Qui di seguito si parla dell'ultimo dei suddetti, partorito questa volta dalla piccola mente di una cosiddetta onorevole, il cui nome è stato già da tempo gettato nella pattumiera dell'oblio.
Oblio di Stato
di Marco Travaglio - www.beppegrillo.it - 29 Giugno 2009
"Buongiorno a tutti, tenetevi forte perché devo darvi un paio di notizie piuttosto interessanti, la prima non è granché bella, la seconda è molto meglio.
Partiamo dalla brutta, è sempre meglio levarsi il dente, ma è brutta nel senso che è una minaccia, non nel senso che sia già operativo ciò che vi sto raccontando. C’è una proposta di legge che vaga alla Camera dei Deputati, credo sia appena approvata alla Commissione Giustizia della Camera, intitolata “nuove disposizioni per la tutela del diritto all’oblio su Internet in favore delle persone già sottoposte a indagini o imputate in un processo penale” è stata presentata da una Onorevole leghista Carolina Lussana, moglie di un deputato forzista che, guarda caso, è riconoscibile in queste definizioni, persone già sottoposte a indagini in processi penali, lui si chiama Galati, sta in Calabria, lei invece è una padana dura e pura o forse lo era, adesso è diventata dura e pura ma un po’ diversa da come eravamo abituati a conoscere i leghisti, quelli che nel 1992 urlavano via i ladri, via gli inquisiti etc., poi molti di loro furono inquisiti, non la Lussana peraltro, la quale però si preoccupa per quelli che invece lo sono, inquisiti è quelli che sono stati condannati e nel suo partito ce ne sono parecchi, è un partito che ha come segretario un pregiudicato per istigazione a delinquere, finanziamento illecito come Bossi o addirittura per resistenza a pubblico ufficiale come Maroni o addirittura per incendio come Borghezio, per non parlare di molti altri.
Questa Lussana ha presentato il 20 maggio, quindi un mese e qualcosa in più fa una proposta di legge che è un ulteriore bavaglio in aggiunta al bavaglio che stanno preparando con la Legge Alfano che è in discussione alla Commissione giustizia del Senato invece, dopo essere già stata licenziata e approvata dalla Camera, quell’Alfano riguarda le intercettazioni e la possibilità di pubblicare notizie su indagini in corso e vieta naturalmente la pubblicazione degli atti, delle indagini in corso, ma anche delle intercettazioni, pena la galera per i giornalisti e una multa di oltre mezzo milione per ogni articolo per gli editori e vieta ai magistrati di fatto di fare le intercettazioni e di questo ci siamo occupati qualche settimana fa, adesso bisogna prepararsi perché la Legge Bavaglio sta per essere approvata anche dal Senato e se sarà approvata dal Senato senza modifiche rispetto al testo passato alla Camera, entrerà in vigore, a meno che Napolitano non si desti e non decida finalmente di rimandare indietro qualcosa, questa per esempio potrebbe essere una buona occasione… e questa dunque sta per arrivare, ma lo sappiamo, l’8 luglio al Circolo Alpheus a Roma Ostiense, la sera dalle 21 in avanti organizziamo con il nostro nuovo giornale - il Fatto quotidiano -, una notte bianca contro il bavaglio a cui parteciperanno giornalisti, magistrati, artisti, comici, Avvocati e spiegheremo e leggeremo molti di quegli atti che ci vogliono impedire di legge e faremo ascoltare anche alcune intercettazioni in originale, ci sarà da divertirsi, Alpheus 8 luglio dalle 21 a Roma Ostiense, comunque seguite sul blog voglio scendere e sul blog antefatto tutte le informazioni che vi daremo in questi giorni.
