Ma all'estero invece lo sputtanamento prosegue alla grande. Ecco qui solo alcuni esempi (1,2,3,4,5,6).
Ora però anche chi ha fatto parte del primo governo Berlusconi del 1994 - come ministro per i Rapporti con il Parlamento - e da anni direttore del quotidiano Il Foglio, sembra averne abbastanza di certi comportamenti che, se adottati da un primo ministro, danno adito a ovvi ricatti di ogni genere e mettono a repentaglio non solo l'immagine di un Paese - peraltro già ampiamente lesa, e non solo per "merito" di Berlusconi - ma anche eventualmente la stessa sicurezza di un Paese.
La sicurezza con la S maiuscola, non quella da peracottari con cui ogni giorno sui mainstream media si martella il cervello degli italiani, terrorizzati ormai anche quando si guardano allo specchio per sbaglio.
Il PM ha interrogato altre tre ragazze. La D'Addario ha consegnato i nastri e il video degli incontri con il premier
di Fiorenza Sarzanini - Il Corriere della Sera - 18 Giugno 2009
Ci sono almeno tre ragazze che hanno confermato di aver preso soldi per partecipare alle feste a Palazzo Grazioli e a Villa Certosa. Due sono state interrogate dal pubblico ministero a Bari, l’altra a Roma. Hanno raccontato i dettagli, tanto che una di loro ha chiesto e ottenuto il permesso di poter andare all’estero «per un po’» sostenendo di «temere per la mia sicurezza». Anche Patrizia D’Addario è stata ascoltata per oltre cinque ore dal magistrato Pino Scelsi.
La candidata alle elezioni comunali con la lista «La Puglia prima di tutto», che ha rivelato le due serate che avrebbe trascorso con il premier nella residenza capitolina, ha poi depositato le registrazioni audio dei suoi incontri e un video dove lei stessa si sarebbe ripresa con un telefonino. «L’ho fatto— ha fatto mettere a verbale— perché così nessuno potrà smentire che sono stata lì».
Tarantini e le squillo
A gestire le ragazze sarebbe stato Giampaolo Tarantini, l’imprenditore pugliese di 35 anni titolare insieme al fratello Claudio, 40 anni, di un’azienda — la Tecnohospital — che si occupa di tecnologie ospedaliere. Per questo è stato iscritto nel registro degli indagati per induzione alla prostituzione e la scorsa settimana è stato interrogato alla presenza di un avvocato. Sono gli stessi vertici della Procura di Bari a confermare che «è in corso un’indagine su questo reato in luoghi esclusivi di Roma e della Sardegna», nata da alcune conversazioni telefoniche durante le quali lo stesso Tarantini avrebbe trattato con le ragazze le trasferte e i compensi.
Non sapeva l’imprenditore di essere finito sotto inchiesta per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione. Secondo l’ipotesi della Guardia di Finanza la sua azienda avrebbe versato laute mazzette per ottenere appalti nel settore sanitario. Un filone di questi accertamenti ha coinvolto tre mesi fa anche l’allora assessore regionale alla Sanità Alberto Tedesco, che per questo si è dimesso dall’incarico. Parlava al telefono con le ragazze Tarantini, ma anche con le persone dell’entourage del premier. E quando ha affrontato l’argomento soldi, sono scattate le verifiche.
Il patto con Patrizia
È proprio Tarantini il mediatore che avrebbe portato Patrizia D’Addario alle due feste con Berlusconi. Le era stato presentato da un amico comune che si chiama Max e le disse di chiamarsi Giampi. Di fronte al pubblico ministero la donna ha confermato che «per la prima serata l’accordo prevedeva un versamento di 2.000 euro, ma ne ho presi soltanto 1.000 perché non avevo accettato di rimanere. La seconda volta — era la notte dell’elezione di Barack Obama — sono rimasta e dunque ho lasciato palazzo Grazioli la mattina successiva. Quando sono arrivata in albergo la mia amica che aveva partecipato con me alla serata mi ha chiesto se avevo ricevuto la busta, ma io le ho risposto che non avevo ricevuto nulla. Il mio obiettivo era ricevere un aiuto per portare avanti un progetto immobiliare e Berlusconi mi aveva assicurato che lo avrebbe fatto. Giampaolo mi disse che se lui aveva fatto una promessa, l’avrebbe rispettata ». Il racconto della D’Addario sulle modalità degli incontri coincide con quello verbalizzato dalle altre tre ragazze. Tutte avrebbero specificato di essere state «contattate da Giampaolo che ci chiedeva se eravamo disponibili a partire. Talvolta accadeva poche ore prima e in quel caso i biglietti aerei erano prepagati». Le verifiche della procura riguardano adesso gli spostamenti successivi. Le testimoni avrebbero infatti riferito che le modalità concordate prevedevano che, una volta giunte a Roma, loro arrivassero in taxi fino all’albergo indicato e da lì dovevano attendere l’autista di Giampaolo che le prelevava e le portava a palazzo Grazioli. «Poco prima dell’arrivo — ha sottolineato Patrizia —, ci facevano tirare su i finestrini che erano sempre oscurati. Quando arrivavamo negli hotel ci veniva detto come dovevamo vestirci: abiti eleganti e poco trucco».
