domenica 18 ottobre 2009

Il flop della sbobba "Barbarossa"

Qui di seguito qualche articolo sul clamoroso flop dello pseudo-kolossal "Barbarossa", voluto a tutti i costi dalla Lega Nord, costato circa 30 milioni di euro (di cui 12 milioni sono soldi pubblici) e che nella prima settimana di uscita nelle sale ha incassato solo poco più di 400.000 €.

Un film che - oltre ad aver deluso lo stesso Bossi che vi compare pure in un cameo nelle vesti di un nobile padano - verrà propinato in futuro anche in tv dalla RAI in due puntate.

Perseverare autem diabolicum....


Barbarossa e le bugie di Martinelli
di Franco Cardini - Il Tempo - 5 Ottobre 2009

Il Tempo di ieri ha pubblicato l'intervista di Dina D'Isa al regista Renzo Martinelli sul film Barbarossa ( http://iltempo.ilsole24ore.com/spettacoli/2009/10/04/1077309-barbarossa_imperatore_sconfitto.shtml ), da lui prodotto con la Rai (quindi anche con danaro pubblico). Al riguardo, Martinelli ha dichiarato: «Sono sempre alla ricerca della verità perché l'ignoranza del presente nasce dall'incomprensione del passato. Barbarossa sognava di ricreare il grande impero che fu di Carlomagno, unire la Germania alla Sicilia, Ma venne fermato da un gruppo di Comuni italiani del Nord…», i quali avrebbero cacciato "lo straniero". Il regista ha poi rilevato che uno storico avrebbe trovato "negli archivi comunali" (quali?) le tracce dei carri da guerra dei lombardi.

Escludo che si tratti di reperti archeologici, che non si trovano negli archivi. Allude a nuovi documenti? Quali? Sarebbe questo il suo modo di combattere "l'ignoranza del presente" e "l'incomprensione del passato"? Martinelli dichiara di avere tre lauree: se non le ha comprate al mercato nero, egli è quindi il primo a sapere che le sue dichiarazioni "storiche" sul Barbarossa sono un cumulo ridicolo di menzogne e di sciocchezze, che nella migliore delle ipotesi riciclano vecchi cliché pseudostorici risorgimentali associandoli a banale propaganda leghista.

Federico I fu il protagonista di una nuova e gigantesca concezione: rifondare l'impero romano-germanico di radice ottoniana (Carlo Magno non c'entra) alla luce della riscoperta del diritto romano giustinianeo, ripervenuto in Occidente da Bisanzio. Egli fu in tal modo uno degli iniziatori della cultura universitaria moderna (fondò l'Università di Bologna) e della cultura scolastica. Alcuni comuni norditalici gli si opposero, pur sempre dichiarando di volersi mantenere fedeli all'impero, rivendicando vecchi privilegi territoriali e fiscali (queste erano le libertates) che essi avevano acquistato o usurpato ai precedenti imperatori.

L'imperatore, che in Germania aveva favorito lo sviluppo dei poteri locali fondando così il federalismo tedesco, in Italia intendeva rientrar in possesso dei diritti e delle prerogative sovrane, usurpate soprattutto da Milano (che aveva a lungo oppresso anche i Comuni vicini).

Dopo la battaglia di Legnano, perduta nel 1176, Federico seppe appieno recuperare autorità e prestigio grazie alla sua abilità politica e diplomatica, pacificandosi col papa Alessandro III e con i Comuni lombardi, cui accordò certo alcuni privilegi ma che accettarono dal canto loro pienamente la sua sovranità, che in quanto tale non avevano peraltro mai messo in discussione (altro che cacciare lo "straniero"!...).

