martedì 6 ottobre 2009

Ahmadinejad vs Netanyahu: 0-0 e palla al centro


Una serie di articoli che evidenziano soprattutto la differenza nei toni e contenuti dei discorsi tenuti alla recente Assemblea Generale dell'ONU dal presidente iraniano Ahmadinejad e dal premier israeliano Netanyahu, anche se entrambi hanno comunque bisogno l'uno dell'altro per fini di politica interna.

Ma naturalmente di ciò che i due hanno veramente detto a New York non si fa menzione nei media mainstream italiani, anche se si possono trovare sparute voci dissonanti dal resto del coro.
Proisraeliano a prescindere, of course.


Ahmadinejad e il fantasma dell'Olocausto
di Nazanin Amirian - www.rebelion.org - 1 Ottobre 2009
Traduzione a cura di Riccardo Micco per www.comedonchisciotte.org

Sarebbe un errore decifrare la fissazione di Ahmadinejad per Israele in chiave religiosa, per il suo impegno nella causa palestinese o nel quadro della disputa tra Teheran e Tel Aviv per l’egemonia di una delle regioni più strategiche del mondo. I suoi motivi vanno cercati altrove.

Pochi mesi fa, una valanga di supposizioni ha invaso la stampa iraniana quando un quotidiano, per una distrazione, rivelò che il cognome originale di Ahmadinejad é Saburjian, un clan ebreo iraniano. Dato irrilevante se non fosse che nella Repubblica Islamica un ebreo non può occupare nessun incarico pubblico. L’uomo, originario di Aradan, aveva cambiato il suo cognome con quello di Ahmadinejad “discendente di Maometto”, quando emigrò con la sua famiglia a Teheran.

Dopo lo scandalo, il riformista Mehdi Karrubi gli domandò circa la sua vera identità e il fu Saburjian evase la risposta. Dopo l’autoproclamazione a presidente, Ahmadinejad ha nominato suo capo di gabinetto Rahim Massai, che qualificava il popolo ebreo amico dell’Iran.

Ex capo dei servizi segreti e dirigente del principale partito che appoggia Ahmadinejad, anche Asgar Oladì é discendente di famiglia ebrea. Figuriamoci se da Israele potevano attizzare il fuoco del sospetto! Un quotidiano ebreo animava i Parsims, la comunità ebrea in Iran, a votarlo nelle elezioni a giugno e Meir Dagan, ex capo del Mossad, disse che “Israele avrebbe un grave problema se Ahmadinejad perdesse le elezioni”.

Moshen Rezaì, ex comandante delle Guardie Islamiche, lo chiamò pubblicamente “agente di Israele”. Misteri genealogici e di spionaggio a parte, non c’è dubbio che i discorsi di Ahmadinejad fanno molto comodo al suo collega Nethanyahu, il quale é ben cosciente che l’appoggio dell’islamista alla causa Palestina non é altro che una tattica politica e si serve della “minaccia iraniana” per continuare la sua politica militarista nella zona.

Durante l’ultimo assalto di Israele a Gaza, il mero appoggio verbale di Teheran alla Palestina ha sorpreso sia Hamas che Israele, convinti di un intervento diretto dell’Iran, che ha scelto invece di non confrontarsi con uno degli eserciti più potenti del mondo. Imprigionato nella sua propria propaganda, il regime, da un lato animava i giovani a recarsi a Gaza, e dall’altro, mandava il fratello di Ahmadinejad a farli tornare a casa quando erano già all’aeroporto. Approfittando del clima bellico, Ahmadinejad é riuscito a bloccare la mozione di censura contro i suoi ministri e ha chiuso varie pubblicazioni che criticavano Hamas per la sua strategia suicida davanti al potente esercito israeliano. Il pretesto: la necessità di unirsi contro la “minaccia israeliana”.

Con queste premesse, il suo intento di riaprire l’estemporaneo dibattito sull’Olocausto, più che smascherare la mancanza di equità degli organismi internazionali nel giudicare i crimini commessi dai differenti Stati o denunciare il ricorso di Tel Aviv al vittimismo quando bombarda la Palestina, avvelena una visione onesta e aperta di quella barbarie, nella quale, oltre che ebrei, furono sterminati centinaia di migliaia di comunisti, anarchici, democratici anti-fascisti, tra gli altri. Non si dice, ad esempio, che dei 25 milioni di persone che i nazisti uccisero in Unione Sovietica, solo 6 milioni erano militari. (NdT: nonostante il rapporto sia corretto le cifre in realtà sono minori)

In Ahmadinejad, ragioni politiche, economiche e militari si uniscono nell’affanno di smentire le illazioni sulle sue origini. La sua esagerata esibizione come salvatore del popolo palestinese (fumo per nascondere i crimini che commette sui cittadini del suo paese) ha persino fatto gridare una rivista ultraconservatrice come Jomhuri e Eslami, che gli ricorda che é il presidente dell’Iran, non della Palestina, e che la deve smettere di spostare l’attenzione dai problemi della popolazione iraniana.

