giovedì 11 giugno 2009

Iran: elezioni incerte

Domani si voterà in Iran per scegliere il nuovo presidente, al termine di una serrata e tesa campagna elettorale in cui i candidati non si sono affatto risparmiati nei reciproci colpi bassi.

L'esito del voto è del tutto incerto e con ogni probabilità si andrà al ballottaggio tra i due candidati, sui 4 che si sfidano domani, che avranno raccolto il maggior numero di consensi.


Iran, alle urne senza certezze
di Christian Elia - Peacereporter - 11 Giugno 2009

Dopo una campagna elettorale appassionata e senza esclusione di colpi venerdì 12 giugno si vota per l'elezione del presidente della Repubblica Islamica dell'Iran. Mahmoud Ahmadinejad, presidente in carica dal 2005, sarà confermato per un secondo mandato? Difficile dirlo adesso, alla vigilia di un voto che si annuncia ricco di colpi di scena.

Il voto. Dopo il vaglio del Consiglio dei Guardiani, organo composto di dodici membri incaricati di vigilare sulla ricevibilità di tutte le candidature del Paese, ha lasciato campo libero a quattro candidati chiave. Lo stesso Ahmandinejad, Moshen Rezaei, Myrhusein Mousavi e Medhi Karroubi. Circa 45mila urne verranno aperte ai 46 milioni di aventi diritto al voto, dalle otto del mattino fino alle sei della sera di venerdì 12 giugno. All'estero sono 306 i seggi, 32 dei quali negli Stati Uniti. Kamran Daneshjou, responsabile della commissione elettorale, ha ricordato in una conferenza stampa a Teheran che se nessuno dei quattro candidati otterrà al primo turno la maggioranza assoluta dei voti, si terrà il ballottaggio tra i primi due candidati il 19 giugno prossimo.

Il presidente uscente? Ma chi sono i quattro uomini che si contenderanno la guida della Repubblica Islamica? Sul presidente Ahmadinejad non c'è molto da aggiungere. L'ex sindaco di Teheran, nel 2005, sorprese tutti vincendo le elezioni. La sua retorica populista, coerente con uno stile di vita privato spartano, e la sua lotta alla corruzione ne hanno fatto l'idolo dei poveri. I funzionari pubblici che, casa per casa, hanno girato il Paese in questi quattro anni, dovrebbero garantirgli ancora il sostegno della fascia più popolare tra gli elettori iraniani, anche se il Paese attraversa una grave crisi economica. In molti, infatti, lo accusano di non aver avuto la capacità di gestire l'immenso flusso di denaro che per anni, nei quali il prezzo del barile di petrolio era stato alle stelle, ha inondato le casse pubbliche.

La famosa lotta alla corruzione si è esplicitata, a detta dei suoi detrattori, molto più nel campo del costume (con grande irritazione dei giovani iraniani, in particolare della borghese Teheran) che in quello politico. L'opinione pubblica iraniana, inoltre, è divisa sullo sviluppo del programma nucleare. Difficile trovare un cittadino che non ritenga un diritto dell'Iran il nucleare civile, ma molti contestano ad Ahmadinejad una gestione troppo conflittuale della vicenda con la comunità internazionale. Da quando è salito al potere, come se non bastasse, Ahmadinejad ha soffiato sulla 'rivoluzione sciita' in giro per il mondo, rendendo nervosi i grandi paesi sunniti come Arabia Saudita ed Egitto, che ne apprezzerebbero una sconfitta. Il mandato di Ahmadinejad, infatti, è stato caratterizzato da un cambio storico del ruolo dell'Iran nello scacchiere del mondo islamico: da enclave sciita sulla difensiva ad aggressiva entità alla ricerca di una leadership regionale.
Per non parlare dell'Olocausto, messo in dubbio quando non proprio negato da Ahmadinejad. Tutti condannano la politica israeliana nei Territori Occupati, ma i soliloqui negazionisti del presidente hanno finito con lo stancare larga parte degli iraniani.

