazze pronte a “vuotare il sacco” in cambio di notorieta', alcuni elementi farebbero propendere per la seconda ipotesi.

In primo luogo la compresenza nel Pdl, nell'esecutivo nazionale e e nei governi locali di destra, di personaggi tirati in ballo da pentiti o da rapporti delle commissioni d'accesso in comuni sciolti per mafia (vedi Sant'Antimo e vedi il neo presidente della Provincia di Napoli Luigi Cesaro), accanto a figure che - in primis i leghisti - alla malavita organizzata partenopea la guerra l'avevano dichiarata in tempi non sospetti. Ed ora hanno impresso la accelerata finale.

«Se un asse sotterraneo per il de profundis politico a Berlusconi esiste - viene sottolineato in ambienti investigativi romani - vede certamente in primo piano la parte “pulita” del governo e del Pdl». Che avrebbe incontrato come alleata, lungo la strada, la Puglia di quel Massimo D'Alema che la partita di fine anni novanta col Cavaliere l'ha chiusa da tempo. Ed oggi si trova, per puro “caso”, ad annunciare con ventiquattr'ore di anticipo, dai microfoni di Lucia Annunziata, quella “scossa” in arrivo da Bari destinata a segnare l'uscita di scena dell'uomo di Arcore. Una vicenda che passa per le mani di un pubblico ministero di Magistratura Democratica. E per una Procura che ha sede nell'enclave PD del sindaco Michele Emiliano. Ex magistrato.

E' il “complotto” di cui parlano il ministro per gli affari regionali Raffaele Fitto e il Giornale? «Piu' che altro - spiega la nostra “fonte” - una cordata. Un'alleanza anomala che nasce per motivi di stabilita' democratica». In ballo ci sarebbero le sorti di un Paese il cui premier deve rispondere alle richieste dei clan. Ma questo, finora, nessuno ha avuto il coraggio di ammetterlo.