Il bavaglio bis è quello che invece è firmato dalla leghista Lussana e non riguarda le indagini in corso, riguarda le indagini e i processi che sono già fatti, certo perché bisogna pensare a tutto, con una legge ci vietano di raccontare quello che stanno scoprendo adesso i magistrati, tipo per esempio Puttanopoli, non potremo sapere niente di Puttanopoli, state attenti, se fosse già passata questa legge, invece quella della Lussana completa il quadro, ripulisce gli angoli della stalla, vieta anche di pubblicare notizie su indagini già chiuse, su condanne già emesse, su patteggiamenti già concordati, sia che le indagini e i processi si siano chiusi con il proscioglimento, con la prescrizione, sia che si siano conclusi con la condanna o con il patteggiamento, dopo un certo numero di anni, cosa fatta, capo A, nessuno può più scrivere nulla e chi si è visto si è visto, questa simpatica signora lo chiama il diritto all’oblio, anche perché il garante della privacy già più volte ha riconosciuto il diritto all’oblio e forse trattandosi di privati cittadini potrebbe essere accettabile che un cittadino, dopo qualche anno, se resta un privato cittadino, ha diritto all’oblio, ho i miei dubbi che questo diritto possa esserci, è vero che la gente cambia, ma è anche vero che certi vizietti magari uno non se li leva mai, uno che ha avuto una condanna per pedofilia e sono passati alcuni anni, ha il diritto a che non si sappia che lui ha avuto una condanna per pedofilia?
Non so, penso che abbiamo il diritto di saperlo sempre che questo signore ha avuto una condanna per pedofilia, perché speriamo che sia cambiato ma non si sa mai, ma questo riguarda i privati cittadini, qui invece il problema e lo si capisce bene dal testo della Signora Lussana anche se con alcune furbate cerca di far capire che invece con i personaggi pubblici ciò non vale, in realtà questa legge potrebbe andare a impedire o a dare noia ai siti Internet che vogliono occuparsi, tanto uno a caso, quello da cui stiamo trasmettendo, quello di Beppe Grillo oppure i nostri, quelli di chi si occupa appassionatamente di queste cose, di condanne, processi a carico di uomini politici, di uomini della pubblica Amministrazione, di imprenditori, di finanzieri, banchieri, di persone che hanno un ruolo pubblico e non privato e che quindi hanno delle responsabilità di fronte ai cittadini.
Comunque per evitare equivoci leggo, questa è la relazione che accompagna la proposta di legge 2455 della Signora Lussana “Onorevoli colleghi la presente proposta di legge è finalizzata a riconoscere ai cittadini, già sottoposti al processo penale, il cosiddetto diritto all’oblio, su Internet cioè la garanzia che decorso un certo lasso temporale le informazioni, immagini e i dati riguardanti i propri trascorsi giudiziari, non siano più direttamente attingibili da chiunque. Prima della nascita di Internet – qui si improvvisa storica – l’eco delle vicende giudiziarie di una persona imputata in un processo penale, finiva per esaurirsi in tempi accettabili - già, la gente si dimenticava, siamo il paese degli smemorati, siamo il paese dove i giornali invece di ricordare chi sono gli inquisiti che tornano etc., etc., stanno zitti, siamo il paese dove Dall'Urti viene intervistato come bibliofilo anziché come pregiudicato per false fatture, frode fiscale e condannato in primo grado per mafia, quindi quando non c’era Internet, era meraviglioso, bastava controllare la carta stampata o affidarsi alla smemoratezza della carta stampata, televisione sempre stata nelle mani dei partiti.
Adesso c’è questo rompicazzo di Internet, questo sostiene anche senza scriverlo la povera Lussana e dice: "oggi invece qualsiasi fatto può essere destinato a restare perennemente in rete", questa è una tragedia veramente drammatica, la gente non riesce più a dimenticare, non si riesce più a far dimenticare le cose alla gente a causa di questo maledetto Internet.