Quanto al regno normanno di Sicilia, Federico voleva collegarlo alla sua dinastia attraverso il matrimonio tra suo figlio Enrico e l'ereditiera di quella corona, Costanza d'Altavilla (il che avvenne): ma non pensò mai lontanamente ad annetterlo all'impero. Martinelli annunzia di star preparando un nuovo film storico, dedicato stavolta all'assedio turco di Vienna del 1683. Come insegnante nell'università statale e come cultore di storia, mi auguro che egli non sperperi di nuovo il pubblico danaro con altri insulti alla verità storica.


Barbarossa, flop a spese nostre
da spreconi - 18 Ottobre 2009

Tra le tante voci di spesa, ci sono 400 costumi, 100 carri falcati, 200 armature (perfette riproduzioni realizzate in India), 4.550 cavalli, 12 mila comparse, più i cachet degli attori, incluso Raz Degan nei panni di Alberto da Giussano. E tutto il resto, naturalmente. Spesa finale: 30 milioni di dollari, compresa la postproduzione per le 800 scene trattate con effetti speciali digitali.

Chi ha pagato? Al 60 per cento imprenditori privati vicino alla Lega, al 40 per cento la Rai: 12 milioni di euro di soldi dei contribuenti, quindi, a pesare sul bilancio già drammaticamente in rosso della tivù pubblica.

Soldi che, ormai è certo, non torneranno mai indietro: nei cinema "Barbarossa" è un flop e l'incasso dei botteghini - secondo le previsioni - non coprirà nemmeno un terzo delle spese sostenute.

L'ultimo spreco di denaro pubblico ha un nome e cognome preciso: Umberto Bossi, capo della Lega e grande sponsor politico del progetto, nonchè amico personale del regista e pure presente in un cameo nella pellicola di Renzo Martinelli.

Berlusconi insomma ha usato la Rai (che imporrà il film in due puntate anche sul piccolo schermo) per tenersi buono l'alleato di governo, a spese nostre.

Dev'essere questo il famoso "Roma ladrona", lo slogan con cui la Lega ha mosso i suoi primi passi fino ad arrivare direttamente a usufruire del bottino.


Il "Barbarossa" di Martinelli delude e rattrista pure la Lega
di Maestro Yoda - www.ilsussidiario.net - 8 Ottobre 2009

Oltre che per la mitica spada laser, il vostro vecchio maestro Jedi non può nascondere di nutrire grandi simpatie per le storie medioevali, e in particolare per l'epopea del Carroccio. Così, sabato 3 ottobre si è imbucato alla prima di Barbarossa, mescolandosi - grazie a una cotta di maglia di ferro e a un elmo - alle comparse vestite da guerrieri che accoglievano gli ospiti in un cortile del Castello Sforzesco di Milano.

Raramente si è visto alla prima di un film un parterre così significativo: Berlusconi, Bossi, Tremonti, Maroni, Larussa, Formigoni, Moratti, Calderoli, Castelli, oltre a tutta la nomenclatura leghista di ogni ordine e grado, e i vertici della Rai coinvolti nell'operazione: dalla consigliera Bianchi Clerici, al vicedirettore generale Marano, ai responsabili di RaiCinema, RaiFiction, RaiTrade.

Venerdì il film esce nelle sale, ma se dobbiamo basarci su quello che abbiamo visto e soprattutto sui pochi e tiepidi applausi di circostanza di un pubblico che avrebbe dovuto essere entusiasta per definizione, non scommetteremmo un euro sul suo successo. A meno che il popolo leghista non ci vada in massa per la curiosità di vedere (per pochi secondi) Bossi nelle vesti di un nobile padano.

Sorprende innanzitutto l'autodefinizione di “kolossal”, perché tale non è. Anzi, le inquadrature quasi sempre strette, secondo noi non per scelta stilistica - ma per non essere obbligati a usare troppi cavalli e troppe comparse - lo fa assomigliare a uno dei primi sceneggiati della Rai di fine anni cinquanta. Se ci aggiungiamo quella che invece è stata decantata come una precisa scelta stilistica – colori lividi e plumbei – l'impressione generale è di povertà e tristezza. Persino le desolate lande rumene non rendono giustizia al paesaggio lodigiano o piacentino, che nel medioevo dovevano essere ancora più belle e rutilanti di verzura di oggi.