Opposizione a destra. Ahmadinejad non ha perso la sua base popolare di elettori, ma ha visto incrinarsi il sostegno nei suoi confronti di una parte dell'elettorato conservatore. Il presidente in carica, infatti, è il campione della destra ultraconservatrice ma non certo di quella cosiddetta pragmatica. Una destra che potrebbe trovare il suo campione in Moshen Rezaei. Militare fino al 1997, Rezaei negli anni della Rivoluzione era stato uno dei collaboratori più stretti dell'ayatollah Khomeini e dopo la carriera militare era stato eletto segretario del Consiglio del Discernimento, organo che si occupa delle controversie inter istituzionali. Rezaei è considerato molto vicino sia alla Guida Suprema della Rivoluzione, l'ayatollah Khamenei, che all'ex presidente e potente boss della casta dei 'bazarì' (i commercianti) Rafsanjani.

Questi ultimi, da sempre, sono pragmatici e non vedono di buon occhio le esternazioni di Ahmadinejad in politica estera che gli alienano prospettive interessanti di business. Inoltre, per molti dei conservatori pragmatici, l'elezione di Obama negli Usa è un'occasione di svolta nei rapporti con il 'grande Satana' a stelle e strisce. Una svolta che allontanerebbe le nubi di uno scontro militare e permetterebbe una gestione dello status quo voluto dalla gerontocrazia degli ayatollah al potere. Il problema per Rezaei, però, è che non gode della popolarità di Ahmadinejad anche in Iran. Un candidato di apparato, dunque, ma molto lontano dal cuore della gente.

Opposizione a sinistra. Il campo dei cosiddetti riformatori, al potere dal 1998 al 2004 ma caduto in disgrazia, schiera gli altri due candidati: Myrhusein Mousavi e Mehdi Karroubi. Come nel campo conservatore diviso tra pragmatici e oltranzisti, anche i riformisti sono scissi in due correnti. Venuto meno il candidato totem Khatami, capace di accendere il cuore degli iranani nel 1996, ma anche di deludere quasi tutte le aspettative di una riforma dall'interno dello spirito della Rivoluzione del 1979, i riformisti sono divisi. Mousavi sembra il concorrente più pericoloso per Ahmadinejad. E' stato, dal 1981 al 1989 primo ministro, ed è ritenuto favorevole a una sostanziale liberalizzazione economica, ma è rimasto ai margini della vita politica per molto tempo.

Nel 2005, dopo il disastro del secondo mandato Khatami, era circolato il suo nome come possibile candidato alla presidenza, ma alla fine aveva fatto marcia indietro perché conscio di andare incontro a sconfitta certa. Adesso è diverso, ed è riuscito a mobilitare un gruppo di sostenitori tra i giovani. Ha schierato in campo, fenomeno mai visto prima in Iran, sua moglie Zahra Rahnavard, artista capace di diventare l'unica donna rettore universitario del Paese. Un tentativo di intercettare il voto del mondo femminile erudito iraniano che gli ha garantito l'appoggio del popolo di internet e degli sms. Tanta gente è scesa in piazza per sostenerlo, in una dinamica inattesa che, con una certa fretta, ha fatto parlare alcuni di una sorta di 'effetto Obama' in Iran.

Ha anche l'appoggio di Khatami, ma non è detto che questo muova quantità significative di voti. Allo stesso modo, però, lo stare fuori dalla politica in questi anni gli garantisce una fama di uomo onesto e non coinvolto nei traffici della politica, caratteristica amata dai più giovani e disillusi elettori. Karroubi, dal canto suo, è stato due volte presidente del Parlamento. Populista, ha attaccato anche lui Ahmadinejad sull'economia, promettendo la redistribuzione dei proventi del petrolio ai più bisognosi. Nel 2005 Karroubi è arrivato terzo, non troppi voti indietro rispetto ad Ahmadinejad e Rafsanjani.

Prospettiva incerta. Due candidature forti, insomma, che potrebbero indebolire il fronte riformista dividendo i voti. Anche vero, però, che in caso di ballottaggio questi elettori potrebbero ricompattarsi, in particolare nel caso di Mousavi. Ahmadinejad sembra ancora godere di un buon margine di vantaggio, ma l'avvento del dibattito televisivo nella campagna elettorale ne ha messo in luce i limiti dialettici. Ha perso la calma spesso e volentieri di fronte alle accuse dei suoi rivali, finendo per insultare anche la moglie di Mousavi e una serie di personaggi di spicco della Rivoluzione.