Quando organizzò l’infame incontro sull’Olocausto riunendo dal Ku Klux Klan ai nazisti (con i quali condivide lo sterminio dei marxisti, degli omosessuali e le tecniche per farla finita con gli avversari) in Iran si domandarono che motivi ci fossero di sprecare tanti milioni per parlare di qualcosa che é successo 60 anni fa a migliaia di chilometri. L’ayatollah Abtahi si lamentò che “non é giusto che il mondo intero veda gli iraniani, un popolo di grande civiltà, seduti insieme ai fascisti” , mentre decine di politici ed intellettuali proposero di portarli ai tribunali per “attentato contro la sicurezza nazionale”, provocando Israele.

Il peggioramento delle relazioni con l’Occidente e l’isolamento in cui viene mantenuto il paese, intanto, hanno aumentato moltissimo il beneficio dovuto al traffico delle merci in mano ai militari, che controllano l’economia del paese e sono il principale appoggio di Ahmadinejad.

C’é di più. La caduta del prezzo del petrolio da 180$ al barile a 50$ circa in un anno, per un governo che basa il suo bilancio per un 70% sulla rendita del petrolio, si traduce in una crisi totale. Cerca forse di aumentare la tensione nella zona per spingere in alto il prezzo del barile? L’inflazione galoppante, la mancanza di investimenti in un Iran politicamente instabile e la disoccupazione di 12 milioni di giovani, annunciano un’esplosione sociale.

Una guerra come cortina di fumo servirebbe, in aggiunta, per schiacciare il movimento dei cittadini per i diritti civili, che avanza inarrestabile. Egli basa la sua esperienza sulla guerra con l’Iraq degli anni 80, quando furono sterminati migliaia di oppositori, poi fu montato lo scandalo dei “Versetti Satanici”, così che il mondo non vedesse le fosse comuni che nascondevano la più grande carneficina politica nella storia contemporanea del paese.

L’Iran non conosce questa retorica antiebrea. Questa terra millenaria accolse gli ebrei già quando Ciro il Grande, creatore della prima Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo, li liberò dalla schiavitù dei Babilonesi e li invitò a vivere in un Iran che rispettava l’identità dei popoli che lo abitavano. Questo fatto si rispecchia in Isaia, che chiama Ciro “messia”.

Fu così che Esther si convertì nella regina ebrea dell’Iran ed é per questo che ancora sono in piedi 32 luoghi sacri di questo popolo, come la tomba del profeta Daniele.

Dei quasi 100.000 Parsims che vivevano in Iran nel 1978, circa 70.000 emigrarono, insieme ai circa 5 milioni di iraniani che abbandonarono il paese in conseguenza della repressione politica, religiosa, etnica e di genere, il maggiore esodo della popolazione in tutta la sua lunga storia.

Iran e Israele, oggi, governati entrambi dalla ultradestra religiosa, si autoalimentano per garantire la propria sopravvivenza fatta di tensione e conflitto.

Nazanin Amirian é una giornalista scrittrice persiana che vive in Spagna da 25 anni. E’ docente alla UNED e all’Università di Barcelona. Collabora con i quotidiani Publico, La Vanguardia e El Periodico. E’ autrice di molti libri che hanno come argomento la società iraniana. Il suo sito é www.nazaninamirian.es


Ahmadinejad all'ONU: come leggere le sue parole
di Sergio Romano - www.corriere.it - 5 Ottobre 2009

Lettera a Sergio Romano

Contrariamente al lettore Silvano Stoppa (Corriere, 29 settembre), lei non si dichiara d’accordo con la delegazione italiana che ha abbandonato l’aula dell’Assemblea dell’Onu a seguito delle affermazioni di Ahmadinejad contro Israele. Eppure tali affermazioni sono espressione di un evidente antisemitismo e incitamento all’odio. Ahmadinejad ha detto: «Non è più accettabile che una piccola minoranza domini la politica, l’economia e la cultura di maggior parte del mondo con le sue complicate reti, stabilisca una nuova forma di schiavitù e danneggi la reputazione di altre nazioni, persino le nazioni europee e gli Stati Uniti, per realizzare le proprie ambizioni razziste». Cosa c’è di più antisemita di questa affermazione che ricalca le teorie della cospirazione di Hitler? Lei scrive: Ahmadinejad, di fronte all’Assemblea, «non ha auspicato la distruzione di Israele e non ha negato la realtà del genocidio ebraico».

Sembra quasi che lei consideri questo un merito, in quanto Ahmadinejad non ha ripetuto queste nefandezze che ha invece pronunciato in innumerevoli occasioni. Bisogna stare attenti a lasciare intendere, come fa lei, che nel complesso le posizioni di Ahmadinejad siano accettabili e solo alcune «contestabili o grossolanamente esagerate».

Preferisco essere d’accordo con l’Italia, la Germania, la Francia, la Gran Bretagna, l’Ungheria, la Danimarca, l’Olanda, e anche gli Usa, l’Australia, il Canada, e anzi avrei preferito che l’Unione europea tutta si fosse comportata a New York come questi Paesi.


on. Enrico Pianetta, Presidente dell’Associazione parlamentare Italia-Israele ,


Caro Pianetta,

Nella traduzione dalla versione inglese la frase «antisemita» del discorso di Ahmadinejad è la seguente: «Ancora più pericoloso è che certi circoli (in inglese: parties), facendo uso del loro potere e della loro ricchezza, cerchino d’imporre un clima d’intimidazione e d’ingiustizia nel mondo e agiscano con prepotenza, mentre rappresentano se stessi, grazie alle loro enormi risorse mediatiche, come difensori della libertà, della democrazia e dei diritti umani».

