E a Porta a Porta va in onda il processo ad Annozero
di Curzio Maltese - La Repubblica - 2 Ottobre 2009
Il problema per una volta non era Santoro. E nemmeno Travaglio. Il problema era lei, Patrizia D'Addario. Una che il presidente del Consiglio può portare a letto, ma un presentatore non può invitare in tv per farla parlare. Berlusconi era "profondamente indignato", perché "la tv pubblica non deve dare spazio a certi personaggi".
Al massimo, si può pensare di candidarli al Parlamento europeo, come lui aveva progettato di fare, prima di essere fermato da Veronica Lario. Sembra una canzone di Fabrizio De Andrè, questa storia della prostituta cercata di notte e ripudiata alla luce dei riflettori. Santoro non trova un politico di centrodestra disponibile a frequentare la stessa trasmissione inquinata da "quella là".
Eppure nessuno di loro s'è mai sentito in imbarazzo a presentarsi nelle liste elettorali accanto a Patrizia e le altre. Nessuno ha chiesto spiegazioni al capo. A fine impero, Berlusconi può fare quello che vuole, candidare chi gli pare per motivi più o meno confessabili. L'importante è che il cavallo o la cavalla nominati senatori non prendano la parola per raccontare come sono andati i fatti.
Prima di ieri, Patrizia D'Addario era stata intervistata da sei televisioni straniere. I filmati erano stati distribuiti in una trentina di paesi. La televisione italiana è arrivata per ultima e, com'è noto, fra mille difficoltà e minacce.
L'uomo che governa l'Italia ha dedicato gli ultimi giorni a escogitare ogni forma di pressione per impedire la presenza in video dell'escort barese. Ha smosso i vertici Rai e il ministro Scajola. A proposito del fatto che "esistono problemi più seri". Fallito l'ultimo e un po' grottesco tentativo di boicottaggio, un papiro di otto pagine con un parere legale catapultato dal direttore di Raidue a Santoro poco prima della messa in onda, Berlusconi è passato alla fase due, la controprogrammazione.
Con Bruno Vespa e Maurizio Belpietro nel ruolo di avvocati difensori, come se non avesse abbastanza. Dopo essere stati convocati a palazzo dal premier nel pomeriggio, i due fidi giornalisti hanno dato vita ieri sera a un'incredibile puntata di Porta a Porta dedicata a smontare il programma appena andato in onda sull'altra rete Rai.
Simbolo dell'arlecchinesca trovata il direttore di Libero Belpietro, il quale, come il mitico Soleri, saltabeccava da una rete all'altra per servire il padrone. Per avere un'idea di come funzioni una democrazia, vale la pena di ricordare che nel 1999, mentre Bill Clinton era nel pieno del secondo mandato alla Casa Bianca, Monica Lewinski fu intervistata per due ore dalla Abc e vista da cento milioni di americani. Senza che né Clinton né un solo esponente politico democratico si sognasse di protestare.
Naturalmente la Lewinski fu invitata, come la D'Addario, da decine di televisioni straniere. Compresa la Rai, con il personale plauso di Agostino Saccà, buon amico del presidente del consiglio. Alla fine la celebre stagista della Casa Bianca aveva accettato di partecipare a Porta a Porta, ma rinunciò all'ultimo momento perché non aveva ottenuto di far togliere la parola "sexgate" dai titoli di testa.
Bruno Vespa, nel caso di Clinton, non aveva ancora scoperto il rispetto della privacy e il disgusto per il gossip esibito a piene mani ieri sera. La mancata presenza della Lewinski su Raiuno era costata ventimila euro alla tv di Stato. Clinton non l'aveva mai candidata a cariche pubbliche. Carl Bernstein da New York ha tutto il diritto di dirci che la nostra non è una democrazia ma "una specie di sistema sovietico".
Patrizia D'Addario ha avuto la sfortuna di andare a letto con il presidente del consiglio italiano e non con il presidente Usa, quindi non è stata pagata dalla Rai. È andata da Santoro gratis, dopo aver "sputtanato Berlusconi in mondovisione", per usare l'espressione di Belpietro. Ha raccontato la sua storia, la sua storia sbagliata e proibita nell'"harem del presidente". L'harem di venti ragazze che gli portava a palazzo l'amico e compagno di merende Giampi Tarantini.
