domenica 21 giugno 2009

Nicaragua, la speranza da non deludere

Qui di seguito si parla del Nicaragua, dove gli ex guerriglieri sandinisti sono ritornati al potere.
Una speranza che per molti non ammette più delusioni.


Nicaragua, recuperando la speranza
di Sergio Ferrari e Gerald Fioretta - Altrenotizie - 21 Giugno 2009

La nuova fase che sta vivendo il Nicaragua, da quando il sandinismo recuperò il governo nelle elezioni del 5 novembre 2006, è una grande opportunità storica “per iniziare un processo che ci aiuti ad uscire dalla povertà eterna alla quale siamo condannati”, segnala enfaticamente William Grisby. A 49 anni, il direttore della radio La Primerísima e redattore capo della rivista Correo, è uno degli analisti più acuti della congiuntura nicaraguense. Il suo programma “Sin fronteras” - trasmesso ogni notte - costituisce un riferimento per l’interpretazione politica della vicenda nicaraguense. In quest’intervista, Grigsby analizza le grandi sfide, le potenzialità e i problemi attuali del suo paese, che trascina nella sua memoria, guerre, cataclismi naturali e diciassette anni di “una brutale politica neoliberale fino a che nel 2007 il Frente Sandinista non recuperò il Governo”.

Come interpreta l’attuale fase politica del Nicaragua?
“Viviamo una grande occasione. Una grande opportunità, in una situazione latinoamericana favorevole, per cercare di uscire dalla povertà strutturale alla quale il Nicaragua è condannato da anni. Si vede finalmente la possibilità di superare l’attuale livello di vita molto logorato della maggioranza dei nicaraguensi”.

Come mai il Nicaragua deve confrontarsi con questa situazione di “prostrazione”?
“In primo luogo, il paese fu protagonista di una guerra molto cruenta che durò quasi 16 anni e che terminò nel 1990, lasciando perdite di circa 30mila milioni di dollari e danni irreversibili alla comunità umana e all’ambiente. Abbiamo perso quasi un’intera generazione. Spesso ce ne dimentichiamo. Dopodiché, tra il 1990 e il 2007, vi furono 17 anni di pace, ma qui si perse l’opportunità di togliere il paese da questa prostrazione. Si alternarono 3 governi neoliberali radicali che non fecero che peggiorare la frattura sociale; concentrarono la ricchezza nel settore finanziario e commerciale; condannarono il 78% della popolazione a vivere con meno di 2 dollari al giorno. E questo con indici di analfabetismo del 38% nel 2007; con il 27% della popolazione che presentava livelli di denutrizione estrema; 100 bambini morti ogni 10'000 nati vivi; più di 1 milione e 500mila di cittadini espulsi dal mercato verso il Costa Rica, Honduras, El Salvador e altri paesi. Una vera catastrofe economica e sociale. Il Nicaragua è per tradizione un paese con economia agricola, di piccoli e medi proprietari che possiedono meno di 5 ettari. La maggior parte di loro, durante la rivoluzione, tra il 1979 e il 1990, avevano ricevuto la loro parcella di terra senza però ricevere il titolo di proprietà. Durante gli anni di neoliberismo selvaggio, quest’ultimi non poterono accedere al credito e si videro costretti a vendere le loro terre. È ciò che definisce quella fase: gran parte dei contadini attivi durante la rivoluzione sono ora manodopera a basso costo in Costa Rica e nei paesi vicini”.

In questo contesto molto complesso, cosa significa la svolta del sandinismo al Governo?
“Nel 2006 la vittoria del FSLN (Frente Sandinista de Liberación Nacional) fu molto approssimata, quasi precaria. Vinse con la minor quantità di voti della sua storia, con una relazione tra le forze sociali poco favorevole al cambiamento e con molto scetticismo della società, in modo particolare verso la classe politica. La gente aveva sempre presente il Pacto tra il FSLN e il Partito Liberale di Arnoldo Alemán, firmato otto anni prima. Nella congiuntura elettorale io mi trovavo tra i “danielescépticos” (scettico verso il nuovo Governo condotto da Daniel Ortega). Però, ciò che in primo luogo catturò la mia attenzione e m’impressionò, fu che Daniel Ortega incorporò nel suo gabinetto di Governo molti uomini e donne che erano stati dirigenti del movimento sociale degli anni anteriori; nella lotta contro la privatizzazione dell’acqua, dell’energia, della salute e dell’educazione; attivi in reti di consumatori, sindacati e contadini. Un’altra decisione governativa importante fu l’adesione del Nicaragua all’Alleanza Bolivariana per i popoli della nostra America (ALBA). Una decisione strategica fondamentale che permise di risolvere la grave crisi energetica. Bisogna ricordare che quando il FSLN arrivò al Governo, eravamo sottoposti a un razionamento energetico per 11 ore al giorno. Ora questo è risolto e stiamo proseguendo verso l’indipendenza energetica. Si prevede che nel 2014 potremo assicurare un 78% di energia pulita, a base geotermica, solare, eolica, di biomassa, ecc.”