Proprio Mousavi sembra l'elemento nuovo, difficile da quantificare in termini di voti. Potrebbe raccogliersi attorno a lui, vissuto come l'uomo nuovo, tutto quell'elettorato che si è astenuto nel 2005. Manca poco, ormai. Il clima delle ultime ore, però, è stato avvelenato dalle dichiarazioni di Yadollah Javani, leader delle Guardie della Rivoluzione, molto vicine ad Ahmadinejad. ''Ci sono molti elementi che ci spingono a credere che certi gruppi riformisti estremisti puntino a una rivoluzione soft'', ha dichiarato Juvani. Il riferimento esplicito è proprio a Mousavi, accusato di giocare la pericolosa partita di una 'rivoluzione di velluto'. Una minaccia neanche troppo velata che ha messo in allarme molti iraniani. Da giorni circolano sms che invitano i riformisti a vigilare sulla trasparenza delle operazioni di voto. Un brutto segnale, certo, ma anche una spia di un certo disagio del fronte del presidente Ahmadinejad che non si aspettava di poter perdere.


Aspettando una nuova Rivoluzione
di Christian Elia - Peacereporter - 11 Giugno 2009

Intervista a Nardana Talachian, scrittrice iraniana, sul voto in Iran per l'elezione del presidente della Repubblica Islamica. Riuscirà Mahmoud Ahmadinejad a farsi rieleggere? Oppure il fronte riformista ritroverà in Musavi quel leader che Khatami ha cessato di essere?

Qual'è la sua sensazione per queste elezioni?
Quando l'ex presidente Khatami, all'inizio di marzo, ha ritirato la sua annunciata candidatura a favore dell'ex premier Mir Hossein Mousavi nessuno s'aspettava che questi riuscisse a guadagnare una così alta approvazione da parte degli iraniani. Se si pensa poi alla diffusa sfiducia verso il concetto della democrazia, dovuta soprattutto alla prima vittoria di Ahmadinejad, era inimmaginabile prevedere quello a cui stiamo assistendo oggi. Molti paragonano le notti delle grandi città iraniane al clima che si respirava prima della rivoluzione del 1979. Il nuovo protagonista, questa volta, è internet sostenuto dai cellulari per quelli che in Iran non hanno ancora accesso alla banda larga. Un po' come è successo nelle recenti elezioni negli Usa. C'è tanta speranza, ma anche paura. La vittoria di uno dei tre candidati contro Ahmadinejad segnerebbe una pietra miliare nella storia della Rivoluzione Islamica, eliminando la sfiducia generale degli iraniani nelle elezioni, in quanto Ahmadinejad, denunciato in questi giorni per le strade come 'bugiardo' e 'traditore' e chiamato anche 'Pinocchio della rivoluzione', sarà il primo presidente con un unico mandato presidenziale. Dall'altra parte sarebbe un netto rifiuto a un presidente sostenuto da sempre a spada tratta dal Leader supremo della rivoluzione Khamenei che non ha usato mezzi termini a invitare la gente a votare per il candidato che sappia cosa sia l'umiltà e la lotta all'imperialismo Usa. Si teme, però, che Ahmadinejad possa non accettare la volontà del popolo e una possibile sconfitta. Godendo del sostegno dei Pasdaran e dei Basiji in molti parlano sottovoce della paura di un colpo di stato.
Girano migliaia di messaggi e sms che invitano i sostenitori di altri candidati, quelli di Mousavi in primis, a prestare la massima attenzione durante le elezioni per diminuire la possibilità dei brogli elettorali.