È un’allusione a quegli ambienti ebraici che negli scorsi anni hanno strenuamente difeso, negli Stati Uniti e in Europa, le posizioni del governo israeliano? E’ possibile. E’ una manifestazione di antisemitismo? Se fosse tale sarebbero antisemiti anche tutti coloro che in questi anni hanno sostenuto l’esistenza di una forte lobby filo-israeliana. Sarebbe antisemita ricordare che i consiglieri neo-conservatori di Bush all’epoca della guerra irachena erano in buona parte ebrei americani.

Sarebbe antisemita ricordare che la politica del primo governo di Benjamin Netanyahu fu largamente ispirata dal rapporto di una organizzazione americana (Institute for Advanced and Strategic Political Studies), dovuto in buona parte a Richard Perle. Sarebbe antisemita il saggio di due studiosi americani, John Mearsheimer e Stephen Walt, sull’importanza dell’American Israel Public Affairs Committee (la grande lobby filo-israeliana) nella vita pubblica degli Stati Uniti.

Sarebbe antisemita sostenere, come si legge frequentemente nella stampa americana, che la politica di Obama sulla questione palestinese e sugli insediamenti ebraici nei territori occupati non può ignorare la posizione di quegli ambienti del Congresso che sono risolutamente schierati a favore di Israele. L’espressione «antisemitismo » non può essere usata come una clava per impedire legittime discussioni e legittime critiche.

Quanto alla mancanza nel discorso del leader iraniano delle solite filippiche su Israele e sul genocidio, mi sono limitato a osservare, come ho già risposto a un lettore, che queste affermazioni, all’Assemblea generale dell’Onu, non sono state fatte. L’uso di linguaggi diversi, a se­conda del contesto, può presentare un certo interesse per coloro che cercano di decifrare le reali intenzioni di un uomo e di un Paese. I recenti colloqui di Ginevra con l’Iran (a cui gli Stati Uniti hanno partecipato per la prima volta con un negoziatore) sembrano dimostrare che Washington non ha mancato di rilevare questa differenza.


Gli occidentali avrebbero fatto meglio ad ascoltare il discorso di Ahmadinejad all'ONU
di Sergio Romano - www.corriere.it - 29 Settembre 2009

Riguardo all’intervento di Ahmadinejad e Gheddafi all’Onu, un lettore scrive che certi personaggi non dovrebbero essere autorizzati a servirsi del proprio seggio per minacciare e calunniare un altro Paese o per attaccare l’Onu stessa ( Corriere , 25 settembre).
Io penso invece che per raggiungere la pace qualche volta bisogna dar voce anche al più atroce «nemico». D’altro canto il muro contro muro non ha mai risolto nessun problema. In ogni caso non dobbiamo dimenticare che per combattere certi soprusi abbiamo un’arma potentissima, che consiste nell’abbandonare la piazza quando questi prendono la parola. Come hanno fatto i delegati del nostro Paese nell’ultima riunione nel Palazzo di Vetro con il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad.

Silvano Stoppa


Caro Stoppa,
Ogni discussione sulle parole di Ahmadinejad all’Onu dovrebbe cominciare dal testo del discorso. L’ho letto nella versione inglese e cerco di riassumerne, molto sommariamente, i punti essenziali.

Ahmadinejad ha esordito con alcune riflessioni sul monoteismo, sul ruolo storico dei grandi profeti (Noè, Abramo, Mosè, Gesù e Maometto) per la redenzione dell’umanità, sull’importanza delle fede e della spiritualità nelle relazioni internazionali. Gli accenti ecumenici del discorso sarebbero piaciuti a Giovanni XXIII, il duro giudizio sull’agnosticismo (una forma di relativismo) dovrebbe essere piaciuto a Benedetto XVI.

Ha detto che i maggiori pericoli, per l’umanità sono le armi di distruzione di massa e il terrorismo, fra cui in particolare il terrorismo di Stato.
Ha ricordato che Saddam, durante la guerra contro l’Iran, fu armato dall’Occidente e impiegò armi chimiche.
Ha affermato che Al Qaeda nacque dal sostegno degli Usa ad alcuni gruppi della resistenza antisovietica e che l’arsenale nucleare israeliano ha beneficiato della complicità americana.
Ha duramente descritto le vessazioni subite dai palestinesi nella loro terra. Ha sostenuto che alcuni Paesi cercano d’impedire ad altri il libero accesso alle tecno­logie del progresso.
Ha rivendicato il carattere democratico dell’Iran: un Paese in cui, dopo la rivoluzione, «si è votato 27 volte».

Ha auspicato un maggiore impegno dell’Onu per il disarmo e ha chiesto all’Aiea (Agenzia Internazionale per l’Energia atomica) di promuovere l’applicazione dell’art. IV del Trattato di non proliferazione sul libero accesso dei Paesi fir­matari alle tecnologie nucleari.
Ha ripetuto che l’Iran non vuole armi nucleari, ma che potrebbe, se vi fosse costretto dalle circostanze, riconsidera­re la sua politica.
Ha denunciato il «regime sionista di occupazione», ma non ha auspicato la distruzio­ne di Israele e non ha negato la realtà del genocidio ebraico.
Ha dichiarato di essere pronto e negoziare.