Già da queste prime annotazioni si comprende perché, alla fine della proiezione, il commento di Bossi sia stato un assai deludente e sincero «Bello, ma alla fine avevo freddo...». E perché Maroni – di cui si conosce la sensibilità artistica – non abbia nemmeno voluto dire mezza parola. E perché Formigoni si sia trincerato dietro «è una bellissima storia». Soltanto Castelli – ma, si sa, è un ingegnere - ha osato lamentarsi perché a rappresentare l'Italia fosse stato designato Baarìa invece di Barbarossa (sic!).

Da simpatizzanti per la “bellissima storia” che avrebbe potuto essere un gran film, dopo pochi minuti siamo stati delusi da una sceneggiatura scombiccherata e zoppicante, da attori – salvo Rutger Hauer nei panni di Barbarossa, Cecile Cassel nei panni dell'imperatrice e Kasia Smutniak in quelli della moglie di Alberto da Giussano – totalmente spaesati e fuori ruolo, Raz Degan in testa.

Il tutto condito da una regia scolastica continuamente travolta da un imperdonabile abuso di effetti speciali audio e video e da una colonna sonora che era una assai modesta imitazione di quella del Gladiatore. Quando per l'ennesima volta una nuova scena iniziava con uno squillante nitrito, un potente scalpitare di cavalli – che sulla scena erano poi quasi sempre tre o quattro – e un crescendo orchestrale tonitruante, cominciavamo a domandarci se non stessero per caso proiettando una copia con evidenti errori di montaggio.

E poiché tra un nitrito e l'altro gli eventi si susseguivano senza un legame coerente, anche i più ben disposti spettatori leghisti cominciavano a dimenarsi sulle sedie, nell'attesa che succedesse qualcosa. E invece niente, salvo forse 5 minuti alla fine. Che non giustificano, anzi gridano vendetta di fronte ai 20 milioni di euro spesi dalla Rai e dal Ministero dei beni culturali per un sedicente kolossal (dei poveri).

Ma come, verrebbe da dire – e soprattutto a quelli che hanno come noi in simpatia alcune istanze padane – dopo tanto urlare contro Roma ladrona, una volta occupati i giusti posti di potere (dal Governo alla Rai), i discendenti di Alberto da Giussano si mettono a sperperare il denaro pubblico in operazioni culturali di così bassa lega? (il gioco di parole è voluto).

Se questo poi dovrebbe costituire il prodromo dell'estetica leghista cinematografico-televisiva, stiamo proprio messi male. Come non essere quindi d'accordo con quanto scrive Luca Mastrantonio, responsabile cultura e spettacoli de Il Riformista?

«Il kolossal leghista di Martinelli è un fotoromanzo bellico anti Roma ladrona, con una sceneggiatura peggio di Unomattina...». I Padani che si aspettavano il loro “Braveheart”, si accontenteranno di un prodotto da History Channel e Telepadania? Come la prenderanno i leghisti disoccupati a sapere che 20 milioni, molti dei quali statali, sono stati buttati via così?

E poi, scusate, Martinelli ha girato in Romania dove c'è lo “zingarume” rom a basso costo, parole sue. Non era meglio far lavorare comparse padane? Al rinfresco un Antonio Scurati più spaesato che mai si dispiace, sinceramente, per questa incredibile occasione persa di produrre una narrazione epica.

Scurati, cultore delle storie patrie-milanesi, si dice «dispiaciuto soprattutto per Bossi, lui in quelle cose ci crede, è stato lì in prima fila, per tre ore, ma sicuramente gli avrà fatto schifo». Questo non lo sappiamo, né possiamo dirlo. Sappiamo però che, alla fine, “ha avuto freddo”. Solo per una serata d'autunno?