Qual'è stato il tema chiave della campagna elettorale?
Nonostante l'esplicito sostegno di radio e televisione iraniana ad Ahmadinejad, si è cercato di rendere la campagna elettorale dei candidati il più democratica possibile. Si è pensato quindi per la prima volta ai dibattiti televisivi tra i candidati. Quelli che parlavano di una messinscena per portare la gente alle urne hanno dovuto cambiare idea dopo il primo dibattito tra i due principali sfidanti Ahmadinejad e Mousavi. Cominciata con la retorica del presidente ultraconservatore Ahmadinejad, l'intera nazione iraniana ha visto alla fine un presidente in difficoltà, messo con le spalle al muro dal rivale che ha puntato il dito contro i veterani della rivoluzione a partire da Hashemi Rafsanjani, ex presidente, attuale presidente del Consiglio per il Discernimento dello Stato iraniano e del Consiglio dei Sapienti, organo importantissimo che riunisce i più grandi religiosi del Paese. Ahmadinejad, dimenticando apparentemente di parlare ai microfoni di un Paese in cui non si parla mai in pubblico male delle mogli, ha tirato addirittura fuori la foto della moglie di Mousavi accusandola di evasioni accademiche.
I suoi altri due dibattiti con altri candidati sono andati avanti con le accuse contro altri personaggi di spicco della Rivoluzione. Ma per molti l'ultimo suo dibattito con il rivale appartenente alla stessa ala conservatrice, Mohsen Rezaei, gli è costato un'alta percentuale dei voti che avrebbe potuto guadagnare nelle elezioni. Rezaei è un comandante militare esperto anche dell'economia e ha attaccato da due fronti l'avversario: ha criticato le sue politiche militari che mettono in pericolo la sicurezza del Paese, e ha seguito un discorso logico per convincere il pubblico della critica situazione economica iraniana che per Ahmadinejad è la migliore in assoluto negli ultimi 30 anni.

Com'è la situazione economica in Iran?
Non importa se Ahmadinejad continua a difendere le politiche del proprio governo. Le statistiche parlano di un'inflazione che ha superato il 25 percento. Nella capitale lo stipendio medio per un impiegato laureato arriva difficilmente a 300 euro e mentre secondo i recenti rapporti economici per superare la soglia di poverta' si deve arrivare almeno a 1200 euro.

Mousavi è davvero l'unico in grado di battere Ahmadinejad?
Sulla carta si. I sondaggi parlano di sua vittoria schiacciante. L'altro candidato riformista, Mehdi Karroubi, non gode dello stesso consenso popolare. Sul fronte conservatore, Mohsen Rezaei - accusato implicitamente da Ahmadinejad di essere 'sionista' perché l'organo sotto il suo controllo ha pubblicato un rapporto sulla corruzione del nono governo della Repubblica Islamica - è favorito per i sostenitori più radicali degli ideali della Rivoluzione. Per il momento tutto è possibile, anche se i due principali sfidanti sembrano essere Ahmadinejad e Mousavi.

Gli studenti, come accadde con Khatami, appoggiano Mousavi?
Più che gli studenti dobbiamo parlare della 'terza generazione' della Rivoluzione che vuole far sentire la propria voce al mondo. Una generazione che non ha vissuto né gli anni della Rivoluzione né quelli della guerra Iran-Iraq. Quindi non c'è da stupirsi se si vedono in giro i ragazzini delle scuole medie e superiori che, seppur privi del diritto al voto, partecipano attivamente alle manifestazioni.
Non si può negare il ruolo importante di studenti e artisti. L'ultimo episodio interessante è successo all'università Sharif di Teheran, dove gli studenti con il grido di 'arrivederci bugiardo!' hanno impedito ad Ahmadinejad di entrare e tenere l'ultimo discorso in pubblico prima del silenzio elettorale.

L'impegno della moglie di Mousavi può rivelarsi controproducente o un vantaggio?
L'immagine di una first-lady è molto inusuale in Iran. Se ne sono occupati alcuni giornali. Se da una parte abbiamo Mousavi che prende in pubblico la mano della moglie che da varie tribune porta la bandiera delle riforme, dall'altra abbiamo la moglie di Ahmadinejad di cui difficilmente si può riconoscere i lineamenti del viso coperto quasi totalmente da chador.
Sin dall'inizio della campagna elettorale di Mousavi, sua moglie, Zahra Rahnavard, è stata criticata da molti degli integralisti iraniani soprattutto per mettere i jeans sotto lo chador. Forse Ahmadinejad ne voleva approfittare a proprio favore, ma il suo attacco fuori luogo ha finito per favorire la posizione di Rahnavard.
Non dimentichiamo che in Iran sono molti i femministi che si battono per i diritti delle donne e nonostante il giro di vite contro gli attivisti, Rahnavard di recente ha aderito alla campagna di 'mille firme' per la difesa dei diritti delle donne.