Quali sono gli aspetti centrali dell’attuale piano governativo?
“A livello produttivo, l’aspetto centrale è il rafforzamento del settore agro-pecuario, cioè la piccola e media produzione agricola, tramite i crediti, l’assistenza tecnica e gli investimenti, pensando in modo specifico all’autosufficienza alimentare partendo dai tre beni di base dell’alimentazione quotidiana: mais, fagioli e riso. Anche qui siamo sulla buona strada. In secondo luogo vi è l’industrializzazione delle campagne, ma qui continuiamo a essere a livelli primitivi. Se ad esempio esiste un buon riso, lo vendiamo ai nordamericani che lo confezionano a Miami e lo vendono come prodotto statunitense. Oggi noi non abbiamo macchinari per la confezione e tantomeno per la trasformazione del latte in formaggio, così da poterlo esportare con un valore aggiunto. Grazie all’appoggio dell’ALBA si sono attivati numerosi progetti che rispondono a queste priorità: latticini, produzione di formaggio, insaccati, ecc. E tutti questi piani agricoli si realizzeranno senza l’espropriazione delle terre e senza nazionalizzare, bensì sulla base del credito, degli investimenti, dell’assistenza tecnica e della volontà politica. Un altro aspetto essenziale dell’attuale fase è la rivoluzione energetica della quale abbiamo già parlato. Così come la ri-statalizzazione (o la de-privatizzazione) della salute e della sanità; due grandi risultati popolari.

Ricordando la lotta contro l’analfabetismo degli anni 80 che fu un pilastro della politica sandinista, qual è la situazione attuale?
“Ora in primo piano vi è un’altra rivoluzione, la quale contiene aspetti diversi: il cambiamento nei contenuti nella scuola elementare e secondaria e il rafforzamento della formazione professionale: ad esempio l’Istituto Tecnico oggi ha dieci volte in più d’iscritti che due anni fa. Ciò permette la formazione di tecnici come meccanici, carpentieri, ecc, e assicura un miglior collegamento tra il livello secondario e l’università. Fino al 2007 il rendimento in matematica degli allievi del livello secondario che volevano accedere alla facoltà d’ingegneria era di un livello sufficiente solo per un 4%. Oggi 10 allievi su 100 possiedono un livello matematico accettabile e ciò produce sicuramente allegria, anche se indica la fragilità del sistema educativo! Nel 2004 e 2005 ci fu un dibattito nel paese perché il ministro dell’educazione di quel momento decise di eliminare la matematica dal livello secondario d’istruzione, assicurando che nella vita adulta non si sarebbero utilizzate tutte quelle operazioni che si insegnavano! D’altra parte si sta rafforzando in questo momento anche la formazione dei maestri, il che corrisponde a un vero avanzamento nell’alfabetizzazione. Il prossimo 19 luglio, trentesimo anniversario della vittoria insurrezionale del 1979, l’UNESCO dichiarerà il Nicaragua territorio libero dall’analfabetismo, con meno del 4% della popolazione adulta analfabeta. E ciò grazie al magnifico metodo cubano “Sì, io posso”.

FAME ZERO: INIZIATIVA CLIENTELISTA?