"Oggi qualsiasi fatto può essere destinato a restare perennemente in rete, prima di una cancellazione o di una modifica da parte dei gestori del sito web, spesso anche a distanza di anni da una sentenza penale, molte informazione presenti su pagine Internet mai aggiornate o rimosse, continuano a proiettare un’immagine cristallizzata di una determinata vicenda giudiziaria, senza riflettere il più delle volte l’attuale modo di essere del soggetto coinvolto, il quale può avere saldato definitivamente il suo conto con la giustizia e essere completamente risocializzato, altre volte invece dati e immagini sono suscettibili di generare un’ingiusta e continua riproposizione di fatti, per i quali l’imputato è stato prosciolto", su questo naturalmente ha perfettamente ragione, se ci sono dei siti che riportano delle notizie vecchie già superate perché nel frattempo è cambiata la situazione, uno che sembrava essere inquisito poi è stato assolto, oppure uno che è stato condannato in primo grado è stato assolto in appello etc., c’è il diritto di rettifica e uno deve modificare quei siti, ci mancherebbe altro, ma questo non riguarda minimamente lo spirito della legge che invece, come vedremo si preoccupa di far togliere le cose vere dai siti, non le cose false o superate.
"Si pensi al caso di chi", e qui fa il caso pietoso di uno che è sottoposto al processo penale, "poi ne è uscito innocente. Il diritto all’oblio è stato riconosciuto dal garante e questo l’abbiamo detto, ma aggiunge la Lussana e qui casca l’asino, bisogna pensare per esempio a quei poveri imprenditori che si fanno pubblicità ingannevole, che vengono sanzionati dall’autorità antitrust e che poi si ritrovano nei siti dell’autorità antitrust, questa sentenza che li sanziona per la loro pubblicità ingannevole, allora il garante per la privacy che in Italia, soprattutto quando c’è qualche potente di mezzo gli dà sempre ragione, cosa ha fatto? Ha disposto, scrive la Lussana che sì il garante dell’antitrust possa continuare a pubblicare nel suo sito le sanzioni alle aziende che si fanno pubblicità ingannevole, ma purché quelle sentenze non siano liberamente consultabili, tecnicamente sottratte alla diretta individuabilità delle decisioni in esse contenute, nei comuni motori di ricerca queste sanzioni andrebbero occultate, perché? Perché altrimenti ci sarebbe un grave danno per l’azienda che si è fatta la pubblicità ingannevole, ma se l’azienda si è fatta pubblicità ingannevole, devo saperlo sempre, anche anni dopo, perché devo diffidare più dei prodotti di quell’azienda che non di altre che invece non sono mai state pizzicate, perché? Perché è una responsabilità pubblica quella che hanno le aziende, quando decidono di rivolgersi al pubblico con la pubblicità, invece la Lussana proprio a questi pensa quando vuole sottrarre la conoscenza delle persone, prolungata nel tempo sulle vicende, non in questo caso delle sanzioni delle autorità, ma invece delle sanzioni e dei procedimenti penali.
A maggior ragione dice: “deve essere osservata su Internet una certa cautela nel continuare a mantenere dopo anni dati e immagini legati a vicende giudiziarie ormai definite, ma capaci di generare ancora dolore o strazio nel diretto interessato, come pure nei suoi familiari” intanto mi preoccuperei del dolore, dello strazio delle vittime dei reati, anziché sempre e soltanto del dolore e dello strazio di quelli che i reati hanno commesso prima di tutto, perché qui non sta parlando di quelli che sono stati indagati e poi sono stati assolti, qui sta pensando ai condannati questa signora, sta pensando ai colpevoli, lo strazio che poi i leghisti vanno in piazza a difendere le vittime, noi stiamo con Abele contro Caino, questa è una legge fatta per difendere Caino contro Abele che non deve sapere chi sono i caini!
Infatti dice che mantenendo certe informazioni vere sulle condanne, sui processi a carico di certe persone, rischia di determinare un continuo pregiudizio alla vita lavorativa e affettiva del soggetto interessato, ma stiamo scherzando? Ma se uno è stato condannato per rapina io anche anni dopo lo devo sapere se quello che viene a chiedermi un lavoro è stato condannato per rapina oppure no, dopodiché prenderò le opportune informazioni, può darsi che mi dicano che questo signore è diventato un santo, quante volte è capitato che uno si converte, che qualcuno si pente, che qualcuno cambia vita, ma intanto lo devo sapere, non è che posso scoprire di avere assunto un rapinatore senza averlo saputo, mi sembra ovvio!