La gente si sente tradita dalle promesse fatte da Ahmadinejad nel 2005?
Eccome. Il problema principale è che in questi quattro anni Ahmadinejad ha continuato a contraddire se stesso. Basti pensare alle affermazioni riguardo all'Olocausto e poi la mano tesa da uno dei suoi vice a Israele. La classe più povera della società sarà quella più soddisfatta, perché riceve i soldi in contanti porta a porta dallo Stato e saranno proprio loro che potrebbero votare ancora una volta per l'attuale presidente.

Ahmadinejad ha ragione ad accusare di corruzione i suoi avversari?
Dipende da come si vuole affrontare la questione. La corruzione di alcuni personaggi politici iraniani è nota a tutti. Prendiamo per esempio il caso di Rafsanjani. Ma gli iraniani continuano a interrogarsi su molte problematiche. Per esempio dove sono andati a finire i soldi del picco del prezzo di petrolio. E' una domanda che il presidente ha sempre in qualche modo evitato. D'altronde lui continua a dire che l'attuale situazione economica iraniana è la migliore nel mondo. Ma i fatti dimostrano un'altra realtà.
In ogni caso dopo le elezioni dovremo aspettare la reazione della famiglia Rafsanjani alle accuse. Ha già scritto una lettera aperta all'Ayatollah Khamenei e secondo alcune indiscrezioni finite sulla stampa l'ha anche incontrato per parlargli in merito.

Tra i conservatori, sono in molti quelli che preferirebbero un leader diverso?
E' davvero difficile rispondere a questa domanda. Ma come ho detto prima Rezaei ha dimostrato un'ottima condotta nella sua campagna. Tra l'altro Ahmadinejad ha accusato anche grandi conservatori della Rivoluzione. Praticamente gli unici che non ha accusato sono il fondatore della rivoluzione, Imam Khomeini, e l'attuale leader, Ayatollah Khamenei.
Ripeto, tutto è possibile. Non dobbiamo neanche meravigliarci più di tanto se dovesse vincere il meno favorito di tutti, Mehdi Karroubi.


Iran: un voto che fa tremare i polsi
di Letizia Coliai e Simone Santini - www.clarissa.it - 9 Giugno 2009

Sulla Tv iraniana va in onda la democrazia. I maggiori candidati alle presidenziali si sfidano in confronti pubblici come nella tradizione occidentale. Molto atteso era il dibattito tra quelli che si preannunciano essere i due contendenti con maggiori possibilità, e che ha incollato il paese ai teleschermi.

L'attuale presidente Mahmoud Ahmadinejad in cerca di un secondo mandato, e il riformista moderato Mir-Hossein Mousavi. Ed è successo di tutto.
Il popolo iraniano non ricorda nella sua storia recente un confronto così aperto, duro, a tratti addirittura aspro. E' stato una sorta di shock per i telespettatori, con grandi strascichi polemici, che ha infiammato la vigilia delle elezioni e i supporter dei vari candidati.

Ahmadinejad ha ripetutamente cercato di mettere in difficoltà l'avversario con attacchi diretti alla sua persona ed alla sua area politica. Pesanti le accuse di corruzione, citando gli ex presidenti moderati Rafsanjani e Khatami (definiti mollicci e in balia dei voleri del grande Satana, ovvero le potenze occidentali), ma anche lo stesso Mousavi che negli anni '90 ha ricoperto la carica di primo ministro quando era presidente l'attuale Guida spirituale del paese, l'ayatollah Alì Khamenei.
Accostare accuse di corruzione a periodi storici in cui sia Khamenei, ma anche lo stesso Padre della rivoluzione islamica, l'ayatollah Khomeini, avevano ruoli di governo e pubblici, ha destato enorme sensazione. Secondo alcuni commentatori Ahmadinejad avrebbe superato i "limiti rossi" comportamentali e dialettici imposti dalla televisione statale.