Alcune delle affermazioni di Ahmadinejad sono contestabili o grossolanamente esagerate. Ma altre sono vere (la benevolenza degli Usa per l’Iraq durante le guerra contro l’Iran) o, come quelle sui palestinesi, riflettono i sentimenti e le convinzioni della grande maggioranza del mon­o musulmano. Le otto delegazioni che hanno abbandonato la sala (tra cui Francia, Germania, Gran Bretagna, Ita­ia, Paesi Bassi, Stati Uniti) avrebbero fatto meglio ad ascoltarlo fino in fondo. Certe forme di diplomazia spettaco­lo (come l’interminabile discorso di Gheddafi all’Onu) sono infantili, demagogiche e, in ultima analisi, inutili.



La patologia del male: il discorso di Netanyahu all'ONU
di Gilad Atzmon - www.informationclearinghouse.info - 29 Settembre 2009
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di Marcus

Il discorso del primo ministro israeliano Netanyahu alle Nazioni Unite è uno spaccato della mentalità, della psiche e della logica israeliane. Nel suo intervento Netanyahu, un oratore prolifico e carismatico, dà libero sfogo alle sue tendenze genocide, mette in luce la supremazia israeliana e al tempo stesso, però, ci permette di individuare alcuni punti deboli nel cuore dell’ideologia nazionale ebraica. Dalla lettura di questo discorso emerge con estrema chiarezza che la retorica sionista della Shoa e quella della terra promessa sono vicine al punto di rottura. Sembra quasi che lo “screditato” presidente iraniano Ahmadinejad sia riuscito, alla fine, a spuntarla.

Non immischiatevi nella nostra Shoa

Gli Israeliani amano la loro Shoa, perché la Shoa è senza dubbio il loro prodotto propagandistico, la loro Hasbara, di maggior successo. In qualche modo permette loro di commettere omicidi di massa e di farlo in modo indiscriminato.

“Sono stato in una villa in un sobborgo di Berlino, chiamato Wannsee” ha detto Netanyahu “dove, il 20 gennaio 1942, dopo un ricco pranzo, alti ufficiali nazisti si incontrarono per decidere come sterminare il popolo ebraico”.

Caro primo ministro, se è sinceramente interessato ai “piani di sterminio” non c’è bisogno che vada fino a Wannsee-Berlino. Tutto ciò che deve fare è visitare i suoi quartier generali dell’IDF a Tel Aviv. I suoi comandanti in capo le faranno vedere la “soluzione” dell’IDF per i Palestinesi. Alla fine, è il suo esercito che circonda i Palestinesi con filo spinato, è lei che tiene sotto assedio popolazioni civili a corto di cibo e medicine. Sono le sue forze armate che hanno lanciato armi di distruzioni di massa nei quartieri più densamente popolati di questo pianeta. Mentre il significato reale della Endlösung, la Soluzione Finale Nazista, è oggetto di discussione tra gli storici che ancora non concordano su di esso, la realtà vera della soluzione assassina israeliana è stata vista da noi tutti.

Comunque, è quasi divertente vedere il primo ministro Netanyahu affrettarsi a difendere la retorica sionista dell’olocausto. Guardarlo presentare di fronte all’assemblea delle Nazioni Unite il protocollo della conferenza di Wannsee dà la chiara impressione che il premier israeliano ritenga necessario dare una forte iniezione di credibilità alla Shoa. Per la prima volta, la Shoa è sulla difensiva.

“Ecco qua una copia dei piani per Auschwitz-Birkenau, dove un milione di Ebrei furono uccisi. Anche questa è una bugia?” chiede Netanyahu.

Caro signor primo ministro, posso dirle che non ad un solo umanista importa il numero esatto – se furono un milione o quattro milioni gli Ebrei che morirono ad Auschwitz, nessuno dubita che il campo di concentramento fosse un luogo mostruoso. E però, bisognerà rispondere una volta per tutte a due quesiti: come mai gli Ebrei, che soffrirono così tanto durante la guerra, riuscirono a farsi coinvolgere in un colossale crimine razzista come la Nakba, appena tre anni dalla liberazione di Auschwitz (1948)? Come è possibile che la leadership israeliana, che è così sensibile alla sofferenza ebraica, riesca a negare di infliggere quella stessa sofferenza a milioni di Palestinesi?

Supremazia e oltre

In quanto movimento nazionale, il Sionismo manca di rispetto agli altri movimenti nazionalpopolari. Sembra che Netanyahu non riesca a rispettare il popolo iraniano e il loro regime. “Dovunque possono, essi impongono un regime sociale retrogrado dove le donne, le minoranze, i gay o chiunque non sia ritenuto un vero credente viene brutalmente sottomesso”. Netanyahu dovrebbe sapere che la legge giudaica non è molto differente da quella islamica in queste materie.

Dovrebbe anche ricordarsi che è nel suo Paese che, appena un mese fa, degli omosessuali sono stati uccisi in una strada. Fa quasi sorridere che Netanyahu scelga di parlare dell’Iran come di un luogo di barbarie medievale per il suo trattamento delle minoranze. Per quel che riguarda le minoranze, lo stato ebraico è in effetti il posto più oscurantista di questo pianeta. Nella terra promessa di Netanyahu, metà dei cittadini non può partecipare al libero gioco democratico semplicemente per il fatto di non essere Ebrei.

A sentire Netanyahu, Israele è la personificazione della modernità occidentale.

