sabato 27 giugno 2009

Honduras: tentato golpe in atto

In Honduras è in atto un tentato golpe contro il presidente Zelaya da parte di frange dell'esercito a lui contrarie. Ma non è ancora chiaro se tale tentativo avrà successo o meno.

Le prossime 24 ore saranno cruciali, dal momento che si dovrebbe anche svolgere il referendum voluto dal presidente, ma avversato dai presunti golpisti.

Naturalmente i nostri mainstream media non stanno assolutamente parlando di ciò che accade in Honduras, affacendati come sono nel descrivere i particolari degli ultimi giorni di Michael Jackson o le ultime castronerie fuoriuscite dalla bocca del Presidente Utilizzatore.


Colpo di Stato in Honduras: il Presidente Manuel Zelaya con al fianco i movimenti sociali resiste
di Gennaro Carotenuto - www.gennarocarotenuto.it - 26 Giugno 2009

Le parole drammatiche nella notte del presidente dell’Honduras Manuel Zelaya: “È in corso un colpo di stato nel paese” sono state confermate e supportate dall’ONU. Il presidente dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, Manuel D’Escoto, nella notte ha condannato con parole fermissime il tentativo di colpo di stato in corso in Centroamerica: “condanniamo fermamente il colpo di stato in Honduras contro il governo democraticamente eletto di Manuel Zelaya” dove i poteri di fatto di sempre, le élite, l’esercito, le alte gerarchie cattoliche, le casta politica, sono disposti a tutto perché nel paese neanche si parli di Assemblea Costituente. È infatti questo l’oggetto del contendere che ha scatenato la sedizione: un referendum che domenica prossima dovrà decidere se convocare o no l’elezione di un’assemblea Costituente voluta secondo i sondaggi dall’85% della popolazione.

È bastato solo l’odore di una Carta costituzionale che per la prima volta mettesse nero su bianco diritti civili e strumenti per ottenerli in un paese per molti versi ancora premoderno come l’Honduras, perché si mettesse in moto la macchina golpista che durante tutta la storia ha impedito giustizia sociale e democrazia in tutto il Centroamerica. Il presidente Manuel Zelaya, “Mel”, con una storia di centro-destra nel partito liberale che durante il suo mandato ha virato con molta dignità verso il verso il centro-sinistra, aveva indetto per dopodomani domenica 28 giugno una consultazione con la quale si chiedeva ai cittadini se nel prossimo novembre si dovesse convocare o meno un’Assemblea Costituente nel paese contemporaneamente alle elezioni presidenziali, legislative e amministrative già previste a fine anno.

Quella per l’Assemblea costituente sarebbe stata, sarà, la “quarta urna”, una svolta che secondo i sondaggi è voluta da almeno l’85% del paese ma indesiderata dalle élite tradizionali, dal sistema dei partiti incluso quello del presidente che oramai si oppone apertamente, dai media di comunicazione, che in Honduras come nel resto del continente sono dominio esclusivo del potere economico, dalla Corte Suprema e dall’esercito. Queste non solo non vogliono contribuire al processo eleggendo propri rappresentanti all’Assemblea Costituente nel prossimo novembre, ma né vogliono una nuova Costituzione né accettano di verificare se la maggioranza della popolazione la desidera. La scrittura di Costituzioni partecipative, condivise con gli strati popolari della popolazione, dal Venezuela, alla Bolivia all’Ecuador è stata vista nell’ultimo decennio con crescente rifiuto da parte delle oligarchie tradizionali che, soprattutto nel caso boliviano, si è trasformato apertamente in eversione.

Di conseguenza settori numericamente preponderanti dell’esercito di Tegucigalpa, che rispondevano al Capo di Stato Maggiore Romeo Vázquez, si sono rifiutati di operare per permettere la consultazione di domenica, distribuendo le urne e permettendo il regolare svolgimento della stessa adducendo che il referendum sarebbe illegale e che sarebbe propedeutico all’installazione di una dittatura di Mel Zelaya nel paese.