Ahmadinejad ha voluto sottolineare con forza che le difficoltà del suo governo, soprattutto in campo economico, sono state dovute proprio al pesante fardello ereditato dai precedenti esecutivi moderati. Ha inoltre chiamato in causa direttamente la moglie di Mousavi, Zahra Rahnavard, molto esposta sui temi dei diritti alle donne e che, altro fenomeno nuovo in Iran, sta facendo campagna elettorale insieme al marito, accusandola di avere ottenuto illegalmente i suoi titoli di studio ed esercitare una cattiva influenza su Mousavi. In questo modo Ahmadinejad ha cercato di trasformare un punto di forza dell'avversario, il sostegno da parte dell'elettorato femminile progressista, in un punto debole agli occhi dell'elettorato più conservatore, ovvero che la sua linea politica possa essere decisa dai voleri di una donna.

Mentre la signora Rahnavard pretende le scuse di Ahmadinejad, minacciando in caso contrario di portarlo in tribunale, Mousavi ha cercato di argomentare dimostrando fermezza ma anche prudenza.
Secondo il candidato moderato i quattro anni di governo di Ahmadinejad hanno portato il paese al disastro industriale, ed ha accusato il presidente di mentire sulle cifre e "stravolgere deliberatamente la verità". Citando i dati della Banca centrale iraniana ha ricordato che l'inflazione viaggia ancora sopra il 25%, contestando la decisa diminuzione sbandierata dal suo avversario. "Ci troviamo dinanzi ad un fenomeno sorprendente, [Ahmadinejad] dice che il nero è bianco e che due per due non fanno quattro, ma 10. [...] Ho deciso di partecipare alle elezioni presidenziali in segno di protesta per le politiche adottate dal governo, che ha trascinato il paese fino a un punto pieno di contraddizioni" ha detto Mousavi.

Non meno decisa la critica nei confronti delle relazioni internazionali intessute dal governo. Con le sue posizioni scriteriate sulla Shoah e Israele, Ahmadinejad avrebbe "compromesso e declassato la dignità del paese" e "fatto solo aumentare le tensioni senza avere nessun vantaggio" così distogliendo l'attenzione sui veri crimini commessi dallo Stato ebraico (come a Gaza), diventandone di fatto il migliore alleato, e ponendo così il paese intero in pericolo e isolato nel contesto internazionale.

In questi giorni a Teheran sembra crescere il sostegno a Mousavi e l'onda della cosiddetta "rivoluzione verde". Per le strade della capitale sempre più si vedono sfilare cittadini che espongono nastri verdi (simbolo del candidato moderato riformista) sugli abiti, sugli zaini, o attaccati alle antenne delle autovetture.

Ma la partita non si gioca solo sullo scontro tra Ahmadinejad e Mousavi, le cui tattiche appaiono chiare: il primo puntando su integrità e risolutezza, il secondo su moderazione e ponderazione pur nel rinnovamento e progresso; sarà interessante verificare quanto i due maggiori candidati saranno ostacolati dai rispettivi contradditori che pescano nel loro stesso elettorato.
Mehdi Karroubi, l'ex presidente del Parlamento, soprannominato lo "sceicco delle riforme", contende a Mousavi soprattutto il voto giovanile e delle donne.

Mohsen Rezai, ex capo dei Guardiani della rivoluzione, considerato finora un falco, critica aspramente Ahmadinejad sui disastrosi dati economici e centra il programma politico su povertà, inflazione e disoccupazione, ma ha anche denunciato l' "avventurismo" del presidente in politica estera. "Oggi, l'occidente e l'America, hanno bisogno di noi [...Dobbiamo...] sfruttare questo loro bisogno per servire i nostri interessi nazionali" ha dichiarato Rezai durante la campagna elettorale, offrendo una apertura di credito alla componente nazional-militare dell'Amministrazione Obama.

Se nessuno dei quattro candidati, come appare possibile, riuscisse a superare il muro del 50% al primo turno, i due maggiori votati andrebbero in un ballottaggio diretto. Ma in questo caso, mentre Mousavi potrebbe fare il pieno dei voti riformisti e moderati, non appare così scontato che tutti i voti di Rezai possano confluire su Ahmadinejad, proprio in virtù della sua politica estera.