Uno dei programmi principali del Governo sandinista si chiama “Hambre Cero” (fame zero), riprendendo una denominazione impiegata dal presidente Lula in Brasile all’interno di un programma sociale simile. Quest’iniziativa prevede di beneficiare 75mila famiglie durante i 5 anni del Governo e consiste nella consegna di un buono produttivo alle donne contadine. Il buono include una mucca e una scrofa gravide, 10 galline, un gallo, semi di mais e fagioli per un primo raccolto. Assicura inoltre l’assistenza tecnica di base e un accompagnamento che cerca di rafforzare l’autostima delle donne beneficiarie. La condizione è che la famiglia possegga una parcella di terreno per il bestiame e gli animali da cortile, oltre che per la semina. Con i guadagni generati dalla vendita dei prodotti ogni anno, si alimento un fondo che dovrebbe beneficiare altre famiglie.

“Un programma assistenzialista e clientelista”, così lo definiscono i mezzi di comunicazione scettici, in Nicaragua e a livello internazionale. E’ così?
“Quelli che parlano di assistenzialismo, sicuramente non hanno mai vissuto la fame e non conoscono le limitazioni che esistono nel settore agricolo del mio paese”, risponde con violenza William Grigsby. “Coloro che parlano di clientelismo – aggiunge - non si rendono conto che non è per nulla realistico pensare che le 32mila famiglie beneficate nel 2007 e nel 2008 con questo programma siano sandiniste. È impossibile fare un censimento, nei luoghi più nascosti, dell’appartenenza politica al fine di beneficiare del programma.” La realtà mostra il successo dello sforzo. Nel 2009 è previsto un incremento del 5% nelle attività agro-pecuarie, “nonostante le profonda crisi internazionale attuale”, enfatizza il giornalista nicaraguense. Altre voci critiche rilevano che “Hambre Cero non risolve il problema di fondo”. Grigsby ripropone i suoi argomenti: “Il programma non cerca di risolvere il o i problemi di fondo, bensì vuole assicurare semplicemente il cibo, equilibrato, per un certo numero di famiglie contadine. Con la vendita della carne, del latte, delle uova e del grano, é beneficiata sia la famiglia produttrice sia la sua comunità, che potrà così acquistare alimenti a prezzi modici. Se si cerca di analizzare i problemi attuali dell’agricoltura”, conclude il direttore de La Primerísima, “non mi limito al buono produttivo, bensì ciò che più mi preoccupa è la situazione del 20% delle famiglie contadine che non hanno neppure un piccolo pezzo di terra. Questo è il settore più sfortunato del quale il governo sandinista dovrebbe preoccuparsi in vista del futuro. Per il momento questo settore può solo beneficiare dei piani di alfabetizzazione, importanti, ma insufficienti.”

PROBLEMI DA RISOLVERE

Nonostante i progressi sociali e produttivi, il Nicaragua non vive in paradiso. Negli anni scorsi il Governo visse una profonda tensione con le ONG e con il movimento femminista. Alla base della tensione con le femministe, vi era la decisione dell’esecutivo di abolire l’aborto terapeutico, diritto costituzionale dal 1895. “Un’espressione ufficiale di arroganza e di stupidità”, valuta William Grigsby, anticipando che ci sarebbe la possibilità di invertire questa decisione poiché vi sono ancora ricorsi aperti nelle corti di giustizia. “Il principale deficit è verso le donne, visto che il governo si è accordato con la destra per la deroga dell’aborto” enfatizza Grigsby, aggiungendo che possono esistere decisioni governative che paiono “non rispettare certe norme costituzionali, e questo può anche avere una certa spiegazione politica. Ma tutto ciò è sentito come un certo autoritarismo, come un fare le cose con la visione dei dirigenti”.

Ma se Grigsby non è imbarazzato nel parlare dell’arroganza ufficiale, lo stesso vale nell’identificare “l’arroganza di certe ONG, includendo anche quelle internazionali”. Il Governo sta studiando un nuovo regolamento per le ONG. “Non credo che si voglia limitare il sostegno allo sviluppo del paese, al lavoro con le donne, con i contadini, gli indigeni o gli analfabeti. Però è vero che il nuovo Stato deve avere informazione di ciò che si sta facendo. E quello che propone è di separare il lavoro di cooperazione dalle attività politiche. Neanche in Europa le ONG possono fare quello che vogliono.” aggiunge Grigsby. “Devono informare i governi dei loro programmi e dei piani di azione.”