“Noi occidentali duplicheremo il codice genetico. Noi cureremo ciò che è ora incurabile. Noi allungheremo le nostre vite. Noi troveremo un’alternativa economica ai combustibili fossili e ripuliremo il pianeta. Sono orgoglioso del fatto che il mio Paese, Israele, sia all’avanguardia di queste sfide”. Io devo ammettere di non essere del tutto sopraffatto dall’orgoglio per le conquiste scientifiche o tecnologiche di Israele. Né ho mai scorto alcuna traccia di tentativi israeliani di salvare l’umanità o addirittura il pianeta.

A dire il vero, quello che vedo è piuttosto il contrario. Ad ogni modo, se Netanyahu è per il progresso scientifico, dovrebbe essere il primo a sostenere il progetto nucleare iraniano. Come tutti sappiamo, non sembra che questo sia il caso. Per una qualche ragione, egli sembra ritenere che, almeno nell’area mediorientale, energia ed armi atomiche debbano rimanere una proprietà esclusiva degli Ebrei.

Netanyahu sostiene che “se il fanatismo più primitivo può acquistare le armi più distruttive, la storia può andare all’indietro di molti anni”. Netanyahu può aver ragione ma qualcuno dovrebbe fargli capire che quello che dice si applica ad Israele più che ad ogni altro Paese, stato o società. Allo stato attuale è lo Stato Ebraico che è stato visto lanciare armi di distruzione di massa sulla sua popolazione civile e assediata.

È lo Stato Ebraico che ci sta trascinando tutti quanti in un primitivo fanatismo biblico dell’”occhio per occhio”. Come se questo non bastasse, sono state anche America e Gran Bretagna che hanno lanciato guerre illegali orchestrate e finanziate da circoli Neocon a guida sionista. Questa guerra è costata oltre un milioni di vite umane ad oggi.

Tuttavia, per una volta sono d’accordo con Netanyahu : “La più grande minaccia che abbiamo davanti oggi è il sodalizio tra fanatismo religioso e armi di distruzioni di massa”.

Non si sarebbe potuto descrivere meglio il pericolo posto dallo stato ebraico e dal Sionismo. Israele è infatti un sodalizio mortale tra il sommario barbarismo genocida dell’Antico Testamento, il fanatismo sionista e un vasto arsenale di armi di distruzione di massa, chimiche, biologiche e nucleari, che sono state già in parte messe alla prova.

Sabbath Goyim

Come altri agenti sionisti in giro per il mondo, Netanyahu è convinto che i non-Ebrei, i Goyim dovrebbero combattere le guerre ebraiche. “Sopra ogni cosa, la comunità internazionale saprà fermare il regime terrorista iraniano, impedirgli di sviluppare armi nucleari e quindi di mettere a rischio la pace del mondo intero?”. Vorrei dire che qui il primo ministro Netanyahu si sbaglia proprio.

Se le Nazioni Unite sono interessate a diffondere la pace nella regione e nel mondo, è di primaria importanza aiutare l’Iran a sviluppare il suo programma nucleare e anche la sua capacità militare nucleare. Sembrerebbe questa l’unica cosa che possa fermare il letale entusiasmo espansionista dell’Impero Anglofono, quello che abbiamo visto all’opera in Iraq, Pakistan e Afghanistan. Certamente ne fermerà i sintomi sionisti, celebrati alle spese dei vicini di Israele.

Dopo esser riuscito a trasformare gli eserciti americani e britannici in sottomesse forze di spedizione israeliane, Netanyahu sembra aspettarsi che l’Onu segua quell’esempio e svolga lo stesso medesimo compito. “Hamas” ha detto “ha lanciato migliaia di missili, colpi di mortaio e di razzo da Gaza alle vicine città israeliane. Anno dopo anno, mentre questi missili venivano scagliati deliberatamente contro i nostri civili, non una sola risoluzione dell’Onu è stata approvata per condannare quegli attacchi criminali”.

Immagino che qualcuno dovrebbe ricordare al primo ministro che la disputa tra Hamas e Israele non è esattamente una questione internazionale, dal momento che la Palestina non è uno stato sovrano e che Gaza altro non è che un campo di concentramento gestito dagli Israeliani. In altre parole, la soluzione pratica di questa vicenda è semplice. L’Onu dovrebbe fare i conti con i crimini di guerra e i crimini contro l’umanità commessi da Israele, la sua leadership e il suo esercito. Non è compito delle Nazioni Unite mozioni di condanna della parte oppressa.

Fantasie di massacri

Non ci vuole molto prima che Netanyahu indichi i suoi mentori ideologici e il nucleo della sua ispirazione letale: “Quando i Nazisti bombardarono le città britanniche durante la Seconda Guerra Mondiale... Gli alleati risposero radendo al suolo le città tedesche, causando centinaia di migliaia di vittime… In base a questi standard deviati, il Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite avrebbe dovuto trascinare Roosvelt e Churchill alla sbarra. Una perversione della verità. Una perversione della giustizia. Delegati delle Nazioni Unite, accetterete questa farsa?”

Netanyahu ha quasi ragione, nella sua rievocazione della seconda guerra mondiale, egli ammette sicuramente che Israele segua le tattiche di assassinio di massa di Roosvelt e Churchill. Ma si dimentica di dire che, se fosse una questione di etica e di Giustizia (e non della solita lurida politica), Roosvelt e Churchill sarebbero stati accusati di crimini di guerra su ampia scala.