Qui sentite cosa dice questa tizia “si pensi al caso, di chi avendo patteggiato una pena al di sotto di 2 anni di reclusione e essendo decorsi i 5 anni che fanno scattare l’estinzione del reato – sapete che se uno patteggia una pena sotto i 2 anni, dopo 5 anni se non viene beccato altre volte, non se non fa altri reati, perché se fa altri reati e non viene beccato non cambia niente, se fa altri reati e se viene beccato allora l’estinzione del reato in 5 anni gliela tolgono quella per il precedente, se invece uno per 5 anni non viene preso, allora ha il diritto alla riabilitazione, ma questo non c’entra niente con il diritto dei cittadini a sapere cosa aveva patteggiato e perché e questa dice – avrebbe diritto a che non si sapesse più che aveva patteggiato, se aveva patteggiato meno di 2 anni, una modica quantità di patteggiamento per uso personale, come per le droghe, invece continua a essere assoggettato alla gogna mediatica nel tempo per la presenza su Internet di informazioni vere, relative al suo patteggiamento” quindi dice la Signora Lussana “ha il diritto di rifarsi una vita e a uscire definitivamente da Internet” perché mai? Dove è scritto che uno ha diritto a uscire definitivamente da Internet? Se la notizia è di interesse pubblico, la notizia deve continuare a circolare, purché sia vera, ha patteggiato, poi ha patteggiato lui, non è che qualcuno gli ha tirato in testa una tegola, è lui che ha patteggiato la pena, per quale motivo dovrebbe avere il diritto di uscire fuori da Internet, fa parte integrante della sua biografia, un patteggiamento che ha fatto lui con l’autorità giudiziaria, non voleva patteggiare? Non patteggi.
Lo stesso diritto all’oblio naturalmente vale per esempio per un soggetto che ormai dopo aver scontato la pena, risulti riabilitato ai sensi dell’articolo etc., etc. del Codice Penale, prima parlava dell’estinzione del reato, adesso parla dell’istituto della riabilitazione che può arrivare su richiesta dopo un certo numero di anni quando uno ha rigato diritto oppure non è stato più beccato a fare altre cose.
"Ma - sentite qua - ancora più evidente la contraddizione sarebbe nel caso in cui il condannato pur avendo beneficiato della non menzione della condanna del suo certificato del casellario giudiziale", venga invece nominato con la vicenda che lo riguarda su Internet anche anni dopo, ma la non menzione riguarda la fedina penale, ci sono delle condanne per reati non gravi o per pene lievi che non vengono menzionate nel certificato penale, nel casellario giudiziale, benissimo, è un fatto tecnico che riguarda il processo, se poi la notizia che quello è stato condannato è di interesse pubblico, deve uscire sui giornali lo stesso e su Internet lo stesso e ci deve rimanere finché è di interesse pubblico, non si capisce per quale motivo non dovrebbe rimanerci.
Naturalmente la tipa dice che si tratta ovviamente di assicurare un delicato bilanciamento, quando si parla di bilanciamento preoccupatevi, mettetevi le mutande di ghisa e mettete mano alla pistola, perché quando parlano di bilanciamento, stanno introducendo dei criteri discrezionali per cui poi la bilancia dipende da chi la tiene in mano, c’è qualcuno che il bilanciamento lo vede un po’ più da questa parte, un po’ più da quell’altra e quindi entriamo in una discrezionalità per cui ogni volta che qualcuno scrive qualcosa di scomodo, viene denunciato e poi c’è un giudice che decide il bilanciamento e a seconda di com’è fatta la bilancia di quel giudice, tu che magari hai fatto semplicemente il tuo dovere di raccontare un fatto o di criticare una persona, finisci sotto il piatto di una bilancia perché magari era squilibrata nelle mani di quel giudice, quando non è chiaro quello che puoi fare o non puoi fare, a quel punto diventa la giungla e naturalmente qui sono i condannati che si rivalgono sull’informazione, non so se mi spiego!