Un esempio concreto è la stessa Radio Primerísima che William Grigsby dirige e che è gestita da una ONG nicaraguense. “Nel corso dei 17 anni di esistenza, abbiamo presentato ogni anno i nostri rapporti informativi, abbiamo pagato le nostre imposte e chiarito i nostri mandati, evitando così ogni pretesto per essere sanzionati politicamente. Anche se non ci piace sempre, è un atteggiamento corretto che le ONG presentino i loro rapporti e la loro documentazione alle autorità. Lo Stato ha il diritto di sapere quello che stanno facendo”. E ricorda che il nuovo Stato sandinista, a differenza dei governi neoliberali, ha assunto la responsabilità d’importanti aree come quella sanitaria, l’educazione e i piani sociali (Hambre Cero, Usura Cero). “Compiti questi che i regimi neoliberisti non assumevano, ma delegavano semplicemente alle ONG”, conclude William Grigsby.

in collaborazione con E-CHANGER, ONG svizzera di cooperazione solidale
Traduzione di Manuela Cattaneo (Associazione aiuto medico al Centro
America, Giubiasco - Svizzera)



Nicaragua concede asilo politico al leader indigeno peruviano Pizango
da Peacereporter - 9 Giugno 2009

Il governo della Nicaragua ha concesso l'asilo politico al leader indigeno peruviano Alberto Pizango, secondo quanto ha detto il ministro degli Esteri peruviano, Jose Antonio Garcia Belaunde.

Pizango è considerato il leader degli incidenti che settimana scorsa hanno causato oltre trenta morti nella selva amazzonica. Lunedì scorso si è rifugiato nell'ambasciata del Nicaragua a Lima, a cui ha chiesto asilo politico. Contro di lui c'è una ordine di cattura per sedizione, omicidio e attacco alle forze armate che potrebbero costargli fino a 35 anni di carcere.
Pizango è il leader dell'Associazione Interetnica di Sviluppo della Selva Peruviana, che raccoglie 1.200 comunità indigene che da mesi protestano contro le leggi promulgate dal governo che permettono la vendita del 60 per cento della selva amazzonica per la coltivazione dei biocombustibili e lo sfruttamento degli idrocarburi. Pizango ha accusato il presidente Alan Garcia di "genocidio contro i popoli nativi".


Chamorro contro Ortega, corsi e ricorsi in Nicaragua
di Stella Spinelli - Peacereporter - 7 Maggio 2009

Sul giornale di famiglia, La Prensa nicaraguense, edito e diretto da suo padre negli anni dell'opposizione democratica alla dittatura di Somoza, poi diventato voce critica della rivoluzione sandinista e dei suoi lideres, è riportata oggi la dichiarazione che Carlos Fernando Chamorro, fratello dell'attuale direttore del quotidiano, ha rilasciato dalla Spagna sul presidente del Nicaragua, Daniel Ortega: "Si allontana sempre di più dall'essenza del sandinismo e usa la sua retorica per instaurare un regime autoritario". Frase specchio della realtà o critica senza fondamento?

La storia dei Chamorro è la storia del Nicaragua. Per calibrare una simile dichiarazione occorre ricostruire chi è Carlos Fernando Chamorro. Chiamato a Barcellona per ricevere il premio Casa América Cataluña a la Libertad de Expresión, si tratta di uno dei pochi "giornalisti indipendenti del Nicaragua, un paese in cui il giornalismo indipendente è visto come un pericolo da chi detiene il potere". È così che viene definito dal New York Times, dove lo scorso marzo è apparso un lungo reportage di Tina Rosenberg proprio sulle tante storie di Carlos Fernando Chamorro. Figlio di Pedro Joaquin, deus ex machina de La Prensa - uomo integerrimo e rispettato tanto da essere assassinato nel 1978 perché scomodo - e di Violeta Barrios Torres - sandinista della prima ora poi disillusa e passata all'opposizione, dai banchi della quale nel 1990 è stata eletta presidente della repubblica - Carlos Fernando, 53 anni, ha una storia fatta di scelte forti e coraggiose, al di là di ogni condizionamento familiare. Dopo gli studi universitari negli Stati Uniti, sceglie di tornare in patria e abbracciare la rivoluzione sandinista entrando nella guerriglia. L'omicidio del padre, però, lo segna a tal punto da scegliere di combattere Somoza scrivendo, usando quell'arma tanto decantata dai suoi genitori, da un padre per il quale stravedeva. Entra, dunque ne La Prensa e ne diviene reporter, editorialista e colonnista.