Tutte vestite, truccate, pagate uguali, costrette poverine a vedere il filmato celebrativo, convocate dallo stesso sogno di una celebrità qualsiasi ottenuta in qualsiasi modo. Al di là della politica, delle inchieste, dello stesso caso Berlusconi, è come se le parole di Patrizia facessero cadere un sipario e mostrassero quello che c'è dietro l'Italia visibile e vista in questi decenni, dietro l'eterno spettacolo televisivo, dietro tutte le domeniche in, tutti i talk show, tutti i grandi fratelli di questi anni, la finta allegria, il falso successo. Un mondo di solitudine, di vuoto, d'infinito squallore.
Santoro, Vespa e il sistema
di Massimo Fini - www.massimofini.it - 2 Ottobre 2009
Sono d'accordo anch'io che l'intervento del governo contro Annozero, oltre che illegittimo, è un'intimidazione inaudita, aggravata dal fatto di avvenire all'interno di un panorama televisivo nazionale occupato per i quattro quinti dal centro destra. Ma mi rifiuto di considerare Michele Santoro una vittima di regime. È piuttosto un prodotto, insieme a Bruno Vespa e ad altri conduttori, della distorsione oligopolista, e in alcuni periodi quasi monopolista, del sistema.
Supponiamo, per un attimo, di vivere in un Paese "normale", per usare un'espressione cara a D'Alema, dove c'è una Rete di Stato e altri quattro o cinque network indipendenti della stessa potenza.
In quest'ipotetica Italia un ipotetico Santoro conduce sulla Rete di Stato un programma che, per vari motivi, non piace al suo Direttore. Può costui cancellare il programma ed eventualmente licenziare il conduttore che non lo convince? Certo che può è lui il responsabile di fronte all'Editore, altrimenti che ci sta a fare? In quest'ipotetica Italia l'ipotetico Santoro verrà ingaggiato da un altro network e, se davvero è così bravo, farà grandi ascolti e il Direttore che lo ha cacciato risponderà al proprio Editore per aver danneggiato l'azienda a vantaggio della concorrenza.
Ma nell'Italia reale le cose non stanno così. Se Santoro venisse licenziato non avrebbe alternative all'altezza (essendo per lui impensabile un passaggio a Mediaset). Questa che apparentemente è la sua debolezza è invece la sua forza. Perché diventa inamovibile, dato che qualsiasi intervento contro di lui o il suo programma si configura oggettivamente come un attentato alla libertà d'informazione.
Tanto è vero che furoreggia da decenni, sui canali nazionali, come, dall'altro versante, Bruno Vespa, con i suoi modi più melliflui e subdoli. Tra l'altro non possiamo nemmeno sapere se i Vespa e i Santoro sono davvero così bravi, perché come non c'è una reale concorrenza a livello di Reti, non c'è neanche una reale concorrenza fra conduttori. Non hanno rivali. Anch'essi sfruttano l'oligopolio e fanno da tappo all'ingresso di forze più fresche, nuove, diverse ed eventualmente più capaci e meno ideologicamente schierate.
Come si esce da questa situazione aberrante? Concettualmente è chiaro. Si chiama "disarmo bilaterale", di cui qualche volta si è parlato: una Rete alla Rai che dipenda direttamente dal governo, come la Bbc inglese, perché anche il governo, che rappresenta tutti i cittadini, ha il diritto di dare un suo indirizzo latu sensu culturale al Paese, una Rete a Mediaset, e le restanti quattro messe sul mercato e vendute a editori indipendenti dalle prime due e indipendenti fra loro.
Ma a questa soluzione non si arriverà mai (se non, forse, nel Quarto Millennio) perché conviene a tutti. A Berlusconi perché consente al cosiddetto campione del liberismo di mantenere, con le sue tre Reti, una posizione totalmente illiberista col pressoché totale dominio dell'intero comparto televisivo privato nazionale. Ai partiti nel loro complesso, di sinistra e di destra, perché così possono continuare ad occupare arbitrariamente e illegittimamente la Rai, contro la Costituzione (che in nessun passaggio a ciò li autorizza) perché come Ente di Stato dovrebbe appartenere a tutti i cittadini e non ad alcune organizzazioni private quali i partiti sono. E conviene agli inamovibili Vespa e Santoro.
Conviene a tutti tranne che a noi cittadini.