Per questo l'attuale presidente potrebbe aver deciso di giocarsi il tutto per tutto alzando il livello dello scontro con i riformisti e portandolo su un piano di durezza e rischio, anche istituzionale, finora sconosciuto nel paese. Ma potrebbe essere anche il sintomo che l'establishment iraniano, incarnato dalla suprema Guida Alì Khamenei, sia in rotta di collisione con Ahmadinejad e preferisca avere come futuro presidente quel Mir-Hossein Mousavi con cui ha collaborato per anni e che rappresenterebbe la continuità nella moderazione per l'Iran.


Il Bush iraniano
di Maziar Bahari - Newsweek - 3 Giugno 2009
Traduzione di Ornella Sangiovanni per Osservatorio Iraq

Secondo gli iraniani scontenti, Mahmoud Ahmadinejad ha distrutto l'immagine del Paese e fatto affondare la sua economia. Vi ricorda qualcosa?

"Il 12 giugno voterò per Mussavi", dice Ali. Se fosse un attivista studentesco o un politico riformista, non sarebbe una dichiarazione sorprendente. Ma Ali, 52 anni, è un membro del corpo dei Guardiani della rivoluzione iraniani, e lo è dagli anni '80. In realtà, non gli è permesso di parlare con la stampa, che è il motivo per cui non vuole che il suo cognome venga pubblicato. Vuole però che il mondo sappia perché sta votando per Mir Hossein Mussavi, il principale candidato dell'opposizione, e contro il presidente in carica Mahmoud Ahmadinejad. "Questo è il peggior governo che l'Iran abbia avuto dagli inizi della rivoluzione", dice. "Negli ultimi quattro anni, Ahmadinejad, da solo, ha distrutto l'immagine dell'Iran in giro per il mondo – e anche la sua economia.

Secondo sondaggi confidenziali finanziati dal governo, Ali è uno dei milioni di iraniani che nelle ultime settimane hanno deciso di dare il loro voto a Mussavi, quando andranno a votare, il 12 giugno. E i sondaggi, che NEWSWEEK ha visto, fanno pensare che fra di loro ci sia un'alta percentuale dei Guardiani della rivoluzione e di membri dell'enorme apparato di intelligence. I più vecchi di loro ricordano l'amministrazione di Mussavi come Primo Ministro durante la feroce guerra con l'Iraq dal 1980 al 1988. E molte di queste stesse persone hanno la responsabilità della difesa del Paese se dovesse arrivare un'altra guerra.

Ali dice di avere votato per Ahmadinejad nel 2004, quando l'altro principale candidato era Akbar Hashemi Rafsanjani, un ex presidente e fra gli attori perenni agli alti livelli del regime. "Rafsanjani rappresentava il peggio che il nostro governo avesse da offrire", dice Ali. "La famiglia Rafsanjani ha tanto beneficiato dall'essere al potere così a lungo. E la cosa peggiore era che pensavano che stare al potere fosse un loro diritto naturale. Non pensavano di essere al potere per servire il popolo". Quindi, come altri 16 milioni di iraniani, Ali aveva votato per Ahmadinejad, l'ex sindaco di Tehran, che definiva corrotti Rafsanjani e i suoi compari, e prometteva di creare un governo attento ai problemi della gente, più con i piedi per terra.

Per i primi tre anni della sua presidenza, Ahmadinejad si era comportato benissimo. Grazie alla manna del petrolio, e vendendo il greggio iraniano fino a 150 dollari al barile, aveva iniziato a viaggiare in giro per il Paese, mangiando assieme ai poveri, e distribuendo contanti senza sosta. Aveva inoltre suscitato il sostegno dell'opinione pubblica pronunciando discorsi nazionalisti sul diritto naturale dell'Iran ad avere la tecnologia nucleare e attaccando duramente gli oppressori occidentali perché cercavano di negare all'Iran questo diritto derivante da Dio. Ali dice di sostenere tuttora la posizione di Ahmadinejad contro Israele e l'Occidente in generale. Pensa inoltre che la negazione dell'Olocausto da parte di Ali Ahmadinejad sia stata una mossa bold. Non ha dubbi sul fatto che l'Iran abbia diritto alla tecnologia nucleare, e non si fida dei Paesi occidentali, specialmente degli Stati Uniti. "Gli americani cospirano contro la nostra rivoluzione fin da quando è iniziata [nel 1979]", dice.