In modo piuttosto scioccante, Netanyahu cade nella più ovvia trappola legale, equiparando l’attività israeliana con atti di bombardamento a tappeto su vasta scala. Per coloro che non riescono a cogliere il quadro, questa è una luce rossa di pericolo che lampeggia molto rapidamente. Nella percezione di Netanyahu bombardare con armi nucleari interi Paesi e radere al suolo città è un atto giustificabile. A dire il vero queste affermazioni sono sufficienti a rendere chiaro ad ogni essere umano ragionevole che Israele è un’entità genocida capace di portare la nostra civiltà alla devastazione finale.

Questo è il segnale che bisogna svegliarsi, non solo per i Palestinesi e gli Iraniani, ma in realtà per tutti noi.

Bibi* il pacificatore

Ora come ora, il primo ministro israeliano è pronto a fare il suo mantra di pace giudeocentrico: “Signore e signori, tutta Israele vuole la pace”. Però, le statistiche ci hanno detto recentemente che il 94% degli Ebrei israeliani ha anche approvato il bombardamento a tappeto dei vicini di casa. È impossibile non vedere una chiara discrepanza tra le affermazioni di “amore per la pace” e la realtà assassina.

“Chiediamo ai Palestinesi di fare finalmente quello che hanno rifiutato di fare per 62 anni: dire di sì allo Stato Ebraico”. Ancora una volta, mi capita di essere d’accordo con il premier Netanyahu. I Palestinesi dovrebbero dire SI ad uno Stato ebraico, ma non in Palestina o nel Medio Oriente. Se Obama, Brown, Merkel o qualsiasi altro leader mondiale male informato ancora ritiene necessaria o valida l’opzione di un “focolare nazionale ebraico” connotato in termini razziali, ebbene si faccia avanti per dare spazio a questo progetto entro i suoi confini. I Palestinesi dovrebbero dire NO ad uno stato ebraico in Terrasanta o nella regione. I Palestinesi non dovrebbero mai dare l’assenso ad uno Stato ebraico sul loro territorio. Invero, l’Onu dovrebbe seguire questa linea e fare ogni sforzo per smantellare questo maledetto regime di apartheid.

Khazari uniti

In una certa misura, il discorso di Netanyahu all’Onu esprime alcune profonde preoccupazioni che gli Ebrei tendono a tenere per sé. In fin dei conti, gli Israeliani e gli Israeliani Ashkenaziti in particolare sanno molto bene che la Palestina non è la terra dei loro avi. Se gli Ebrei israeliani ashkenaziti, tra i quali si conta anche Netanyahu, vogliono davvero trovare le loro radici, il luogo da cui iniziare è la Khazaria. Ma Netanyahu cerca di disinnescare questi fatti storici: “Il popolo ebraico non è un conquistatore straniero della Terra di Israele. Questa è la terra dei nostri antenati. Noi non siamo estranei a questa terra. Essa è la nostra patria”, dice Netanyahu con convinzione totale.

Signor primo ministro, lo dirò chiaro e tondo. Lei non solo è estraneo a quella terra, ma anche a quasi ogni possibile comprensione della nozione di umanità. A dire il vero, il Muro di Separazione che sarà lasciato intatto dopo l’inevitabile scomparsa della sua “Democrazia-per-soli-Ebrei” servirà per generazioni come uno straordinario monumento storico all’identità nazionale ebraica avulsa all’etica, all’universalismo e alla fratellanza umana. Il crimine contro l’umanità commesso dallo Stato ebraico nel nome della gente ebraica non scomparirà dai libri di storia in breve tempo. Al contrario, resterà come un altro capitolo mitologico di questa saga infinita fatta di suprematismo compulsivo e patologico autocompiacimento.

“Dobbiamo avere sicurezza” dice il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu alla fine del suo discorso. E io lo devo contraddire. Israele non sarà mai sicuro. È nato nel peccato, e oggi va oltre ogni nozione di etica o di esistenza umana. Lo Stato ebraico ha passato il punto di non ritorno ed è destinato a scomparire. Possiamo sperare soltanto che una volta che ciò accadrà, il processo di assimilazione e integrazione degli Ebrei all’interno dell’umanità prenderà nuovamente il largo. In fin dei conti, il nazionalismo ebraico di sinistra, destra e centro è servito a tenere segregati gli Ebrei. La storia del XX secolo ci insegna che questa tendenza a segregarsi è negativa per l’umanità ed è devastante per gli Ebrei.

* Il soprannome di Netanyahu è Bibi.

Gilad Atzmon è nato in Israele e ha servito nelle forze armate israeliane. È autore di due romanzi: “A guide to perplexed” e il recente “My one and only love”. Atzmon è anche uno dei più acclamati sassofonisti jazz in Europa. Il suo recente album, Exile, è stato nominato il miglior album di jazz dell’anno dalla BBC. Vive attualmente a Londra e può essere contattato all'indirizzo atz@onetel.net.uk


E' l'ora del "Bomb, bomb, bomb Iran"
di Pepe Escobar - www.atimes.com - 1 Ottobre 2009
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di Concetta Di Lorenzo

Gli Stati Uniti e la folla occidentale del "bombarda, bombarda, bombarda l’Iran" - isterismo portato al culmine prima dei colloqui sul nucleare multilaterale di giovedì a Ginevra - potrebbero fare di peggio che avere un incontro con il Presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva.