Parla bene la Lussana perché a questo punto parlando di bilanciamento dice: certo, bisogna garantire comunque il bilanciamento con il diritto all’informazione che deve essere assicurato anche a una certa distanza temporale, ma non dice quale, quando si tratti di fatti particolarmente gravi o di informazioni ritenute essenziali perché inerenti a persone che ricoprono o hanno rivestito importanti ruoli pubblici e se hanno ricoperto ruoli pubblici meno importanti? E chi lo decide quali sono quelli molto importanti? E’ tutto vago, tutto fatto apposta per mettere sotto scopa l’informazione in questo caso via Internet.
Dopodiché dice: è bene però intervenire fissando alcuni limiti invalicabili, allora qui dopo aver parlato bene, razzola male perché il bilanciamento poi alla fine lascia il tempo che trova in quanto abbiamo i limiti invalicabili, allora comincia a spiegare che bisogna tutelare l’identità di chiunque abbia espiato la pena, al fine di non pregiudicarne il reinserimento sociale, Art. 1, diritto all’oblio e qui rispiega tutto il fatto che dopo un certo numero di anni, anche il condannato, l’arrestato, il patteggiato etc. hanno diritto a non essere più menzionati, poi nel comma 2 dell’Art. 1 si elencano le scadenze dopo le quali non si può più scrivere di una condanna, adesso poi quando arriviamo al testo della legge ve le dico, ma qui si sta parlando di gente che ha avuto un’archiviazione o un non luogo a procedere o un proscioglimento o una prescrizione, tutte notizie che noi non potremo più dare dopo un anno, al massimo dopo due anni, pensate uno che ha avuto una prescrizione con una sentenza che dice che era colpevole, ma l’ha fatta franca, perché il reato è estinto per prescrizione, noi dopo due anni non possiamo più dirlo, ma è una cosa folle ovviamente, secondo noi che facciamo informazione e dal vostro che avete diritto da averla, da parte di chi la fa franca per prescrizione, l’idea che dopo un anno o due, nessuno possa più dire che ha avuto una prescrizione è molto utile, perché? Perché non gli toccherà più neanche convincere la gente che prescrizione e assoluzione sono la stessa cosa, come gli tocca fare oggi (vedi Andreotti, Berlusconi, D’Alema).
Va in prescrizione la notizia sulla prescrizione dopo un anno o due anni, non so se mi spiego, quindi non dovranno più giustificarsi!
Dopodiché dice la Lussana all’Art. 2 si prevede addirittura le sanzioni, multe, per chi non ottempera all’ordine di rimozione dai motori di ricerca o di cancellazione dei dati delle immagini e delle informazioni dai siti web sorgente, infatti negli articoli successivi è normato il risarcimento del danno che Internet arrecherebbe a queste bravissime persone, bontà sua la Lussana dice: bisogna mantenere un qualche luogo dove tenere le notizie per finalità di ricerca storica, ma tutto ciò deve essere sottratto alla libera consultazione perché? Perché altrimenti ci finisce chiunque su questi siti, invece no, bisogna che ci vadano solo i ricercatori storici, quelli che fanno quei libroni così spessi che non compra nessuno, quindi nessuno legge.
Poi ritorna con queste notizie sull’oggettivo e rilevante interesse pubblico, che sono affidate al bilanciamento e nessuno sa mai, ogni volta che scrive, se un giudice poi riterrà che quello che lui sta scrivendo, oltre a essere vero, è anche di rilevante interesse pubblico.