Quindi, perché Ali non voterà di nuovo per Ahmadinejad? "L'economia e il modo vergognoso con cui ha ingannato l'opinione pubblica", dice. La politica di Ahmadinejad di gestire il Paese come una organizzazione di beneficenza e di distribuire contanti, assieme alla crisi finanziaria internazionale, hanno avuto come conseguenza una inflazione senza precedenti in Iran lo scorso anno. La risposta del governo all'aumento dei prezzi dei beni di consumo e dei servizi è stata quella di aumentare gli stipendi dei dipendenti statali, concedendo prestiti senza garanzie e distribuendo contanti a molti di coloro che partecipano alle manifestazioni del presidente in giro per il Paese. Ali ammette che i Guardiani della rivoluzione hanno ricevuto premi e sussidi che finora lo hanno aiutato a far fronte all'inflazione. Ma questo non significa che lui o i suoi amici voteranno per Ahmadinejad. In effetti, Ali dice che il problema principale delle politiche economiche di Ahmadinejad è "Gedaa parvari", una espressione persiana che significa trattare la popolazione come dei senzatetto in un rifugio, e dare alle persone contanti ed elargizioni. "La maggior parte dei Guardiani della rivoluzione vivono come altri in questo Paese", dice. "Abbiamo lo stesso stipendio, paghiamo lo stesso prezzo per il riso e per l'olio, e paghiamo lo stesso affitto. Quindi soffriamo dell'inflazione tanto quanto il resto del Paese"

Ali tuttavia insiste che la sua motivazione principale per non votare Ahmadinejad non è economica. "Per dirti la verità, ho cambiato idea due settimane fa, quando Ahmadinejad ha paragonato Mussavi a quelli che combatterono contro l'Imam Hussein". L'Imam Hussein era il nipote del profeta Maometto, la cui morte, assieme a 72 dei suoi seguaci per mano dell'esercito del Califfo Yazid, è una parte essenziale della tradizione sciita. Negli ultimi discorsi della sua campagna elettorale, Ahmadinejad ha cercato di presentarsi come una vittima degli ex membri dell'establishment della Repubblica islamica, come Mussavi, che starebbero cercando di sbarazzarsi di lui nello stesso modo in cui Yazid uccise l'Imam Hussein. "Ma dovrebbero sapere che non possono distruggerci come hanno martirizzato l'Imam Hussein", ha detto Ahmadinejad in un raduno religioso a Tehran due settimane fa.

"Come osa paragonarsi all'Imam Hussein", dice Ali. "E come osa paragonare Mussavi, che è stato Primo Ministro durante la nostra guerra durata otto anni con l'Iraq, ed era un alleato fidato dell'Imam Khomeini, a Yazid. Questo significa ingannare l'opinione pubblica". Ali dice che adesso mette in dubbio tutto l'operato di Ahmadinejad negli ultimi quattro anni, anche la sua negazione dell'Olocausto. "Ho notato che [Ali] Larijani [il presidente del Parlamento iraniano], che è stato a sua volta un comandante dei Guardiani della rivoluzione, ha detto che non dovremmo parlare dell'Olocausto, onde evitare uno scontro non necessario con il resto del mondo", dice Ali. "Ma Ahmadinejad ne ha parlato di nuovo a Ginevra".

Lo scorso aprile, in una conferenza sul razzismo sotto l'egida delle Nazioni Unite, Ahmadinejad aveva messo in discussione l'Olocausto. Molti delegati dei Paesi occidentali avevano lasciato la sala. "Quello che sta facendo Ahmadinejad sta provocando i sentimenti della gente contro l'Iran senza nessuna ragione, in un momento in cui i nostri nemici stanno cercando un pretesto per attaccarci", dice Ali. "Abbiamo bisogno di un presidente che possa riportare la logica e il buon senso nel nostro Paese. Ecco perché voterò per Mussavi".