Lula effettivamente ha parlato con il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad faccia a faccia per più di un'ora ai margini dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite la scorsa settimana. Egli ha invitato Ahmadinejad in Brasile nel mese di novembre. A proposito dell’incontro, è andato dritto al punto, "Cosa voglio per l'Iran è ciò che ho sempre voluto per il Brasile - un pacifico programma nucleare civile."

Lula è un'isola di buon senso in un oceano di isterismo. Il presidente francese Nicolas Sarkozy pubblicamente ha dato una scadenza a dicembre perché l’Iran non commetta un “tragico errore ", come provocare Armageddon. Il Ministro degli Esteri italiano Franco Frattini ha ribadito che il G8 dava all'Iran solo tre mesi ancora.

Il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama – che ha tre guerre in corso (Iraq e AfPak combo) - ha chiesto che l'Iran (che non è in guerra con nessuno) dimostri "le sue intenzioni pacifiche o renda conto alle norme internazionali e alle leggi internazionali".

Il Primo Ministro israeliano Benjamin "Bibi" Netanyahu ha annunciato alle Nazioni Unite, "la minaccia più grave di fronte al mondo di oggi è il matrimonio tra il fondamentalismo religioso e le armi di distruzione di massa". Inaccessibile all’ironia, Netanyahu ha ovviamente dimenticato che l'Iran - come l'Iraq nel 2003 - non ha armi di distruzione di massa (WMD) secondo l'Agenzia Internazionale dell'Energia Atomica (AIEA). Israele non solo ha armi di distruzione di massa (WMD), ma si rifiuta anche di firmare la non proliferazione nucleare (TNP) o di consentire che le sue armi vengano ispezionate, come il Primo Ministro turco Recep Tayyip Erdogan si è affrettato a chiarire. Per quanto riguarda il fondamentalismo religioso, il sionismo è più che simile allo sciitismo dell'Iran.

Come se ciò non fosse abbastanza isterismo, indiscrezioni in Gran Bretagna hanno rivelato che il capo del M-I6, Sir John Scarlett, e il capo del Mossad, Meir Dagan, possono aver stabilito che l'Arabia Saudita è pronta a permettere che Israele bombardi l'Iran. La Casa di Saud è rimasta muta. Ma non il Corpo delle Guardie della Rivoluzione Iraniana [IRGC- Iranian Revolutionary Guards Corps, ndt] - che di fatto controllano il programma missilistico dell'Iran. Essi hanno testato con successo gli Shahab-3 a lungo raggio e i missili Sajjil a combustibile solido, con una portata massima di 2.000 chilometri. Quindi, ancora più isterismo.

Il Generale Hoseyn Salami, comandante della forza aerea della CGR, ha detto alla rete televisiva IRINN che l'Iran aveva una politica decisa a “non colpire per primi" in termini di una guerra missilistica con Israele, e difendeva i tests come legati all’ avvicinarsi dell’anniversario dell'attacco iracheno del 1980 all'Iran - l'inizio di una terribile guerra di otto anni che uccise almeno 250.000 iraniani. (Gli Stati Uniti, tra l'altro, appoggiavano in quella guerra un personaggio che in seguito personificò il "nuovo Hitler": Saddam Hussein.)

Ora confrontate tutto questo alla reazione occidentale per quello che sta accadendo questo giovedì a Pechino, durante la parata della Festa Nazionale Cinese, per il 60° anniversario della fondazione della Repubblica Popolare Cinese; uno schieramento di due tipi di missili convenzionali terra-terra, un nuovo missile da crociera d’attacco terrestre, missili terra-terra intermedi e a lunga gittata in grado di trasportare testate nucleari e missili nucleari intercontinentali saranno tutti esibiti in una passerella d’asfalto. Non una sbirciata dall’occidente. E' come se tutto questo facesse parte della Settimana della Moda di Pechino.

Un segreto non-segreto.

L’isterismo totale raggiunge toni ridicoli quando si tratta di campagna di disinformazione sull’ormai iconico programma iraniano della centrale d’arricchimento dell’uranio, costruita ai piedi di una montagna all'interno di un sotterraneo ultra-protetto, controllato dall’IRGC, a circa 30 chilometri a nordest della città santa di Qom. La centrale è stata costruita con cemento pesantemente armato ed ha le dimensioni di un campo di calcio, sufficiente a contenere 3.000 centrifughe per la raffinazione dell'uranio.

Il sito è stato debitamente segnalato da parte di Teheran in una lettera all'AIEA; secondo le regole questo viene fatto sei mesi prima che il sito diventi operativo. Il Vice Presidente iraniano Ali Akbar Salehi, che è anche capo del programma nucleare iraniano, ha sottolineato non c'è mai stato niente di “segreto" sulla centrale, e ha giustificato la sua costruzione a causa di "minacce" contro l'Iran.

Ahmadinejad - un ingegnere - per parte sua ha sottolineato che la centrale sarà operativa solo tra 18 mesi. E sarà aperta alle ispezioni dell'AIEA, secondo un calendario già in discussione. Questa è la linea di fondo: se la ispeziona l’AIEA, non c'è modo che la centrale potrà sfornare armi nucleari.