Il diritto all’oblio non vale, secondo la Lussana, per i condannati all’ergastolo, per genocidio, per terrorismo internazionale, o per strage, per quelli possiamo ancora raccontarla… perché? Perché in Parlamento ancora gente che abbia commesso genocidi, atti di terrorismo internazionale o strage non ne abbiamo e quindi stanno tranquilli da quel punto… hanno escluso i pochi reati che non sono rappresentati in Parlamento in questo momento e poi sempre in quella storia del bilanciamento dice: è chi ha esercitato cariche pubbliche anche elettive, abbiamo diritto a sapere le condanne che hanno avuto, ma solo in caso di condanna per reati commessi nell’esercizio delle proprie funzioni, allorché sussista un meritevole interesse pubblico alla conoscenza dei fatti, si mettono dei limiti persino quando il funzionario pubblico ha commesso reati nell’esercizio delle sue funzioni, anche lì bisogna vedere se c’è o non c’è l’interesse pubblico, si apre cioè alla discrezionalità e qualcuno potrà essere condannato, addirittura a risarcire magari un dirigente pubblico che prendeva le mazzette o che abusava del suo potere per mettersi in tasca i soldi o cose di questo genere, perché? Perché bisogna sempre vedere quel famoso bilanciamento, non basta che la notizia sia vera, bisogna anche inserire altri rischi per chi fa informazione, in modo che siano tutti più prudenti e più intimoriti.
La cosa strepitosa è che se invece una figura pubblica commette un reato fuori dall’esercizio delle sue funzioni, non se ne può più parlare e indovinate un po’ Berlusconi per cosa viene processato? Berlusconi non viene processato, da anni ormai, quasi mai per reati commessi nell’esercizio delle sue funzioni, anzi per quelli, tipo i voli di Stato, tipo il caso della Saintjust con l’accusa di avere mobbizzato l’ex marito dell’annunciatrice con cui lui aveva una relazione, tipo il caso Saccà dove lui era accusato di avere fatto mercimonio di posti e di ruoli a RAI fiction per sistemare le sue ragazze con l’allora direttore di RAI fiction, l’inchiesta sulla compravendita dei senatori, con l’accusa di avere tentato di corromperne alcuni perché passassero dal centro-sinistra al centro-destra, tutte queste indagini che configuravano un abuso dei suoi poteri nell’esercizio delle sue funzioni, sono state già archiviate e quindi i processi che rimangono, il processo Mills, il processo sui diritti Mediaset, sono tutti processi che riguardano Berlusconi come privato cittadino, come privato imprenditore, non come pubblico funzionario o incaricato di pubblico servizio.
Sono i reati che sono coperti dal lodo Alfano, quelli estranei all’esercizio delle funzioni pubbliche, perché? Perché per l’esercizio delle funzioni di Premier il lodo Alfano non copre le 5 alte cariche dello Stato. Proprio per i reati che non sono commessi nell’esercizio delle funzioni pubbliche, c’è il diritto all’oblio e quindi i motori di ricerca, stando a quello che ci spiega la Lussana non potranno e neanche i siti, neanche i blog, più parlare dei processi e delle eventuali conclusioni delle indagini a carico di Berlusconi, dopo 3 anni dalla sentenza irrevocabile per la condanna per una contravvenzione, per un reato minore, dopo 5 anni dalla sentenza irrevocabile di condanna per un delitto, se la pena inflitta è inferiore ai 5 anni di reclusione, quindi il 95% delle pene in Italia è inferiore a 5 anni.
Quindi praticamente dopo 5 anni dall’irrogazione di una pena inferiore ai 5 anni noi non potremo più leggere nulla non solo sui giornali, ma neanche su Internet e poi si va avanti con delle altre scadenze assolutamente più lunghe ma che riguardano reati di una gravità tale che non sono quelli comunemente commessi dalle classi dirigenti, non perché non siano gravi, ma perché di solito le pene con cui sono puniti sono molto basse.