Poi arriva il 19 luglio 1979: Managua viene conquistata dai sandinisti e la famiglia Chamorro politicamente si spacca. La madre e il fratello omonimo del padre, Pedro Joaquin, scelgono di combattere il sandinismo, Violeta dalle pagine del giornale del marito, suo figlio entrando nei Contras. Lo zio e fratello del padre, Xavier, fonda, invece, un giornale pro-sandinista, El Nuevo Diario; la sorella Claudia diventa ambasciatrice in Costa Rica del governo sandinista e a Carlos Fernando viene dato il compito di dirigere l'organo di stampa ufficiale dei sandinisti al potere: Barricada.
Tutta la stampa del Nicaragua è e resterà legata ai Chamorro, una famiglia talmente sfaccettata da essere specchio delle divisioni interne del paese in quegli anni come oggi. "Politicamente divisa, ma sentimentalmente unitissima", ci tiene a precisare Violeta Barrios de Chamorro.

Fedele all'Fsln. Ma per capire meglio Carlos Fernando occorre analizzare cosa fece quando la madre si candidò alla presidenza, battendo a sorpresa i sandinisti: "Votai per Ortega, chiaro!", precisa, sorridendo, alla giornalista del NyTimes. Resta fedele al sandinismo, certo, ma quegli anni di governo Chamorro cambiano qualcosa nella sua vita professionale. Il suo giornale, Barricada, ormai organo di un partito di minoranza, inizia a non ricevere più un centesimo dallo Stato e, ironia della sorte, è costretto a diventare un vero giornale. "Cominciammo a essere dei veri giornalisti, non più persone che difendevamo un progetto politico. Iniziammo a sentirci liberi". Quindi spiega: "La guerra (contro i contras ndr) impediva ogni dibattito profondo. Avevamo un senso di lealtà alla rivoluzione, di auto-protezione. E praticavamo l'autocensura. Se scoprivamo prove di corruzione, il mio istinto era di indire un investigazione interna senza pubblicarlo. Non c'era contraddizione tra i miei ideali e la censura, perché il nostro fine era il cambiamento sociale non la democrazia. Il Nicaragua non aveva una cultura democratica.

Quando al potere salì mia madre, dovemmo diventare un giornale che vendeva copie o avremmo dovuto chiudere". E' allora, quindi, che Barricada inizia a investigare seriamente e a pubblicare anche storie che vedono implicati esponenti del Fsln, la cui ala più ortodossa reagisce in malo modo. Risultato: il partito si riprende il controllo del giornale e Chamorro viene estromesso per sempre. E' il 1994. Barricada viene definitivamente chiuso nel 1998. Gli altri due giornali, Nuevo Diario e La Prensa, pubblicano tutt'oggi.

A sinistra, ma non 'danielista'. Donna Violeta rimane al potere fino al 1997, seguita da due governi conservatori e poi dalla rielezione di Daniel Ortega. Nel frattempo Carlos Fernando Chamorro è diventato un giornalista indipendente, rispettato anche all'estero. Dirige Esta Semana, Confidential, uno show personale dal titolo Esta Noche e Cinco, Centro per la ricerca sulla comunicazione, e quando in ottobre Cinco ha subìto un blitz da parte delle forze governative, ha ricevuto attestati di stima persino da persone come Eduardo Galeano, rappresentative del pensiero di sinistra latinoamericano.
Non è infatti la prima volta che Carlos Fernando Chamorro attacca Ortega o il suo entourage, implicati in casi dubbi e molto complessi, e non per questo è considerato un traditore della causa, uno che ha rinnegato i suoi ideali. Anzi, è molto ben considerato e ascoltato.