Dal punto di vista di Teheran, tutto questo ha un senso; una centrale protetta dall’ IRGC vicina a Qom è un dato di fatto dopo che George W. Bush e Israele hanno ripetutamente minacciato di bombardare l'Iran. La posizione è tutto; immaginate Israele che bombarda i sobborghi di Qom. È come se il Pentagono bombardasse il Vaticano.

Per quanto riguarda Washington, potrebbe essere venuta a conoscenza di questa centrale "segreta" durante l’amministrazione di George W Bush – come quei soliti "alti funzionari" hanno confermato alle aziende mediatiche americane. Ma questo solleva la domanda: perché Israele e gli Stati Uniti non la rivelarono quando era "segreta", ossia, non ancora segnalata all'AIEA?

Comunque, ciò che rimane escluso dal ciclo di notizie saturo di isterismo è che la nuova centrale non-così segreta non arricchirà l'uranio oltre il 5% - il livello richiesto in un programma civile di energia. Le armi nucleari richiedono un arricchimento del 90%. La centrale non produrrà esafluoruro di uranio, o UF6, che viene utilizzato per l'arricchimento. Ancora una volta, la questione è tutta qui. La centrale di Qom non cambia niente in termini di programma nucleare iraniano così come riconosciuto dall’AIEA.

Dialoga prima, bombarda dopo.

E questo ci riporta a Lula. Il Brasile, proprio come l'Iran, è firmatario del TNP. Proprio come l'Iran, sta arricchendo l'uranio. Proprio come l'Iran, non consente invasive ispezioni dell'AIEA in merito. E proprio come l'Iran, ha in passato mantenuto "segreti" alcuni aspetti della sua tecnologia nucleare.

Il Brasile arricchisce l'uranio a meno del 5%, come parte della sua industria nucleare da un miliardo di dollari, che investirà in sette nuove centrali atomiche per diversificare il consumo del paese basato sul petrolio e sull’energia idroelettrica. Il Brasile pensa di cominciare a esportare uranio arricchito prima del 2014. Le centrifughe brasiliane potrebbero essere utilizzate per produrre uranio altamente arricchito. Ma questa è una questione di volontà politica. La Costituzione brasiliana effettivamente proibisce la costruzione di armi nucleari.

In Iran la situazione è in realtà simile. Sia il fondatore della Repubblica Islamica, l'ayatollah Ruhollah Khomeini, che attuale leader supremo Ayatollah Ali Khamenei, hanno detto molto chiaramente che le armi nucleari sono contro l'Islam.

Ovviamente, il Dipartimento di Stato americano respingerà sempre qualsiasi confronto tra Teheran e Brasilia. Dopo tutto, il Brasile è una democrazia di stile occidentale e l'Iran è oggi, dopo le ultime elezioni presidenziali, una dittatura militare del mullahtariato. Il Brasile può essere una potenza naturale in Sud America, ma non è una minaccia per nessuno, mentre l'Iran, una potenza regionale, minaccia l’egemonia nucleare "segreta" di Israele in Medio Oriente. Ma in entrambi i casi dell'Iran e del Brasile, il cuore della questione è la stessa: eseguire un programma nucleare di successo è, soprattutto, una questione di orgoglio nazionale.

Le sanzioni non possono funzionare. E ancora una volta l'attuale isterismo mostra vistosamente come, quando si parla di Iran, ci siano due pesi e due misure.

Washington è stata costretta ad ammettere che le sanzioni non hanno funzionato con la dittatura in Myanmar. Ora Washington vuole dialogare. Le sanzioni non funzioneranno neppure contro l'Iran. È ridicolo, per esempio, immaginare l'Iraq che si unisce ad un embargo occidentale di benzina imposto contro l'Iran. Inoltre, i persiani sono troppo orgogliosi e troppo carichi di storia per soccombere alle minacce.

Israele, i vari governi fantoccio arabi sunniti e i dittatori, il patetico diritto americano e il diritto europeo, tutti questi temono l’impatto regionale dell'Iran e vogliono abbattere il regime. Il dossier nucleare non potrebbe essere una storia di copertura più conveniente per un cambiamento di regime.

Per quanto la dittatura militare del mullahtariato possa essere sgradevole per il mondo e per tanti cittadini iraniani, il fine non giustifica i mezzi. E il mezzo non porterà al fine desiderato, poiché un attacco contro l'Iran farà in modo che l’intera popolazione si raduni dietro al regime. Qualcosa è profondamente marcio nel cosiddetto regno della "comunità internazionale" - meno la Russia e la Cina, a proposito - quando esso permette che la politica globale sia determinata da qualcuno come Netanyahu.

Obama e Lula si incontreranno questo Venerdì a Copenaghen per vedere se Chicago o Rio vincerà la gara per ospitare i Giochi Olimpici 2016. La chimica tra di loro è eccellente. Obama potrebbe fare di peggio che fare domande a Lula sul suo faccia a faccia con Ahmadinejad.

Ma così come stanno le cose, sembra più che la "comunità internazionale" sia guidata in una gara olimpica per bombardare l'Iran.

Pepe Escobar è l'autore di "Globalistan: Come il mondo globalizzato si dissolve in Guerra Liquida" (Nimble Books, 2007) e "Red Zone Blues: un'istantanea di Baghdad durante l'embargo". Il suo nuovo libro, appena uscito, è "Obama does Globalistan" (Nimble Books, 2009).