Questo è quello che vi volevo dire, stiamo attenti perché dopo avere ingurgitato il bavaglio per le indagini in corso, ci toccherà ingoiare anche il bavaglio per quelle già fatte e così il paese passerà dall’anestesia locale all’anestesia totale eterna. Contro i bavagli ci troviamo l’8 luglio, mercoledì alle 21 all’Alpheus a Roma Ostiense, a questo punto vi devo dare la buona notizia, la buona notizia è che il nostro giornale “Il fatto quotidiano” che partirà a metà settembre, avrà da domani il suo sito che non è soltanto utilizzabile per abbonarsi, cosa che vi invito a fare anche perché dalla fine di questa settimana avremo anche la possibilità di abbonarci con la carta di credito tramite Internet quindi anzi neanche muoversi di casa, lo dico soprattutto a quei 40 mila che si sono prenotati per l’abbonamento, non basta prenotarsi perché adesso bisogna anche fare l’abbonamento con il versamento, non siamo certo noi che possiamo abbonarvi contro la vostra volontà, quindi dalla prenotazione bisogna passare all’abbonamento e se lo fate entro il 31 luglio c’è questo forte sconto di quasi il 50% sul prezzo del giornale.
Sul nostro sito antefatto.it da domani ci saranno anche le prime notizie e i primi commenti del Direttore Padellaro miei, ho lasciato anzi oggi “L’Unità” e quindi proseguirò proprio sul sito antefatto con la mia rubrica quotidiana che prima usciva su “L’Unità” con il titolo di Zorro e che adesso si chiamerà in un altro modo, vedrete domani come si chiamerà e avremo commenti e notizie che ci accompagneranno tutta l’estate e che daranno così un antipasto rispetto a quello che poi sarà il sito ufficiale on line che partirà anche esso a fine settembre e il giornale di carta che si chiamerà anch'esso “Il fatto quotidiano” è un’estate calda, non soltanto dal punto di vista meteorologico, ma soprattutto dal punto di vista politico e quindi pensiamo che sia giusto essere presenti subito con uno strumento quotidiano di dialogo, comunicazione e informazione nei confronti dei lettori, antefatto.it da domani e intanto abbonatevi, grazie e passate parola!"
L'informazione online vince sull'oblio
di Cinzia Frassi - Altrenotizie - 29 Giugno 2009
Uno dei bocconi più amari dell’informazione nell’era del web è indubbiamente la diffamazione e la conseguente diffusione esponenziale di contenuti attraverso la pubblicazione in pagine web. La rete, infatti, è un mare dove siti personali e blog sono liberi di spaziare, pubblicare immagini e filmati, creare informazione indipendente, aggregare gli utenti. E pensare che alcuni ancora stanno a discutere sul futuro della carta stampata. Una vicenda sicuramente in tema, che si è conclusa da poco, è quella che ha visto il giornalista, ex direttore de La Padania, Luigi Moncalvo, querelare per diffamazione il blogger Mirko Morini. Morini é stato assolto, per fortuna. La vicenda risale ad alcuni anni fa. Era il 27 giugno 2005 quando il blogger muoveva critiche al limite della satira dalle pagine del suo blog ai danni di Moncalvo. Nell’articolo il blogger riporta con satira pungente il passaggio, se così si può chiamare, del giornalista dalla direzione de La Padania a dirigente televisivo in Rai.
A dirla tutta, come fece il titolare del blog, il giornalista sarebbe stato silurato dal compagno di partito e ora ministro dell’Interno, On. Maroni, a causa di un articolo particolarmente sgradito (a quanto pare) apparso sul quotidiano verde-pianura del nord. Dalla poltrona del quotidiano della Lega Nord, ll giornalista Moncalvo sarebbe così balzato su una poltrona Rai.