Quindi, quando il giornalista ribadisce che Ortega ha adottato una "visione messianica del potere", nonostante sia stato eletto da una minoranza dei nicaraguesi, molta gente lo ascolta e ci riflette. E Ortega si agita.
"Si considera come qualcuno predestinato per portare il cambiamento - rincara la dose l'ex guerrigliero - al di là delle istituzioni e della legge. In poche parole questo si chiama autoritarismo". Secondo Carlos Fernando, Ortega userebbe una maniera molto subdola per controllare la società civile, l'informazione, la giustizia: "Ortega attacca la libertà di stampa con mezzi subdoli: intimidazione, processi, pressioni economiche, fino all'aggressione fisica. La stampa sta comunque resistendo". Parola di un uomo che dice di considerare il giornalismo una bandiera di lotta sociale e che precisa che mai più sarà disposto ad autocensurarsi per difendere un progetto politico, specialmente se questo progetto non ha più niente del sandinismo, ma è "diventato solo e soltanto un danielismo". Attacchi senza remore, Chamorro contro Ortega. A cui succederà Ortega contro Chamorro. Sembra impossibile, ma da oltre 50 anni il destino di un intero paese gira intorno a due famiglie soltanto. Il Nicaragua ha bisogno di nomi nuovi e nuove idee.


Nicaragua, trionfo sandinista. L'opposizione non ci sta
di Alessandro Grandi - Peacereporter - 18 Novembre 2008

E' ancora una volta la violenza a determinare la situazione sociale in Nicaragua. A generarla le ultime elezioni municipali tenutesi lo scorso 9 novembre che hanno visto una netta vittoria del Frente Sandinista de Liberacion Nacional, il partito di governo.

Ma l'opposizione non ci sta e parla apertamente di brogli elettorali. Accusa rigettata dalla maggioranza e confermata anche dai risultati (ancora non ufficiali) emanati dal Cse, il Consiglio Supremo Electoral che ha assegnato la vittoria ai sandinisti.

Oggetto del contendere, fra le altre cose, il municipio della capitale del Nicaragua, Managua, contesa fino all'ultimo dal candidato sandinista Alexis Arguello e quello del Partido Liberal Costitucionalista (Plc), Eduardo Montealegre. Secondo Montealegre i risultati del Cse sarebbero sbagliati e ne avrebbe dato dimostrazione esibendo copie dei verbali degli scrutini che, a suo avviso, dimostrerebbero la sua vittoria. La decisione di dimostrare pubblicamente i risultati e quella di non voler accettare una sconfitta certa, avrebbero scatenato l'ira dei sostenitori del Fsln che armati di pietre e bastoni hanno invaso le strade della città, cercando di non dare spazio al candidato dell'opposizione. Sono seguiti attimi di tensione e la polizia è stata costretta a intervenire stringendosi attorno a Montealegre per proteggerlo. Dopo diverso tempo il candidato sconfitto è riuscito a esibire le sue motivazioni. Ad attendere le sue dichiarazioni, però, c'erano poche persone.

Stessa scena ore prima nella città di Leon dove i sandinisti hanno impedito l'arrivo del candidato liberale che ha anche denunciato l'attacco a colpi di arma da fuoco contro il convoglio d'auto che lo scortava verso la città. "Quello che succede è molto grave. La polizia è stata sostituita per le strade della gente inferocita, armata e con il volto coperto che sequestra auto e blocca il flusso delle persone". Secondo alcuni testimoni, ma non ci sarebbero conferme di nessun tipo, dai palazzi del potere della capitale si sarebbero viste auto civili con a bordo privati cittadini armati di pistole di grosso calibro. Ma la tensione, nonostante la vittoria ormai certa, è sempre molto alta. A Managua i sandinisti minacciosi e armati si sono radunati nei pressi del Centro de Computos Nacional del Cse, e chiedono a gran voce che siano ufficializzati quanto prima i risultati. La polizia, in assetto antisommossa vigila sulla situazione.

Erano 146 i municipi interessati dalla tornata elettorale. Secondo i date del Cse ben 101 sarebbero andati ai sandinisti, incluso il comune della capitale. L'alleanza che si era opposta al Fsln capeggiata da Montealegre e dal Plc, ha subito rifiutato di accettare il risultato delle urne motivandolo con presunte manipolazioni delle percentuali , brogli e molte altre anomalie. Ma ormai il dibattito è aperto e lo scontro potrebbe essere dietro l'angolo, come già successo domenica scorsa a Leon dove il bilancio degli incidenti è stato molto pesante: 10 feriti fra cui sette agenti di polizia.Come tra le righe conferma il segretario cittadino del Fsln, Edgardo Cuarezma. "I nostri sostenitori resteranno per la strada fino a quando non saranno nominati ufficialmente gli eletti e la coalizione sconfitta non riconosca la sua disfatta".