A quel punto al presidente non è restata che la destituzione del generale Vázquez che nella giornata di ieri non è stata però confermata dalla Corte Suprema che ha così appoggiato la sedizione. A questo punto le informazioni nella notte honduregna si fanno confuse. Di fronte al rifiuto di Zelaya di reintegrare Vázquez come Capo di Stato Maggiore parti importanti dell’esercito avrebbero occupato punti nevralgici del paese. I movimenti popolari, indigeni e sociali che appoggiano un presidente, divenuti unici riferimenti per Zelaya osteggiato da tempo dal proprio partito, sarebbero scesi al contrattacco, avrebbero occupato sotto la pioggia battente la base militare della Forza Aerea nell’aeroporto internazionale di Tocontín, sottratto a questa le urne e le schede referendarie con l’intenzione di distribuirle comunque nel paese.

Nel corso delle ultime ore sono successi due fatti nuovi che fanno inclinare all’ottimismo. Il presidente Zelaya ha parlato alla nazione, circondato da rappresentanti dei movimenti sociali del paese, confermando il recupero del materiale elettorale e riaffermando che domenica si terrà comunque il referendum. Intanto almeno il comandante dell’Aviazione, Generale Javier Price, si è schierato con il presidente democraticamente eletto. Intanto i movimenti sociali honduregni, di fronte al silenzio dei media rispetto al colpo di stato in corso nel paese, invitano a far circolare al massimo l’informazione e la solidarietà internazionale sul golpe in Honduras. Le prossime ore saranno decisive per capire se il golpe prospererà o se siamo di fronte ad un nuovo 13 aprile 2002 quando a Caracas in Venezuela i movimenti sociali e popolari sconfissero pacificamente il golpe dell’11 aprile contro il governo democraticamente eletto di Hugo Chávez.


Tentato golpe in Honduras
di Stella Spinelli - Peacereporter - 26 Giugno 2009

"È in corso un colpo di stato nel paese". Questa la drammatica denuncia fatta poche ore fa dal presidente dell'Honduras Manuel Zelaya, parole subito conformate dal presidente dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, Manuel D'Escoto: "Condanniamo fermamente il colpo di stato in Honduras contro il governo democraticamente eletto di Manuel Zelaya". La situazione è infuocata, anche se per ora il peggio pare scongiurato. Il pomo della discordia è il referendum di domenica prossima, che dovrà decidere se convocare o no l'elezione di un'assemblea Costituente voluta secondo i sondaggi dall'85 percento della popolazione. E i soliti noti non ci stanno: le élite, l'esercito, le alte gerarchie cattoliche, le casta politica, sono disposti a tutto purché nel paese neanche si parli di Assemblea Costituente.

"È bastato solo l'odore di una Carta costituzionale che per la prima volta mettesse nero su bianco diritti civili e strumenti per ottenerli, perché si mettesse in moto la macchina golpista che durante tutta la storia ha impedito giustizia sociale e democrazia in tutto il Centroamerica", spiega lo storico e giornalista Gennaro Carotenuto. Il presidente Manuel Zelaya, "Mel", di estrazione di centro-destra nel partito liberale ma che durante il suo mandato ha virato verso il centro-sinistra, aveva indetto per dopodomani domenica 28 giugno una consultazione con la quale si chiedeva ai cittadini se nel prossimo novembre si dovesse convocare o meno un'Assemblea Costituente, in contemporanea alle elezioni presidenziali, legislative e amministrative già previste.

"Quella per l'Assemblea costituente sarebbe stata la "quarta urna", una svolta che secondo i sondaggi è voluta da almeno l'85 percento del paese, ma indesiderata dalle élite tradizionali, dal sistema dei partiti incluso quello del presidente che oramai si oppone apertamente a Mel, dai media di comunicazione, che in Honduras come nel resto del continente sono dominio esclusivo del potere economico, dalla Corte Suprema e dall'esercito", aggiunge. Queste né vogliono una nuova Costituzione né accettano di verificare se la maggioranza della popolazione la desidera.

Ieri, la maggioranza dell'esercito, seguaci del Capo di Stato Maggiore Romeo Vázquez, si è rifiutata di mettersi in moto in vista della consultazione, e non ha eseguito i lavori di loro competenza, come la distribuzione delle urne. "E' un referendum illegale", ha commentato, adducendo che spianerebbe la strada alla dittatura di Mel Zelaya. Di qui la destituzione del generale Vázquez, non ratificata però dalla Corte Suprema, che ha così appoggiato la sedizione.