Quello che tuttavia è interessante riportare della vicenda - terminata il 5 giugno scorso con il deposito delle motivazioni della sentenza da parte del giudice del Tribunale di Ferrara - sono alcuni spunti di riflessione interessanti. Prima fra tutte la questione dell’effetto diffamatorio: una notizia, un articolo, un video, conoscono con la rete un effetto diffusivo capillare e rapidissimo senza la necessità di investimenti importanti. Chiunque sia dotato di un minimo di cultura informatica e di una connessione ad internet, é potenzialmente e formalmente allo stesso livello in termini di possibilità di raggiungere il pubblico di quanto non sia un quotidiano on line. Da questo punto di vista il contenuto sostanziale del diritto all’informazione, cardine definitivo della democrazia moderna, ha dalla sua uno strumento unico e irripetibile: il web.
Non solo. E’ assolutamente remota la possibilità che un server venga sequestrato e una pagina web oscurata se lo stesso venisse collocato entro in confini di uno stato estero che non avesse con il nostro paese alcun accordo per il perseguimento di reati informatici. E’ in sostanza in questo modo che gli utenti che si trovano in stati totalitari riescono a comunicare con il resto del mondo. Detto questo, va da sé che la questione del perseguimento dei comportamenti diffamatori si muove in fattispecie talmente complicate da diventare lettera morta.
Un altro punto che riempie ulteriormente il contenuto del diritto all’informazione, è sicuramente l’art. 21 della Costituzione, declinato con le opportunità che abbiamo detto. Nel 1947 infatti, la libertà di informazione era un diritto nelle mani di chi controllava stampa e quotidiani: da privilegio di pochi si cercò di renderlo una opportunità per molti.
Inoltre, va da se che la rete ha tutt’altro che la memoria corta. Un articolo che riporta una vicenda giudiziaria di un personaggio politico o altro non viene mai dimenticato né eliminato, restando come una nota indelebile sulla sua reputazione per un tempo indefinibile. La rete non dimentica nulla e tutto resta pubblicato. I motori di ricerca fanno il resto: nell’immenso mare di contenuti e informazioni rendono disponibile una pagina scovandola in pochi secondi. I mezzi d’informazione tradizionali non creavano situazioni di questo tipo. Questa potenzialità, come altre caratteristiche tipiche del web, hanno portato nuovi problemi legislativi da affrontare e non solo in termini di fattispecie applicabile, come per la diffamazione, ma soprattutto per quanto riguarda la possibilità di repressione.
Tra i molti disegni di legge che si susseguono a minacciare la blogosfera, in questi giorni spunta una proposta dell’Onorevole Carolina Lussana, che intende portare alla ribalta il diritto all’oblio. Tale provvedimento vorrebbe rendere applicabile alla rete quel diritto che era così facile si realizzasse da sé, nella realtà dei vecchi mezzi d’informazione. Pensiamo al caso appena riportato che ha riguardato il giornalista Luigi Moncalvo. Oggi, domani e fra cent’anni quella vicenda rimarrà lì pubblicata, nonostante sia una faccenda chiusa per entrambi, per il blogger Mirko Morini come per il giornalista. Bene, la proposta vorrebbe riuscire a normare il diritto all’oblio nell’illusione di riuscire a gestire internet come uno dei vecchi mezzi d’informazione: è evidentemente impossibile.
Per arginare lo spazio illimitato del web e la sua memoria di elefante, l’Onorevole Lussana ha pensato di introdurre l’obbligo di modificare le informazioni già pubblicate. Nella vicenda riportata, in sostanza, il blogger dovrebbe rendere indisponibile il contenuto pubblicato, nonostante non lo imponga la sentenza che invece lo vede assolto dall’accusa di diffamazione.
Per fortuna, questo ed altri rudimentali disegni di legge sono destinati a naufragare nel mare della rete, perché assolutamente non adatti ad intervenire in una realtà non comprimibile. Del resto, se i padri costituenti avessero saputo che nel tempo sarebbe stata la rete a rendere effettivo il contenuto sostanziale di alcuni tra i più importanti diritti sanciti in essa come la libertà d’informazione e di manifestazione del pensiero, avrebbero ampliato e non ridotto i termini dell’art. 21 della Carta. Questi diritti, come altre prerogative (come il diritto alla memoria storica) sono oggi più di ieri alla portata di tutti gli utenti.