Che continueremo ad assistere in eterno a dibattiti impossibili, fasulli, grotteschi e truffaldini sull' "imparzialità" dell'informazione pubblica, come se ci fosse qualcuno che possa valutare oggettivamente un concetto così soggettivo, tanto più in un sistema in cui i vertici Rai, il Consiglio di Amministrazione, la Commissione di Vigilanza, i direttori, i vicedirettori, i capi struttura, oltre ai fattorini, sono tutti di nomina partitica, per cui ciò che è "imparziale" per l'uno diventa, automaticamente, "fazioso" per l'altro. Che barba, che noia, che stufida. Che voglia, nella nostra totale impotenza di sudditi, di spaccare tutto.
Il nuovo inno degli evasori: "Meno male che il PD c'è!"
di Alessandro Robecchi - www.alessandrorobecchi.it - 1 Ottobre 2009
Un sincero ringraziamento al Partito Democratico e ai suoi leader che lottano per la segreteria è venuto ieri sera da mafiosi, evasori fiscali, riciclatori di denaro, appassionati del falso in bilancio e delinquenti vari che per anni hanno sottratto soldi al fisco e dunque ai cittadini italiani.
Ieri alla camera si votavano le eccezioni di costituzionalità del famoso Scudo Fiscale di Tremonti, un condono tombale per evasori fiscali che hanno accumulato all’estero oltre 300 miliardi di euro. Il PD ha urlato, ha strepitato, si è opposto con tutte le sue forze. Ha scritto cose terribili sul suo sito, come per esempio che nello Scudo Fiscale c’è l’impunità per il falso in bilancio, che "Mediolanum già ne approfitta". Sul sito del Pd ieri c’era un titolo che parlava chiaro: "Evasori e mafiosi, ecco chi ci guadagna con Tremonti". Coraggiosi, eh?
Il segretario Franceschini ieri ha tuonato: "E’ uno schiaffo a tutti gli italiani onesti!". Bravo! Purtroppo, la mozione sulla incostituzionalità dello Scudo non è passata. La mozione è stata battuta con 267 no, 215 sì e 3 astenuti. Sarebbe bastato che i deputati del Pd fossero andati a votare. Non tutti, ma qualcuno in più.
Erano invece assenti in 59, più di uno su quattro ha deciso che aveva di meglio da fare che combattere mafiosi e evasori. Il Pd ha dunque oggettivamente regalato lo Scudo Fiscale al governo Berlusconi. Bersani? Non c’era. D’Alema? Non c’era. Franceschini? Non c’era.
Di fatto una vera e propria astensione: assente il 27 per cento del partito, complicità sufficiente a far passare la truffa dello Scudo Fiscale (che si poteva agevolmente bloccare per sempre) su cui oggi si vota la fiducia.
La base del Pd, ammesso che ci sia ancora una base, fa incetta di sacchetti per il vomito. Gli evasori fiscali, invece ringraziano sentitamente e ieri sera hanno posto una targa che ricorda la luminosa giornata del Partito Democratico e il suo prezioso apporto alla giustizia in Italia.
Nella foto, la lapide inaugurata ieri a Roma.
Narcisismi di destra, antipatie di sinistra
di Massimo Fini - www.massimofini.it - 2 Ottobre 2009
Come mai tanta brava gente, pur capendo benissimo chi è Berlusconi, continua a dargli la preferenza? Perché la sinistra è odiosa. Ha una perenne supercigliosità, una puzzetta sotto il naso, un guardar dall'alto in basso che le deriva dalla tradizione del vecchio Pci, solo che quando questo atteggiamento era di Amendola o di altri comunisti dell'epoca poteva anche avere una legittimità e incutere rispetto, negli stracciaculi di oggi suscita solo fastidio.
L'attuale destra, che per la verità si fa fatica a chiamar tale perché la destra è una cosa seria, è molto meno spocchiosa. A cominciare dal "lider maximo". Ho un paio di ricordi in proposito. Ero a San Siro, con mio figlio, a vedere Milan-Toro. Poiché il Milan praticava una politica di abbonamenti a tappeto avrei dovuto andare in curva, ma con un bambino di dieci anni non me l'ero sentita di portarlo fra gli assassini.
Così ero finito fra gli stronzi della Tribuna d'Onore. Durante l'intervallo molti importanti giornalisti -mi ricordo Piero Ostellino- si erano accalcati attorno a Berlusconi, vezzeggiandolo con alti squittii. La scena si era ripetuta alla fine della partita. Io stavo uscendo dallo stadio con mio figlio. Berlusconi mollò il manipolo di leccaculi e venne dritto verso di me: «L'ho vista ieri al Costanzo Show».«Ah, ma vede proprio tutto, presidente» risposi e me ne andai.