"A questo punto le informazioni sulla notte honduregna si fanno confuse - spiega Carotenuto - Di fronte al rifiuto di Zelaya di reintegrare Vázquez come Capo di Stato Maggiore parti importanti dell'esercito avrebbero occupato punti nevralgici del paese. I movimenti popolari, indigeni e sociali che appoggiano un presidente, divenuti unici riferimenti per Zelaya osteggiato da tempo dal proprio partito, sarebbero scesi al contrattacco, avrebbero occupato sotto la pioggia battente la base militare della Forza Aerea nell'aeroporto internazionale di Tocontín, sottratto a questa le urne e le schede referendarie con l'intenzione di distribuirle comunque nel paese".

Ma gli ultimi fatti fanno ben sperare. Zelaya ha parlato al paese, ribadendo che domenica gli honduregni saranno chiamati alle urne. Inoltre, le forze armate non si sono mostrate compatte: il comandante dell'Aviazione, Generale Javier Price, si è schierato con il presidente. Intanto, i movimenti sociali si sono stretti intorno a Mel, denunciando il silenzio dei mezzi di comunicazione sugli ultimi gravi fatti e invitando a far circolare le informazioni sul tentato golpe in modo da stimolare la solidarietà internazionale. Intanto l'Oea ha convocato per domani un'assemblea straordinaria per valutare la crisi in Honduras.


Destituiti i vertici militari dopo il loro no al referendum di domenica
da Peacereporter - 25 Giugno 2009

Il presidente dell'Honduras, Manuel Zelaya, ha destituito oggi il capo dello Stato Maggiore delle forze armate, il generale Romeo Vàsquez, e il ministro della Difesa, Angel Edmundo Orellana, dopo che entrambi si erano rifiutati di collaborare alla realizzazione di un referendum su un'assemblea costituente.

Il referendum chiede ai cittadini di approvare o respingere la proposta secondo cui in occasione delle prossime elezioni presidenziali, il 29 novembre, si voti anche per l'istituzione di un'assemblea costituente che riformi la Costituzione dell'Honduras per quanto riguarda i mandati presidenziali.

Secondo quanto denuncia l'opposizione, dietro la riforma ci sarebbe l'intenzione di Zelaya di rimanere nel potere oltre il 2010. Martedì scorso il Parlamento ha approvato una nuova legge che impedisce referendum 180 giorni prima o dopo le elezioni generali.
Intanto continua l'alta tensione nel Paese dopo la diffusione di sospetti movimenti che potrebbero finire con un colpo di Stato. "Lo stato di diritto è in pericolo in Honduras", ha denunciato Zelaya.


"El Pais": come ti nascondo il golpe in Honduras
di Gennaro Carotenuto - www.gennarocarotenuto.it - 26 Giugno 2009

Per carità, punti di vista… magari per qualcuno in Honduras è davvero l’esercito che sta salvando la patria dal comunismo (dove ho già sentito questa storia?) ma è indispensabile studiare come il quotidiano madrileno “El País”, l’unica fonte sulla quale in genere si forma l’opinione di molti “opinion makers” italiani sull’America latina, spiega quanto sta accadendo in queste ore a Tegucigalpa.

Come analizziamo nel dettaglio “El País” esce rapidamente dalla legittimità della diversità dei punti di vista, per entrare nel territorio del falso e del tendenzioso che ci mette di fronte a una vera imperdibile lezione di disinformazione offerta dal quotidiano spagnolo:

1) In primo luogo sparisce del tutto il colpo di stato. Il termine, l’idea stessa di golpe viene cancellata, non se ne parla, e cosa importa a “El País” che questo sia stato condannato come tale dall’ONU? Basta non parlare dell’ONU. Al contrario (come se non fosse la stessa cosa) è l’esercito che si mobilita in solidarietà con il proprio capo di stato maggiore ingiustamente destituito. A “El País” hanno evidentemente dimenticato il 23 febbraio del 1981 e si sentono di poter giocare e ingannare i lettori su cose così serie.

2) Nello stesso articolo sparisce del tutto che l’oggetto del contendere è un referendum che vorrebbe portare alla convocazione di un’assemblea costituente. Al contrario, testuale, semplicemente: “Manuel Zelaya vuole modificare la Costituzione per restare al potere” e quindi l’esercito, rispondendo a una vecchia concezione propria anche del franchismo al quale “El País” si opponeva, sarebbe il tutore dello Stato (per conto delle classi dirigenti) ed è quindi legittimato ad intervenire.