Registrazioni e video
La candidata alle comunali ha depositato nella segreteria del pubblico ministero cinque o sei cassette audio e un video che la ritrae davanti a uno specchio e poi mostra una camera da letto. In un fotogramma c’è una cornice con una foto di Veronica Lario. Il magistrato dovrà adesso verificare l’attendibilità di questo materiale con una perizia che accerti se la voce incisa sul nastro è davvero quella del premier e se gli ambienti sono effettivamente interni a Palazzo Grazioli.
La decisione di convocare le ragazze in Procura è stata presa dopo aver ascoltato le intercettazioni telefoniche di Tarantini. Dopo aver verbalizzato la loro versione, sono stati programmati nuovi interrogatori per le prossime settimane. Nella lista del pubblico ministero ci sarebbero diversi nomi: altre giovani che sarebbero state contattate dall’imprenditore e persone che potrebbero aver avuto un ruolo in questa vicenda. L’elenco comprende i collaboratori dello stesso Tarantini, ma anche i politici che avrebbero deciso di mettere la D’Addario in lista per le comunali. Lei ha specificato che non le fu mai proposto di andare a Villa Certosa, in Sardegna, «però Giampaolo mi disse che c’era la possibilità di andare in vacanza all’estero, mi pare alle Bermuda ». Altre si sarebbero invece accordate per partecipare a feste nella residenza presidenziale di Porto Rotondo.
Il 24 Luglio
di Giuliano Ferrara – Il Foglio – 18 Giugno 2009
Berlusconi denuncia un piano eversivo contro di lui, regista il gruppo editoriale di Repubblica e settori dell’opposizione vicini a una magistratura sensibile alle sollecitazioni politiche più faziose. Può essere che abbia ragione, tanto più che non parla di un oscuro complotto ma del dipanarsi alla luce del sole di una campagna di feroce inimicizia, che rimesta nel privato e punta al character assassination, al più completo sputtanamento del nemico sul piano interno e internazionale. Questa rappresentazione della realtà, e chiamatela se volete “funzione di garanzia della libera stampa”, nessuno la può onestamente negare.
Il problema è che le armi affilate di questa campagna provengono tutte da Berlusconi in persona e dal suo entourage.
La prima arma è una licenziosità di comportamento difficile da classificare, con molti tratti d’innocuo divertimento che abbiamo cercato di spiegare e di difendere su queste colonne fin dove possibile, uno stile di vita esposto comunque ai noti meccanismi di condizionamento e di ricatto che, vero o falso che sia il singolo racconto scandalistico, sono la eterna tentazione di coloro che frequentano in condizioni non perfettamente trasparenti gli uomini pubblici.
La seconda arma è un’autodifesa spesso risibile, esposta al ludibrio della stampa italiana e internazionale, difficile da capire nella logica di uno staff compos sui, capace di fare il proprio mestiere.
Quando l’avvocato Ghedini, deputato, ammette anche solo per assurdo che possa essere vero il racconto di Patrizia D’Addario, la ragazza che si è non troppo metaforicamente autodenunciata come putain de
Il presidente del Consiglio dei ministri, per quanto sfolgoranti siano le sue doti anomale di leader di un’Italia politica sburocratizzata, inventiva, orgogliosa, liberale, giocosa e un po’ pazza, non può comportarsi come un deputato di provincia preso con le mani nel vasetto della marmellata.
Se non vuole stendere un velo di penosa incompetenza sull’insieme del suo lavoro di uomo di stato, per molti aspetti ottimo, Berlusconi deve liberarsi della molta stupidità e inesperienza politico-istituzionale che lo circonda, e deve decidersi: o accetta di naufragare in un lieto fine fatto di feste e belle ragazze oppure si mette in testa di ridare, senza perdere più un solo colpo, il senso e la dignità di una grande avventura politica all’insieme della sua opera e delle sue funzioni.
Il premier non si fa rappresentare da dichiarazioni slabbrate, non naviga per settimane tra mezze bugie che alimentano sospetti anche e soprattutto sugli aspetti più candidi del suo comportamento, non si dà per accessibile al primo che passa: un capo di governo parla al paese, agisce sulle cose che contano, evita di farsi intrappolare nello scandalismo, parla un linguaggio di verità capace di indurre il grosso della nazione, o quella parte di essa che non ha portato il cervello all’ammasso dell’antiberlusconismo più fazioso, a voltare pagina e stroncare le provocazioni.
Altrimenti si andrà avanti con questo 24 luglio permanente, in un clima di sospetti di palazzo arroventato da un establishment sempre pronto a tutte le incursioni corsare e anche da una classe dirigente di maggioranza e di governo attenta alle proprie convenienze e opportunisticamente piegata, orecchio a terra, a captare i rumori e i rumors di un imminente declino.
Siamo da molti anni amici politici non servili di Berlusconi, figura importante di un cambiamento italiano tuttora incompiuto, e abbiamo fatto il possibile, e talvolta l’impossibile, per razionalizzare il suo comportamento e valutarlo con la fairness che gli è negata dai molti farabutti che lo avversano. Ma ora tocca a lui tirarsi su da questa incredibile situazione di minorità civile in cui si è ficcato, e reagire con scrupolo, intelligenza e forza d’animo. La situazione si è fatta grave, e persino seria.