Sapeva benissimo che ero un antipatizzante, ma per il suo narcisismo, per la sua inesausta ansia di piacere a tutti, per l'incapacità antropologica di concepire che si possa penarla diversamente da lui, aveva cercato di sedurmi. Non ci era riuscito. Ma almeno ci aveva provato. Aveva dimostrato attenzione per la mia persona. E lo stesso mi è capitato le volte che ho incrociato Fedele Confalonieri che, nella coppia, ha la parte del "poliziotto buono". Se incontro, a qualche trasmissione, Pecoraro Scanio, dicesi Pecoraro Scanio, costui mi passa attraverso, non mi vede neanche.
Pamela Villoresi è una mia cara amica e quando si trova a Milano è ospite da me. È la classica "suorina di sinistra" -in più di vent'anni di conoscenza non mi è riuscito di convertirla a sentimenti più sobri- e alla sinistra, per pura passione ideale, ha reso parecchi servigi gratuiti. Poiché oltre a far l'attrice organizza festival di teatro è costretta ad avere rapporti con le Istituzioni. Bene, l'ho vista cercare di contattare Rutelli, dicesi Rutelli, e passare per una trafila esasperante, senza riuscirci.
Di recente mi ha raccontato, un po' sbalordita e un po' lusingata: «Sai, l'altro giorno ho telefonato a Gianni Letta. Non mi ha lasciato quasi aprir bocca: "Signora che piacere. Io l'ammiro moltissimo. Vediamoci quando vuole, anche subito"». Sarà l' "inferiority complex" che questa destra nutre nei confronti del mondo della cultura, ma così è. Poi magari fanno leggi che segano cultura, teatro, scuola. Ma, sul piano personale, la sinistra riesce ad essere più antipatica di questi mezzi manigoldi. E ce ne vuole.
Voi siete qui - Hurrà! Arrivano i Faccisti
di Alessandro Robecchi - Il Manifesto - 27 Settembre 2009
Se c’è una cosa antipatica è dire: io l’avevo detto. E va bene, corriamo il rischio: noi lo avevamo detto. In tanti, in tantissimi. Avevamo detto che c’è un pericolo per l’informazione, per la democrazia, una deriva autoritaria, una voglia di regime, una dittatura mediatica. Per anni ci hanno dato dei deficienti, degli estremisti, dei visionari, vittimisti, i soliti piagnoni, frignoni, esagerati, gente che vede complotti dappertutto, cretini che gridano al-lupo-al-lupo.
D’Alema correva a rassicurare i vertici Mediaset e veniva accolto negli studi di Stranamore, feroce sberleffo. Persino Repubblica ironizzava sugli intellettuali italiani che parlavano di regime mediatico, e lo faceva con sarcasmo feroce. Così: “C’ era davvero da sganasciarsi. Una scrittrice dichiarò che il paese era ormai ridotto «ad una repubblica delle banane»; un’ altra espresse la sua «angoscia civile» di fronte al delinearsi d’ un sistema autoritario”.
Sono passati appena cinque anni, Repubblica non si sganascia più, e anzi chiede a quegli stessi scrittori che sbertucciò di firmare i suoi appelli. Benissimo, giusto, benvenuti amici. Ma chiedere scusa a chi ha previsto, a chi ha capito prima, no? Altri, addirittura provenienti direttamente dall’orticello del capo supremo del “comitato elettorale” Mediaset, tentano veri e propri riposizionamenti strategici.
La smorfia di Filippo Facci che ad Annozero ammette che sì, in Italia c’è un problema di libertà di espressione, che gli spazi si restringono, è struggente. Oplà: dopo quindici anni di insulti e pernacchie a chiunque lanciasse l’allarme per la libertà, eccolo di colpo allarmato pure lui. Bene! Benvenuto! Quanti altri ne arriveranno? Non faremo respingimenti, anche se ci toccherà mettere i numerini per regolare la coda.
Ce ne rallegriamo: accoglieremo a braccia aperte anche i faccisti. Più graditi ancora se abbasseranno un po’ la crestina e magari, sommessamente, con gentilezza, chiederanno scusa.