3) Per l’ennesima volta quando un dirigente latinoamericano democraticamente eletto vuole convocare un’assemblea costituente “El País” si schiera contro con un solo argomento: lo fa perché è assetato di potere. Come se in America latina le costituzioni del ‘900 avessero garantito democrazia, sviluppo, diritti, giustizia sociale.

4) Non può mancare l’ultimo ritrovato alla moda, Twitter. “El País” invita a seguire la crisi honduregna attraverso il canale twitter del quotidiano “La Prensa”, guarda caso, schierato contro il Presidente legittimo. Ovviamente non si preoccupa di specificarlo.

5) Non è quindi il generale Romeo Vázquez (si rimanda al mio articolo con… un altro punto di vista), capo di Stato Maggiore ad aver deciso di non compiere gli ordini del presidente ma il presidente ad averlo inopinatamente destituito per perseguire il proprio disegno “illegale” al quale il generale si è negato in nome della democrazia. Il fatto poi che il generale Vázquez, capo delle forze armate, abbia l’appoggio delle stesse e che le schieri per le strade contro il presidente che lo ha destituito, a “El País” non sfiora neanche che possa essere eversivo. E’ solo la dimostrazione che Zelaya ha torto. Quante divisioni ha Zelaya? Lo dicevano anche Pinochet, Franco e Stalin che la forza può più della ragione.

6) Zelaya stesso è descritto in maniera irridente come “un populista di famiglia bene” che starebbe dalla parte dei poveri per fame di potere. Seguono ulteriori dimostrazioni di uso della fisiognomica per denigrare il personaggio. “Sembra un mariachi”, “somiglia [all’ex presidente messicano Vicente] Fox”. Denigrare un personaggio pubblico per le proprie caratteristiche fisiche non è solo cattivo giornalismo. E’ anche puerile.

7) Il climax viene toccato quando la fama di incorruttibile di Zelaya viene sporcata dal buttar lì un’accusa di corruzione (non meglio specificata) di… Otto Reich. “El País” evita di ricordare ai lettori chi sarebbe quest’ultimo. Lo facciamo noi: ex-sottosegretario per l’America Latina di Ronald Reagan e George Bush padre, mandante di terroristi, organizzatore di colpi di stato, difensore di torturatori e delle peggiori dittature e violazioni di diritti umani. A “El País” sanno bene chi sia Otto Reich ma l’importante è tirare uno schizzo di fango sulla figura di Zelaya.

8 ) Se la difesa di Zelaya e la denuncia del golpe da parte dell’ONU viene censurata da “El País”, che non ne fa parola, a chi viene affidato il compito della difesa d’ufficio del “corrotto populista con i soldi affamato di potere” Mel Zelaya? Ma niente meno che a Fidel Castro! Chi meglio del vecchio dittatore cubano che da trent’anni “El País” descrive come il demonio in persona, può aiutare [a denigrare] la causa di Zelaya?

Non sappiamo come finirà la storia in Honduras, ma quanto abbiamo analizzato dimostra ancora una volta che il quotidiano "El País", lo stesso che in questi giorni crede di rifarsi una legittimità democratica attaccando quotidianamente Silvio Berlusconi, sta preparando i propri lettori di centro-sinistra a digerire un colpo di stato presentandolo come una soluzione legittima.

Non è la prima volta. Ha appoggiato il fallito colpo di stato in Venezuela dell’11 aprile 2002 restando spiazzato quando molto dopo perfino l’attuale ministro degli esteri di un governo che "El País" appoggia, Miguel Ángel Moratinos, denunciò il ruolo del governo di José María Aznar in quel crimine. Più avanti ha preso senza mediazioni la difesa di Felipe Calderón in Messico negando in tutti i modi che nelle elezioni del 2006 potessero esserci stati brogli e disinformando o negando informazione su milioni di messicani che (come in Iran in questi giorni) protestavano (a torto o a ragione) contro quei brogli. Infine, per restare ai casi più clamorosi, ha appoggiato a spada tratta l’eversione secessionista in Bolivia. Adesso torna a negare l’esistenza di un golpe e ad occultare ai propri lettori informazioni fondamentali come chi e perché appoggia Zelaya, a glissare su principi democratici fondamentali come quello che i militari possono solo obbedire ai governi civili, e a dimenticare completamente la più elementare deontologia giornalistica.

Se questa è informazione…